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La riforma Orlando e le indagini difensive a sorpresa

Capitolo 2 – Parte sistematica

7. Piattaforma probatoria

7.2. Utilizzabilità degli atti probatori delle parti

7.3.1. La riforma Orlando e le indagini difensive a sorpresa

Un tema controverso, che ha impegnato la Corte costituzionale in più di una occasione e sul quale è intervenuta la riforma Orlando, è quello delle indagini difensive depositate contestualmente, o in un momento immediatamente anteriore, alla richiesta non condizionata di giudizio abbreviato. I giudici remittenti segnalavano un vulnus alle prerogative difensive del pubblico ministero, nonché il formarsi di una piattaforma probatoria composta anche da atti unilateralmente assunti e unilateralmente introdotti dalla difesa, senza possibilità di controbattere per la controparte.

La Consulta, pur affermando il principio per cui a ciascuna parte va sempre garantita la facoltà di reagire alle prove addotte a sorpresa dalla controparte244, ha sempre respinto tali questioni di legittimità costituzionale affermando, da una parte, che il contraddittorio nella formazione della prova ex art. 111 Cost. è una norma posta a tutela dell’imputato e, dall’altra parte, che comunque questo indebolimento della pubblica accusa sul piano istruttorio è volto a bilanciare una sua naturale superiorità processuale245.

243 L. PISTORELLI e R. BRICCHETTI, Giudizio abbreviato, in Trattato di

procedura penale (a cura di G. SPANGHER), cit., p. 233.

244 v. Corte cost., sentenza 3 febbraio 1994, n. 16.

245 Corte cost., ordinanza 24 giugno 2005, n. 245; Corte cost., sentenza 22

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Il legislatore del 2017 ha scelto di discostarsi da tale costante posizione del giudice delle leggi creando, attraverso la modifica del quarto comma dell’art. 438 c.p.p., un meccanismo che “attribuisce ulteriori spazi di indagine al pubblico ministero con la finalità dichiarata di riequilibrare il gioco delle parti”246 e di porre fine ad un uso capzioso della possibilità di depositare in extremis i risultati delle investigazioni difensive.

Al nuovo quarto comma dell’art. 438 c.p.p. si legge, infatti, che “quando l'imputato chiede il giudizio abbreviato immediatamente dopo il deposito dei risultati delle indagini difensive, il giudice provvede solo dopo che sia decorso il termine non superiore a sessanta giorni, eventualmente richiesto dal pubblico ministero, per lo svolgimento di indagini suppletive limitatamente ai temi introdotti dalla difesa. In tal caso l’imputato ha facoltà di revocare la richiesta”. La dottrina247 è stata fin da subito critica nei confronti di questa innovazione normativa, non solo perché prende le distanze da una costante giurisprudenza costituzionale, ma anche per la laconicità del testo, connotato che pregiudica ulteriormente la posizione della difesa, oltre a dar vita a dubbi interpretativi tutt’altro che secondari.

Anzitutto, il parametro temporale “immediatamente dopo il deposito dei risultati delle indagini difensive”, appare ingiustificatamente labile, tanto da lasciare una eccessiva discrezionalità al giudice in

246 F. GALLUZZO, Riforma Orlando: il giudizio abbreviato, in Parola alla

difesa, 16 giugno 2017.

247 A. MACCHIA, La riforma del giudizio abbreviato e degli altri riti

speciali, cit.; A. PASTA, Le investigazioni difensive nel giudizio abbreviato dopo la riforma Orlando: due cause di un fallimento, Archivio Penale, 2017; F. GALLUZZO, Riforma Orlando: il giudizio abbreviato, cit.; F. UNGARETTI, Le indagini difensive nel giudizio abbreviato dopo la riforma cd. Orlando, in Giurisprudenza Penale Web, 2018, 2; N. MANI, I percorsi della prova nel giudizio abbreviato, limiti di sistema e adattamenti vari, cit.; L. DEGL’INNOCENTI – M. DE GIORGIO, Il giudizio abbreviato, cit.; L. CARACENI, la legge 103/2017 e i significativi ritocchi alla disciplina del giudizio abbreviato, in La legislazione penale, 19 febbraio 2018.

