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Sanatoria delle nullità e irrilevanza delle inutilizzabilità

Capitolo 2 – Parte sistematica

7. Piattaforma probatoria

7.2. Utilizzabilità degli atti probatori delle parti

7.2.1. Sanatoria delle nullità e irrilevanza delle inutilizzabilità

Un tema molto dibattuto in giurisprudenza, che ha trovato un compiuto assetto normativo nel nuovo comma 6bis dell’art. 438 c.p.p., introdotto con la legge n. 103 del 2017, è quello inerente alla sanatoria delle nullità e alla non rilevanza delle inutilizzabilità, a seguito della richiesta di giudizio abbreviato.

Ci si riferisce quindi alla concreta utlizzabilità degli atti contenuti nel fascicolo del pubblico ministero, dal momento che la richiesta di giudizio abbreviato comporta, per l’imputato, la rinuncia al contraddittorio dibattimentale e l’accettazione della piena rilevanza, ai fini della decisione, degli elementi acquisiti, ma non la rinuncia ai diritti procedurali e a far valere l’invalidità degli atti probatori assunti

contra legem192. La garanzia della legalità del procedimento istruttorio è un potere-dovere che grava in capo al giudice e non può essergli sottratto dalla libera disponibilità delle parti193.

La disciplina normativa precedente alla riforma del 2017 non consentiva una soluzione univoca della questione. Questione che, nel periodo antecedente alla legge Carotti, era appesantita dal fatto che, essendo il giudizio abbreviato un rito a prova bloccata che non consentiva di integrare il materiale istruttorio utilizzabile, una eventuale dichiarazione di nullità o inutilizzabilità poteva rivelarsi

192 Cass. SS. UU., 21 giugno 2000, Tammaro, in CED n. 216247.

193 L. CARACENI, la legge 103/2017 e i significativi ritocchi alla disciplina

del giudizio abbreviato, in La legislazione penale, 19 febbraio 2018, p. 10; M. RICCARDI, Il restyling del giudizio abbreviato nella riforma del processo penale: nullità, inutilizzabilità e incompetenza per territorio, tra conferme e alcune contraddizioni, in Giurisprudenza penale, 2017, p. 6; E. CRIPPA, Fondamento costituzionale delle nullità e consenso nei riti speciali, in Archivio penale, 2018, n. 1.

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idonea a impedire al giudice di essere in grado di prendere una decisione.

In questa fase, la giurisprudenza maggioritaria si era consolidata nel senso di ritenere indeducibili, a seguito dell’ordinanza che disponeva il giudizio abbreviato, le questioni di validità degli atti e di utilizzabilità degli elementi probatori contenuti nel fascicolo del pubblico ministero, a meno che non fossero state già proposte in precedenza194. L’onere di dedurre tali eccezioni prima dell’accoglimento della richiesta di giudizio abbreviato, tra l’altro, comportava per l’imputato il forte rischio che, in caso di espunzione dalla piattaforma probatoria di uno o più elementi di prova a seguito proprio di tali eccezioni, il giudice rigettasse la richiesta di rito alternativo per non decidibilità allo stato degli atti195.

La riforma del 1999, introducendo la possibilità per il giudice di integrare anche ex officio il materiale istruttorio e, di conseguenza, anche la possibilità di sanare, mediante rinnovazione, gli atti nulli o inutilizzabili, ha mitigato il problema, almeno sotto l’aspetto pratico. Una parte minoritaria della dottrina196 sostenne che il giudice non potesse rinnovare gli atti nulli o inutilizzabili ex art. 441, quinto comma, c.p.p. Opinione non condivisa dalla dottrina maggioritaria, che evidenziò come una siffatta soluzione finisse per costringere il giudice, in caso di richiesta non condizionata di giudizio abbreviato, a fondare la propria decisione su una piattaforma probatoria irrimediabilmente viziata, facendo sorgere, tra l’altro, profili di

194 Cass., Sez. II, 10 marzo 1998, n. 4629, in Giust. pen., 1999, III, 235;

Cass., Sez. II, 27 maggio 1999, n. 8803, in Cass. pen., 2000, 5, 1313 ss.; Cass., Sez. VI, 21 novembre 1996, n. 11196, in Arch. n. proc. pen., 1997, 694.

