1 Il sistema di finanziamento
1.4. Il riparto delle risorse per la Sanità
L’assegnazione alle Regioni dei fondi per l’attività dei SSR non esaurisce il processo di finan- ziamento; almeno due aspetti devono ancora essere approfonditi: quello dell’assegnazione a livello regionale dei fondi fra le aziende e quello fra le funzioni assistenziali.
Ne segue anche che, dai comportamenti regionali, si possono evincere tanto i modelli orga- nizzativi implicitamente adottati, quanto quelli assistenziali.
La definizione dei criteri più idonei per l’allocazione delle risorse nei sistemi sanitari è al centro di un dibattito scientifico, che ancora non raggiunge risultati condivisi. I criteri adottati posso- no essere di tipo oggettivo (es. struttura della popolazione, struttura dei consumi, etc.), oppu- re di tipo soggettivo/negoziale; in quest’ultima tipologia rientrano criteri strettamente politici (es. accordi politici tra Regioni) e criteri che si basano su considerazioni di carattere finanziario (es. tetti massimi di aumento, etc.). Di fatto, si è evidenziata negli anni una reale difficoltà nel trova- re un accordo unanime e condiviso tra le Regioni, relativamente all’utilizzo di criteri di tipo oggettivo, per cui la tendenza è quella dell’adozione di criteri di riparto di tipo negoziale. Il rischio che tale tendenza comporta è che, ad esempio, il riparto venga condizionato dalla spesa storica, senza che si tenti neanche di applicare “correzioni” a tale criterio, ad esempio provando a ripianare ex ante il disavanzo atteso.
Quale che sia il metodo di riparto prescelto, è però opinione ormai condivisa13che esso non
possa comunque prescindere da tre fattori fondamentali: a) la quantità di popolazione servita;
b) il differenziale dei bisogni di natura sanitaria e socio-sanitaria (caratteristiche della popola- zione);
c) la stima delle risorse economiche necessarie per soddisfare i bisogni.
Un sistema che prescinda anche da uno solo dei fattori sopra elencati corre il rischio di pre- sentare distorsioni gravi a danno dell’equità e dell’efficienza allocativa.
Con riferimento al primo fattore, è chiaro che maggiore è il numero di residenti e maggiore è il bisogno da soddisfare. Per quanto riguarda il differenziale dei bisogni sanitari, la sua determi- nazione resta un’operazione piuttosto complessa, in cui l’unica evidenza, peraltro condivisa all’interno del mondo scientifico, è che al crescere dell’età cresce l’utilizzo dei servizi. Con rife- rimento alle risorse economiche necessarie per finanziare il sistema sanitario, e quindi per sod- disfare i bisogni della popolazione, il riparto del FSN tra le Regioni è una variabile esogena rispetto al sistema regionale, se si considera che esso è il risultato di complesse negoziazioni, economiche ma anche sociali. Di fatto, dunque, a livello regionale il principale problema è quel- lo di allocare le risorse tenendo conto del differenziale di bisogno sanitario fra le ASL.
Tutte le Regioni hanno, in effetti, adottato un sistema di riparto dei fondi tra le aziende sanita-
rie che si basa ancora prevalentemente sulla quota capitaria pesata, vincolando le somme per funzione in base ai Livelli Essenziali di Assistenza: assistenza sanitaria collettiva in ambiente di vita e di lavoro, assistenza ospedaliera e assistenza distrettuale o territoriale (suddivisa a sua volta in assistenza farmaceutica, medicina di base e pediatrica, assistenza specialistica, altra assistenza territoriale).
Tutte le Regioni seguono, in pratica, i criteri previsti dal sistema di riparto a livello nazionale (riportati nella tabella 1.8), a volte con opportune correzioni, ovvero assegnando ai LEA quote di risorse finanziarie, illustrate per gli anni 2007 e 2008 nella tabella 1.9, differenti rispetto agli obiettivi definiti nel D.P.C.M. del 29 novembre 2001.
