Sottotipi motor
3.3. RISULTATI Dati clinic
Le caratteristiche cliniche e demografiche del campione di pazienti con Malattia di Parkinson sono riassunte nella Tabella I.
Abbiamo studiato 76 pazienti con MP de novo, di cui 46 uomini e 30 donne. I pazienti sono stati sottotipizzati in base all’età di esordio in un gruppo EOPD (esordio < 55 anni, n =35) e un gruppo LOPD (esordio >70 anni, n =41). L’età di esordio in media 46,51 anni nel gruppo EOPD (range 29-55 anni), e 73,95 anni nel gruppo LOPD (range 70-79 anni). I pazienti dei due gruppi sono stati appaiati per durata di malattia al tempo di esecuzione della SPECT (11,30 mesi la durata media, 12,25 mesi nel gruppo EOPD, 10,48 mesi nel gruppo LOPD); per definizione nessuno dei pazienti MP assumeva terapia dopaminergica all’epoca di esecuzione della SPECT, mentre 24 pazienti erano in terapia con psicofarmaci; 8 nel gruppo EOPD (di cui 4 SSRI, 4 BDZ e 1 stabilizzante dell’umore) e 16 nel gruppo LOPD (di cui 11 SSRI, 2 antipsicotici, 6 BDZ e 2 stabilizzanti dell’umore). Lo score MDS-UPDRS III medio era lievemente più alto nel gruppo di pazienti con età di esordio avanzata rispetto ai pazienti con esordio giovanile (19,09 vs 14,84) senza tuttavia significatività statistica. L’esordio di malattia era asimmetrico in 61 pazienti (80,26%) e simmetrico in 15 pazienti (19,73%). I
pazienti LOPD avevano più frequentemente esordio simmetrico rispetto ai giovani (13 pazienti LOPD - 31,70% vs 2 pazienti EOPD - 5,71%). 42 pazienti (55,26 %) avevano un fenotipo di tipo tremorigeno, 28 (36,84 %) di tipo rigido-acinetico e 5 (6,57%) di tipo misto; in particolare nel gruppo EOPD 16 soggetti avevano fenotipo di tipo tremorigeno (45,71%), 14 di tipo rigido-acinetico (40%) e 5 di tipo misto (14,28%); mentre del gruppo LOPD 26 pazienti avevano fenotipo tremorigeno (63,41%), 15 rigido-acinetico (36,58%) e nessuno fenotipo misto (0%).
Per verificare eventuali differenze nella severità della captazione striatale nei pazienti parkinsoniani in base all’età di esordio della malattia è stato necessario includere nello studio una coorte di pazienti controllo; ne sono stati selezionati 92 controlli, di cui 37 uomini e 55 donne, separati anch’essi in due gruppi per l’età al momento dell’esecuzione dell’esame scintigrafico (un gruppo di controllo giovani (<55 anni, n = 29), e un gruppo di controllo anziani (>70 anni, n=63)). Questi pazienti sono stati seguiti ambulatorialmente per almeno 5 anni avendo potuto cosi confermare una diagnosi differente dalla MP e parkinsonismi degenerativi. Il gruppo di controllo giovani era composto da 13 uomini e 16 donne con età media di 47,1 anni (range 21- 55 anni); il gruppo di controllo anziani era composto invece da 24 uomini e 39 donne, con età media di 76,1 anni (range 70-83 anni).
Legame striatale del FP-CIT
I risultati della scintigrafia cerebrale con DaTSCAN sono rappresentati in Tabella II.
Il valore grezzo di captazione del radiotracciante a livello striatale è risultata minore nel gruppo di pazienti LOPD (media caudati: 2,306350017; media putamen: 2,444641039) rispetto a pazienti EOPD (media caudati: 2,957402754; media putamen: 2,412890746); in particolare è emersa una differenza statisticamente significativa per il caudato (P<0.0001) ma non per il putamen. Correggendo i valori per l’età con i rispettivi gruppi di controllo, alla valutazione dell’uptake per singola regione (caudato destro, caudato sinistro, putamen destro, putamen sinistro), abbiamo documentato una differenza statisticamente
significativa nell’uptake tra pazienti EOPD rispetto a pazienti LOPD solo per il putamen destro (P <0.005), ridotto nei primi.
Ad un’analisi mediante Z-score dei valori medi di captazione putaminale (putamen destro + putamen sinistro) e nel caudato (caudato destro + caudato sinistro) è infine emersa una significativa riduzione di captazione del radiotracciante a livello putaminale nei pazienti EOPD (Z score = -2,716579524) rispetto a pazienti LOPD (Z score = -1,715940033) con una significatività statistica estremamente elevata (P <0.0001), mentre non sono emerse differenze a livello del caudato.