195 M. RICCARDI, Il restyling del giudizio abbreviato nella riforma del

processo penale: nullità, inutilizzabilità e incompetenza per territorio, tra conferme e alcune contraddizioni, cit., p. 3-4.

196 A. VITALE, Nullità assoluta e inutilizzabilità delle prove nel nuovo

giudizio abbreviato, in Cass. pen., 2001, p. 2042; L. CRISTOFANO, I riti alternativi al giudizio penale ordinario, Torino, 2005, p. 56.

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incostituzionalità all’interno della disciplina del giudizio abbreviato197.

Sul tema, ha fatto scuola una sentenza della Corte di cassazione, pronunciata a sezioni unite, che ha affermato che l’imputato, con la richiesta di giudizio abbreviato, rinuncia al contraddittorio nella formazione della prova, accettando di essere giudicato anche sulla base di atti istruttori che, ai sensi dell’art. 526 c.p.p., non potrebbero essere utilizzati in dibattimento198. L’effetto sanante del consenso manifestato dall’imputato mediante la richiesta di giudizio abbreviato può estendersi, però, unicamente ai vizi processuali che fanno riferimento a poteri procedurali che rientrano nella sfera di disponibilità del soggetto. La giurisprudenza, infatti, nell’ambito del giudizio abbreviato, ha recepito la massima delle sezioni unite del 2000 nel senso di ritenere comunque rilevabili la inutilizzabilità patologica delle prove e la nullità assoluta199, vizi sottratti al potere dispositivo o abdicativo delle parti. Di conseguenza, la richiesta di giudizio abbreviato produce la indeducibilità delle sole inutilizzabilità fisiologiche e relative della prova, nonché delle nullità intermedie e relative200.

197 G. L. FANULI, Inutilizzabilità e nullità della prova nel giudizio

abbreviato, nel patteggiamento e nell’istituto della acquisizione degli atti su accordo delle parti, Milano, 2004, p. 76; L. PISTORELLI e R. BRICCHETTI, Giudizio abbreviato, in Trattato di procedura penale (a cura di G. SPANGHER), vol. 4, tomo I, Procedimenti speciali (a cura di L. FILIPPI), Utet, Torino, 2008, p. 279.

198 Cass. SS. UU., 21 giugno 2000, Tammaro, in CED n. 216247.

199 Cass., Sez. V, 6 giugno 2012, n. 46406, in CED n. 254081; Cass., Sez. II,

16 aprile 2013, n. 19483, in CED n. 256038; Cass., Sez. VI, 30 gennaio 2007, n. 14099, in CED n. 236211; Cass., Sez. III, 26 settembre 2007, n. 39407, in CED n. 238003; Cass., Sez. III, 9 giugno 2005, n. 29240, in Cass. pen., 2006, 11, 3727; Cass., Sez. IV, 29 ottobre 2003, n. 7699, in Guida dir., 2004, 20, 90.

200 M. RICCARDI, Il restyling del giudizio abbreviato nella riforma del

processo penale: nullità, inutilizzabilità e incompetenza per territorio, tra conferme e alcune contraddizioni, cit., p. 8.

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Le argomentazioni su cui si fonda questa soluzione giurisprudenziale, oltre che alla natura giuridica della richiesta di giudizio abbreviato, fanno riferimento anche a un dato normativo al quinto comma dell’art. 438 c.p.p., segnatamente nella parte in cui parla di “atti già acquisiti ed utilizzabili” per riferirsi alla base conoscitiva per la decisione del giudice in ordine all’ammissione della richiesta condizionata. Il riferimento agli “atti utilizzabili” è espressione del principio di legalità della prova201, di portata generale, applicabile ad ogni “situazione patologica che non debba intendersi sanata in virtù dell’ordinario regime giuridico”202. Perciò, la rilevabilità della inutilizzabilità patologica sarebbe una regola posta a presidio della legalità del procedimento probatorio203.