Tabella 1.8 - Vincoli di destinazione del finanziamento: criteri nazionali Valori percentuali – Anni 2003-2007
Livello di assistenza 2003 2004 2005 2006 2007
Fonte: ASSR, Ministero della Salute
Collettiva (prevenzione) 5,0 5,0 5,0 5,0 5,0 Distrettuale 49,5 49,5 49,5 51,0 51,0 Medicina di base e PLS 5,8 5,8 5,8 6,9 6,9 Farmaceutica 13,0 13,0 13,0 13,0 13,0 Specialistica 10,7 10,7 10,7 13,0 13,0 Altra territoriale 20,0 20,0 20,0 18,1 18,1 Ospedaliera 45,5 45,5 45,5 44,0 44,0
Tabella 1.9 - Quote assegnate a livello regionale. Valori percentuali – Anni 2007-2008
Regioni 2007 2008 2007 2008 2007 2008 2007 2008 Valle d’Aosta 5,5% 45,0% 46,0% 3,5% Lombardia 5,5% 43,5% 51,0% Emilia Romagna 4,5% 4,6% 44,0% 45,0% 51,5% 50,4% Toscana 5,0% 43,0% 52,0% Lazio 4,9% 5,0% 48,5% 44,0% 46,6% 51,0% Campania 5,0% 5,0% 42,0% 42,0% 39,1% 39,6% 13,9% 13,4% Puglia 4,4% 4,4% 48,4% 47,2% 47,2% 48,4% Basilicata 5,0% 5,0% 44,0% 44,0% 51,0% 51,0% Calabria 5,0% 44,0% 51,0% Sicilia 5,0% 46,0% 49,0% Sardegna 5,0% 45,0% 50,0%
Fonte: elaborazione CEIS Sanità su dati contenuti nelle D.G.R.
Assistenza colletiva in ambiente di vita e lavoro Assistenza Ospedaliera Assistenza territoriale/ distrettuale Altra Assistenza
La difformità delle quote assegnate internamente dalle Regioni ai LEA sono in via di principio giustificabili, in una ottica federalista, richiamando l’obiettivo di ottenere un aumento dell’effi- cienza allocativa interna, a sua volta dipendente da una assegnazione delle risorse risponden- te alle peculiari necessità che ciascuna Regione presenta in base alle proprie caratteristiche socio-demografiche e non solo; da tale punto di vista, il criterio demografico risulta comunque essere quello prevalente, adottato praticamente da tutte le Regioni, insieme ad altri criteri che possono invece risultare diversi.
Il rischio di tale pratica, di contro, è che i criteri vengano forzati per determinare quote che, ex post, ripropongono distribuzioni di risorse in base alla spesa storica.
Con riferimento, ad esempio, all’assistenza ospedaliera, l’analisi delle scelte operate a livello regionale suggerisce come ad un maggiore finanziamento di questo tipo di assistenza venga, quasi sempre, associato un maggior numero di posti letto, come mostrato nella figura 1.10.
Osservando i dati riportati nella tabella 1.8, si evince una certa variabilità nelle scelte regionali: ad esempio, considerando l’assistenza ospedaliera, nel 2007 il Lazio vi destina il 48,5% del FSR, mentre la Campania si ferma al 42,0%, rispetto ad una quota prevista nella programma- zione nazionale pari al 44,0%; a quest’ultima quota si adeguano per il 2007 Emilia Romagna, Basilicata e Calabria, e per il 2008 anche il Lazio.
