nell’unione sempre più stretta e più santa delle due facoltà, quella sperimentale e quella razionale, unione che non si è finora realizzata.
3.5 Risolvere problemi con strategie creative
Il dibattito sulle metodologie dell’insegnamento della fisica è naturalmente sempre aperto, ma è ormai un dato, confermato dalla ricerca in pedagogia, che la lezione tradizionale, ossia frontale e meramente trasmissiva, sia il metodo meno efficace per insegnare, tanto più per le discipline scientifiche ed in particolare la fisica43.
Gli esperimenti, in generale il contatto diretto con la concretezza dei fenomeni, sia in maniera formale che informale forniscono gli elementi necessari, alla partenza, per la costruzione della conoscenza della realtà.
Credere nella valenza dell’approccio sperimentale non significa, però, pensare che la costruzione della conoscenza scientifica possa essere limitata all'impiego del solo metodo empirico. La costruzione di saperi si completa solo con l'intervento della creatività della mente umana: lo studente impegnato ad ipotizzare spiegazioni della “realtà”, come lo scienziato, deve infatti “creare” modelli che strutturino i fatti, identificando i collegamenti tra loro, suggerendo i legami causali, stabilendone le gerarchie logiche. Accanto all’osservazione e manipolazione sensoriale dei fenomeni, per far costruire saperi, il docente deve saper guidare lo studente allo sviluppo di strumenti formali. In tale processo la didattica laboratoriale riveste un ruolo importante perché attraverso la pratica attiva percorsi mentali, che possono condurre dall’“hands- on al minds-on”.
Secondo la metodologia laboratoriale, il processo di insegnamento/apprendime nto viene fortemente connotato da un’attività di esplorazione operativa, con impiego di materiali didattici anche semplici e familiari oltre a quelli strutturati di un laboratorio formale: alimentando infatti la curiosità e l’interesse, e dunque la partecipazione attiva
43 AAPT (2012). L’approccio degli insegnanti all’insegnamento della fisica, The Physics Teacher, nr. 50,
dello studente, si consente la costruzione di un ponte tra vita quotidiana e contesto di apprendimento scolastico.
Il laboratorio è inteso, oltre che come luogo fisico attrezzato per l’apprendime nto,
come situazione, come modalità di lavoro, e si può svolgere didattica laboratoria le anche in aula, ovunque docenti ed allievi progettino, sperimentino, ricerchino mettendo in gioco la loro fantasia e la loro creatività (il laboratorio è in tal senso uno spazio mentale).
Il percorso laboratoriale non ha come fine quello di produrre una ricerca con esiti scientifici inoppugnabili, ma quello di far acquisire agli studenti conoscenze, metodologie, competenze ed abilità didatticamente misurabili. Aiuta ad uscire dalla ristrettezza e della ripetitività dell’insegnamento e dell’apprendimento tradizionali.
In tale contesto la figura dell’insegnante assume una notevole valorizzazione: dal docente trasmettitore di conoscenze consolidate all’insegnante ricercatore, che progetta l’attività di ricerca in funzione del processo educativo e formativo dei suoi allievi. I punti di forza della didattica Laboratoriale possono riassumersi nella possibilità che fornisce di:
valorizzare gli stili di apprendimento caratterizzanti gli studenti a rischio e perciò di dare fondamento alla motivazione,
promuovere la conoscenza attraverso l’esperienza e la riflessione sull’esperie nza (metacognizione),
arrivare per via induttiva a una conoscenza via via più formalizzata, applicare le competenze acquisite sul campo.
La valenza didattica di tale modalità interattiva di insegnare le scienze ed in particolare la fisica, di tipo “esperenziale”, che coinvolga in prima persona chi si accinge ad apprendere è dunque ormai confermata dalla pratica didattica e da altre numerose ricerche. Favorisce l’interdisciplinarietà e utilizza strategie estendibili a tutte le discipline.
Abbiamo già sottolineato che le più attuali ricerche sulla didattica delle scienze sono rivolte al raggiungimento delle cosiddette competenze adattative (Redish, 2003), al fornire agli studenti, oltre ad un bagaglio di conoscenze, anche abilità anche creative per risolvere problemi, competenze nell’usare strumenti matematici. La metodologia IBSE appare la soluzione più efficace e facile da implementare per guidare a sviluppare tali competenze simultaneamente. La stessa metodologia IBSE è oggetto di
numerosi studi che confermano quanto l’efficacia dell’apprendimento dipenda anche dalla quantità di informazioni e dal tipo di supporto che fornisce il docente (come da Tabella 11). Si parla ad esempio di “Inquiry Guidata” IG, rispetto a “Open Inquiry” OI: nella prima modalità il docente fornisce la domanda alla base dell’inda gine scientifica, e lo studente sceglie le procedure per trovare ipotesi di risposta e magari verificare l’esito della spiegazione data. Per la OI il docente deve definire il contesto dell’indagine, mettendo in condizione i discenti di porsi autonomamente delle domande e sviluppare un processo di indagine che porti a degli esiti verificabili. Tale approccio lascia maggiore potenzialità di esprimersi allo studente, comportandosi da scienziato e dunque arrivando ad un maggiore approfondimento dell’inda gine scientifica. La IG mette d’altro canto maggiormente a riparo gli studenti da misconcezioni, ed anche dalla frustrazione di non riuscire nel compito (la OG richiede competenze non ancora maturate in genere dagli studenti di scuola secondaria). Un utilizzo integrato di un approccio guidato ed uno open è la strategia migliore da seguire (Quintana, 2005).