Risulta utile effettuare una distinzione concettuale tra inutilizzabilità patologica e inutilizzabilità fisiologica. La prima è inerente agli atti probatori assunti contra legem, la cui utilizzazione è vietata in ogni stato e grado del procedimento e che, ai sensi dell’art. 191, secondo comma, c.p.p., “è rilevabile anche di ufficio in ogni stato e grado del procedimento”. L’inutilizzabilità fisiologica della prova è, invece, “quella coessenziale ai peculiari connotati del processo accusatorio, in virtù dei quali il giudice non può utilizzare prove, pure assunte

secundum legem, ma diverse da quelle legittimamente acquisite nel

dibattimento secondo l'art. 526 c.p.p.”204

201 L. CARACENI, la legge 103/2017 e i significativi ritocchi alla disciplina

del giudizio abbreviato, cit., p. 10; E. CRIPPA, Fondamento costituzionale delle nullità e consenso nei riti speciali, in Archivio penale, 2018, n. 1.

202 V. MAFFEO, I procedimenti speciali, cit., p. 153.

203 L. CARACENI, la legge 103/2017 e i significativi ritocchi alla disciplina

del giudizio abbreviato, cit., p. 11.

204 A. MACCHIA, La riforma del giudizio abbreviato e degli altri riti

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Un’altra categoria di vizi a noi utile è quella della inutilizzabilità relativa, categoria di vizi che la legge riferisce esclusivamente alla fase dibattimentale205.

La giurisprudenza ha specificato che gli atti istruttori dichiarati inutilizzabili prima della richiesta di instaurazione del rito alternativo, anche se si tratta di inutilizzabilità fisiologica o relativa, non potranno essere utilizzati nel giudizio abbreviato206. La Corte ha argomentato tale affermazione sulla base dell’assenza di limiti di efficacia alla dichiarazione di inutilizzabilità e facendo riferimento al principio di tutela dell’affidamento delle parti in ordine alla stabilità delle decisioni giudiziarie.

Il legislatore del 2017, ignorando il cambio di rotta effettuato dalla giurisprudenza di legittimità con la sentenza Forcelli del 2012207, ha preso le mosse dalla massima contenuta nella sentenza delle sezioni unite della Corte di cassazione del 2000 per delineare un nuovo meccanismo delle sanatorie effettuando, tra l’altro, una nuova distinzione interna alla categoria delle inutilizzabilità patologiche. Il nuovo comma 6bis dell’art. 438 c.p.p. prevede la rilevabilità, anche a seguito di richiesta di giudizio abbreviato, delle nullità assolute e delle inutilizzabilità “derivanti dalla violazione di un divieto probatorio”. Il legislatore ha separato, sulla base della diversità di fonte del vizio che consente di graduare l’intensità dello stato patologico dell’atto, la macrocategoria della inutilizzabilità patologica in due sottocategorie: la inutilizzabilità per violazione di un divieto probatorio e la inutilizzabilità che discende dalla violazione di regole del procedimento acquisitivo. Una distinzione nuova, che fino a

205 Ad esempio l’art. 350, comma 7; l’art. 360, comma 5; l’art. 403, comma 1

c.p.p.

206 Cass., Sez. III, 5 giugno 2014, n. 31171, in CED n. 260116. Nel caso di

specie si faceva riferimento a sommarie informazioni testimoniali rese dopo la scadenza del termine di durata delle indagini preliminari.

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questo momento si era incontrata solo sotto traccia in alcune sentenze della cassazione208. Quando ci troviamo di fronte ad una ipotesi che rientra nella seconda sottocategoria, quindi di fronte a una mera violazione di uno schema acquisitivo dell’atto istruttorio, il vizio in questione può essere sanato mediante rinnovazione nel giudizio abbreviato e, perciò, l’atto potrà essere utilizzato per la decisione. La utilizzabilità, invece, è sempre e comunque esclusa nel caso in cui il vizio che la determina origini dalla violazione di un divieto probatorio.

In conclusione, la richiesta di giudizio abbreviato comporta l’accettazione del valore probatorio degli atti ai fini della decisione, a meno che lo stato patologico dell’atto sia tale da non poter essere superato dal consenso dell’imputato.