La variabilità regionale risulta ancora più evidente se si osservano le quote destinate all’assi- stenza territoriale: nel 2007 si passa dal 39,1% della Campania al 52,0% della Toscana. La quota stabilita a livello nazionale per il 2007 è il 51,0%, e le Regioni che si sono attestate sulla
41 42 43 44 45 46 47 48 49 3,0 3,5 4,0 4,5 5,0 5,5 6,0
posti letto strutture pubbliche e convenzionate per 1000 abitanti
Figura 1.10 - Relazione tra numero di posti letto per 1.000 abitanti (strutture pubbliche e convenzionate) e quota LEA per assistenza ospedaliera
Valori percentuali e assoluti – Anno 2006
medesima percentuale sono Lombardia, Basilicata e Calabria. Per il 2008, anche il Lazio ha intenzione di destinare all’assistenza territoriale il 51,0% del FSR.
Considerando le quote per l’assistenza sanitaria collettiva in ambiente di vita e di lavoro, la maggioranza delle Regioni ha destinato, così come stabilito a livello nazionale, il 5,0%; la Puglia si è “fermata” al 4,4%, mentre Lombardia e Valle d’Aosta sono arrivate al 5,5%.
Si consideri che le percentuali sopra esposte molto dipendono dalle quote ex ante trattenute centralmente dalla Regione, e che solo in parte vengono poi distribuite ulteriormente alle azien- de sanitarie.
La quota di fondo assegnato ad aziende sanitarie territoriali e aziende ospedaliere fornisce, quindi, un quadro di riferimento sul livello di accentramento finanziario regionale, nonché dei sistemi utilizzati per garantire il governo e la sostenibilità finanziaria del sistema.
Per effettuare dei confronti tra le Regioni (cfr. tabella 1.10) per l’anno 2007, citiamo il Molise (che, comunque, ha solo un’Azienda sanitaria, di fatto totalmente assoggettata al controllo della Regione) e la Toscana, che destinano il 100,0% del FSR alle ASL, come esempi di chia- ra decentralizzazione delle responsabilità. Al contrario, in Campania si riscontra un forte cen- tralismo finanziario: la Regione assegna alle ASL “solo” l’87,6% del fondo, mentre il restante 12,4% viene gestito a livello centrale per far fronte a eventuali esigenze impreviste e per scopi di equilibrio e perequazione.
Di fatto, le scelte regionali sono legate alla situazione socio-economica e finanziaria che carat- terizza il servizio sanitario regionale, e dalla nostra analisi è emersa una correlazione positiva tra i livelli di disavanzo delle Regioni considerate e il livello di accentramento delle risorse per la Sanità.
Nelle figure 1.11-1.15 vengono riassunti in forma grafica i criteri di riparto dei LEA per alcune Regioni, per gli anni 2007-2008.
Tabella 1.10 - Centralizzazione delle risorse finanziarie per la Sanità. Valori percentuali – Anni 2007-2008
Regioni Quota FSR assegnata alle Aziende
Valle d’Aosta Lombardia Liguria Emilia Romagna Toscana Lazio Molise Campania Puglia Basilicata Calabria 96,1% 97,0% 98,0% 96,4% 100,0% nd 100,0% 87,6% 92,4% 92,0% 92,3% nd nd nd nd nd 92,2% nd 88,0% nd 92,0% nd
Figura 1.11 - Riparto FSR 2007, Regione Emilia Romagna
Fonte: elaborazione CEIS Sanità su dati contenuti nelle D.G.R.
Figura 1.12 - Riparto FSR 2008, Regione Lazio
Figura 1.13 - Riparto FSR 2007, Regione Basilicata
Fonte: elaborazione CEIS Sanità su dati contenuti nelle D.G.R.
Figura 1.14 - Riparto FSR 2007, Regione Puglia
Figura 1.15 - Riparto FSR 2007, Regione Sicilia
Fonte: elaborazione CEIS Sanità su dati contenuti nelle D.G.R.
