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Tutela collettiva e tutela individuale

La tutela del singolo nelle ricostruzioni degli interpret

1. Tutela collettiva e tutela individuale

della nullità - 3. Consenso viziato e annullabilità dell’atto - 4. Il rimedio risarcitorio fra tutela dell’interesse leso e reintegrazione del patrimonio

1. Tutela collettiva e tutela individuale

La tutela del consumatore uti singulus costituisce, indubbiamente, uno degli aspetti più problematici della disciplina sin qui esaminata, a causa del silenzio serbato, con riferimento a questo profilo, sia dal legislatore comunitario che da quello nazionale.

L’art. 11 della direttiva 2005/29/CE, come accennato in precedenza, ha riservato agli Stati membri la scelta delle sanzioni da irrogare per le violazioni della disciplina in tema di pratiche commerciali sleali, limitandosi a disporre che tali sanzioni siano “effettive, proporzionate e dissuasive”.215

La direttiva stabilisce, inoltre, che dovranno essere previste disposizioni giuridiche ai sensi delle quali le persone o le organizzazioni, compresi i professionisti concorrenti, che, secondo la legislazione nazionale, hanno un interesse legittimo a contrastare le pratiche commerciali sleali, possano

215 Lo prevede espressamente l’art. 13 della direttiva 2005/29/CE: “Gli Stati membri

determinano le sanzioni da irrogare in caso di violazione delle disposizioni nazionali adottate in applicazione della presente direttiva e adottano tutti i provvedimenti necessari per garantirne l’applicazione. Le sanzioni devono essere effettive, proporzionate e dissuasive.” Il problema della mancanza “di direttive univoche sulle conseguenze” si pone, in realtà, frequentemente nell’ambito della normativa comunitaria a tutela del consumatore, e, come giustamente rilevato dalla dottrina, è dovuto alla circostanza che “le situazioni dei mercati e degli ordinamenti giuridici sono diverse come diverse sono le loro tradizioni e le loro esperienze (quelle anglosassoni si differenziano dalle nostre come da quelle francesi, e così via). Sì che non si può pervenire ad una soluzione identica e valida ovunque”, PERLINGIERI P., L’informazione e il contratto in ID., Il contratto tra persona e mercato. Problemi del

promuovere un’azione giudiziaria contro tali condotte, ovvero sottoporre le suddette pratiche scorrette al giudizio di un’autorità amministrativa competente a giudicare in merito ai ricorsi oppure a promuovere un’adeguata azione giudiziaria.

Dunque, secondo il modello privilegiato dal legislatore comunitario, spetterebbe agli Stati membri stabilire se affidare il giudizio sulle pratiche commerciali sleali alle autorità giurisdizionali ordinarie, eventualmente su iniziativa di un’autorità amministrativa, o ad autorità amministrative imparziali.

Va osservato che proprio tale discrezionalità riconosciuta ai singoli Stati membri nella scelta degli strumenti e dei procedimenti volti a prevenire e reprimere le pratiche commerciali sleali non solo ostacola in concreto la realizzazione della finalità dell’uniformità di disciplina del mercato perseguita dalla direttiva stessa216, ma finisce col favorire una sorta di penalties shopping, consentendo agli operatori commerciali di scegliere gli Stati in cui conviene tenere comportamenti scorretti in quanto meno sanzionati (sanzioni da considerare tra i costi d’impresa) e quelli, più severi sotto tale profilo, in cui è più conveniente tenere comportamenti corretti ( il cui prezzo si compenserà con il risparmio realizzato altrove).217

216 Cfr. il considerando n. 4 della direttiva in esame. Sul punto ROSSI CARLEO L., Dalla

comunicazione commerciale alle pratiche commerciali sleali, in Le pratiche commerciali sleali. Direttiva comunitaria ed ordinamento italiano, (a cura di) E. Minervini e L. Rossi

Carleo, Milano, 2007, p. 19, la quale evidenzia come la direttiva “difficilmente potrà determinare quella “uniformità” che si vuole caratterizzi almeno il mercato finale (…) anche in ragione del fatto che è lasciata ai singoli Stati nazionali un’ampia discrezionalità nello stabilire le modalità, gli strumenti e i procedimenti con cui prevenire e reprimere le pratiche commerciali sleali.”

