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CAPITOLO 2 BACKGROUND TEORICO

2.5 Rischio da frana

Il rischio da frana è definito da Varnes e IAEG, 1984 (citato in van Westen et al., 2005) come “il numero atteso di vite perse, persone ferite, beni danneggiati, e attività economiche distrutte dovuto ad un particolare fenomeno dannoso in una data area e in preciso periodo”. Secondo L’UN-ISDR (2005) è “la probabilità di avere perdite”. Negli ultimi anni il maggiore campo di ricerca nella valutazione del rischio da frana si è incentrato sugli aspetti spazio-temporali delle frane e sulle variazioni della vulnerabilità degli elementi esposti al rischio.

La formula teorica considera il rischio come (van Westen, 2011):

dove C = “capacità” degli individui e delle comunità di far fronte alla minaccia di un evento disastroso (ad esempio attraverso sistemi di early warning o piani di emergenza). Questa equazione è solo concettuale, ma permette di integrare gli aspetti multi- dimensionali della vulnerabilità e della capacità con gli indicatori della pericolosità nella valutazione spaziale multi-criteriale (SMCE). Si tratta di una valutazione del rischio qualitativa, che mostra il rischio come classi qualitative relative.

La formula che invece permette la valutazione quantitativa del rischio è rappresentata dal prodotto tra la pericolosità P, la vulnerabilità V e gli elementi esposti al rischio E (Varnes e IAEG, 1984; Fell, 1994; UN-ISDR, 2005).

= × ×

Questa equazione può essere calcolata con dati spaziali in un GIS, con attenzione alle perdite (dirette) fisiche, della popolazione ed economiche. Il modo nel quale gli elementi a rischio sono caratterizzati (es. numero di edifici, numero di persone, valore economico) definisce il modo con il quale il rischio è presentato. La componente della pericolosità nell’equazione si riferisce alla probabilità di occorrenza di un fenomeno potenzialmente pericoloso con una certa intensità in uno specifico periodo di tempo (es. probabilità annuale). Per calcolare il rischio quantitativamente la vulnerabilità è limitata alla vulnerabilità fisica degli elementi a rischio considerati, determinata dall’intensità dell’evento pericoloso e dalle caratteristiche degli elementi a rischio. Allo scopo di calcolare il rischio specifico l’equazione può essere modificata nel seguente modo:

= × × ×

dove:

è la probabilità temporale (es. annuale) di occorrenza di uno specifico scenario di pericolosità con un dato periodo di ritorno in un’area;

è la probabilità spaziale di occorrenza di uno specifico scenario di pericolosità con un dato periodo di ritorno in un’area con elementi a rischio;

V è la vulnerabilità fisica, data come il grado di danno di uno specifico elemento a rischio dovuto al verificarsi di uno scenario di pericolosità con una certa intensità; A (Amount) è la quantificazione di uno specifico tipo di elemento a rischio; il modo in cui la quantità è espressa sarà lo stesso del rischio. Per esempio la quantità può essere data in numeri (numero di edifici, di persone, ecc.) o in termini economici.

Allo scopo di valutare queste componenti, sono necessarie informazioni spaziali su tutte le componenti dell’equazione in quanto tutte variano spazialmente, e anche temporalmente. In alcuni approcci il termine “esposizione degli elementi a rischio” è

inclusa nell’equazione del rischio. Ma usando un metodo che prevede l’uso del GIS, questa risulta essere una informazione ridondante, poiché una sovrapposizione GIS della mappa di pericolosità con gli elementi a rischio includerà automaticamente solo gli elementi esposti a rischio nell’equazione.

La studio del rischio (risk assessment) consiste nel processo di comprensione di quanto un rischio esistente è tollerabile, se le misure di mitigazione sono adeguate e, in caso negativo, se misure di mitigazione alternative sono giustificate. Lo studio del rischio incorpora la fase di analisi del rischio e la fase di valutazione del rischio.

L’analisi del rischio utilizza le informazioni disponibili per stimare il rischio sulla popolazione, sui beni o sull’ambiente dovuto ad un evento pericoloso. Generalmente è caratterizzata dai seguenti steps: identificazione dell’evento potenzialmente pericoloso, valutazione della pericolosità, inventario degli elementi a rischio ed esposizione, valutazione della vulnerabilità e stima del rischio. La valutazione del rischio è la fase nella quale valori e giudizi entrano nel processo decisionale, esplicitamente o implicitamente, includendo considerazioni sull’importanza dei rischi stimati e sulle conseguenze sociali, ambientali ed economiche, allo scopo di identificare un range di alternative per la gestione dei rischi.

I metodi per lo studio del rischio possono essere così classificati (van Westen, 2011): - qualitativi, il rischio è descritto in termini di alto, moderato e basso. Questi metodi sono usati quando le informazioni sull’evento pericoloso non possono essere espresse in termini quantitativi (non permettono di esprimere la probabilità di occorrenza, o non è possibile stimare la magnitudo), e /o quando la vulnerabilità non può essere espressa quantitativamente;

- semi-quantitativi, il rischio è espresso in termini di indici di rischio. Questi sono valori numerici, spesso tra 0 e 1, ma non hanno un legame diretto con le perdite attese, ma sono solo indicatori del rischio. Anche in questo caso il rischio è espresso in senso relativo;

- quantitativi, il rischio è espressso in termini quantitativi come probabilità o perdite attese. Essi possono essere deterministici (riferiti ad un particolare scenario) o probabilistici (considerando l’effetto di tutti i possibili scenari).

Tipi di rischio

Il rischio è il prodotto della probabilità e delle perdite attese. Le perdite attese possono essere suddivise in diversi modi. Il più importante è la suddivisone tra perdite dirette e indirette:

- rischio per perdite dirette: valutazione del rischio che include le perdite che risultano direttamente dall’impatto dell’evento pericoloso.

- rischio per perdite indirette: valutazione del rischio che include le perdite che risultano dal verificarsi di un evento, ma non dall’impatto diretto, piuttosto da una perdita di funzionalità.

In entrambe le categorie delle perdite, è possibile un’ulteriore suddivisione:

- perdite tangibili, perdita di cose che hanno un valore montario (edifici, infrastrutture, ecc.);

- perdite intangibili, perdita di cose che non possono essere comprate o vendute (vite, feriti, beni culturali, biodiversità, qualità dell’ambiente, ecc).

Un’ulteriore suddivisione delle perdite può essere:

- perdite private, perdite che interessano elementi esposti al rischio privati. Queste perdite riguardano la popolazione o compagnie, e dovrebbero essere coperte da un’assicurazione o provvedere in modo autonomo in caso di perdite;

- perdite pubbliche, perdite che interessano elementi a rischio pubblici, come il settore della scuola, istituzioni, infrastrutture, ecc.

La parte dell’equazione del rischio che riguarda la quantità degli elementi esposti può essere espressa come:

- rischio dei beni, indica il numero di edifici che potrebbero essere parzialmente/severamente/totalmente danneggiati;

- rischio economico, indica la quantità di soldi che è probabile che vada persa come conseguenza del verificarsi di un evento pericoloso;

- rischio della popolazione, indica il rischio di morte o feriti di individui (rischio individuale) o gruppi di individui (rischio collettivo).

CAPITOLO 3 - OVERVIEW SUGLI STUDI SUL RISCHIO