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L’udito come esempio di rapporto corpo-anima ed anima-corpo

Le argomentazioni di Platone circa l’influsso che le composizioni musicali hanno sull’anima non si capiscono se non si tiene conto del perché le due realtà siano simili.40 L’anima e la musica sono accumunate da un carattere etico, che l’autore

attribuisce ad entrambe: possono essere ambedue buone o disdicevoli. Se ci si limita a questa constatazione non si coglie tuttavia il perché questa similitudine morale sia possibile. Il carattere etico dell’anima e della musica è solo l’epifenomeno che cogliamo in superficie: il nocciolo che si cela dietro le connotazioni etiche attribuite sia alla mousike sia alla psyche è cioè la traduzione in parole umane di rapporti matematici ben proporzionati o mal proporzionati che entrambe serbano al loro interno. Il metro di misura della correttezza di questi rapporti è la conformità ai movimenti dell’anima cosmica, generatrice di un ethos buono per la psyche e per la musica. Timeo si esprime in questi termini circa l’importanza del suono musicale:

Quanto vi è di utile nel suono musicale è stato dato all’udito in vista

dell’armonia. L’armonia, che ha dei movimenti analoghi a quelli che si svolgono

regolarmente nella nostra anima, non è stata data dalle Muse a chi, con l’intelligenza, abbia rapporto con esse, soltanto in vista di un piacere irrazionale,

119 […] ma come alleata per portare all’ordine e all’accordo con sé il movimento dell’anima divenuto in noi discordante.41

Occorre perciò vedere come funzioni l’udito e l’uomo possa attingere alla μουσική. La teoria dei sensi in Platone è associata a quella degli elementi, ciascuno di essi infatti dipende dall’azione di uno dei quattro componenti di base della materia, o in alcuni casi da una combinazione di elementi. Nel caso del suono, esso è prodotto da una trasmissione di vibrazioni veicolate dall’aria che penetrano nell’orecchio e giungono al cervello. Questa prima fase del processo non desta perplessità al lettore odierno, ed anzi gli pare che Platone si allinei alle teorie della scienza contemporanea. In particolare che i movimenti trasmessi dell’orecchio giungano al cervello ci fornisce l’indicazione che Platone avesse recepito le tesi di Diogene di Apollonia sulla necessità del veicolo aereo per l’udito42 e le posizioni di Alcmeone di Crotone

sull’encefalocentrismo. La spiegazione di Platone va invece avanti, spezzando il processo in due fasi, la prima delle quali è quella di cui s’è appena detto ed è chiamata col nome di “suono”, mentre una seconda che coinvolge un movimento che va dalla testa al fegato viene detta “udito”:

Il terzo nostro organo di senso da sottoporre ad analisi è l’udito, e bisogna dire per quali cause si verificano le impressioni che da esso dipendono. Poniamo dunque, in generale, che il suono (φωνὴν) sia l’urto che si propaga attraverso le orecchie, per azione dell’aria, del cervello, e del sangue, fino all’anima. // E che il movimento che da tale urto è determinato, a partire dalla testa e fin là

41 PLATONE,Tim. 47d.

42 “La sensazione uditiva si ha allorché l’aria presente nelle orecchie, mossa da quella

esterna, si spinge fino al cervello” (TEOFRASTO, de sens. 40; 510 ed. DIELS = 64 A 19

DK), e ancora: “Diogene sostiene che c’è la sensazione uditiva quando l’aria che si trova nella testa è colpita e fatta vibrare dalla voce”. (AEZIO, IV 16,3 ed. DIELS = 64

120 dove si trova il fegato, sia l’udito (ἀκοήν). // Se questo movimento43 è veloce,

è acuto, mentre se è più lento, è più grave; se è uniforme, è omogeneo e dolce, mentre, in caso contrario, è aspro; se è grande è forte, mentre, nel caso contrario, è debole. Infine, per quanto riguarda la loro armonia (τὰ δὲ περὶ συμφωνίας αὐτῶν), dovremo parlarne nel seguito del nostro discorso.44

Vi sono diversi punti che meritano attenzione. Il primo è che, come nel caso dei colori di cui s’è accennato parlando del Teeteto, il suono non esiste finché lo spostamento d’aria che ne costituisce la causa materiale non venga recepito dal cervello. Al classico rompicapo per filosofi se faccia rumore un albero che cada in una foresta senza alcuno spettatore umano Platone avrebbe risposto con un no. Ma v’è una differenza: questo brano insiste che il suono non sia equivalente all’udito, quindi nel momento in cui questa vibrazione sia giunta al solo cervello (prima fase del processo), noi non avremmo ancora avvertito il rumore dell’albero che cade. Un tipo di lessico che ci disorienta, perché noi avremmo chiamato “suono” lo spostamento d’aria avvertito come rumore.

