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Dalla L 328/2000 alla riforma del titolo V della Costituzione

Nel paragrafo precedente abbiamo visto come per più di un secolo si sentì con forza l'esigenza di una legge per l'organizzazione del welfare socio-assistenziale e di come il parlamento non riuscì a raggiungere tale obiettivo fino all'approvazione della legge n. 328/2000 “Legge quadro per la realizzazione di un sistema integrato di interventi e servizi sociali”.

41F. Franzoni, M. Anconelli, La rete dei servizi alla persona, dalla normativa all'organizzazione, Roma, Carocci Faber, 5° ristampa, p. 47.

Perciò l'emanazione di questa norma costituisce un evento di grande rilevanza anche perché il legislatore non si limitò a produrre una legge generale sull'assistenza ma raggiunse l'obiettivo molto più rilevante di creare un sistema integrato di interventi e servizi sociali in grado di realizzare la razionalizzazione degli interventi ed il potenziamento di una rete locale di assistenza 42.

Il legislatore dettò una disciplina organica dell'assistenza sociale e della beneficenza pubblica ma soprattutto costruì quello che è stato efficacemente definito “un sistema di cittadinanza, basato sull'integrazione fra diversi interventi e servizi”43 ,al fine di garantire risposte più

adeguate ai diversi bisogni dei soggetti in difficoltà.

In questo modo si fece un altro passo importante per abbandonare il concetto di assistenza passato secondo il quale il modo più idoneo per dare risposte ai cittadini più fragili sarebbe stato offrire prestazioni economiche, un'efficiente istituzionalizzazione e l'assistenza specializzata per categorie secondo una logica risarcitoria.

Si affermò con una forza sempre maggiore che per dare risposte a bisogni sociali sempre più complessi e di diversa natura fosse necessaria una integrazione dei servizi.

La legge 328/2000 recepisce in modo attento i principi cardine della Costituzione rispondendo all'esigenza di un rinnovamento che consentisse di passare da uno Stato dei servizi ad una società dei Servizi.

Il legislatore della 328 riuscì anche nella difficile impresa di recepire le cornici teoriche e i modelli organizzativi presenti nelle varie normative regionali conferendo loro valore e prevedendo anche aspetti innovativi ad esempio sulla tutela dei cittadini destinatari dei servizi, sulla disciplina delle Ipab, sulle forme di erogazione del servizio, sul rapporto pubblico-privato.

42A. Gualdani, I servizi sociali tra universalismo e selettività, Università di Siena, dipartimento di diritto pubblico, collana di studi, giuffrè editore, Milano, 2007, p. 107

L'articolo 2 della legge recita “il sistema integrato degli interventi e servizi sociali ha carattere dell'universalità” e delinea così un modello basato sull'universalismo selettivo, tipico dei paesi del nord Europa, perché prevede che le prestazioni possano essere graduate e vi sia la possibilità di un accesso prioritario alle stesse.

L'iter di approvazione della legge fu abbastanza lungo e travagliato e richiese una mediazione tra varie posizioni da cui alla fine scaturì la scelta dell'universalismo selettivo come criterio da adottare in tema di esigibilità dei diritti.

Rispetto a questo si ritenne che l'obiettivo della legge fosse quello di abbandonare il concetto tradizionale di assistenza intesa come contesto in cui i bisogni possono essere discrezionalmente soddisfatti per arrivare ad un sistema di protezione sociale attiva con livelli essenziali di prestazioni accessibili a tutti e diversi protagonisti istituzionali e della solidarietà. L'esigenza di costruire un sistema di protezione che garantisse le prestazioni essenziali a tutti i cittadini nacque anche dal mutamento sociale in atto caratterizzato dall'impoverimento delle reti di protezione informali offerte dalle famiglie tradizionali e dal sistema previdenziale. Inoltre il principio dell'universalismo selettivo consente di superare in modo forte quella modalità di assistenza degli utenti per categorie di bisogno che aveva causato il proliferare di particolarismi basati sul riconoscimento di specifici diritti soggettivi.