Inoltre, sempre per quanto riguarda l’IBSE, è generalmente considerato più efficace utilizzare un approccio pedagogico “esplicito”, nel quale vengono fornite istruzio ni specifiche dal docente in aggiunta all’attivazione dell’Inquiry scientifica, rispetto al metodo “implicito” secondo il quale la comprensione dei fenomeni scientific i dovrebbe derivare direttamente dall’esperienza di apprendimento basato sull’Inquiry. (Fazio et al., 2014)
A prescindere dalla scelta metodologica puntuale dall’insegnante, molti pedagogisti concordano nel considerare che alla base di uno studio efficace della fisica debba esserci il “problema”. Sia che si prenda l’avvio da osservazioni che dalle formule, “la partenza dai problemi è il primo antidoto contro quel tipo di nozionismo costituite da teorie che si offrono come risposta a nessuna domanda”. Occorre, allora, anche nella scuola far “inciampare i ragazzi nei problemi”. E questo perché con le lezioni e i libri di testo si risponde a domande che indubbiamente sono domande valide, ma che sono domande che, come abbiamo spesso il ragazzo non si è posto o non si è saputo ancora porre. Una volta che è stato riconosciuto un problema, l’alunno è motivato alla ricerca della soluzione migliore, e costruisce delle teorie quali tentativi di soluzione. Queste teorie non sono delle verità postulate, ma sono solo delle ipotesi da confutare logicamente e controllare sperimentalmente.
L’elaborazione di ipotesi richiede invenzioni, e queste a loro volta sono il risulta to della creatività dell’alunno. Lo sviluppo della creatività fa nascere nuove ipotesi. Ciò pone il problema di come sviluppare la creatività. Innanzitutto dobbiamo convenire che la creatività ha luogo (una volta che il ragazzo hai inciampato nel problema), quando si scatena la sua fantasia. Senza fantasia non si hanno invenzioni e scoperte. Questa fantasia, che ha diverse forme e diversi gradi, accende la “lampadina”, fa nascere l’idea nuova necessaria per inventare, per avanzare congetture finalizzate alla soluzione. È molto più sviluppata nella fanciullezza e nella preadolescenza ove le domande e i perché si susseguono continuamente, con la conseguenza che, essendoci infinite domande da fare e infiniti problemi in cui “inciampare”, gli alunni hanno modo di inventare possibili teorie. Naturalmente spetta al docente aiutare a trovare i problemi giusti e su cui far esercitare, guidandoli, la loro fantasia. La via proposta (Antiser i, 2000) potrebbe essere che gli insegnanti facciano “inciampare” quasi naturalmente i ragazzi in problemi in cui vi siano rilevanti teorie come la meccanica classica, la relatività, la genetica, l’immunologia, la teoria dell’evoluzione e quanto altro. Ma dobbiamo partire sempre dai problemi dei ragazzi, e se questi non bastano a portarli ad un certo grado di preparazione scientifica, proviamo a farli inciampare attraverso la storia e più precisamente attraverso la storia delle scoperte scientifiche, onde portarli su altri più rilevanti problemi le cui soluzioni costituiscono quell’insieme di teorie attualmente accreditate. Queste ultime hanno dietro di sé una storia e si sono sviluppate sempre per risolvere problemi.
La creatività è stata definita (Williams, 1994) come la modalità di elaborazio ne cognitiva che, andando oltre i processi di organizzazione della nostra mente basati sulla costruzione di schemi, agisce nel senso di produrre nuove idee. La creatività ha componenti sia a livello cognitivo che emozionale. La parte cognitiva prende il nome di pensiero divergente che è caratterizzato da fluidità, flessibilità, originalità ed elaborazione. Il pensiero divergente è la capacità di produrre una gamma di possibili soluzioni per un dato problema, in particolare per un problema che non preveda un 'unica risposta corretta (Guilford 1950). Le componenti emozionali sono invece la disponibilità ad assumersi rischi, la complessità, la curiosità e l’immaginazione.