Il secondo punto è che il sangue viene elencato tra i veicoli di trasmissione insieme all’aria. La dottrina è di origine empedoclea45, ed è una parziale concessione

di Platone alle dottrine ematocentriche, che però generalmente davano rilevanza al

43 Interpreto la sintassi di questo passo come Barker il quale commenta: “the passage

continues with a quick-fire analysis of three acoustically and musically important attributes. Pitch depends on swiftness of movement, smoothness and roughness on its evenness or unevenness, volume on its bulk. These correlations are unsurprising. What is much remarkable is that the grammar and syntax of the passage ensure that the movement to witch these attributes attach is not that constitutive of sound, but the one

identified with hearing; this is shown by the feminine accusative forms in which the

adjectives naming the attributes appear, in agreement with ἀκοή (akoē – ‘hearing’) at the end of the previous clause”. (BARKER [2000], p. 87).

44PLATONE, Tim. 67a 7-c 3, tr. Fronterotta modificata.

45 La citazione viene da un frammento dell’opera porfiriana Sullo Stige conservato

121 sangue perché facevano del cuore, dal quale questo liquido è pompato, la sede dei sentimenti o del pensiero umano. Il cuore in Platone non è la sede dell’anima razionale, che viene collocata dal Demiurgo nella testa, ma assurge un ruolo chiave nella trasmissione delle informazioni perché il sistema venoso-arterioso (all’epoca indistinto) veniva visto come un’efficiente rete che metteva in comunicazione la parte destra e la parte sinistra del corpo.46 Il liquido ematico inoltre presenta tre

caratteristiche: 1) secondo l’istologia del Timeo, a differenza di altri tessuti, il sangue è composto da tutti e quattro gli elementi. Ciò fa sì che sia potenzialmente ricettivo delle impressioni che provengano da qualsiasi oggetto dell’universo, essendo anche gli enti naturali formati da queste quattro componenti. 2) Come testimonia il suo colore rosso, vi predomina il fuoco, e dunque si tratta di un vettore particolarmente mobile, eccellente per trasmettere rapidamente informazioni. 3) Essendo diffuso in tutto il corpo può raggiungere ogni parte dell’anima, che è collocata a seconda della sua specie in diverse sedi anatomiche.47

Il punto più notevole del passaggio citato consiste però nel distinguo operato fra il “suono” e l’ “udito”. Il testo colloca questo secondo momento nel movimento che dalla testa, dove si può presumere abbia incontrato l’anima razionale, si propaga sino

46 “In seguito dividendo le vene e intrecciando le une con le altre quelle provenienti

dai lati opposti, le fecero passare intorno alla testa, piegando quelle che provenivano dalla parte destra del corpo verso sinistra e quelle che provenivano dalla parte sinistra verso destra, in modo che, insieme con la pelle, costituissero un vincolo tra la testa e il corpo […] e per fare anche in modo che il fenomeno della sensazione da entrambe

le parti si propagasse per tutto il corpo”. (PLATONE, Tim. 77e). Il circolo sanguigno

svolge la funzione che noi attribuiamo ai nervi, la quale secondo le nostre fonti fu ipotizzata per la prima volta nel III sec. a.C. da Erofilo di Alessandria (su ciò si veda VON STADEN [1989]). Sul fatto che il movimento di trasmissione delle scosse

all’interno del corpo fosse sempre circolare, e dunque il sangue un candidato perfetto a svolgere questo compito, s’era già citato Timeo 64c: “Quando ciò che per natura si muove con facilità subisce l’azione di un’impressione, pur lieve, le sue parti se la

trasmettono le une alle altre circolarmente, riproducendo la stessa impressione fino a

che, una volta giunte alla parte razionale dell’anima, le comunicano la proprietà dell’agente”.

122 al fegato, cioè la regione sotto il diaframma dove risiede la psyche desiderante48.