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ordine alla concessione, al pubblico ministero, di questo ulteriore spazio istruttorio, che si va a sommare a quelli di cui agli artt. 419, terzo comma, 421bis e 422 c.p.p., il tutto a discapito della posizione processuale dell’imputato. La soluzione interpretativa più ragionevole sembra essere quella che risolve la questione nel senso della “contestualità” tra deposito delle indagini difensive e richiesta di giudizio abbreviato, quale connotato temporale atto a legittimare la concessione al pubblico ministero dell’ulteriore termine di sessanta giorni. La ratio legis che caratterizza questo punto della riforma consiste nel concedere al pubblico ministero la possibilità di controbattere alle indagini difensive a sorpresa, approfittando di un ulteriore spazio istruttorio che altrimenti non avrebbe. Tale evenienza si verifica solo nel caso di contestualità tra deposito delle indagini difensive e richiesta di giudizio abbreviato, dato che, come è possibile ricavare dal combinato disposto degli artt. 419, terzo comma e 421, terzo comma, c.p.p., la parte pubblica “può sempre produrre in udienza i risultati della propria attività di indagine compiuta dopo la richiesta di rinvio a giudizio e fino a che il giudice non abbia ammesso il rito abbreviato”248.

Inoltre, nonostante abbia premiato la scelta del legislatore di concedere al pubblico ministero un periodo di tempo per reagire alle investigazione difensive a sorpresa attraverso un rinvio dell’udienza camerale, in linea con quanto suggerito dalla Consulta nell’ordinanza n. 245 del 2005 e con quanto consolidatosi nella prassi applicativa degli ultimi anni249, una parte della dottrina250 ritiene eccessivamente

248 L. CARACENI, la legge 103/2017 e i significativi ritocchi alla disciplina

del giudizio abbreviato, cit., p. 4.

249 Cass., Sez. II, 16 febbraio 2017, n. 9198, in CED n. 269609; Cass., Sez.

IV, 16 novembre 2016, n. 51950, in CED n. 268694.

250 M. GIALUZ, A. CABIALE, J. DELLA TORRE, Riforma Orlando: le

modifiche attinenti al processo penale, tra codificazione della giurisprudenza, riforme attese da tempo e confuse innovazioni, in Diritto Penale Contemporaneo, paragrafo 7, i procedimenti speciali, p. 181-182.

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lungo il termine di sessanta giorni. Un periodo di tempo così lungo concede alla parte pubblica una chance investigativa notevole, incrementando di molto la probabilità che, a seguito delle indagini suppletive del pubblico ministero, per l’imputato non sia più conveniente procedere con giudizio abbreviato. Vero è che, in questo caso, è concessa all’imputato la possibilità di revocare la richiesta, ma ciò non toglie che una simile eventualità si pone in contrasto con la finalità deflattiva propria dell’istituto e, perciò, con la ratio stessa del giudizio abbreviato.

Un dubbio interpretativo sorge anche in relazione alla limitazione dell’attività istruttoria suppletiva del pubblico ministero ai “temi introdotti dalla difesa”. Anche in questo caso, la laconicità del legislatore rimanda alla prassi applicativa il compito di delineare lo spettro di attività istruttoria entro il quale potrà muoversi il pubblico ministero. Autorevole dottrina si è espressa nel senso di ritenere la locuzione “temi introdotti dalla difesa” più amplia di quella di “prova contraria” , arrivando ad affermare che anche “i risultati probatori eccedenti o ulteriori rispetto a quei temi saranno comunque utilizzabili nel giudizio di merito”251. Questa impostazione dottrinaria appare quantomeno coerente con la previsione della possibilità, per l’imputato, di revocare la richiesta di giudizio abbreviato a seguito dello svolgimento di tali indagini suppletive ad opera della pubblica accusa. Il riferimento espresso del legislatore ai temi introdotti dalla difesa, inoltre, sembra limitare la possibilità del pubblico ministero di ottenere questo ulteriore spazio istruttorio ai soli casi in cui le investigazioni difensive depositate a sorpresa abbiano ad oggetto temi di prova inediti, e non siano semplicemente atte a sconfessare le prove a carico depositate dall’accusa252. In questo ultimo caso, infatti, come

251 A. MACCHIA, La riforma del giudizio abbreviato e degli altri riti

speciali, Diritto penale contemporaneo, 24 novembre 2017, p. 11.

