Sottotipi motor
2.3.2 Sottotipi EOPD e LOPD
La Malattia di Parkinson è tipicamente un disordine dell’età avanzata, e l’età media di presentazione è di 60 anni (Lee and Gilbert 2016). Tuttavia, un numero significativo di pazienti ha un esordio in età inferiori, e fino al 7% dei casi i sintomi insorgono in soggetti con meno di 40 anni (Koller and Lang 1987). In base all’età di esordio si suddividono pazienti “early onset” - EOPD, solitamente con età inferiore ai 40 anni o 50 anni, e pazienti “late onset” - LOPD, con età di esordio superiori a questi valori. I pazienti con fenotipo EOPD sono stati, inoltre, ulteriormente suddivisi in un gruppo con età inferiore a 21 anni, definiti “juvenile parkinsonism”; e un gruppo con età di esordio da 21-40 anni, definiti “young onset Parkinson Disease”, YOPD (Schrag and Schott 2006).
Manfestazioni cliniche
I sottotipi empirici di Malattia EOPD e LOPD sono stati meno ampiamente studiati dei sottotipi motori (Marras and Lang 2013). Questi due gruppi differiscono nella risposta terapeutica, incidenza di complicanze motorie e prognosi (Liu et al. 2015). I pazienti EOPD sono caratterizzati da: (1) una più lenta progressione di malattia, (2) una frequenza più alta di distonia all’esordio e durante il trattamento, (3) più bassi tassi di demenza (4) un tasso più elevato di discinesia in risposta al trattamento con L-DOPA e (4) una minore frequenza di disturbo della marcia come prima manifestazione clinica (Wickremaratchi, Ben- Shlomo, and Morris 2009).
Uno dei primi studi comparativi sui pazienti EOPD e LOPD fu fatto nel 1988 da Gibb e Lees, che individuarono differenze significative nella sintomatologia d’esordio e nell’insorgenza di distonie “OFF” tra pazienti EOPD (<45 anni) e pazienti LOPD (>70 anni). Il 43% dei loro casi EOPD manifestava come primo sintomo la rigidità; mentre il 33% dei pazienti LOPD riferivano disturbi della marcia. Non emergevano, invece, differenze nella prevalenza di tremore o nella risposta terapeutica (Gibb and Lees 1988). Nel 1991, Giovannini e colleghi, non trovavano differenze significative di sintomatologia d’esordio, né di complicanze motorie tra pazienti con età <40 anni e pazienti di età >40 anni. Gli Autori trovarono, tuttavia, delle differenze significative nell’intervallo di tempo tra l’inizio della terapia dopaminergica e l’esordio di complicanze motorie; in particolare i pazienti EOPD avevano complicanze motorie a circa 4 anni, mentre i pazienti LOPD a circa 6 anni. Inoltre i pazienti EOPD mostravano a 6 mesi una deteriorazione della risposta alla terapia con Levodopa più rapida rispetto ai pazienti LOPD (Giovannini et al. 1991). Sempre nel 19991 Kostic e colleghi studiavano le fluttuazioni e le discinesie indotte da Levodopa in due gruppi di pazienti con età di esordio inferiore e superiore a 40 anni. Emersero differenze significative nell’incidenza di complicanze motorie, in particolare il 64% degli EOPD mostrava segni di fluttuazioni motorie a 3 anni di trattamento, in confronto al 28% dei pazienti LOPD; mentre l’incidenza di discinesie indotte da Levodopa era del 72% nei pazienti EOPD a 3 anni e di 28% nei pazienti LOPD. Neppure in questo caso vennero rilevate differenze di sintomatologia iniziale (Kostic et al. 1991). Nel 1997, in uno studio retrospettico, Arevalo e colleghi investigavano le differenze cliniche e farmacologiche di pazienti con EOPD (<40 anni) e soggetti con LOPD (>60 anni). Riguardo ai sintomi di esordio, nessuno dei soggetti con LOPD manifestava distonia, mentre era la prima manifestazione nel 30% degli EOPD. I LOPD invece, avevano più frequentemente sintomi assiali, quali disordine della marcia, all’esordio di malattia. I soggetti più giovani manifestavano un maggiore beneficio all’inizio della terapia, specie negli score di bradicinesia, ma anche una maggior frequenza di fluttuazioni motorie, in particolare quelle di tipo wearing-off, e di discinesie. Le discinesie, a differenza delle fluttuazioni, esordivano inoltre più precocemente nei giovani. La distonia e
il ballismo, così come le discinesie di “off” e le discinesie bifasiche, erano significativamente maggiori negli EOPD. Dallo studio inoltre risultava una maggiore disabilità legata alle discinesie nei giovani rispetto agli anziani (Gomez Arevalo et al. 1997).