Occorre fermarsi a pensare cosa accada nel nostro organismo quando prestiamo attenzione ad una composizione musicale. Allorché ascoltiamo dei suoni una nota si sussegue all’altra, e la serie di queste note produce impressioni multiple nel nostro corpo, scandite in una successione temporale. Nel momento in cui questi movimenti viaggiano dal cervello al fegato tuttavia, Platone pare dire che questi suoni diversi si rincorrano, si mescolino, si aspettino a vicenda, e a volte si congiungano.È in questa fase seriore, e non prima, che le sequenza dei suoni che provengono dall’esterno formano degli accordi o delle disarmonie dentro di noi (ἐν ἡμῖν), combinazioni che in alcuni casi hanno la proprietà di fondersi ed essere percepite come un unicum. Il filosofo lo precisa in questo brano di difficile costruzione e dunque di ardua traduzione:

Bisogna spiegare anche le cause […] di tutti i suoni (φθόγγοι) che ci appaiono veloci e lenti, acuti e gravi, talora discordi (ἀνάρμοστοι) per la difformità del movimento che provocano in noi (ἐν ἡμῖν), talora invece concordi

48 Il che ha fatto dedurre alcuni interpreti che le sensazioni divengano tali allorché

raggiungano sì l’anima, ma in special modo l’epithymetikon, che sarebbe deputata alla percezione. Tale tesi si basa per lo più sul passo in cui viene descritta la creazione dell’anima mortale da parte degli dèi giovani: “e in esso [scil. il corpo] costituirono un’altra specie di anima, quella mortale, che subisce in sé passioni spaventose e irresistibili, in primo luogo il piacere, grande esca del male, quindi i dolori, che mettono in fuga i beni, […] mescolando queste cose con la sensazione, di cui non si può rendere conto razionalmente, e con il desiderio, composero il genere mortale”. (PLATONE, Tim. 69d). La questione è però controversa in quanto altrove si dice che la

sensazione diviene tale allorché raggiunge il phronimon (Tim. 64b 3-6), che pare essere una designazione del nous (per una discussione su questo problema si veda O’BRIEN

[1997], pp. 291-305). Forse la contraddizione potrebbe essere scongiurata adottando una diversa visione della psicologia platonica, difforme da quella tradizionale che vede l’anima composta di tre parti separate. Una lettura cioè che disinneschi una concezione mereologica di un’anima tripartita (su questo si veda infra § 8).

123 (σύμφωνοι)49 per l’uniformità dello stesso movimento. Infatti, i movimenti più

lenti, quando quelli dei primi e più veloci diminuiscono e divengono loro simili, venendo dopo di essi, li muovono e li raggiungono e, raggiungendoli, non causano nessun turbamento imprimendo loro un movimento nuovo, ma, adattando il principio del movimento più lento a quello del movimento più veloce che sta rallentando e portandoli all’uniformità, suscitano un’unica impressione, che deriva dall’unione di acuto e grave (μίαν ἐξ ὀξείας καὶ βαρείας συνεκεράσαντο πάθην); e ciò procura piacere agli stolti e un godimento intellettuale alle persone assennate in virtù dell’imitazione dell’armonia divina che si produce in movimenti mortali.50

Alcune questioni restano poco chiare e necessitano ulteriore approfondimento, tra cui la domanda del perché, onde spiegare il fenomeno dell’udito, Platone abbia scelto un movimento che avesse come suo tragitto e destinazione proprio il fegato. Ulteriori precisazioni merita poi la dichiarazione platonica secondo cui questi movimenti interni procurino “piacere agli stolti e un godimento intellettuale alle persone assennate”.51 Quanto alla prima interrogazione, qualche luce potrebbe venire

dal confronto con l’unico altro brano del Timeo in cui vediamo all’opera la trasmissione di qualcosa dalla testa al fegato. Il testo non dice che si tratti del fenomeno dell’udito di cui s’è finora parlato, quindi il parallelo con la sezione del dialogo sotto riportata è un’ipotesi basata su alcune somiglianze strutturali:

49 Il termine συμφωνία negli scritti musicali greci assume un senso tecnico: si

riferisce al fenomeno, cui allude chiaramente anche il brano del Timeo, secondo cui quando si suonano contemporaneamente due note separate da alcuni intervalli (ad es. la quinta giusta, la quarta giusta, l’ottava), i due suoni vengono percepiti come fossero uno solo (per quest’uso tecnico si veda ad esempio ARISTOTELE, de sens. 447a-448a).