252 L. CARACENI, la legge 103/2017 e i significativi ritocchi alla disciplina

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chiarito dalla Consulta253, le investigazioni difensive sarebbero esse stesse strumento di riequilibrio tra le parti processuali.

Il legislatore del 2017 non si è pronunciato espressamente su un tema che assume un ruolo centrale nell’argomento trattato, quale quello della utilizzabilità nel rito de quo degli atti di investigazione difensiva depositati contestualmente alla richiesta di giudizio abbreviato, presupponendo detta utilizzabilità254 e conformandosi a giurisprudenza e dottrina maggioritarie255. La tesi che afferma l’utilizzabilità di questi atti di investigazione difensiva si fonda sulla legge sulle investigazioni difensive del 2000256 e, segnatamente, sull’art. 391octies c.p.p., che dispone che il difensore, nel corso dell’udienza preliminare, quando il giudice deve adottare una decisione con l’intervento della parte privata, “può presentargli direttamente gli elementi di prova a favore del proprio assistito”; nonché sull’art 327bis c.p.p., in cui si afferma che il difensore ha facoltà, in ogni stato e grado del procedimento, “di svolgere investigazioni per ricercare ed individuare elementi di prova a favore del proprio assistito”.

Una parte minoritaria della dottrina, già a seguito della legge n. 479 del 1999, aveva espresso perplessità sul fatto che dal combinato disposto delle norme sul giudizio abbreviato e di quelle sull’attività investigativa del difensore potesse emergere l’utilizzabilità degli atti di investigazione difensiva depositati contestualmente alla richiesta di giudizio abbreviato, arrivando a definire “superflua” la forzatura

253 Corte cost., sentenza 22 giugno 2009, n. 184.

254 A. PASTA, Le investigazioni difensive nel giudizio abbreviato dopo la

riforma Orlando: due cause di un fallimento, Archivio Penale, 2017, p. 13.

255 L. PISTORELLI e R. BRICCHETTI, Giudizio abbreviato, in Trattato di

procedura penale (a cura di G. SPANGHER), cit.; Cass., Sez. III, 21 aprile 2010, n. 22043, in Dir. e giust., 2010; Cass., Sez. III, 11 febbraio 2009, n. 3350, in Arch. nuova proc. pen., 2009; Cass., Sez. VI, 31 marzo 2008, n. 31683,in Cass. pen., 2010.

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ermeneutica che aveva portato, giurisprudenza e dottrina prima257 e legislatore poi, a elaborare un correttivo ai pregiudizi che tale situazione arrecava ai principi costituzionali del contraddittorio e della parità delle parti258. La critica di questa dottrina minoritaria muove, innanzitutto, dal presupposto che l’art. 327bis c.p.p. esprime un principio generale e non può certo essere interpretato come una norma che consente al difensore di far confluire nel processo e di rendere utilizzabili tutti gli atti di investigazione difensiva, svincolando tale attività dalle forme processuali previste. Infatti, la parte finale del primo comma dell’art 327bis c.p.p. afferma espressamente che la suddetta attività del difensore debba svolgersi “nelle forme e per le finalità stabilite nel titolo VIbis” del libro V del codice di rito, che disciplina appunto le investigazioni difensive.

Per capire, seguendo la lettera della legge, quali atti di investigazione difensiva siano utilizzabili nel giudizio abbreviato è allora necessario fare riferimento all’art. 391octies c.p.p. e combinarlo con la disciplina agli artt. 438 c.p.p. ss. La ingente riforma del 1999, tra le altre, ha aggiunto il comma 1bis all’art 442 c.p.p., andando a specificare quali atti siano utilizzabili dal giudice per la decisione in sede di giudizio abbreviato: “gli atti contenuti nel fascicolo di cui all’art. 416, comma 2, la documentazione di cui all’art. 419, comma 3, e le prove assunte in udienza”. Seguendo la lettera della norma, si nota come rientrino all’interno della piattaforma cognitiva, sulla base della quale deciderà il giudice, le investigazioni difensive presentate al pubblico ministero in fase d’indagine, mentre non vi rientrano quelle depositate in udienza preliminare, dal momento che non confluiscono nel fascicolo della pubblica accusa ex art. 416, secondo comma, c.p.p., né potranno essere ricondotti alla documentazione di cui all’art. 419, terzo comma,

257 v. supra in questo paragrafo.

