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Tipologia della violazione e adeguatezza del rimedio

4. I rimedi invalidat

Finora si è detto dello strumento risarcitorio, distinguendosi sostanzialmente tra l’ipotesi in cui la condotta scorretta si inserisca nella fase

452 TENELLA SILLANI C., op. cit., p. 782.

453 LEONE A., “Pubblicità ingannevole e pratiche commerciali scorrette fra tutela del

consumatore e delle imprese”, in Il diritto industriale 3/2008, p. 265; BORTONE P., Pratiche commerciali sleali, obblighi di informazione e responsabilità precontrattuale, in A.A.V.V., Le pratiche commerciali sleali. Direttiva comunitaria ed ordinamento italiano, (a cura di) E.

Minervini e L. Rossi Carleo, Milano, 2007, p. 287, il quale osserva come questa soluzione comporti per il consumatore una serie di inconvenienti: “In primo luogo l’azione di risoluzione è soggetta a prescrizione a differenza, come è noto, dell’azione di nullità. Inoltre, la necessità di accertare in giudizio l’importanza dell’inadempimento rappresenta senz’altro un aggravamento per l’attore il quale dovrà provare, in questo caso, non soltanto l’assenza di una completa informazione ma anche l’importanza di tale omissione.”

delle trattative contrattuali, in cui potrà affermarsi una responsabilità ex art. 1337 c.c., almeno in caso di rapporto diretto fra professionista e consumatore, e tutti gli altri casi in cui potrà affermarsi una responsabilità di natura extracontrattuale455.

Ciò non toglie che nelle fattispecie di pratiche commerciali scorrette, possano invocarsi rimedi diversi da quello risarcitorio, e precisamente i rimedi invalidanti del contratto, laddove ne ricorrano i presupposti.

Si è già detto con riferimento alla nullità per quali ragioni non sembra possibile accogliere l’idea che la violazione del divieto di pratiche commerciali scorrette possa per ciò solo comportare la nullità del contratto stipulato tra professionista e consumatore, e pertanto per un’analisi più approfondita del problema si rinvia a quanto detto nel secondo paragrafo del precedente capitolo.

In estrema sintesi, si è rilevato come non appaia possibile dedurre dalla mera violazione della disciplina sulle pratiche commerciali scorrette, ed in particolare dell’obbligo informativo disciplinato dall’art. 22 c. cons. il rimedio della nullità del contratto conseguentemente stipulato.

E ciò non solo perché la norma violata si atteggia come norma di comportamento, volendo aderire alla tesi che distingue tra regole di validità e di condotta, ma anche perché è lo stesso legislatore che costruisce il problema come un problema di informazione funzionale alla decisione sulla convenienza dell’affare e non al suo contenuto precettivo. Il legislatore, infatti, non prescrive ciò che il contratto deve contenere a pena di nullità, ma solo ciò che il professionista deve comunicare al consumatore in modo chiaro, completo ed inequivoco.

Se ciò non avviene il consumatore, piuttosto, avrà a disposizione le azioni di cui agli artt. 1439 e 1440 del codice civile.

Quanto detto finora non esclude, tuttavia, che la nullità possa essere comminata per motivi diversi dalla violazione del divieto generale delle pratiche commerciali scorrette456.

455 MIRONE A., op. cit., p. 329.

456 Così GRANELLI C., Le <pratiche commerciali scorrette> tra imprese e consumatori:

È, infatti, evidente che il contratto possa essere nullo per motivi diversi, riconducibili alle altre ipotesi di nullità disciplinate dall’art. 1418 c.c., ossia per mancanza di uno dei requisiti essenziali del contratto, per illiceità della causa o del motivo illecito comune ad entrambe, e per mancanza nell’oggetto dei requisiti indicati dall’art. 1346 c.c., ossia possibilità, liceità e determinatezza o determinabilità, cioè tutte le volte in cui la pratica scorretta sia penetrata nel regolamento contrattuale rendendolo eventualmente nullo ai sensi dell’art. 1418, c. 2, c.c., ovvero per illiceità457.

Tale indicazione assume rilievo da un punto di vista metodologico, in quanto introduce un metodo flessibile di valutazione delle modalità attraverso le quali la pratica scorretta e il singolo contratto possono risultare “effettivamente” connessi458.

Così, è indubbia la nullità del contratto nell’ipotesi in cui il prodotto oggetto del contratto stipulato dal consumatore dovesse rivelarsi “inesistente”, ma non ex art. 1418, c.1, c.c. per violazione del divieto di cui all’art. 21, c.1,

lett. a) c. cons.459, bensì ex art. 1418 c.2 c.c., nella misura in cui il suo oggetto dovesse risultare impossibile, fermo restando le altre conseguenze amministrative a carico del professionista: opererebbe, infatti, in tal caso la regola generale dell’art. 1346 c.c., a prescindere dal fatto che a tale contratto/oggetto impossibile il consumatore sia stato indotto da una pratica scorretta460.