Parte della dottrina ha criticato tale impostazione concettuale del legislatore, affermando che “non può negarsi che la previsione della sanatoria, soprattutto in relazione alle ipotesi di inutilizzabilità, susciti forti perplessità, venendosi a sanare anche situazioni apparentemente formali ma invece fortemente incidenti sulla validità della prova”209. Infine, è necessario sottolineare che, mentre le ipotesi di nullità assoluta restano tassative e passibili di una elaborazione casistica, le ipotesi di inutilizzabilità per violazione di un divieto probatorio ex art. 191 c.p.p. sembrano sganciarsi dai principi di tipicità e legalità. A detta della sentenza Tammaro, debbono intendersi per prove inutilizzabili perché derivanti da un divieto probatorio, non solo le prove oggettivamente vietate, ma anche quelle “comunque formate o acquisite in violazione – o con modalità lesive – dei diritti fondamentali della persona tutelati dalla Costituzione e, perciò, assoluti e irrinunciabili, a prescindere dall’esistenza di un espresso o

208 v. Cass., Sez. II, 20 giugno 2006, n. 23627, in CED n. 234997.

209 G. SPANGHER, La riforma Orlando della giustizia penale: prime

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tacito divieto al loro impiego nel procedimento contenuto nella legge processuale”210.

7.3.

La prova contraria del pubblico ministero

Il diritto alla prova contraria in capo al pubblico ministero, ai sensi dell’art. 495, secondo comma, c.p.p., consiste nel diritto ad assumere nel procedimento prove a carico dell’imputato sui fatti costituenti oggetto delle prove a discarico dell’imputato211.

La controprova rappresenta un elemento imprescindibile del nostro sistema processuale, pilastro dell’attuazione del contraddittorio e, più in generale, del giusto processo sancito all’art. 6 della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali e all’art. 111 Cost. In dottrina, il diritto alla prova contraria è stato definito “baluardo di libertà contro il monopolio autoritario di quel sapere che è premessa e fonte di legittimazione dell’esercizio in concreto della potestas puniendi”212.

All’interno della disciplina del giudizio abbreviato, le ipotesi in cui si prevede espressamente il diritto del pubblico ministero a “chiedere l’ammissione di prova contraria” sono contemplate al quinto comma dell’art. 438 c.p.p. e al quinto comma dell’art 441bis c.p.p.

210 Cass. SS. UU., 21 giugno 2000, cit.

211 La fonte originaria di tale definizione di prova contraria si rinviene, con

riferimento specifico alla prova testimoniale, nell’art. 6, terzo comma, lett. d), della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali, firmata a Roma il 4 novembre 1950, in cui si legge “Ogni accusato ha il diritto di: d) esaminare o far esaminare i testimoni a carico e ottenere la convocazione e l’esame dei testimoni a discarico nelle stesse condizioni dei testimoni a carico”.

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Quindi, la pubblica accusa ha diritto a richiedere la prova contraria, rispettivamente, nel caso in cui l’imputato condizioni la propria richiesta di giudizio abbreviato ad una integrazione probatoria e nel caso in cui l’imputato chieda l’ammissione di nuove prove, relativamente alle nuove contestazioni ai sensi dell’art. 423 c.p.p. Nell’ipotesi di richiesta semplice di giudizio abbreviato, qualora ritenga sussistano lacune istruttorie, al pubblico ministero non resta che sollecitare il giudice all’assunzione di ulteriori elementi probatori

ex art. 441, quinto comma, c.p.p.

Il nuovo quarto comma dell’art. 438 c.p.p., come riformato dalla legge n. 103 del 2017, prevede invece che la pubblica accusa possa svolgere indagini suppletive “limitatamente ai temi introdotti dalla difesa” attraverso risultanze investigative prodotte immediatamente prima della richiesta di giudizio abbreviato semplice. In questo ultimo caso, la dottrina213 ritiene che, in base alla locuzione utilizzata dal legislatore, lo spettro di azione istruttoria del pubblico ministero sia più amplio rispetto alle ipotesi precedenti di prova contraria.

Gli elementi probatori di cui il pubblico ministero chiede l’assunzione, nell’esercizio del suo diritto alla prova contraria, nell’ambito del giudizio abbreviato, devono essere ontologicamente riferibili agli elementi istruttori introdotti dall’imputato ai sensi dell’art. 438, quinto comma, c.p.p. o dell’art. 441bis, quinto comma, c.p.p.214, senza che costituiscano un pretesto della pubblica accusa per introdurre prove autonome atte a colmare eventuali lacune delle indagini preliminari215, non essendo il pubblico ministero, in tale ipotesi, titolare di un potere

213 A. MACCHIA, La riforma del giudizio abbreviato e degli altri riti

speciali, cit., pag. 11.