258 A. PASTA, Giudizio abbreviato, investigazioni difensive e “senso della

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c.p.p. o alla categoria delle prove assunte in udienza259. La dottrina ha imputato il sorgere di questa diatriba ermeneutica a un “difetto di coordinamento” tra la legge n. 397 del 2000 e la disciplina codicistica sul rito alternativo in esame260. In realtà, fa notare la citata dottrina minoritaria, è proprio tale forzatura ermeneutica a creare un problema, quale quello dell’utilizzabilità degli atti di investigazione difensiva depositati contestualmente alla richiesta di giudizio abbreviato, che una interpretazione letterale della legge invece eviterebbe. Infatti, il legislatore del 1999, contestualmente all’abrogazione dell’art. 439 c.p.p. che prevedeva il consenso del pubblico ministero per l’instaurazione del rito, ha introdotto, aggiungendo il comma 1bis all’art. 442 c.p.p., una norma che impedisce che entrino a far parte della piattaforma istruttoria sulla quale si formerà la decisione del giudice atti unilateralmente assunti dalla difesa, garantendo il principio del contraddittorio senza la necessità di un differimento dell’udienza261.

Una siffatta interpretazione della disciplina del giudizio abbreviato non si porrebbe in contrasto con l’art 24 Cost., innanzitutto perché, ai sensi dell’art. 391octies c.p.p., il difensore può depositare gli atti di investigazione difensiva durante le indagini, o alla loro conclusione, con la certezza che, a seguito della richiesta di giudizio abbreviato, confluiranno nel materiale istruttorio. Inoltre, anche a seguito della richiesta di rinvio a giudizio, il difensore potrà continuare l’attività di ricerca e individuazione degli elementi di prova a favore del proprio assistito per poi porne l’assunzione a condizione dell’instaurazione del

259 A. PASTA, Giudizio abbreviato, investigazioni difensive e “senso della

realtà”, cit., p. 24.

260 V. PATANÈ, giudizio abbreviato e consenso: una problematica

compatibilità costituzionale?, in Eccezioni al contraddittorio e giusto processo, Un itinerario attraverso la giurisprudenza, (a cura di G. DI CHIARA), 2009, p. 103.

261 A. PASTA, Giudizio abbreviato, investigazioni difensive e “senso della

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rito alternativo ai sensi del quinto comma dell’art. 438 c.p.p.262Infine, stabilendo il quarto comma dell’art. 391octies c.p.p. che “il difensore può, in ogni caso, presentare al pubblico ministero gli elementi di prova a favore del proprio assistito”, questi potrà depositare il materiale istruttorio presso la segreteria del magistrato requirente anche dopo l’emissione della richiesta di rinvio a giudizio; a tali atti di investigazione difensiva sarà applicato il regime di utilizzabilità proprio delle indagini suppletive e integrative del pubblico ministero263. Questa interpretazione spiegherebbe l’apparente contraddizione emersa dalla riforma del 1999, e più volte segnalata in dottrina264, consistente nel fatto che per le prove poste a condizione ex art. 438, quinto comma, c.p.p. si preveda espressamente la facoltà del pubblico ministero di chiedere la prova contraria, mentre non si faccia altrettanto per il caso in cui gli atti di investigazione difensiva siano depositati contestualmente alla richiesta di giudizio abbreviato.

7.4.

Integrazione probatoria d’ufficio

Il quinto comma dell’art. 441 c.p.p., introdotto dalla legge n. 479 del 1999, prevede che “quando il giudice ritiene di non poter decidere allo stato degli atti assume, anche d’ufficio, gli elementi necessari ai fini della decisione”. Perciò, il materiale istruttorio raccolto durante la fase delle indagini preliminari, può essere integrato, oltre che dalle prove richieste dall’imputato e dalle controprove dedotte dal pubblico ministero, anche dal materiale probatorio assunto dal giudice d’ufficio.