3.4 DISCUSSIONE
La Malattia di Parkinson è un disordine eterogeneo nelle manifestazioni cliniche e nella progressione, al punto che è stato proposto di parlare di “Malattie di Parkinson”. Vi è un crescente interesse nella sottotipizzazione di malattia sulla base di caratteristiche cliniche e demografiche nell’ottica di migliorare la gestione e la ricerca clinica di tale patologia (Marras and Lang 2013). Una delle sottotipizzazioni empiriche proposte è basata sull’età di esordio, e la maggior parte degli studi individuano due gruppi di pazienti: uno a giovane età di esordio (EOPD), generalmente con esordio <50; e uno di pazienti con età di esordio in età avanzata (LOPD), generalmente >50 (Shih et al. 2007). Di recente è stata proposto anche il sottotipo “old” onset Parkinson disease, con esordio in tarda età (generalmente >70 anni), un gruppo di cui ancora poco si sa in quanto generalmente eslcusi da studi clinici e farmacologici (Diederich et al. 2003). Esistono dati convincenti sull’esistenza di differenze cliniche, di progressione, di risposta terapeutica tra soggetti con età di esordio in giovane età rispetto a soggetti con età di esordio maggiori (Shih et al. 2007). La progressione clinica è più lenta nel paziente con esordio in giovane età, con una maggiore integrità dello status cognitivo (Shih et al. 2007). Tuttavia i giovani sperimentano più frequentemente e più precocemente complicanze motorie associate alla terapia dopaminergica (Quinn, Critchley, and Marsden 1987). Le basi patogenetiche delle differenze cliniche età-correlate osservate nei pazienti con Malattia di Parkinson non sono
del tutto note. Una delle ipotesi è che vi sia un diverso grado di alterazione nigrostriatale all’esordio nel paziente EOPD rispetto al paziente LOPD. Si ritiene che la proteina transmembrana del trasportatore della dopamina (DAT) rappresenti un diretto marcatore dell’integrità del terminale dopaminergico nigro- striatale e pertanto espressione della vitalità neuronale nigrale (Suwijn et al. 2014) anche se recentemente è stato suggerito da uno studio patologico che non vi sia una diretta correlazione tra la conta dei neuroni nigrali e la captazione del tracciante radiotattivo per il DAT (Kordower et al. 2013). Tuttavia il DAT è altamente soggetto a modulazione funzionale e la sua regolazione in fase iniziale di malattia e addirittura anche in fase preclinica è verso la riduzione di densità e funzione (“down-regulation”) (Harrington et al. 1996): questo meccanismo ha lo scopo di aumentare il turnover della dopamina in presenza di un danno nigrale che porterebbe a riduzione dei livelli sinaptici di dopamina, proprio come fenomeno compensatorio per assicurare livelli adeguati di dopamina striatale a mantenere il livello funzionale motorio. Questo fenomeno compensatorio che vede pertanto sia la partecipazione del DAT che l’aumento del turnover della dopamina a lungo andare tuttavia è la causa dello sviluppo delle complicazioni motorie della MP, in particolare fluttuazioni motorie e discinesie che sono particolarmente frequenti e precoci nei soggetti con EOPD rispetto ai LOPD nonostante una maggiore benignità del quadro parkinsoniano e delle sua evoluzione (Cenci 2014).
Nel tempo molteplici studi patologici e di imaging molecolare hanno indagato la relazione tra captazione striatale di radiotraccianti dopaminergici ed età di esordio di Malattia di Parkinson, con risultati contrastanti. Alcuni studi hanno riportato la presenza di una maggiore riduzione di funzione dopaminergica nei pazienti EOPD rispetto a pazienti LOPD (de la Fuente-Fernandez et al. 2011), mentre altri non hanno trovato differenze significative (Liu et al. 2015) o hanno riportato minori livelli di captazione in soggetti LOPD (Pagano et al. 2016). Ma in tutti questi studi il confronto è stato eseguito correlando la densità del DAT e l’età dei pazienti. E’ infatti assodato che vi sia una fisiologica riduzione della disponibilità del DAT striatale age-related (Volkow et al. 1994).
