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Per tentare di risolvere queste difficoltà occorre forse riprendere le fila del problema e chiederci se sia stato il modo in cui abbiamo impostato questione, cioè quello del mind-body problem cartesiano che vede due sostanze eterogenee fronteggiarsi, che ci ha indotti in aporia. La domanda di che cosa sia l’anima per

61 Nemesio nella sua raccolta di possibili modelli interazionali tra anima e corpo cita

qualcosa di simile: afferma che l’unione tra psyche e soma potrebbe intendersi alla stregua di quella di due danzatori che ballano all’unisono una coreografia. Anche se la metafora non viene esplicitata mi pare plausibile che egli intenda che le movenze di ciascuno dei due danzatori, pur senza contatti fisici, abbiano influenza sull’altro. Se uno dei due sbagliasse i passi, anche l’altro infatti verrebbe mandato fuori tempo, e l’insieme della danza risulterebbe disarmonico (NEMESIO, De nat. hom. III, 38).

62 In realtà nel Sofista si sostiene che venire conosciuti da qualcosa è un “subire” e un

modificarsi: “Se il conoscere è un agire, di conseguenza ciò che è conosciuto necessariamente subisce. Secondo questo ragionamento, l’essere, poiché è oggetto dell’atto conoscitivo, di sicuro, nella misura in cui è conosciuto, nella stessa misura è messo in movimento per via del fatto che subisce”. (PLATONE, Soph. 248d-e). Questa

131 Platone infatti trova negli esegeti moderni una varietà di soluzioni che dipendono in gran parte da quali testi vengono prescelti per dare una definizione di psyche e quali invece tralasciati. I brani di cui ci si libera più frettolosamente sono i passi escatologici, adducendo la motivazione che si tratta di miti. In realtà una definizione di anima il filosofo ateniese ce la dà, non occorre estrapolarla da indizi, ed essa ha l’aria di essere formulata come una definizione scientifica:

Qual è la definizione di ciò il cui nome è “anima”? Ne abbiamo un’altra oltre a quella detta or ora, ossia “quel movimento che è capace di muovere se stesso”?63

La definizione delle Leggi riprende quella data dal Fedro il quale tra l’altro contrappone volutamente la precisione della definizione appena data con l’incertezza del mito sulla biga alata che segue nelle righe successive.64 Pare che dell’anima noi

possediamo solo il nome ed il logos, e quanto al resto non possiamo che parlarne per immagini. Un’operazione di comprensione dell’anima che ha voluto attenersi ferreamente nel recinto della definizione di psyche come “movimento che è capace di muovere se stesso” ha portato vari autori ad una desostanzializzazione dell’anima65,

63 PLATONE, Leg. X 896a.

64 Della definizione si dice: “Bisogna dunque conoscere la verità intorno alla natura

dell’anima divina e umana, considerando le sue condizioni e le azioni. […] Dunque è principio di movimento ciò che si muove da se stesso. […] Siccome si è dimostrato che è immortale ciò che si muove da sé, nessuno proverà vergogna nell’affermare che appunto questa è l’essenza e la definizione dell’anima”. (PLATONE, Phaedr. 245c-e).

A cui si contrappone il seguito mitico: “Sull’idea di anima dobbiamo dire quanto segue. Spiegare quale sia, sarebbe compito di un’esposizione divina in tutti i sensi e

lunga; ma dire a che cosa assomigli è un’esposizione umana e piuttosto breve.

Parliamone dunque in questo modo”. (PLATONE, Phaedr. 246a). La contrapposizione

tra una via lunga ed una breve per parlare dell’anima rimanda alla Repubblica, giacché in quel dialogo è appunto con la deficitaria via breve che si arriva a stabilire che l’anima sia tripartita.