Sono state proposte diverse teorie per spiegare le differenze cliniche rilevabili tra i due gruppi di pazienti. Una spiegazione potrebbe essere una diversa eziologia dei due fenotipi, e questa ipotesi è rafforzata dalla crescente individuazione di numerosi loci associati a Malattia di Parkinson a esordio precoce, quali mutazioni del gene della parkina o dell’alfa-sinucleina (De La Fuente-Fernandez et al. 2003). In particolare è stato stimato che circa il 9-20% dei paizenti a esordio precoce abbia mutazioni del gene della parkina e che un ulteriore 1% abbia mutazioni dei geni PINK1 e DJ-1. Attualmente le evidenze sulle differenze tra i YOPD “non genetico” e i LOPD sono scarse (Wickremaratchi, Ben-Shlomo, and Morris 2009). Un’altra spiegazione, valida soprattutto per spiegare le differenze nella patogenesi delle complicanze motorie della terapia dopaminergica, sarebbe la presenza di una diversa severità di danno NS, proposta per la prima volta da Gauthier E Gauthier nel 1987 (Gauthier and Gauthier 1987). Questa ipotesi si accorderebbe bene con la “storage hypotesis” di Fabbrini et al., secondo cui ciò che separa i responders stabili dai fluttuatori sarebbe una diversa entità di degenerazione NS alla base (Fabbrini et al. 1988). Infine, una ulteriore spiegazione delle differenze fenotipiche evidenziabili nel giovane, sarebbe la presenza di più efficaci meccanismi di compenso (De La Fuente-Fernandez et al. 2003).
Denervazione nigrostriatale
Diversi studi di imaging molecolare hanno indagato i correlati clinici della densità e del pattern del DAT striatale in pazienti con Malattia di Parkinson. La densità del DAT ha dimostrato avere una buona correlazione con gli score H&Y, UPDRS III e UPDRS ADL (Pirker 2003). In particolare nella maggior parte degli studi si evince una buona correlazione tra captazione dopaminergica striatale e sintomi motori quali bradicinesia e rigidità, mentre la correlazione con il tremore risulta
meno forte (Nissen et al. 2014), suggerendo che altri sistemi oltre a quello dopaminergico possano avere un ruolo nella genesi di tale sintomo (Spiegel et al. 2007). Pattern di captazione diversi sono stati individuati per i sottotipi motori rigido-acinetico e tremore-dominante (Spiegel et al. 2007). Studi di imaging per il DAT hanno inoltre dimostrato avere un valore prognostico. La severità della degenerazione nigrostriatale all’esordio della Malattia è direttamente correlata al dosaggio della terapia antiparkinsoniana a tre anni di distanza (Nissen et al. 2014). Livelli più bassi di captazione striatale in soggetti con malattia de novo si associano a un rischio più elevato di manifestare a 5 anni i “milestones” di malattia severa, inclusi disabilità motoria, cadute, insabilità posturale, declino cognitivo, psicosi e sintomi depressivi (Ravina et al. 2012). La correlazione con lo sviluppo di disordini della sfera cognitiva è emersa specie per quanto riguarda il deficit dell’attenzione e delle funzioni esecutive, mentre è risultata meno evidente per i disturbi di memoria e di tipo visuospaziale (Siepel et al. 2014). Quadri di denervazione più marcate all’esordio sono stati associati allo sviluppo di numerosi disordini comportamentali quali depressione (Rektorova et al. 2008), ansia (Weintraub et al. 2005), apatia (Santangelo et al. 2015) e discontrollo degli impulsi (Voon et al. 2014). Nel tempo molteplici studi patologici e di imaging molecolare hanno indagato la relazione tra captazione striatale di radiotraccianti dopaminergici ed età di esordio di Malattia di Parkinson, con risultati contrastanti. Alcuni studi hanno riportato la presenza di una maggiore riduzione di funzione dopaminergica nei pazienti YOPD rispetto a pazienti LOPD (de la Fuente- Fernandez et al. 2011), mentre altri non hanno trovato differenze significative (Liu et al. 2015) o hanno riportato minori livelli di captazione in soggetti LOPD (Pagano et al. 2016).