In questo studio abbiamo indagato la relazione tra età di esordio e densità del DAT striatale in soggetti con Malattia di Parkinson de novo mediante indagini SPECT con FP-CIT, confrontando due gruppi di pazienti in base all’età di esordio (<55 e >70 anni) con due gruppi di controlli sani (<55 e <70 anni). La nostra ipotesi nulla era che i soggetti con età di esordio inferiore avessero una riduzione del legame di FP-CIT striatale più marcata rispetto ai soggetti con esordio in età più avanzata, e che nei precedenti studi tale dato non fosse emerso perché neutralizzato dalla ridotta densità del DAT legata all’età. La nostra ipotesi è stata confermata. I pazienti EOPD avevano, a parità di durata di malattia (11 mesi), una riduzione della densità putaminale del DAT rispetto ai controlli della stessa età significativamente più marcata (P <0.0001) rispetto a quella dei pazienti LOPD, confermando che i pazienti EOPD avevano, almeno a questo livello, una perdita dopaminergica più pronunciata rispetto ai soggetti LOPD. Non emergevano, invece, differenze statisticamente significative nella captazione da parte del caudato nei due gruppi di pazienti.
Peraltro la gravità della malattia valutata mediante media dei punteggi MDS- UPDRS III era maggiore nei LOPD rispetto ai EOPD, ulteriormente rafforzando l’ipotesi che la densità del DAT striatale rappresenti l’espressione sia del grado di degenerazione nigrale ma anche il risultato dei meccanismi di compenso, tanto meglio apprezzabili in una fase iniziale di malattia.
Diversi studi suggeriscono che la degenerazione dopaminergica nella Malattia di Parkinson abbia un andamento di tipo esponenziale e che la maggior parte del danno si realizzi nella fase pre-sintomatica e nei primi anni di Malattia. In particolare Kordower e colleghi hanno dimostrato a livello del putamen dorsale una perdita di colorazione IIC per la TH e per il DAT virtualmente totale dopo soli 4-5 anni di malattia; questo dato si ritrovava sia in preparati di soggetti giovani che di soggetti anziani (Kordower et al. 2013). Studi di neuroimaging hanno confermato l’andamento esponenziale del processo neurodegenerativo nella Malattia di Parkinson, con un tasso di declino di captazione striatale inversamente correlato rispetto alla durata media di malattia (Hilker et al. 2005) (Bruck et al. 2009). Per questa ragione, studi eseguiti nelle fasi più avanzate di malattia non avrebbero potuto carpire differenze età-correlate nel grado di denervazione
nigrostriatale (de la Fuente-Fernandez et al. 2011); e per la stessa ragione abbiamo selezionato nel nostro gruppo di pazienti soltanto coloro che erano all’esordio di Malattia di Parkinson, con una storia clinica media di 11 mesi. Un altro criterio di scelta dei pazienti parkinsoniani è stato il fatto che i pazienti fossero ancora naive di terapia dopaminergica (Ldopa, dopamino agonisti, IMAO) al momento dell’esame. I livelli del DAT striatale sono altamente modulabili. Studi clinici indicano che una terapia a breve termine (6 settimane) con Levodopa o dopamino agonisti possono down-regolare il DAT striatale in pazienti con Malattia di Parkinson iniziale, mentre studi su animali indicano risultati contrastanti sulle terapie a lungo termine (Guttman et al. 2001). Uno studio recente del nostro gruppo ha addirittura dimostrato che dopaminoagonisti a lunga emivita come la rotigotina transdermica anche dopo soli tre mesi possano upregolare la disponibilità del DAT striatale, confermando quanto sia importante eseguire queste valutazioni molecolari in assenza di esposizioni pregresse o attuali alla terapia dopaminergica (Rossi et al. 2017).
Una riduzione dei terminali dopaminergici (Kish et al. 1992), del DAT (Volkow et al. 1994) e del suo mRNA (Joyce et al. 1997) è stata ampiamente dimostrata a livello striatale in soggetti sani nel normale invecchiamento. Sulla base di queste osservazioni venne inizialmente proposto che la Malattia di Parkinson potesse riflettere un processo di “invecchiamento” accelerato e localizzato a livello della Nigra (Dunnett and Bjorklund 1999) (Mann and Yates 1993). L’invecchiamento è, al momento, il fattore di rischio maggiormente noto per lo sviluppo di Malattia di Parkinson, e diversi meccanismi patogenetici alla base dei normali meccanismi di invecchimento sono a comune con quelli alla base della Malattia di Parkinson, quali stress ossidativo e disfunzione mitocondriale (Rodriguez et al. 2015). Tuttavia, diversi studi hanno dimostrato che i pattern di degenerazione nigrostriatale (Fearnley and Lees 1991) e di concentrazione striatale dopaminergica (Kish et al. 1992) sono diversi tra anziani sani e pazienti parkinsoniani, suggerendo che la Malattia di Parkinson non possa essere un processo neurodegenerativo primariamente invecchiamento-relato (Kish et al. 1992).