La legge quadro recepisce alcuni dei più importanti principi della nostra Costituzione contenuti negli articoli 2, 3 e 38 in attuazione dei quali persegue la personalizzazione e l'umanizzazione del servizio, il riconoscimento del diritto alle prestazioni sociali, non solo del singolo, ma anche delle formazioni sociali in cui si sviluppa la sua personalità.

Perciò, oltre a riconoscere appunto ad ogni cittadino il diritto a ricevere determinate prestazioni essenziali, la legge quadro è innovativa anche perché disegna un nuovo sistema di protezione sociale affiancando al welfare delle persone e delle famiglie quello della sanità e della previdenza44.

Il nuovo sistema non si limita a tutelare le persone dai rischi connessi alla salute e alla vecchiaia con interventi alcune volte occasionali, spesso lasciati alla discrezionalità dei singoli governi locali, ma ha l'obiettivo di più ampio respiro di offrire un sostegno alle persone durante tutto il ciclo di vita.

La legge persegue l'obiettivo di aiutare le persone in difficoltà, migliorare la qualità della vita, prevenire il disagio, contrastare la povertà.

Perciò il sistema socio-assistenziale è rivolto a tutti i cittadini italiani, e anche a quelli appartenenti all'Unione Europea ed i loro familiari, nonché gli stranieri, individuati ai sensi dell'art. 41, del T.U. 25 luglio 1998, n. 256, che si trovano in una condizione di normalità. Questo universalismo è selettivo perché nell'articolo 2, c. 3 viene data una priorità di accesso in base al bisogno ed alle risorse economiche disponibili a coloro che sono portatori di bisogni gravi, che versano in condizioni di povertà, che possiedono ridotte capacità psico- fisiche, o hanno difficoltà di inserimento nel mercato del lavoro.

La legge quadro individua le persone che hanno prioritariamente accesso al sistema integrato, tramite l'accertamento della condizione economica attraverso un indicatore il c.d. ISEE disciplinato dal d.lgs. n. 109/98 e successive modifiche e integrazioni.

Non è contemplata l'istituzione di un reddito di cittadinanza anche perché la legge è stata emanata in un periodo caratterizzato da politiche di contenimento della spesa pubblica, sia in rapporto al deficit che al debito pubblico accumulato dall'Italia, e non sarebbe stato possibile garantire a tutti i cittadini prestazioni economiche45.

Si rafforza la tutela del diritto all'assistenza sociale attraverso la previsione di livelli essenziali da garantirsi su tutto il territorio nazionale ( art. 22 l.n. 328/00) e l'obbligo per tutti i soggetti

45Cfr G.Guglia, il “Diritto all'assistenza sociale nella prospettiva multilivello”,collana di studi giuridici- monografie, Università degli studi di Verona dipartimento di diritto dell'economia, CEDAM, 2005 p.133.

che erogano i servizi sociali di adottare carte dei servizi che disciplinino i criteri per l'accesso e le modalità con cui gli utenti possono usufruirne.

Il legislatore della 328 attribuisce un particolare valore alla promozione della partecipazione attiva dei cittadini valorizzando l'attività svolta dal terzo settore nell'erogazione delle prestazioni.

A tal fine viene parificato il trattamento dei soggetti erogatori i servizi sociali di natura pubblica con quelli di natura privata che devono tutti ottenere l'autorizzazione e l'accreditamento e tra i quali l'utente è libero di scegliere con vari meccanismi come ad esempio l'utilizzo di titoli per l'acquisto previsti dalle Regioni.

Il diritto all'assistenza si realizza attraverso la territorialità e l'integrazione.

La prima viene perseguita continuando il decentramento delle competenze del settore avviato con il decreto legislativo n. 112/98 che implica una programmazione e una gestione territoriale e decentrata delle politiche e degli interventi socio-assistenziali e una precisa ripartizione delle attribuzioni tra i diversi livelli 46.

La seconda viene attuata attraverso la concertazione e cooperazione tra i diversi livelli istituzionali e tra questi ed i soggetti del terzo settore, con il coordinamento degli interventi socio-assistenziali con quelli sanitari e dell'istruzione, valorizzando l'attività solidaristica e sussidiaria svolta dai cittadini e attraverso politiche attive di formazione e di avviamento e reinserimento nel mondo del lavoro47.