In uno studio del 2003 mediante indagine PET multitracciante (FD, DTBZ e MF) De La Fuente Fernandez e colleghi non trovavano inizialmente alcuna relazione tra severità di danno NS ed età di esordio di malattia. Dividendo i pazienti all’esordio di Malattia (<5 anni) in due gruppi (età di esordio inferiore o superiore ai 50 anni), dimostravano che dei marker presinaptici utilizzati solo la FD aveva una relazione con l’età di esordio, e in particolare l’uptake di FD aumentava nel putamen con l’avanzare dell’età. L’uptake della FD è considerata una stima della
attività della DOPA-decarbossilasi e dello storage della dopamina sintetizzata (Martin et al. 1989). Poiché non emergevano differenze nell’entità di legame della DTBZ, il marker che si considera riflettere meglio la degenerazione NS nel PD (Lee et al. 2000), gli autori suggerivano che la correlazione positiva tra l’uptake dell FD e l’età riflettesse un diverso metabolismo della dopamina piuttosto che una differenza nel danno NS, con una ridotta clereance della DA in soggetti con età di esordio più avanzate. Nei giovani la quantità di DA metabolizzata che lascia il vallo sinaptico sarebbe dunque maggiore, e questo spiegherebbe il fatto che a parità di severità clinica e di durata di malattia, il gruppo con esordio più precoce richiedeva in questo studio un dosaggio di Levodopa più alto. Gli Autori concludevano che sarebbero fattori funzionali (come il turnover della dopamina), ed extrastriatali (quali la perdita di neuroni corticali) ad avere un ruolo predominante nella diversa espressione clinica e nella progressione nel PD, a parità di danno nigrostriatale (De La Fuente-Fernandez et al. 2003). Negli anni seguenti, tuttavia, gli stessi Autori, ripetendo l’indagine PET su un campione più ampio di soggetti con Malattia di Parkinson, trovavano che i soggetti EOPD avevano all’esordio di malattia una captazione di radiotracciante del DAT significativamente inferiore. Con una PET multitracciante (DTBZ, FD e MF) eseguita su un campione di MP (età di esordio <44, 44-66, >66) e di controlli sani al tempo 0 e nel follow-up, l’ipotesi nulla degli Autori era che non vi fossero, nelle diverse età di esordio, differenze nel legame di DTBZ né del tasso del suo declino nel tempo. La loro ipotesi venne rigettata. Mentre il legame di FD né MF non variava tra i diversi gruppi (in contrasto con i risultati del precedente studio), il valore di DTBZ all’esordio era significativamente più basso nei più giovani, indicando una maggiore severità di danno NS. Rispetto ai controlli di medesima età, i giovani avevano una diminuzione del legame del 71%, mentre gli anziani del 34%. Secondo gli autori, studi precedenti, compreso il loro (De La Fuente- Fernandez et al. 2003), non avrebbero carpito una differenza di degenerazione all’esordio a causa dell’andamento esponenziale della degenerazione nel PD, in cui la maggior parte del danno si realizza in fase pre-sintomatica e nei primi 5-10 anni di malattia, portando a questa differenza di legame a perdersi precocemente nel decorso di Malattia (de la Fuente-Fernandez et al. 2011). La maggior parte
degli studi post-mortem e in vivo, invece, si sarebbero focalizzati su un momento più tardivo di malattia, come ad esempio nello studio di Gibb e Lees (Gibb and Lees 1988). Il tasso di declino della degenerazione NS inoltre, risultava essere più rapido nei pazienti più anziani rispetto ai giovani, potendo in parte spiegare la diversa progressione clinica nei due gruppi di pazienti. La seconda ipotesi nulla degli Autori era che l’esordio di malattia, stimata dal binding del DTBZ, fosse anche questa indipendente dall’età di esordio. Anche questa seconda ipotesi venne rigettata, in quanto le curve estrapolate dal legame del DTBZ indicavano che i pazienti più giovani avevano un periodo pre-sintomatico più lungo (25 anni) rispetto agli anziani (10 anni). Una maggiore resistenza alle manifestazioni cliniche sarebbe da imputare a più efficaci sistemi di compenso (de la Fuente- Fernandez et al. 2011).