Oppure nell’ipotesi in cui la vendita del prodotto fosse “illecita” il relativo contratto sarà nullo non in quanto il professionista abbia falsamente affermato o generato comunque l’impressione che detta vendita fosse lecita, ma nella misura in cui “illeciti” dovessero essere la sua causa o il suo oggetto, e dunque

Contratti, 10/2007, p. 780; MAUGERI M.R., Pratiche commerciali scorrette e disciplina generale dei contratti, in A.A.V.V., I decreti legislativi sulle pratiche commerciali scorrette, a cura di A. Genovese, CEDAM, 2008, p. 265 ss; CAMARDI C., Pratiche commerciali scorrette e invalidità, in Obbligazioni e contratti 6/2010, p. 413.

457 In tal senso ancora 457 Così GRANELLI C., op. cit., p. 780 e CAMARDI C., op. cit., p.

413.

458 CAMARDI C., op. cit., p. 413.

459 Ai sensi dell’art. 21 c.1, lett. a) c. cons. è considerata ingannevole “una pratica

commerciale che contiene informazioni non rispondenti al vero” riguardo “l’esistenza o la natura del prodotto”.

la nullità sarà riconducibile al c.2 dell’art. 1418 c.c. e non al c.1 dello stesso articolo per violazione del divieto di cui all’art. 23, c.1, lett. i), c. cons.461.

Ancora nell’ipotesi in cui l’acquisto del consumatore sia frutto di una violenza fisica che ne abbia annientato la volontà, tanto da rendere la dichiarazione negoziale solo apparentemente a lui riferibile, il contratto sarà certamente nullo non ex art. 1418 c.1, c.c., perché il professionista abbia posto in essere una pratica commerciale “aggressiva” in danno del consumatore in violazione del divieto generale di cui all’art. 24 c. cons., bensì ex art. 1418 c.2, in quanto la pratica abbia effettivamente determinato il venir meno del “consenso” che è “requisito essenziale” del contratto ai sensi dell’art. 1325 c.1, n.1, c.c.462.

E così anche nel caso previsto dall’art. 22, c.4, lett. a) e c), c. cons., la mancata indicazione delle caratteristiche principali del prodotto in misura adeguata al mezzo di comunicazione e al prodotto stesso o la mancata o poco chiara indicazione del prezzo o delle modalità di calcolo dello stesso, comporterà la nullità del contratto per violazione dell’art. 1418 c.2 c.c. dovuta all’indeterminatezza dell’oggetto del contratto, qualora non sia possibile determinarlo neanche per relationem,463 nonché la nullità di protezione in base al combinato disposto degli artt. 34 c.2 e 36 del c. cons.464 per l’ipotesi in cui la determinazione dell’oggetto o del prezzo, anche se non impossibile in via oggettiva, sia comunque difficile per il consumatore465.

461 Ai sensi dell’art. 23 c.1, lett. i) c. cons. è, infatti, considerata "in ogni caso” ingannevole la

pratica commerciale consistente nell’affermare, contrariamente al vero, o generare comunque l’impressione che la vendita del prodotto è lecita.

462 Così GRANELLI C., op. cit., p. 780-781.

463 Così D’AMICO G., voce “Formazione del contratto” in Enciclopedia del diritto, Annali II

tomo 2, p. 590, il quale afferma che “talune di quelle che vengono adesso qualificate come ‘informazioni rilevanti’ sono, in realtà, ‘elementi’ in assenza dei quali il contratto (eventualmente concluso) sarebbe nullo ai sensi dell’art. 1346 c.c., per indeterminatezza/indeterminabilità dell’oggetto: basti pensare all’indicazione del prezzo (o del modo per determinarlo).”

464 Art. 34 c.2, c. cons.: “La valutazione del carattere vessatorio della clausola non attiene alla

determinazione dell’oggetto del contratto, né all’adeguatezza del corrispettivo dei beni e dei servizi, purché tali elementi siano individuati in modo chiaro e comprensibile.”

Art. 36 c.1, c. cons.: “Le clausole considerate vessatorie ai sensi degli articoli 33 e 34 sono nulle mentre il contratto rimane valido per il resto.”

465 Si pensi alle ipotesi in cui la pratica scorretta consista nel configurare un certo assetto del

rapporto contrattuale, particolarmente conveniente al consumatore, e nell’occultare invece altri aspetti del medesimo, assolutamente sconvenienti, e nel contratto si accertasse dunque la presenza di clausole suscettibili di considerazione in termini di vessatori età; in tal caso la