Nel senso della contraddizione tra l’auspicata armonizzazione completa e la totale indeterminatezza dei rimedi vedi anche PIRAINO F., Diligenza, buona fede e ragionevolezza

nelle pratiche commerciali scorrette. Ipotesi sulla ragionevolezza nel diritto privato, in Europa e diritto privato, 4/2010, p.1120, e DE CRISTOFARO G., Le conseguenze privatistiche della violazione del divieto di pratiche commerciali sleali: analisi comparata delle soluzioni accolte nei diritti nazionali dei Paesi UE, in Rassegna di diritto civile, 3/2010,

p. 903, il quale ravvisa nelle diverse soluzioni offerte sul punto dai legislatori nazionali “una dimostrazione…irrefutabile dell’esito fallimentare dell’ambizioso tentativo di armonizzare in modo “completo” e “totale” le legislazioni nazionali compiuto attraverso l’adozione della direttiva 2005/29/CE.”

217 Cfr. ROSSI CARLEO L., op. cit., p. 19-20, la quale sottolinea che in tale prospettiva

“l’intervento della Corte di Giustizia europea continuerà ad avere un ruolo fondamentale nel valutare tanto l’effettività, la proporzionalità e la dissuasività delle sanzioni, quanto l’efficacia dei procedimenti e dei provvedimenti inibitori nella prospettiva di una omogeneizzazione dei rimedi”; nello stesso senso SACCOMANI A., Le nozioni di consumatore e di consumatore

Ciò è particolarmente rilevante in quanto è nelle tutele che si rivela la dimensione effettuale ultima del diritto ed è per questo motivo che da esse dipende in buona misura la sua effettività.218

Il nostro legislatore, riportando, all’art. 19 c. cons., pedissequamente ed acriticamente la disposizione di cui all’art. 3 della direttiva 2005/29/CE, ha mantenuto un assoluto silenzio sui rimedi esperibili dal singolo consumatore in caso di violazione del divieto delle pratiche commerciali sleali di cui all’art. 20, c. cons. 219, e si è limitato a predisporre “sanzioni” e “mezzi” volti alla tutela non del singolo consumatore vittima di una pratica commerciale scorretta, ma del mercato e, con esso, dei consumatori collettivamente considerati, nonché indirettamente anche dei professionisti “corretti” operanti sul mercato.

L’interesse economico del singolo consumatore, dunque, risulta essere tutelato indirettamente220, nella misura in cui esso coincide con l’interesse pubblicistico al corretto funzionamento del mercato alla stessa stregua di un interesse legittimo.221

medio nella direttiva 2005/29/CE, ivi, p. 164-165; nonché A.A.V.V., Le pratiche commerciali sleali. Direttiva comunitaria ed ordinamento italiano, (a cura di) E. Minervini e L. Rossi

Carleo, Milano, 2007, ivi, p. 249.

218 PIRAINO F., op. cit., p. 1120.

219 Silenzio definito “clamoroso” da GRANELLI C., Le “pratiche commerciali scorrette” tra

imprese e consumatori: l’attuazione della direttiva 2005/29/CE modifica il codice del consumo, in Obbligazioni e Contratti 10/2007, p. 778, e “assordante” da DE CRISTOFARO

G., L’attuazione della direttiva 2005/29/CE nell’ordinamento italiano: profili generali in Le

pratiche commerciali sleali. Direttiva comunitaria ed ordinamento italiano, a cura di E.

Minervini e L. Rossi Carleo, Milano, 2007, p. 90.