262 v. supra § 2.3, cap. 2.

263 A. PASTA, Giudizio abbreviato, investigazioni difensive e “senso della

realtà”, cit., p. 26.

264 A. MACCHIA, La riforma del giudizio abbreviato e degli altri riti

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Tale previsione rappresenta uno dei paradigmi del superamento dell’impianto originario del rito abbreviato come giudizio allo stato degli atti265 e, perciò, vincolato ad una completezza della piattaforma probatoria che deve caratterizzare il processo già prima dell’instaurazione del rito alternativo266. Il quadro istruttorio, infatti, a seguito della legge Carotti, può essere integrato anche in un momento successivo all’instaurazione del rito speciale, sia dall’imputato che dal giudice: il primo, con la richiesta condizionata ex art. 438, quinto comma, c.p.p.; il secondo, con i poteri di integrazione probatoria, esperibili anche d’ufficio, ai sensi del quinto comma dell’art. 441 c.p.p.

In proposito, parte della dottrina lamentò una presunta violazione del principio di terzietà e imparzialità del giudice267, nonché una violazione dei diritti difensivi dell’imputato, il quale rinuncia a importanti prerogative e garanzie in ambito istruttorio senza poter più fare affidamento sul carattere predefinito della base cognitiva del giudice, che viene adesso completata secondo modalità che sfuggono al suo controllo268. Le preoccupazioni maggiori della dottrina, però, si riversarono sul timore di una resurrezione della figura del giudice istruttore269, nonché di un giudizio abbreviato “senza limiti di

265Nei lavori preparatori al nuovo codice di procedura penale era stata

espressamente esclusa la possibilità di compiere, nel corso del giudizio abbreviato, atti ritenuti necessari per la decisione. v. Relazioni al progetto preliminare e al testo definitivo del codice di procedura penale, delle disposizioni sul processo penale a carico di imputati minorenni e delle norme per l'adeguamento dell'ordinamento giudiziario al nuovo processo penale ed a quello a carico degli imputati minorenni. In G.U. Serie Generale n.250 del 24 ottobre 1988 - Suppl. Ordinario n. 93, p. 104 ss.

266 V. MAFFEO, Il giudizio abbreviato, Napoli, 2004, p. 270.

267 F. CECCHI, Davvero “terzo” il giudice del nuovo rito abbreviato?, in

Giust. Pen., 2000, III, p. 319.

268 G. BERNI, Nuovi scenari per il giudizio abbreviato tra evoluzione

giurisprudenziale e controriforma legislativa, in Giur. it., 2000, p. 2125.

269 E. MARZADURI, Quell’ingorgo sulla strada delle riforme che rischia di

travolgere l’interprete, in Guida dir., 1999, n. 46, p. 8; M. DANIELE, due aporie nel sistema dei riti speciali, in Parola alla difesa, fascicolo 5, 2017, p. 478 ss, il quale afferma che “a seguito del restyling operato dalla l. n. 479

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sviluppo” e “caratterizzato da una forma marcatamente inquisitoria dell’istruzione”270.

Detto ciò, va rilevato come l’atteggiamento dei giudici di merito abbia permesso di smentire le più nefaste previsioni. Infatti, tali nuovi poteri istruttori del giudice del rito abbreviato sono stati “maneggiati con cautela e senso di responsabilità”271, nel rispetto delle indicazioni fornite dalla giurisprudenza costituzionale272.