I dati grezzi del nostro campione di studio indicavano una riduzione di captazione striatale maggiore nel gruppo LOPD rispetto a pazienti EOPD; e la differenza era statisticamente significativa per la riduzione nei caudati (P<0.0001), ma non per i putamen. Una volta corretti i valori per i controlli età correlati, e quindi una volta esclusa la riduzione della disponibilità del DAT dovuta a normali meccanismi di invecchiamento, è emersa una maggiore riduzione di captazione putaminale nei soggetti EOPD. I risultati di questo studio confermerebbero dunque l’ipotesi che un maggiore interessamento striatale nei soggetti LOPD potrebbe essere dovuto alla simultanea presenza di un processo di invecchiamento normale e di un processo morboso apparentemente meno marcato, almeno a livello putaminale. Quadri più severi di denervazione nigrostriatale in pazienti EOPD sono stati ipotizzati essere alla base della risposta “eclatante” alla Levodopa e della maggiore tendenza a sviluppare complicanze motorie, specie discinesie (de la Fuente-Fernandez et al. 2011). D’altra parte, un decremento più pronunciato del DAT potrebbe suggerire che questo gruppo sia in uno stadio più avanzato di malattia rispetto a soggetti LOPD (Shih et al. 2007). Se si considera che la perdita neuronale nella Malattia di Parkinson segue un andamento esponenziale, allora il tasso di progressione e di deterioramento clinico nei pazienti EOPD sarà più lento rispetto a soggetti LOPD (Shih et al. 2007). I pazienti EOPD avevano livelli più bassi di densità del DAT rispetto a soggetti LOPD pur avendo score motori lievemente più bassi (14 vs 19), mentre studi patologici e di neuroimaging hanno precedentemente indicato una diversa durata del periodo pre-sintomatico nel soggetto EOPD rispetto al soggetto LOPD. De la Fuente-Fernandez et al., stimando l’esordio della patologia sottostante mediante curve del legame del radiotracciante DTBZ a indagini PET seriate, trovavano che i soggetti EOPD avevano un periodo pre-sintomatico nettamente più lungo rispetto ai soggetti LOPD (25 contro 10 anni) (de la Fuente-Fernandez et al. 2011).
Queste osservazioni indicherebbero una maggiore resistenza dei pazienti LOPD alla manifestazione clinica, ed è stato proposto che alla base vi possano essere possibili migliori meccanismi di compenso o di plasticità neuronale (Shih et al. 2007). Allo stesso modo, un maggior impegno clinico nel soggetto anziano, a dispetto di quadri neuropatologici più sfumati a livello striatale, potrebbe essere
dovuto a un deterioramento nei meccanismi di compenso dopaminergico in questo gruppo di pazienti (Nandhagopal et al. 2011). È stato proposto, sulla base di modelli teorici, che differenze nel metabolismo della dopamina possano essere in grado di spiegare la futura insorgenza di fluttuazioni motorie indipendentemente dall’entità di danno nigrostriatale, e che un turnover più elevato di dopamina sia in grado di indurre complicanze motorie a parità di degenerazione nigrostriatale (de la Fuente-Fernandez et al. 2001); a conferma di ciò Sossi e colleghi hanno rilevato mediante indagini PET con 18-F-flurodopa una maggiore alterazione del turnover della DA nei pazienti EOPD rispetto a pazienti LOPD, con maggiori sbalzi di dopamina a livello del vallo sinaptico (Sossi et al. 2006). Oscillazioni più pronunciate dei livelli sinaptici di DA nel giovane spiegherebbero la propensione a sviluppare complicanze motorie, mentre un maggiore incremento del turnover della DA e un utilizzo di dopamina più rapido ed efficiente potrebbero spiegare la migliore risposta alla terapia con Levodopa sperimentata dai pazienti EOPD (Sossi et al. 2006).