220 A tale riguardo CALVO R., Le azioni e le omissioni ingannevoli: il problema della loro

sistemazione nel diritto patrimoniale comune, in Contratto e impresa - Europa,1/2007, p. 63

ss., evidenzia che la direttiva “non si preoccupa della tutela individuale del consumatore fine a se stessa; di conseguenza non ha ad oggetto il singolo contratto né esercita alcuna influenza diretta sulla sua formazione, validità ed efficacia. Non deve sfuggire che il singolo consumatore, il quale lamenti di essere stato ingannato dall’informazione commerciale sleale, ha sempre facoltà di invocare gli artt. 1439 e 1440 c.c. Spetterà alla giurisprudenza pratica stabilire se e con quanta intensità la norma comunitaria possa riflettersi sull’interpretazione di tali disposizioni.” Non avendo il legislatore innovato alcunché rispetto alla lettera della direttiva citata, le medesime considerazioni possono attagliarsi perfettamente al d. lgs. 149/2007.

221 PARTISANI R., Le azioni ingannevoli, in Codice ipertestuale del consumo diretto da M.

Franzoni, Utet giuridica, 2008, sub art. 21, p. 75 il quale aggiunge che “Per quanto concerne la natura dell’interesse dei consumatori uti singuli, i giudici amministrativi, già con riferimento alla materia della pubblicità ingannevole, hanno ritenuto che nei procedimenti davanti all’AGCM il denunciante, singolo consumatore o associazione di categoria, non è titolare di un interesse proprio e non ha, quindi, autonoma legittimazione ad impugnare il provvedimento finale dell’Autorità, anche se abbia partecipato a detto procedimento.”

Si può, quindi, dire che il sistema della tutela del consumatore di fronte alle pratiche commerciali scorrette si sviluppa secondo quello che è stato definito un “doppio binario” di tutele: collettive, con riguardo alla tutela amministrativa e giurisdizionale degli artt. 27 e 140 c. cons., e individuali, secondo la disciplina del diritto patrimoniale comune, dal momento che, come prima si diceva, il recepimento della direttiva 2005/29/CE non impedisce l’ordinaria azione del consumatore di annullamento del contratto per errore, violenza o dolo, né alla azione risarcitoria civile.222

In particolare l’AGCM ha il compito di tutelare l’interesse generale al corretto funzionamento del mercato, mediante il ricorso a provvedimenti sanzionatori amministrativi, mentre i giudici ordinari hanno il compito di provvedere alla tutela civilistica dei singoli soggetti danneggiati dalle pratiche commerciali scorrette.

Dunque, con riferimento al profilo delle conseguenze “pubblicistiche” della violazione del divieto di pratiche commerciali scorrette è stato previsto, con espresso riferimento alle sole “pratiche commerciali scorrette”, un procedimento “speciale” davanti all’Autorità garante della concorrenza e del mercato, ai sensi dell’art. 27 c. cons., nel testo modificato dal D. Lgs. n. 146/2007.

La competenza in materia di pratiche commerciali scorrette va ad aggiungersi a quella già attribuita alla medesima Autorità con riferimento alla pubblicità ingannevole e comparativa dal d. lgs. 146/2007.223

Il procedimento, in particolare, ricalca quello previsto fino all’introduzione della nuova disciplina dall’art. 26 c. cons. per la tutela dalla pubblicità ingannevole e comparativa illecita, ed ha lo scopo di inibire la diffusione, se non ancora portata alla conoscenza del pubblico, ovvero la continuazione, se già iniziata, della pratica commerciale della quale è stata

222 Così, in particolare, CALVO R., op. cit., p. 71 e GRANELLI C., op. cit., p. 783.

223 La scelta di estendere le competenze e le attribuzioni dell’Autorità in tema di pubblicità

ingannevole e comparativa anche al settore delle pratiche commerciali scorrette è stata oggetto di critiche in dottrina in quanto si è rilevato sia che la concentrazione di competenze in capi all’AGCM rischia di condurre ad una paralisi dell’attività dell’Autorità, sia che i provvedimenti idi cui all’art. 27 c. cons. presentano una maggiore complessità rispetto a quelli relativi alla pubblicità ingannevole; cfr. DE CRISTOFARO G., La difficile attuazione della

direttiva 2005/29/CE concernente le pratiche commerciali sleali nei rapporti fra imprese e consumatori: proposte e prospettive, in Contratto e impresa-Europa, 1/2007, p.1-39.

accertata la “scorrettezza” e, per altro verso, di eliminarne, mediante la pubblicazione del provvedimento dell’AGCM, ovvero di un’apposita dichiarazione rettificativa, gli effetti eventualmente già prodottisi.