50 PLATONE, Tim. 80a-b. 51 PLATONE, Tim. 80b.

124 Sapendo che essa [scil. l’epithymetikon] non avrebbe mai inteso ragione e che, se pure ne avesse avuto un qualche sentore, non sarebbe mai stato nella sua natura di occuparsi dei ragionamenti, perché sempre, di notte e di giorno, si sarebbe lasciata sedurre da simulacri e da apparenze [ὑπὸ δὲ εἰδώλων καὶ φαντασμάτων], per questo un dio, dopo aver valutato tutti gli aspetti della questione, compose la struttura del fegato nella dimora della parte appetitiva dell’anima, facendo in modo che fosse spesso, liscio e lucido, dotato di dolce e di amaro, affinché la forza dei ragionamenti che proviene dall’intelletto, giungendo in esso come uno specchio che riflette le impronte [τύποι] e ne fa vedere le immagini [εἴδωλα] gli suscitasse timore, ogni volta che, servendosi dell’amarezza che è congenita nel fegato, gli si presentasse con un aspetto minaccioso e, diffondendo tale amarezza per tutto il fegato, vi facesse apparire i colori della bile e lo comprimesse fino a renderlo tutto rugoso e ruvido e, premendo e torcendo il lobo dal lato destro, ostruendo i serbatoi e chiudendo le porte, gli provocasse dolori e nausee; quando invece un’ispirazione dell’intelligenza disegna le immagini contrarie, caratterizzate da dolcezza, e calma l’amarezza, perché non vuole stimolare né toccare la natura che le è contraria, e, servendosi invece nei confronti del fegato della dolcezza che gli è connaturata, raddrizza in esso tutto ciò che è diritto, liscio e libero, allora tale ispirazione rende mite e serena la parte dell’anima che ha dimora nel fegato, in modo che, avendo durante la notte il tempo conveniente, possa nel sonno far uso della divinazione, visto che non partecipa del ragionamento e dell’intelligenza.52

Il senso di questo passo sembra potersi riassumere nel fatto che l’anima razionale, ritenendo l’epithymetikon impermeabile al ragionamento, tenti di soggiogarlo spaventandolo o chetandolo con procedimenti che esulano dai

125 ragionamenti. Pare infatti che l’anima concupiscibile, sorda ai sillogismi, sia invece seducibile da simulacri ed apparenze, e dunque pure il λογιστικόν possa servirsene per tenerla incatenata. Il modo in cui vengono veicolate nella nostra anima desiderante queste immagini terrificanti o rilassanti passa per il fegato. Il nous invia quelli che vengono definiti τύποι (impronte) e quest’ultimi vengono riflessi sulla superficie del fegato che agisce come fosse uno specchio, e questo specchio restituisce in forma di εἴδωλα (immagini) le impronte ricevute dal logistikon, proiettandole sull’anima concupiscibile53. Sono queste immagini, traduzioni dei typoi provenienti dalla regione

della testa, a terrorizzare od ammansire l’epithymetikon.

Typos va inteso come una conformazione ordinata di movimenti, che può

configurarsi in diversi modelli, a seconda del messaggio che voglia veicolare e dello stato che voglia ingenerare nel fegato. Il concetto è simile alla valenza di typos assunta nella filosofia di Epicuro, dove il termine indica il simulacro che come un effluvio composto da una pellicola di atomi si distacca dagli oggetti e va a colpire i nostri organi di senso: poiché gli enti del mondo sono diversificati, alla stessa maniera i typoi che promanano assumono diverse configurazioni.54 Nel testo platonico le impronte inviate

dalla testa al fegato non sono però (ancora) immagini ma solo movimenti organizzati secondo un particolare schema, che dovrebbe essere in grado di causare una reazione al fegato, positiva o negativa che sia, per fargli produrre immagini da proiettare sull’ἐπιθυμετικόν.

53 Platone oscilla nella collocazione dell’anima passionale e talvolta la situa nel fegato,

altre volte nell’intera regione fra il diaframma e l’ombelico (Tim. 70d-e). Se dobbiamo presumere che la superficie del fegato proietti immagini seduttive sull’epithymetikon la sede si questa parte dell’anima non potrà coincide col solo fegato, e andrà preferita la seconda opzione attestata.