65 “Ciò cui Platone tende è dimostrare che l’anima in quanto tale, cioè in quanto

132 affermando che tutto ciò che si può dire di essa con certezza è che si tratta di kinesis. Una concezione siffatta risolverebbe molti problemi, sebbene le venga rimproverato d’essersi liberata con troppa rapidità dei miti escatologici, rendendo l’etica platonica basata su una sistema di premi e punizioni una beffa66 ingiustificabile. Un concetto

dell’anima come movimento semovente ci dà comunque un’idea del perché subisca e venga modificata dai movimenti che le provengono dal corpo, e perché essa stessa interagisca in virtù di movimenti. Da entrambi i lati abbiamo a che fare con una realtà soggiacente descrivibile in termine di kinesis modulata matematicamente. Movimenti che possono strutturarsi in maniera tale da renderli indistinguibili da quelli del corpo, ed allora l’anima dimentica di sé si somatizza (come nel caso del piacere), o possono invece strutturarsi diversamente, anche in opposizione alla corporeità, e allora l’anima può essere sola in se stessa, dimentica del corpo, come quando ricorda il passato o specula. Si tratta cioè di una realtà dinamica e non statica, che muta il suo rapporto col corpo, e anche la sua composizione interna, a seconda di come si rapporti col proprio

soma e col mondo.

sé, ma è attività (tale è la sua essenzialità) e giudizio, senza di cui neppure sarebbe la sensibilità; è da un lato capacità di conoscere e, dall’altro lato, di costituire in unità quell’unità dispersa e molteplice nell’apparire sensibile. Tale è la ragione per cui

l’anima non è sostanza, ma essenza, non è armonia di elementi corporei, ma costitutrice dell’armonia dei dati sensibili e, quindi, non è corporea proprio perché

attività e vitalità” (ADORNO [1997], p. 61-62); “L’intelligenza è movimento, ma il suo

non è un movimento qualunque: non può appartenere né a ciò che è totalmente immobile, né a ciò che è mosso da ogni sorta di movimento. […] L’anima non è una

cosa, è un movimento che può orientarsi, differenziarsi, dividersi e comporsi”.

(DIXSAUT [2003], pp. 195-197). “This can give us an argument for saying that the soul

is not a form, but the activity of mediating between cognizable ideas and perceptible

bodies, an activity that has to be carried out again and again”. (BUCHHEIM [2006], p.

114).

66 “Secondo la mia interpretazione l’anima non è un processo o un’attività, è un’entità

vera e propria. […] Non ci si può sbarazzare di questa descrizione dichiarandola mitica, altrimenti diventa impossibile rendere conto del ruolo giocato nell’etica platonica da punizioni e ricompense, dal momento che queste implicano mentensomatosi”. (BRISSON [2007], p. 26). In effetti Platone pare del tutto conscio che

non necessariamente il malvagio trova la punizione dei suoi crimini in vita, come attesta il mito escatologico del Gorgia. In quel racconto si insiste che dinnanzi al giudizio ultraterreno le anime sono nude perché il bell’aspetto del loro corpo mortale aveva ingannato il giudizio dei viventi.

133 I problemi filosoficamente rilevanti una volta definita l’anima in termini di “movimento che muove se stesso” sono vari. Il primo che emerge è chiedersi se quest’idea sia in grado di garantire un’immortalità personale oppure ogni anima dev’essere intesa come indifferenziata allorché lascia il corpo. Il secondo problema è se un’anima concepita in termini di movimento sia compatibile con l’idea di un’anima tripartita differenziata al suo interno, giacché di primo acchito non si vede come le tre dimensioni dell’anima possano differire data questa definizione di base comune a tutte. Da ultimo, se anche ammettessimo che questa descrizione omogenea per l’intera

psyche in termini di “movimento semovente” sia, come credo, compatibile con l’idea

che l’anima possa essere tripartita, bisognerebbe spiegare perché nel Timeo si specifichi chiaramente che solo la parte razionale dell’anima sopravviva. Se l’essenza dell’anima fosse identica per tutte e tre le sue componenti, cioè movimento, si pone infatti il problema del perché si descriva una creazione differenziata per ciascuna di esse, e perché solo una delle tre continui a vivere dopo la morte dell’individuo.

7. IL PROBLEMA DELLA PARTIZIONE DELL’ANIMA IN ORDINE ALLA