Il nuovo art. 27 c. cons.224, infatti, è dedicato alla “Tutela amministrativa e giurisdizionale” e prevede che l’Autorità garante della concorrenza e del

224 Art. 27. c. cons.: Tutela amministrativa e giurisdizionale

“1. L'Autorità garante della concorrenza e del mercato, di seguito denominata "Autorità", esercita le attribuzioni disciplinate dal presente articolo anche quale autorità competente per l'applicazione del regolamento 2006/2004/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 27 ottobre 2004, sulla cooperazione tra le autorità nazionali responsabili dell'esecuzione della normativa che tutela i consumatori, nei limiti delle disposizioni di legge.

2. L'Autorità, d'ufficio o su istanza di ogni soggetto o organizzazione che ne abbia interesse, inibisce la continuazione delle pratiche commerciali scorrette e ne elimina gli effetti. A tale fine, l'Autorità si avvale dei poteri investigativi ed esecutivi di cui al citato regolamento 2006/2004/CE anche in relazione alle infrazioni non transfrontaliere. Per lo svolgimento dei compiti di cui al comma 1 l'Autorità può avvalersi della Guardia di finanza che agisce con i poteri ad essa attribuiti per l'accertamento dell'imposta sul valore aggiunto e dell'imposta sui redditi.

L'intervento dell'Autorità e' indipendente dalla circostanza che i consumatori interessati si trovino nel territorio dello Stato membro in cui è stabilito il professionista o in un altro Stato membro.

3. L'Autorità può disporre, con provvedimento motivato, la sospensione provvisoria delle pratiche commerciali scorrette, laddove sussiste particolare urgenza. In ogni caso, comunica l'apertura dell'istruttoria al professionista e, se il committente non è conosciuto, può richiedere al proprietario del mezzo che ha diffuso la pratica commerciale ogni informazione idonea ad identificarlo.

L'Autorità può, altresì, richiedere a imprese, enti o persone che ne siano in possesso le informazioni ed i documenti rilevanti al fine dell'accertamento dell'infrazione. Si applicano le disposizioni previste dall'articolo 14, commi 2, 3 e 4, della legge 10 ottobre 1990, n. 287. 4. In caso di inottemperanza, senza giustificato motivo, a quanto disposto dall'Autorità ai sensi dell'articolo 14, comma 2, della legge 10 ottobre 1990, n. 287, l'Autorità applica una sanzione amministrativa pecuniaria da 2.000,00 euro a 20.000,00 euro. Qualora le informazioni o la documentazione fornite non siano veritiere, l'Autorità applica una sanzione amministrativa pecuniaria da 4.000,00 euro a 40.000,00 euro.

5. L'Autorità può disporre che il professionista fornisca prove sull'esattezza dei dati di fatto connessi alla pratica commerciale se, tenuto conto dei diritti o degli interessi legittimi del professionista e di qualsiasi altra parte nel procedimento, tale esigenza risulti giustificata, date le circostanze del caso specifico. Se tale prova è omessa o viene ritenuta insufficiente, i dati di fatto sono considerati inesatti. Incombe, in ogni caso, al professionista l'onere di provare, con allegazioni fattuali, che egli non poteva ragionevolmente prevedere l'impatto della pratica commerciale sui consumatori, ai sensi dell'articolo 20, comma 3.

6. Quando la pratica commerciale è stata o deve essere diffusa attraverso la stampa periodica o quotidiana ovvero per via radiofonica o televisiva o altro mezzo di telecomunicazione, l'Autorità, prima di provvedere, richiede il parere dell'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni.

