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3. LA TERAPIA ANTICOAGULANTE ORALE

3.2. Gli Antagonisti della Vitamina K

3.2.7 Rischio di sanguinamento della OAT con VKAS

Il trattamento con warfarin, o altri VKAS, si associa al rischio di svariate complicanze, tra le quali la necrosi cutanea, la nefropatia, la

vascolari, le reazioni allergiche e l’effetto teratogeno; la reazione avversa sicuramente più frequente e importante, però, è rappresentata dall’emorragia. Il rischio di sanguinamento in corso di terapia anticoagulante con warfarin è fortemente dipendente dalla predisposizione genetica e dalle interazioni con la dieta e gli altri farmaci assunti dal paziente.

3.2.7.1 Fattori di rischio di sanguinamento della OAT con VKAS

Il rischio di emorragia correlata al trattamento con warfarin è elevato soprattutto quando vi siano condizioni patologiche concomitanti che possano alterarne la farmacocinetica e nelle prime settimane dall’introduzione della OAT. Il rischio di questa complicanza è stata stimata a circa 1-3/100 pazienti in terapia con warfarin/anno140. In particolare, uno studio clinico condotto su pazienti in terapia con warfarin per TVP/EP ha osservato un rischio di sanguinamenti maggiori nel corso della prima fase di trattamento dell’1.2%-2.2% per persona/anno157; uno studio osservazionale su pazienti che assumevano warfarin per la FA, invece, ha stimato un rischio di sanguinamenti maggiori del 3.8% per persona/anno e del 16.7% per persona/anno nel corso dei primi 30 giorni di trattamento158.

La complicanza emorragica più temuta in assoluto è l’emorragia intracerebrale, la quale può essere fatale o associarsi a sequele neurologiche, e il rischio che si realizzi è incrementato dal trattamento con warfarin di 2-5 volte, a seconda del livello di anticoagulazione determinato159, 160. Uno dei fattori di

rischio di sanguinamento più importanti è sicuramente la presenza di un INR a livelli sovraterapeutici; l’emorragia, però, può realizzarsi anche quando l’INR è in range terapeutico, specialmente nei pazienti di età superiore ai 70 anni155. Sono

stati condotti studi che dimostrano che il rischio di sanguinamento sia significativamente aumentato quando l’INR è superiore a 3.0 o 3.5.161, 162.

L’eccesso di anticoagulazione deriva generalmente dalle comorbidità del paziente o dalle interazioni dietetiche e farmacologiche, le quali alterano l’assorbimento e il metabolismo del warfarin e possono condurre a una sua eccessiva efficacia biologica. Tra le comorbidità rilevanti vi sono le epatopatie, lo

scompenso cardiaco e le patologie del tratto gastrointestinale, tra le interferenze farmacologiche l’assunzione di antiaggreganti, FANS e antibiotici145, e tra i fattori dietetici le variazioni giornaliere dell’intake di Vitamina K (in particolare, in corso di OAT bisognerebbe mantenere un livello di assunzione giornaliera di Vitamina K costante, evitando la completa eliminazione di quest’ultima dalla dieta)85. Vi sono anche fattori genetici che sembrerebbero in grado di aumentare la sensibilità all’effetto anticoagulante del warfarin, incrementando la tendenza a un INR sovraterapeutico nelle prime fasi di trattamento; la genotipizzazione dei polimorfismi genici che alterano gli effetti del warfarin, però, non si è dimostrata utile come intervento routinario nel prevenire gli eventi avversi correlati a questa terapia163.

Ulteriori fattori in grado di determinare un aumento del rischio emorragico nei pazienti in terapia con VKAS, mediante meccanismi anche indipendenti dall’interferenza con i valori di INR, sono l’età avanzata, il sesso femminile, le pregresse emorragie maggiori durante il trattamento con warfarin e INR in range terapeutico, pregressi ictus ischemici o emorragici, l’ipertensione arteriosa, il diabete mellito, le patologie epatiche e renali, le neoplasie, l’anemia, le diatesi emorragiche, la scarsa compliance alla terapia, valori instabili di INR e altri ancora.

3.2.7.2 Strumenti per la valutazione del rischio emorragico

Sono stati definiti numerosi strumenti clinici per la valutazione del rischio emorragico; tra i più utilizzati vi è lo score HAS-BLED, definito da Pisters et al. nel loro Euro Heart Survey (2010), e in grado di stimare il rischio di sanguinamento maggiore a un anno nei pazienti con FA164. Le variabili di cui tiene conto questo score sono: • Ipertensione arteriosa (PAS > 160mmHg); • Disfunzioni epatiche o renali; • Ictus pregressi;

• INR instabile in corso di trattamento con warfarin; • Età > 65 anni;

• Farmaci (aspirina o FANS) e/o alcol.

A ciascuna variabile presente viene attribuito un punto, e in base alla somma dei punteggi ottenuti viene stimato il rischio emorragico: 1.13 sanguinamenti ogni 100 pazienti/anno in caso di 0 punti, 1.02 se 1 punto, 1.88 se 2 punti, 3.74 se 3 punti, 8.70 se 4 punti. Non sono ancora disponibili dati a sufficienza per definire il rischio emorragico in caso di score ≥ 5lip165.

3.2.7.3 Trattamento del sanguinamento da VKAs

Le modalità terapeutiche più adeguate del paziente con emorragia indotta dalla OAT con VKAS sono definite in base alla severità del sanguinamento, ai valori di INR e al rischio tromboembolico sottostante per cui il paziente assume l’anticoagulante.

In genere ai pazienti con INR sovraterapeutico e assenza di sanguinamento in atto o emorragia di lieve entità viene temporaneamente sospesa la somministrazione del warfarin, senza che vengano messi in atto ulteriori interventi terapeutici, in particolare in coloro che presentano un rischio tromboembolico particolarmente importante95.

I pazienti vittime di emorragia severa, invece, necessitano di un rapido e completo “reverseal” dell’effetto anticoagulante del VKAS; questo obiettivo è ottenuto mediante la sospensione del warfarin, la somministrazione di Vitamina K per via endovenosa e l’utilizzo di PCC (4-Factor Prothrombin Complex Concentrate, un derivato del plasma umano contenente i fattori coagulativi II, VII, IX e X, e le Proteine C e S)95. In alternativa al complesso protrombinico concentrato è possibile utilizzare il FFP (Fresh Frozen Plasma), il quale presenta medesima efficacia ma maggiore rischio di reazioni avverse (sovraccarico di volume e TRALI, ovvero Transfusion-Related Acute Lung Injury)113. In corso di trattamento è necessario valutarne l’efficacia mediante misurazioni periodiche e frequenti dei valori di PT e INR95.

Altri presidi terapeutici utili in caso di sanguinamento grave sono la desmopressina per trattare la disfunzione piastrinica, l’acido tranexamico a scopo antifibrinolitico se si tratta di un’emorragia delle mucose, la trasfusione di piastrine nei pazienti affetti da trombocitopenia o in concomitante terapia antiaggregante e la trasfusione di emazie concentrate per prevenire lo shock ipovolemico e l’anemia grave95. Il fattore VII attivato ricombinante (rFVIIa) non è in genere somministrato in quanto non fornisce gli altri fattori della coagulazione Vitamina K-dipendenti ed è associato a complicanze tromboemboliche114.