214 v. sul punto Cass., Sez. II, 17 ottobre 2003, n. 43395, in CED n. 228187. 215 In tal senso v. G. VARRASO, Le indagini «suppletive» e «integrative».

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di iniziativa probatoria216. Tale situazione, infatti, si porrebbe in contrasto con la scelta del legislatore di non attribuire alla parte pubblica uno specifico potere di iniziativa probatoria a seguito dell’instaurazione del giudizio abbreviato, scelta avallata dalla Corte costituzionale, nonostante i dubbi di diversità di disciplina tra le parti rilevati da parte della dottrina217, con la sentenza n. 115 del 2001218. In questa pronuncia il giudice delle leggi ha chiarito che la disparità di poteri istruttori delle parti, in questa fase del processo, “non costituisce irragionevole discriminazione”, dal momento che la parte pubblica, nel corso delle indagini preliminari, “ha già esercitato il potere e assolto al dovere di svolgere tutte le attività necessarie in vista delle determinazioni inerenti all’esercizio dell’azione penale”. Il riferimento della Consulta va altresì al principio di completezza delle indagini219, il quale impedisce al pubblico ministero di “esimersi dal predisporre un esaustivo quadro probatorio”, anche tenendo in considerazione che l’imputato potrà chiedere ed ottenere di essere giudicato, attraverso l’instaurazione del giudizio abbreviato, sulla base degli elementi raccolti nello svolgimento delle indagini preliminari, senza che la pubblica accusa possa più chiedere l’assunzione di prove inedite.

Una parte della dottrina ha criticato, almeno in parte, queste argomentazioni fondate sul principio di completezza delle indagini,

216 L. PISTORELLI e R. BRICCHETTI, Giudizio abbreviato, in Trattato di

procedura penale (a cura di G. SPANGHER), vol. 4, tomo I, Procedimenti speciali (a cura di L. FILIPPI), Utet, Torino, 2008, p. 226.

217 D. NEGRI, il nuovo giudizio abbreviato: un diritto dell’imputato tra

nostalgie inquisitorie e finalità di economia processuale, cit., p. 459.

218 Corte cost., 9 maggio 2001, n. 115. Nella quale si afferma che “non

costituisce irragionevole discriminazione tra le parti la mancata attribuzione all'organo dell'accusa di uno specifico potere di iniziativa probatoria per controbilanciare il diritto dell'imputato al giudizio abbreviato”.

219 v. Corte cost., sentenza 15 febbraio 1991, n. 88, all’interno della quale il

giudice delle leggi afferma che la completa individuazione dei mezzi di prova da parte del pubblico ministero è necessaria anche ad indurre l’imputato ad accettare i riti alternativi.

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dal momento che il pubblico ministero, in quanto “non fornito di poteri divinatori”220, in concreto ben potrebbe non essere a conoscenza, nella fase istruttoria, di rilevanti elementi di prova la cui ammissione è richiesta dall’imputato contestualmente alla richiesta di giudizio abbreviato221: ad esempio potrebbe non essere a conoscenza di dichiarazioni, note al solo imputato, idonee a fornire la prova d’alibi; di conseguenza non gli può essere rimproverata la mancata assunzione di questa prova, nonostante il principio di completezza delle indagini e l’art. 358 c.p.p., che lo obbliga a compiere accertamenti altresì su fatti e circostanze a favore dell’indagato222. La dottrina223, con riferimento al secondo comma dell’art. 495 c.p.p., ha chiarito che la prova contraria non è solo quella direttamente speculare all’iniziativa probatoria della controparte, bensì anche quella indiretta che tende a dimostrare la veridicità di “un fatto logicamente incompatibile con quelli dedotti ex adverso”. Ciò non toglie che la controprova debba necessariamente vertere sul medesimo tema oggetto della prova introdotta dalla controparte224.

220 L’espressione è di G. LOZZI, il contraddittorio in senso oggettivo e il

giudizio abbreviato, in Giur. cost., 2009, p. 2061.