7. Ad eccezione dei casi di manifesta scorrettezza e gravità della pratica commerciale, l'Autorità può ottenere dal professionista responsabile l'assunzione dell'impegno di porre fine all'infrazione, cessando la diffusione della stessa o modificandola in modo da eliminare i profili di illegittimità. L'Autorità può disporre la pubblicazione della dichiarazione dell'impegno in questione a cura e spese del professionista. In tali ipotesi, l'Autorità, valutata l'idoneità di tali impegni, può renderli obbligatori per il professionista e definire il procedimento senza procedere all'accertamento dell'infrazione. 8. L'Autorità, se ritiene la pratica commerciale scorretta, vieta la diffusione, qualora non

mercato inibisca la continuazione delle pratiche commerciali scorrette e ne elimini gli effetti d’ufficio o su istanza di ogni soggetto o organizzazione che ne abbia interesse.225

In tal modo il nostro legislatore ha ottemperato agli obblighi previsti dall’art. 11, c.2, della direttiva 2005/29/CE, che impone agli Stati membri l’obbligo di conferire all’organo giurisdizionale o amministrativo investito della tutela il potere di far cessare le pratiche commerciali sleali e di vietarle qualora non siano ancora state poste in essere.

ancora portata a conoscenza del pubblico, o la continuazione, qualora la pratica sia già iniziata. Con il medesimo provvedimento può essere disposta, a cura e spese del professionista, la pubblicazione della delibera, anche per estratto, ovvero di un'apposita dichiarazione rettificativa, in modo da impedire che le pratiche commerciali scorrette continuino a produrre effetti.

9. Con il provvedimento che vieta la pratica commerciale scorretta, l'Autorità dispone inoltre l'applicazione di una sanzione amministrativa pecuniaria da 5.000,00 euro a 500.000,00 euro, tenuto conto della gravità e della durata della violazione. Nel caso di pratiche commerciali scorrette ai sensi dell'articolo 21, commi 3 e 4, la sanzione non può essere inferiore a

50.000,00 euro.

10. Nei casi riguardanti comunicazioni commerciali inserite sulle confezioni di prodotti, l'Autorità, nell'adottare i provvedimenti indicati nei commi 3 e 8, assegna per la loro esecuzione un termine che tenga conto dei tempi tecnici necessari per l'adeguamento.

11. L'Autorità garante della concorrenza e del mercato, con proprio regolamento, disciplina la procedura istruttoria, in modo da garantire il contraddittorio, la piena cognizione degli atti e la verbalizzazione.

12. In caso di inottemperanza ai provvedimenti d'urgenza e a quelli inibitori o di rimozione degli effetti di cui ai commi 3, 8 e 10 ed in caso di mancato rispetto degli impegni assunti ai sensi del comma 7, l'Autorità applica una sanzione amministrativa pecuniaria da 10.000 a 150.000 euro. Nei casi di reiterata inottemperanza l'Autorità può disporre la sospensione dell'attività d'impresa per un periodo non superiore a trenta giorni.

13. I ricorsi avverso le decisioni adottate dall'Autorità sono soggetti alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo. Per le sanzioni amministrative pecuniarie conseguenti alle violazioni del presente decreto si osservano, in quanto applicabili, le disposizioni contenute nel capo I, sezione I, e negli articoli 26, 27, 28 e 29 della legge 24 novembre 1981, n. 689, e successive modificazioni. Il pagamento delle sanzioni amministrative di cui al presente articolo deve essere effettuato entro trenta giorni dalla notifica del provvedimento dell'Autorità.

14. Ove la pratica commerciale sia stata assentita con provvedimento amministrativo, preordinato anche alla verifica del carattere non scorretto della stessa, la tutela dei soggetti e delle organizzazioni che vi abbiano interesse, è esperibile in via giurisdizionale con ricorso al giudice amministrativo avverso il predetto provvedimento.

15. È comunque fatta salva la giurisdizione del giudice ordinario in materia di atti di concorrenza sleale, a norma dell'articolo 2598 del codice civile, nonché, per quanto concerne la pubblicità comparativa, in materia di atti compiuti in violazione della disciplina sul diritto d'autore protetto dalla legge 22 aprile 1941, n. 633, e successive modificazioni, e dei marchi d'impresa protetto a norma del decreto legislativo 10 febbraio 2005, n. 30, e successive modificazioni, nonché delle denominazioni di origine riconosciute e protette in Italia e di altri segni distintivi di imprese, beni e servizi concorrenti."