54 “E certamente esistono delle impronte (τύποι) della stessa forma delle realtà solide,

che per la loro sottigliezza sono assai differenti da ciò che appare. Non è infatti impossibile che nell’ambiente circostante si generino tali emanazioni, né è impossibile che vi siano condizioni appropriate a riprodurre le parti cave e piane né che gli efflussi conservino la posizione e l’ordine esterni che avevano anche nei corpi solidi: queste impronte le designiamo col nome di simulacri (τούτους δὲ τοὺς τύπους εἴδωλα προσαγορεύομεν)”. (EPICURO, Ad Her. 46).

126 Il punto veramente cruciale è chiederci perché mai questi pattern di movimenti chiamati typoi, che vanno assimilati in questo confronto di testi al fenomeno dell’ascolto, dovrebbero essere in grado di veicolare qualcosa che verrà convertito in

immagini. Stiamo infatti parlando di musica e dell’ascolto del mondo esterno, dunque

di fenomeni acustici. Non appare immediatamente chiaro perché il messaggio riflesso dal fegato sull’anima concupiscibile, in risposta all’azione di queste “impronte” derivate da suoni esterni, sia invece di tipo visivo. La soluzione va cercata nel fatto che per Platone la musica ha un carattere mimetico, ossia è la riproduzione di qualcosa, un tentativo di evocare e trasmettere all’uditore una riproduzione dei fatti del mondo. Un ritmo lamentoso come quello dei threnoi ci fa sovvenire di morti e funerali, una danza pirrica ci infiamma con pensieri di guerra, un ditirambo ci porta con la mente al dionisiaco, e così via. Platone esprime chiaramente l’idea che la musica sia mimesi di qualcosa nella sua opera testamento spirituale, le Leggi:

Ma non diciamo che la musica nel suo complesso è rappresentazione e imitazione? […] Se qualcuno pretende che la musica si giudichi in base al piacere, un tale principio va rifiutato né si deve ricercare questo tipo di musica, se mai esiste, come se avesse un qualche valore, bensì quella che dimostra la sua rassomiglianza con l’imitazione (μίμησις) del bello.55

Questo spiega perché Platone nel delineare le sue città utopiche operasse una drastica selezione dei generi musicali consentiti, che va di pari passo allo sfoltimento dei generi poetici. Le due cose in realtà dovevano andare necessariamente di pari passo, perché la poesia greca che noi oggi fruiamo sulle nostre antologie era cantata, accompagnata da uno strumento musicale, e sovente anche ballata. Il che ci dice qualcosa sia sulla potenza emotiva che un componimento poetico poteva dispiegare,

127 unendo al miele delle parole la potenza dell’accompagnamento musicale, sia ci fa pensare alla distanza tra il nostro modo di fare poesia e quello greco. Il carattere mimetico della musica, che viene in prima istanza recepita dal nostro corpo come esso riceve ogni altro pathema, ossia una serie di movimenti strutturati matematicamente che lo percorrono, dà conto del perché questi typoi possano essere veicoli di future immagini e sensazioni.

Quanto al secondo interrogativo che s’era posto, cioè perché si dica che l’ascolto della musica dia godimento intellettuale alle persone assennate ma solo piacere agli stolti, la risposta può essere duplice. Ad un primo livello è ovvio che la musica sia dilettevole per tutti, ma per il filosofo sarebbe anche una delizia intellettuale perché ne può analizzare la struttura matematica e il suo eventuale isomorfismo con l’armonia delle sfere celesti. Sia il cerchio dell’Identico che quello del Diverso infatti, dai cui movimenti dipende il comportamento degli astri, hanno incorporato durante la loro fabbricazione degli intervalli matematici che sono quelli degli accordi musicali. Si può dunque parlare a ragione di una qualche trasversalità armonica tra musica terrestre e musica nei cieli.56

Un altro motivo per cui l’ascolto della musica potrebbe essere di godimento intellettuale si può ipotizzare assumendo come corretto il parallelo tra il fenomeno dell’udito e il brano della trasmissione delle “impronte” sopra riportato. Il confronto era stato proposto sulla base del fatto che in entrambi si descriveva il passaggio di messaggi tra la testa ed il fegato: la somiglianza ovviamente non implica

56 Inoltre gli dèi giovani (scil. i pianeti) sono di aiuto alla regolarizzazione dell’anima

umana perché sono “strumenti del tempo”. È osservando le loro regolarità che l’uomo