Un ulteriore aspetto di interesse è quello della regolazione del flusso delle transazioni fra azien- de territoriali e ospedaliere. Dall’analisi delle deliberazioni delle Giunte Regionali è, infatti, pos- sibile ricavare le differenti modalità che le singole Regioni hanno adottato. Di seguito si esem- plifica la situazione di alcune Regioni14, evidenziando le profonde differenze esistenti nei mec-
canismi negoziali adottati. Ad esempio, nella Regione Emilia Romagna le risorse finanziarie regionali vengono assegnate direttamente alle aziende sanitarie territoriali, con un vincolo di destinazione per esigenze di riparto successive. L’assistenza ospedaliera viene finanziata mediante addebito alle aziende territoriali competenti in base alla residenza dell’assistito, tenendo conto delle prestazioni effettuate sulla base del tariffario regionale. La Regione finan- zia direttamente le aziende ospedaliere solo per le quote a titolo di integrazione tariffaria per maggiori oneri sostenuti. La Regione Toscana sembra risultare quella con il modello a maggior autonomia: il totale del FSR viene destinato al finanziamento diretto delle ASL, con l’imposizione di un unico vincolo di spesa: il rispetto dei livelli di assistenza sanitaria illustrati nel Piano Sanitario Regionale. Sono dunque le stesse ASL a remunerare le aziende ospedaliere, sulla base dei tariffari regionali, a seconda delle prestazioni erogate.
La Regione Liguria provvede ad assegnare le risorse finanziarie per la sanità direttamente sia alle aziende ospedaliere che alle aziende sanitarie territoriali, eliminando così le ragioni di nego- ziazione bilaterale tra di esse. Inoltre, una quota di FSR resta accentrata a livello regionale, per
far fronte a finalità specifiche, quali obiettivi strategici o maggiori costi. La Regione Lazio finan- zia direttamente le ASL; esiste poi una quota di risorse finanziarie a destinazione vincolata che viene interamente destinata al finanziamento dell’attività di prevenzione. Per il finanziamento delle aziende ospedaliere esiste un sistema di abbattimenti tariffari e la costituzione di un fondo regionale per l’assistenza ospedaliera da ripartire tra aziende sanitarie locali in base alla popo- lazione residente, pesata sulla base dei consumi per classi di età. Il sistema della Regione Lazio, dunque, non sembra perseguire logiche di competizione tra erogatori, quanto principi di programmazione con conseguenti controlli accentrati. Per il 2008, la quota in gestione diret- ta della ASL è pari al 92,17% (per il finanziamento dei LEA: prevenzione 5,0%, assistenza ter- ritoriale 51,0%, assistenza ospedaliera 44,0%); la quota in gestione accentrata regionale è pari all’1,47%; la quota per finanziamento di attività ospedaliera, alta specializzazione e com- plessità organizzativa è pari al 6,35%. La Regione Basilicata, che ha progressivamente dimi- nuito la quota del fondo sanitario destinato alle aziende sanitarie e quindi aumentato la quota di risorse gestite a livello accentrato, finanzia direttamente le aziende ospedaliere. La Regione utilizza vincoli finanziari, come la fissazione di tetti di spesa: in caso di sforamento di questi ultimi, ai Direttori Generali delle aziende sanitarie viene imposto l’obbligo di adottare specifici provvedimenti che indichino concrete misure e modalità operative per il rientro.
La Regione Puglia, infine, tra tutte quelle analizzate, è quella che presenta il maggior livello di accentramento regionale, accantonando ingenti quantità di risorse finanziarie per finalità regionali, tra cui è prevista la destinazione in misura specifica ad un fondo di garanzia suc- cessivamente ripartito, in misura prefissata, tra le aziende sanitarie. Per le prestazioni sanita- rie delle aziende ospedaliere, la Regione impone un vincolo di destinazione delle risorse delle aziende sanitarie e delinea un sistema di regressione tariffaria e di tetti invalicabili di remune- razione, applicabili anche agli IRCCS pubblici e alle aziende ospedaliere universitarie.
Riferimenti bibliografici
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Regione Basilicata, Dipartimento Salute, Sicurezza e Solidarietà Sociale, Servizi alla Persona ed alla Comunità, Servizio Sanitario Regionale, Riparto delle Risorse del SSR, anni vari.