Questo studio non avrebbe potuto individuare differenze età correlate nel compenso non dopaminergico, né nella patologia post-sinaptica o extrastriatale. Modifiche età-correlate del numero o della funzione dei recettori dopaminergici potrebbero spiegare differenze di risposta alla terapia dopaminergica e nella severità e clinica delle discinesie (Gomez Arevalo et al. 1997); mentre una maggiore degenerazione di strutture non dopaminergiche nel paziente LOPD potrebbe rendere conto di una minore risposta alla terapia con Levodopa (Gomez Arevalo et al. 1997) e della presenza di “score motori residui” più elevati, cioè gli score clinici maggiormente resistenti alla terapia con Levodopa (Blin et al. 1991). Questo studio ha delle limitazioni. Una possibile limitazione è il non aver valutato nel nostro gruppo di campioni possibili influenze genetiche che avrebbero potuto influenzare la densità striatale del DAT in modo più rilevante rispetto all’età di esordio. Pazienti con mutazioni eterozigoti (Khan et al. 2002) e omozigoti (Pavese et al. 2009) del gene della parkina hanno mostrato a indagini PET con 18F- fluorodopa tassi di degenerazione nigrostriatale significativamente inferiori rispetto a soggetti con Malattia di Parkinson idiopatica; mentre studi di
progressione di parkinsonismo con mutazioni nel gene SNCA hanno mostrato tassi simili a quelli della malattia idiopatica (Samii et al. 1999).
l’FP-CIT, nonostante l’elevata sensibilità e specificità per il DAT (Park 2012), ha una affinità dimostrabile per il trasportatore della serotonina (SERT) e della noradrenalina (NET) (Shingai et al. 2014). Mentre il SERT tende a diminuire nelle fasi avanzate di malattia, alcuni dati indicano la presenza di una correlazione inversa tra livelli di DAT e livelli di SERT nelle fasi iniziali di malattia, e questo è stato interpretato come un possibile meccanismo compensatorio alla deplezione dopaminergica (Strecker et al. 2011). Wile e colleghi hanno proposto che un’up- regolazione del sistema serotoninergico all’esordio di malattia avrebbe potuto spiegare alcuni dei casi di SWEDD (scans without evidence of dopaminergic deficit) a immagini PET con 18-F-fluorodopa in soggetti con Malattia di Parkinson all’esordio (Wile, Sossi, and Stoessl 2016). In particolare è interessante notare che studi su modelli animali hanno dimostrato fenomeni di gemmazione di terminali serotoninergici in seguito a lesioni parziali con 6-OH-DA soltanto in topi neonati, mentre questi non si realizzavano in topi anziani (Stachowiak et al. 1984).
Il DAT è una molecola altamente modulabile; una modulazione è stata dimostrata da parte di diversi altri agenti farmacologici, sostanze d’abuso e anestetici (Booij and Kemp 2008). In particolare, l’utilizzo di SSRI potrebbe aumentare la disponibilità di legame del DAT, per meccanismi non perfettamente noti (Booij et al. 2007). Si noti che il nostro gruppo di pazienti LOPD assumeva più frequentemente psicofarmaci (16 totale) rispetto a soggetti EOPD (7 totale) e questo avrebbe potuto aumentare la disponibilità del DAT nel gruppo di anziani. Tuttavia questa osservazione è limitata dal non aver preso nota delle terapie del gruppo dei controlli.
3.5 CONCLUSIONI
In letteratura è stato dimostrato in modo molto coerente e solido che il fenotipo di Parkinson ad esordio giovanile è un fenotipo più benigno con più brillante risposta alla terapia dopaminergica ma con maggiore propensione allo sviluppo di
complicanze motorie (Gomez Arevalo et al. 1997). D’altra parte è stato dimostrato con studi di neuroimaging molecolare che un peggiore pattern di densità di DAT striatale al basale si associa ad un maggior rischio di sviluppare complicazioni motorie. Tuttavia ad oggi le uniche dimostrazioni relative alla disponibilità del DAT striatale in relazione all’età erano all’insegna di un generale decremento della densità recettoriale con l’invecchiamento (Gomez Arevalo et al. 1997).
Nel nostro studio è emerso attraverso uno studio di confronto fra pazienti con Malattia di Parkinson selezionati per differenti fasce di età e pazienti-controllo di pari età che i pazienti parkinsoniani con età di esordio inferiore ai 55 anni avevano a livello putaminale una riduzione significativa della densità del DAT rispetto ai pazienti con esordio in età superiore ai 70 anni; peraltro a parità di severità clinica di malattia. Il nostro studio conferma l’ipotesi che la densità del DAT striatale rappresenti l’espressione sia del grado di degenerazione nigrale ma anche il risultato di meccanismi di compenso che potrebbero spiegare la differente propensione allo sviluppo di complicanze motorie nei fenotipi parkinsoniani giovanile e tardivo.