221 All’interno della pronuncia Corte cost., sentenza 15 febbraio 1991, n. 88,

al punto 4, la Consulta definisce “tendenziale” il principio di completezza delle indagini, prendendo atto del fatto che il pubblico ministero potrebbe ritrovarsi in una situazione di incolpevole ignoranza di fatti noti al solo imputato.

222 A. PASTA, Giudizio abbreviato, investigazioni difensive e “senso della

realtà”, in Archivio penale, n. 3, 2011, p. 16; G. LOZZI, il contraddittorio in senso oggettivo e il giudizio abbreviato, in Giur. cost., 2009, p. 2061.

223 G. CANZIO, Diritto alla prova, prova contraria e parte civile, in Foro it.,

1997, p. 407; S. SOTTANI, Il diritto alla controprova, in AA. VV., Le nuove disposizioni sul processo penale, Padova, 1989, p. 247.

224 L. PISTORELLI e R. BRICCHETTI, Giudizio abbreviato, in Trattato di

procedura penale (a cura di G. SPANGHER), cit., p. 226.; In tal senso anche O. BRUNO, L’ammissibilità del giudizio abbreviato, Padova, 2007, p. 176; A. NAPPI, Guida al codice di procedura penale, Milano, IX edizione, 2004, p. 549.

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Parte della dottrina225 ha sostenuto, addirittura, che il diritto alla prova contraria, in capo al pubblico ministero, sarebbe esercitabile solo in casi eccezionali, dal momento che nel giudizio abbreviato non si può parlare di vera e propria prova contraria, ma di “prove di replica o confermative”, volte a ribadire quanto già emerso nel corso delle indagini preliminari.

Per quanto riguarda i limiti posti all’ammissibilità dell’elemento di prova, trattandosi di una richiesta istruttoria non introduttiva, per la controprova del pubblico ministero, come affermato dalla giurisprudenza di legittimità226, non sono previsti i requisiti della necessarietà ai fini della decisione227 e della compatibilità con le finalità di economia processuale di cui al quinto comma dell’art. 438 c.p.p.228, rilevando invece i criteri di ammissibilità di cui al primo comma dell’art. 190 c.p.p., cioè “alla luce del comune principio di pertinenza-rilevanza”229.

Per quanto riguarda il criterio della rilevanza, in dottrina si è sostenuto che il pubblico ministero non possa assumere come prova contraria le

225 T. RAFARACI, La prova contraria, cit., p. 241;

226 Cass., Sez. III, 21 ottobre 2004, n. 219, in CED n. 230915.

227 Il requisito della necessarietà della prova contraria è implicito nella

decisione che ha valutato necessaria ai fini della decisione la prova principale, in ragione del vincolo funzionale che le unisce. v. L. PISTORELLI e R. BRICCHETTI, Giudizio abbreviato, cit., p. 231;

228 O. BRUNO, L’ammissibilità del giudizio abbreviato, Padova, 2007, p.

173; L. PISTORELLI e R. BRICCHETTI, Giudizio abbreviato, in Trattato di procedura penale (a cura di G. SPANGHER), cit., p. 226. “E’ inequivocabile che le iniziative in materia di prova debbano essere formulate dal p.m. solo dopo che il giudice abbia accolto la richiesta di abbreviato condizionato. Ma se il rito è stato già instaurato al momento dell’intervento della parte pubblica, cessa ogni necessità di valutare tali iniziative alla luce del canone di economia processuale, che il legislatore ha esplicitamente configurato proprio come criterio di selezione dell’ammissibilità del procedimento speciale”.

229 N. MANI, I percorsi della prova nel giudizio abbreviato, limiti di sistema

e adattamenti vari, cit., p. 17; in tal senso anche F. ZACCHÉ, Il giudizio abbreviato, Milano, 2004, p. 85.

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stesse fonti istruttorie escusse nel corso delle indagini preliminari230, qualora l’iniziativa probatoria dell’imputato, esercitata ai sensi dell’art 438, quinto comma, c.p.p., si riferisca propria alla confutazione delle medesime231. Altra parte della dottrina, però, ha ritenuto tale limite eccessivamente rigido, al punto da rischiare di “svuotare lo stesso senso del dettato normativo, chiaramente ispirato al rispetto del principio della parità delle parti”232. Di conseguenza, secondo questa

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