Il legislatore attribuisce al Comune un ruolo fondamentale prevedendo che, nel contesto del sistema dei servizi sociali a rete di cui fanno parte soggetti privati profit e non profit, attui a livello locale il Piano di Zona.

46Cfr. A. Gualdani, op. cit. p. 118e ss 47Ibidem 119 e ss

Questo ente locale si muove nel contesto del sistema integrato di servizi sociali coordinando i vari attori ed esercitando nei loro confronti una funzione di vigilanza e controllo.

Viceversa le Regioni perdono le competenze operative48 e conservano le funzioni di

programmazione che consentono di individuare gli ambiti territoriali e coordinare gli interventi sociali, definire le modalità e gli strumenti per la gestione del sistema dei servizi sociali a rete, e verificare la loro attuazione a livello territoriale.

Viene conferito a questi enti locali un ruolo sempre più importante nell'individuazione di criteri e requisiti per la gestione dei servizi a gestione pubblica o privata (ad esempio quelli per l'autorizzazione, l'accreditamento e la vigilanza delle strutture) e alcune funzioni promozionali nel campo dell'assistenza, della sperimentazione di modelli innovativi di servizi. Le Regioni garantiscono che su tutto il territorio l'offerta dei servizi sia tale da dare una risposta uniforme ai bisogni sociali e che le forme di collaborazione tra soggetti pubblici e privati che erogano tali servizi siano disciplinate in modo omogeneo.

In quest'ottica sono da valutare positivamente quelle disposizioni che attribuiscono alla Regione compiti finalizzati a garantire un certo grado di uniformità, a livello regionale, nell'erogazione dei servizi socio assistenziali, in un sistema che riconduce in capo ai comuni la funzione di gestione degli interventi49 .

Uno degli strumenti importanti previsti dagli articoli 18 e 19 della legge quadro in esame per realizzare questi obiettivi sono i piani regionali che costituiscono strumenti per attuare la programmazione a livello territoriale.

La legge quadro conferma in capo allo Stato i compiti generali di ripartizione delle risorse finanziarie e di indirizzo delle politiche sociali, già disposti dal d.lgs. 112/98.

48Cfr. G.Guglia op, cit. p. 139-140

49G. Marchetti, Il sistema di governo regionale integrato alla ricerca di un equilibrio tra esigenze di riordino

territoriali, razionalizzazione della spesa pubblica e garanzia dei diritti. Università degli studi di Milano-

Innova prevedendo che il Governo, ogni tre anni, debba adottare un Piano nazionale degli interventi e dei servizi sociali che individui i principi e degli obiettivi della politica sociale. Altre competenze importanti riservate allo Stato dall'articolo 22 sono: l'individuazione dei livelli uniformi ed essenziali delle prestazioni, la fissazione dei requisiti minimi per l'autorizzazione all'esercizio dei servizi e delle strutture residenziali o semi-residenziali, la determinazione dei requisiti e dei profili professionali in materia di professioni sociali, l'esercizio dei poteri sostitutivi in caso di inadempienza delle regioni.

Il sistema di regolazione sociale disegnato dalla legge quadro si articola su tre diversi binari: della programmazione, della gestione degli interventi sul territorio e della valutazione e del controllo dell'offerta dei servizi sociali.

La programmazione coinvolge tutti i diversi livelli di Governo, lo Stato nei termini più generali esaminati sopra e contenuti nel Piano nazionale degli interventi, la regione attraverso il Piano sociale regionale ed i comuni con il Piano di zona elaborato in collaborazione con le province.

Questi livelli di programmazione si articolano in una prospettiva gerarchica basata sulle diverse competenze istituzionali, ogni soggetto deve rispettare gli obiettivi e i parametri definiti nello strumento di programmazione adottato dal livello di governo superiore.