La concezione di Karl Popper, secondo la quale lo sforzo intellettuale degli uomini non sempre procede attraverso il ragionamento induttivo e nemmeno attraverso quello classico deduttivo, ha avuto una forte influenza non solo sul modello di ricerca, ma su tutta la filosofia della scienza moderna. In pratica “La chiave dei più importanti
successi della scienza spesso consiste nell’ispirazione e in liberi salti dell’immaginazione. In tali casi un fatto importante o una congettura si affaccia già pronta alla mente del ricercatore, e solamente dopo se ne trova la giustificazio ne mediante l’argomentazione razionale” (Davies, 1993).
Una frontiera ancora più nuova della didattica laboratoriale, che tiene in ampio conto la creatività nel processo di apprendimento, è il “Thinkering”: tale termine inglese vuol dire letteralmente armeggiare, adoperarsi. Si può dire che sia una palestra per aspiranti maker che insegna a “pensare con le mani”, un metodo educativo partito da esperienze e ricerche del MIT presso l’Exploratorium di San Francisco, per avvicinare bambini e ragazzi allo studio delle materie STEM (science – technology – engineering – mathematics) in modo pratico, giocando. Tale modalità di imparare facendo racchiude un forte potenziale per lo sviluppo di innovazione, creatività e motivazione : viene considerata molto efficace poiché può coinvolgere persone con diversi livelli di esperienza e interesse nell’esplorazione di concetti, pratiche e fenomeni legati alla scienza.44
Tutti i metodi per l’insegnamento descritti, sono tesi a favorire la costruzio ne progressiva di un personale patrimonio di conoscenze, di abilità e di atteggiame nt i, stabile e fruibile dagli studenti nell’affrontare situazioni e problemi (Pellerey, 1998). Tale costruzione non avviene infatti né spontaneamente, né per caso, ma è favorita da adeguate metodologie e strategie e comporta sempre un’azione intenzionale.
Per quanto riguarda l’uso del laboratorio di fisica, possiamo concludere che, a prescindere dal tipo di esperimento proposto, ciò che è fondamentale è che l’insegnante deve aiutare a far capire che quando sviluppiamo un esperimento ci riferiamo contemporaneamente a due ambiti tra loro connessi ma pur sempre distint i : uno riguarda la realtà, il concreto su cui operiamo, l’altro, quello astratto e simbolico, è quello nel quale il fenomeno viene schematizzato, rielaborato con teorie e relazio ni matematiche. Tale passaggio non è semplice, e richiede che vi sia una perizia disciplinare profonda: lo studio dei fenomeni quotidiani è imprescindibile ma va sviluppato tenendo sempre presente il piano della realtà della modellizzazione con il piano della realtà. Lo studio della fisica in situazione può aiutare a costruire saperi solo
se si riesce a far cogliere il complesso e articolato gioco di “modellizzazione” della realtà. (Balzano, 2006).
In definitiva, gli insegnanti e gli educatori hanno a disposizione una molteplicità di metodi e strategie didattici che vanno intesi un po' come gli attrezzi del proprio repertorio professionale tra i quali scegliere. Nella pratica didattica possono essere utilizzati diversi modelli pedagogici di riferimento che indicano strategie, metodi, tecniche che un docente può attuare per facilitare l’apprendimento. Per creare un clima cognitivo favorevole non sempre è possibile applicare in modo seriale un dispositivo strategico ma spesso è necessario allestire ambienti favorevoli all’apprendime nto integrando le teorie educative o escludendone alcune da un determinato contesto di apprendimento. Ad esempio diverso sarà l’approccio se gli obiettivi da conseguire sono di tipo operativo o cognitivo; ciò che è indubbio è che, qualsiasi modello venga assunto, esso deve essere “eteroreferenziale”, avere cioè come méta primaria il successo formativo dell’alunno.
Considerare la “nuova “scuola come “scuola dell’innovazione” significa intenderla come un laboratorio di costruzione del futuro, capace di trasmettere ai giovani la curiosità, il fascino dell’immaginazione e il gusto della ricerca, del costruire insieme dei prodotti, di proiettare nel futuro il proprio impegno professionale per una piena realizzazione sul piano culturale, umano e sociale (Rocca, AIF 2010).
Alla luce delle precedenti considerazioni, ma anche della esperienza di docente e divulgatrice, posso concludere questa disamina sulle metodologie didattiche, sostenendo che il docente può utilizzare in modo eclettico metodi diversi, piuttosto che un singolo metodo. Molto dello scarso successo della scienza e della fisica a scuola è dovuto ad un certo modo di insegnarla, basato sugli aspetti meno creativi e coinvolgenti della disciplina. La scienza, e la fisica in primis, invece, non potrebbero esistere senza la creatività umana: insegnare e imparare la fisica può essere (anzi è!) creativo e divertente.