La necessità di un simile meccanismo di integrazione istruttoria all’interno della disciplina del giudizio abbreviato era già emersa in una pronuncia della Corte costituzionale, nella quale il giudice delle leggi aveva constatato, in ordine al requisito della decidibilità allo stato degli atti, la cui assenza impediva all’imputato l’accesso al rito, una “distonia dell’istituto con i principi costituzionali”, e aveva invitato il legislatore a intervenire sul punto273. Considerando altresì che detta sentenza arrivò in un periodo anteriore alla legge n. 397 del 2000 sulle investigazioni difensive, la Consulta evidenziò l’incoerenza sistematica del fatto che un’attività istruttoria lacunosa, ad opera del pubblico ministero, nel corso delle indagini preliminari, potesse precludere definitivamente la possibilità di vedere accolta la richiesta di accesso al rito alternativo da parte dell’imputato. Anche la difesa avrebbe potuto fare un uso strumentale di tale normativa: una volta ammesso il giudizio abbreviato, a seguito della declaratoria di

del 1999, per converso, il giudizio abbreviato presenta difetti ben peggiori del patteggiamento. Esso è diventato un procedimento inquisitorio nel senso più deteriore del termine; un procedimento, cioè, in cui la difesa rischia di essere pregiudicata in modo davvero eccessivo.”

270 G. LEO, Il giudizio abbreviato e i presupposti dell’integrazione disposta

d’ufficio e su richiesta dell’imputato, relazione per l’incontro di studi organizzato dal CSM in data 25/29 novembre 2002, in www.csm.it.

271 L. PISTORELLI e R. BRICCHETTI, Giudizio abbreviato, in Trattato di

procedura penale (a cura di G. SPANGHER), cit., p. 268.

272 In particolare, v. Corte cost., sentenza 15 febbraio 1991, n. 88. Sul ruolo

svolto dal giudice nel giudizio abbreviato e sulla tutela del principio dell’obbligatorietà dell’azione penale.

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inutilizzabilità o di nullità assoluta, l’imputato avrebbe potuto estromettere definitivamente dallo stato degli atti alcune prove, anche ritenute decisive dal giudice, ai sensi della normativa originaria del codice di rito, ai fini dell’ammissibilità del giudizio abbreviato, comportando così necessariamente una pronuncia di assoluzione ex art. 530, comma 2, c.p.p. A tale ultima evenienza, a dire il vero, pose rimedio già la giurisprudenza di legittimità, affermando l’onere, in capo all’imputato, di eccepire tali vizi prima della richiesta di giudizio abbreviato e, perciò, della valutazione giudiziale in ordine alla decidibilità allo stato degli atti274.

La giurisprudenza ha specificato che tale potere di integrazione probatoria d’ufficio, di cui è titolare il giudice, è esercitabile solo nel caso in cui emerga un’assoluta esigenza probatoria, anche prescindendo dalla sua complessità e quindi dai tempi dell’accertamento istruttorio275.

L’art. 441, quinto comma, c.p.p., infatti, non subordina l’esercizio dell’attività istruttoria del giudice al requisito della compatibilità con le finalità di economia processuale. Parte della dottrina276 ha denunciato il carattere discriminatorio della disciplina, alla luce del fatto che la richiesta di integrazione probatoria dell’imputato, ai sensi dell’art. 438, quinto comma, c.p.p., sia sottoposta alla condizione dell’economia processuale277, mentre l’attività del giudice ne è svincolata. Secondo la disciplina vigente, si potrebbe verificare una situazione per cui, nel corso del giudizio abbreviato non condizionato, il giudice disponga, ai sensi dell’art. 441, quinto comma, c.p.p., l’assunzione della stessa prova richiesta dall’imputato ai sensi del

274 Cass., Sez. II, 27 maggio 1999, n. 8803, in CED n. 214249; Cass., Sez. I,

14 aprile 1999, n. 6302, in CED n. 213457.

275 Cass., Sez. III, 20 marzo 2003, n. 12853, in CED n. 224865.

276 C. BONZANO, Note critiche sul nuovo giudizio abbreviato, in Giur.

mer., 2000, p. 746.

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quinto comma dell’art. 438 c.p.p. e per cui tale richiesta era stata respinta proprio in ragione della incompatibilità della prova con le finalità di economia processuale.

Certa dottrina è giunta a sostenere l’applicabilità di tale requisito, previsto al quinto comma dell’art. 438 c.p.p. per le richieste probatorie dell’imputato, anche alla disciplina in esame, essendo un carattere essenziale del giudizio abbreviato278. Soluzione che appare non

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