Questo modello di programmazione imperniato sulla concertazione degli interventi tra i diversi livelli di governo si pone nell'ottica della governance al fine di garantire un coordinamento delle politiche sociali50

Pertanto la riforma del welfare costruita dal legislatore della l. 328/00 ha come punto cardine, oltre al decentramento e alle nuove modalità di gestione dei servizi, la programmazione degli interventi socio-assistenziali. La Regione ha un ruolo rilevante sia per la programmazione degli interventi sul proprio territorio che per il coordinamento della programmazione 50G. Marchetti Ibidem p. 232

territoriale e questa modalità di governo dei servizi alla persona consente di assicurare un'azione coordinata ed unitaria degli interventi.

Inoltre questo favorisce il fatto che la struttura gerarchica della programmazione non sia rigida perché prevede la concertazione e la cooperazione tra gli enti istituzionali e tra loro ed il terzo settore.

La legga Bassanini n. 59/97 attribuì la delega al Governo per il conferimento alle Regioni ed enti locali di funzioni e compiti amministrativi “relativi alla cura degli interessi e alla promozione dello sviluppo delle relative comunità”, decentramento poi avvenuto con il d.lgs. n. 112/98.

Questo rese necessaria una modifica della Costituzione nella parte dedicata a “Regioni, Province e Comuni” che venne attuata con la legge costituzionale n.3/2001, di revisione del Titolo V, II parte, della Costituzione.

Come illustrato precedentemente un altro fattore fortemente innovativo fu il recepimento da parte del legislatore del principio di sussidiarietà che stabilisce che i compiti di gestione amministrativa debbano essere attribuiti all'ente locale più vicino al cittadino, ovvero il comune.

Questo tipo di sussidiarietà viene definita verticale perché le Regioni e lo Stato esercitano solo quelle funzioni che per loro natura non possono essere svolte a livello locale.

La legge costituzionale n. 3/2001 ha provveduto a modificare il titolo V della Cost. rovesciando la prospettiva delle attribuzioni nella competenza legislativa statale e regionale. Infatti anteriormente a tale legge le Regioni potevano legiferare e disporre di competenze amministrative esclusivamente nelle materie elencate nel vecchio art. 117 Cost., tra le quali anche la beneficenza pubblica.

Dopo tale riforma al Parlamento viene attribuito il compito di legiferare, in via esclusiva, in materie espressamente individuate, viene riservata alle Regioni la potestà legislativa

concorrente in materie anch'esse elencate nella Costituzione e lasciata loro la potestà legislativa esclusiva in ogni materia non espressamente demandata alla legislazione dello Stato tra cui rientra per esclusione anche l'assistenza.

Pertanto la disciplina dei servizi sociali viene modificata dalla riforma del Titolo V Cost. sia perché tale materia viene all'attribuita alla legislazione esclusiva regionale che per l'individuazione, da parte dello Stato, dei livelli essenziali delle prestazioni sociali, (art. 117, c. 2, lett. m), in ottemperanza al principio universalistico definito nella legge n. 328/2000. Questa riforma ha anche un altro impatto rilevante, infatti, poiché la beneficenza pubblica non è più tra le materie in cui la Regione ha una potestà legislativa concorrente ma esclusiva, questo ente locale può scegliere le proprie linee regionali di politica socio-assistenziale e la legge n. 328/00 diviene meno vincolante.

1.4 Conclusioni

In questo capitolo si sono approfonditi i fondamenti costituzionali del diritto ad una “esistenza dignitosa ”, rinvenibili dal combinato disposto degli artt. 2 e 3 co.2, Cost., dell’art. 38 Cost. e dell’art. 117, co. 2 lett. m, Cost. e dalla sentenza della Corte Costituzionale n. 10/2010, e rafforzati dalla Carta europea dei diritti fondamentali,.

Si è poi verificato se si possa rintracciare nella normativa un conseguente dovere dei pubblici poteri di adoperarsi nella rimozione delle disuguaglianze e nella lotta contro la povertà, delimitando e definendo preliminarmente tale concetto secondo un’ottica multidimensionale. Dall'analisi svolta è emersa con chiarezza l'esistenza di un diritto ad ottenere delle prestazioni indispensabili per alleviare le situazioni di bisogno estremo e un obbligo per lo Stato di rifarsi ai principi enunciati in queste disposizioni normative per garantire tale diritto ed i relativi interventi.