225 Contro le decisioni dell’AGCM è, poi, possibile ricorrere al T.A.R. Lazio e

L’Autorità garante può inoltre disporre l’applicazione delle sanzioni amministrative e pecuniarie previste dai commi 4, 9 e 12 dell’art. 27 c. cons.

Inoltre è di rilievo la previsione del comma 5 della norma in esame, che attribuisce all’Autorità il potere di disporre che il professionista fornisca la prova dell’esattezza dei dati di fatto connessi alla pratica commerciale, con ciò determinando un’inversione dell’onere della prova con riferimento ai dati di fatto volti a comprovare in sostanza la non ingannevolezza o scorrettezza della pratica commerciale. Se tale prova è omessa, o viene ritenuta insufficiente, i dati di fatto sono ritenuti inesatti.

La scelta di introdurre l’inversione dell’onere della prova, che è conforme alla soluzione già adottata in sede di disciplina della pubblicità ingannevole, si giustifica per una parte della dottrina alla luce dell’esigenza di ripristinare la parità di condizioni tra il legittimato attivo che ha avviato il procedimento e l’operatore pubblicitario.226

Va poi segnalato l’allargamento della legittimazione a promuovere l’azione dell’AGCM, in quanto essa è attribuita, innovandosi rispetto al passato, non solo a “ogni soggetto o organizzazione che ne abbia interesse”, e quindi anche ai singoli consumatori, nonché alle autorità pubbliche e le organizzazioni, quali innanzitutto le associazioni dei consumatori, ma altresì alla stessa AGCM, che può agire anche d’ufficio.

Il modello di tutela amministrativo non esclude la tutela giudiziaria ordinaria e, quindi, la competenza del giudice ordinario in materia di pratiche commerciali scorrette come si evince dal comma 15 dell’art. 27 che fa salva la giurisdizione del giudice ordinario in materia di atti di concorrenza sleale (art. 2598 c.c.), nonché per quanto concerne la pubblicità comparativa in materia di atti compiuti in violazione della disciplina relativa al diritto d’autore, ai marchi d’impresa, alle denominazioni di origine che sono riconosciute e tutelate in Italia ed agli altri segni distintivi di imprese, beni e servizi.

Resta ferma, poi, la possibilità di accedere ai già collaudati procedimenti, conciliativi, cautelari e di merito, avanti all’Autorità giudiziaria ordinaria, di cui all’art. 140 c. cons., allo scopo di ottenere la pronuncia, da parte del

226 In tal senso TADDEI ELMI G., sub art. 27-27 quater in Codice del consumo –

Tribunale, di un provvedimento che inibisca al convenuto la continuazione della pratica della quale sia stata riconosciuta la natura “scorretta” nonché l’adozione di misure idonee a correggere o eliminare gli effetti dannosi che essa abbia provocato.

La relativa legittimazione attiva è stata data non al singolo consumatore ma, in via esclusiva, alle associazioni di consumatori ed utenti, nonché agli altri organismi indicati dall’art. 139 c. cons.

Quindi solamente in applicazione degli articoli 139 e 149 cod. cons., viene riconosciuta la legittimazione in capo alle associazioni dei consumatori a proporre azioni inibitorie volte a far cessare le pratiche scorrette: ma anche qui ci troviamo davanti alla tutela collettiva dei consumatori e non alla tutela individuale di ciascun soggetto leso.227

Per il resto la normativa in tema di pratiche commerciali scorrette non contiene nessun altro riferimento ai rimedi civilistici a favore del consumatore danneggiato, salve le successive previsioni in tema di azioni collettive di cui all’art. 140 bis, c. 2, c. cons., le quali, tuttavia, hanno come obiettivo quello di creare un particolare strumento processuale, non quello di individuare un diritto sostanziale al risarcimento.

Dunque, riconosciuta la giurisdizione concorrente del giudice ordinario, nel silenzio del legislatore grava ora sull’interprete il delicato compito di ricostruire il sistema dei rimedi esperibili dal singolo consumatore vittima di una pratica commerciale scorretta sulla base dell’interpretazione delle norme