Si è evidenziato come sia fondamentale che i contributi economici siano affiancati da interventi che favoriscano l’inclusione sociale perché chi versa in situazioni di povertà spesso

vive anche forme di emarginazione di varia natura. “In questa prospettiva, pertanto, il perseguimento dell’inclusione sociale e la lotta alla povertà devono necessariamente svolgersi attraverso un percorso di impegno reciproco con la persona beneficiaria del sostegno 51”, che

diventa protagonista attivo del suo cambiamento.

Dopo aver compiuto un inquadramento costituzionale del diritto al minimo vitale, si è ricostruito lo scenario delle grandi trasformazioni nel campo dell’assistenza sociale, inizialmente considerata un tipo di attività assistenziale privata, volontaria, caritativa, che non derivava da un dovere e non costituiva un diritto. Fu la legge Crispi a consacrare l’assistenza come funzione autonoma pubblica che mirava a prevenire o eliminare situazioni di svantaggio o condizioni problematiche, come la povertà, che non trovavano protezione spontanea. Solo dopo più di un secolo, il legislatore, recependo, in modo attento i principi cardine della Costituzione, approvò la legge n. 328/2000, “ legge quadro per la realizzazione di un sistema integrato di interventi e servizi sociali”. L’importanza di questa legge deriva dal fatto che essa rappresenta la prima ed unica legge organica italiana sui servizi sociali, che dopo secoli abbandona il concetto tradizionale di assistenza, intesa come contesto in cui i bisogni possono essere discrezionalmente soddisfatti, per arrivare a disegnare un sistema che vede nell’universalismo selettivo il criterio da adottare rispetto all’esigibilità dei diritti e persegue l’obiettivo di aiutare le persone in difficoltà, migliorare la qualità della vita, prevenire il disagio e contrastare la povertà. Il cambiamento di prospettiva nella legge quadro,consiste sopratutto nella volontà del legislatore di mettere al centro la persona, il cittadino considerato un soggetto attivo dell’intervento, portatore di diritti, a cui destinare interventi mirati per la rimozione delle cause di disagio in un’ottica di valorizzazione delle sue risorse e capacità.

51F. Nugnes, Gli strumenti di lotta alla povertà e di garanzia di una vita dignitosa. Dal Reddito minimo di

inserimento al Sostegno di inclusione attiva, in L.azzena, E.Malfatti (a cura di), Poteri normativi delgoverno ed effettività dei diritti sociali, Pisa University Press, 2017, p. 115 e ss.

La riforma delle norme del titolo v della parte seconda della costituzione, introdotta con la l. c. 3 del 2001, porta a riformulare, in una prospettiva senz’altro nuova, ruoli e competenze dei diversi attori istituzionali nella materia dell’assistenza sociale 52.

La nuova formulazione dell’art. 117, riconosce alle regioni una potestà legislativa piena, non più vincolata cioè ai principi legislativi statali, in tutte le materie che non sono concorrenti o che non spettino alla legislazione esclusiva dello stato (secondo l’elenco del secondo comma).Tra le materie residuali, ora pienamente di competenza regionale, troviamo molte di quelle elencate nel vecchio art. 117 e, tra queste, anche la programmazione e l'organizzazione dei servizi sociali mentre rimane di competenza statale la determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali che devono essere garantiti su tutto il territorio nazionale.

Nel successivo capitolo si analizzeranno le prime sperimentazioni in materia di interventi di contrasto alla povertà, dal reddito minimo di inserimento, al reddito di ultima istanza sino all’introduzione della social card, per giungere poi alla nascita del Sostegno per l’inclusione attiva ed il suo modello di valutazione suddiviso per fasi sino al suo superamento con il recente Reddito di inclusione che si configura attualmente come l'unica misura nazionale di contrasto alla povertà.

52G. Meloni, Il nuovo assetto costituzionale delle competenze e la legislazione di settore in materia di assistenza sociale. Relazione al Convegno Le politiche sociali integrate nel nuovo quadro costituzionale, CNEL, Roma, 6 maggio 2002

CAPITOLO 2 – IL SOSTEGNO PER L'INCLUSIONE ATTIVA (SIA) E LA NASCITA