Pattern di captazione nigrostriatale
È stato dimostrato che la Malattia di Parkinson a esordio precoce si associa a una maggior preservazione della cognitività (Schrag et al. 1998). Studi prospettici mostrano una relazione tra età e declino cognitivo, con una particolare suscettibilità sopra i 70 anni di età. La teoria dei circuiti cortico-striato-pallido- talamocorticali offre una spiegazione anatomica delle differenze neuropsicologiche tra pazienti EOPD e LOPD. Liu e colleghi nel 2015 trovavano in uno studio PET/TC con I-123-FP-CIT l’esistenza di pattern esordio-specifici di disfunzione regionale nigrostriatale. I pazienti EOPD (<50 anni) avevano una disfunzione dopaminergica irregolare, con un maggior risparmio del caudato rispetto al putamen; i pazienti LOPD (<50 anni), invece, presentavano una disfunzione relativamente uniforme nei due nuclei. Le differenze non erano rilevanti nel legame assoluto del DAT all’interno dei due nuclei, mentre erano significative nei parametri sottoregionali dei rapporti caudato/putamen anteriori. Gli Autori, in particolare, trovavano una correlazione inversa tra età di esordio e rapporti caudato/putamen anteriore e una correlazione tra età di esordio e caudato/putamen posteriore. A livello putaminale vi era una significativa correlazione inversa tra entità di captazione del radiotracciante e score motori
UPDRS, oltre che con la durata di malattia. Secondo la teoria dei circuiti cortico- striato-pallido-talamocorticali, i nuclei della base sono visti come componenti di una famiglia di loop paralleli e reintranti, un circuito “motorio”, uno “oculomotorio”, uno “prefrontale dorsolaterale”, uno “laterale orbitofrontale” e uno “cingolato anteriore” (limbico). All’interno dei circuiti, le informazioni mandate da una determinata area corticale sono processate in sottoregioni dei nuclei della base per poi tornare ai rispettivi lobi di origine attraverso il talamo. Nello specifico, il putamen riceve input eccitatori dalla corteccia motoria e di risposta manda di nuovo segnali alla corteccia motoria e altre aree premotorie attraverso il pallido e il talamo, costituendo il circuito “motorio” dei nuclei della base. In contrasto, il nucleo caudato è strettamente connesso ai circuiti “oculomotore”, “prefrontale dorsolaterale”, “orbitofrontale laterale” e “limbico” ed è implicato nella funzione psicomotrice e in complesse funzioni cognitive. Molte evidenze suggeriscono una correlazione tra funzione dopaminergica nel caudato e cognitività nel PD. Diversi studi di neuroimaging hanno riportato una significativa correlazione tra disfunzione dopaminergica nel caudato e espressione di un pattern metabolici cognitività –relati. I risultati di Liu e colleghi indicavano che i pazienti EOPD avevano un interessamento più marcato del putamen e un maggiore risparmio del caudato. La correlazione inversa tra età e legame del DAT nel caudato ipsilaterale e i rapporti caudato/putamen anteriori significativamente maggiori nel gruppo con EOPD potrebbero spiegare la maggiore preservazione della funzione cognitiva in questo gruppi (Liu et al. 2015).
I meccanismi di compenso nella Malattia di Parkinson
La maggior parte degli studi istopatologici stimano che all’inizio delle manifestazioni cliniche vi sia una perdita del 50-70% delle cellule dopaminergiche della SNpc e una deplezione di DA striatale del 70-90% (Cheng, Ulane, and Burke 2010). Il dislivello tra i due valori è stato interpretato in diversi modi, un’ipotesi è che i restanti neuroni siano disfunzionali (Fearnley and Lees 1991), mentre un’altra spiegazione è che la malattia inizi a livello dei terminali per poi estendersi a livello del soma in un processo di “morte retrograda” (Cheng,
Ulane, and Burke 2010). I deficit neurologici permanenti, in ogni caso, si sviluppano solo quando la perdita di DA è quasi completa e questo suggerisce che possano esistere meccanismi di compenso in grado di mantenere la funzione dopaminergica anche di fronte a degenerazioni estese. Sono stati proposti diversi possibili meccanismi di compenso, sia dopaminergici (Zigmond et al. 1990) che non (Bezard, Gross, and Brotchie 2003). I meccanismi compensatori potrebbero avere un ruolo nella progressione clinica della Malattia di Parkinson nel momento in cui subiscono un crollo di funzione (Nandhagopal et al. 2011) e potrebbero aiutare a spiegare parte delle differenze fenotipiche evidenziabili tra pazienti EOPD e LOPD (De La Fuente-Fernandez et al. 2003).
Meccanismi compensatori dopaminergici
Sono stati proposti diversi meccanismi di compenso dopaminergico sia presinaptico che postsinaptico (quali un incremento dei recettori postsinaptici) (Cenci 2014), in grado di mantenere il funzionamento nigrostriatale di fronte a lesioni parziali del sistema. Alcuni dei sistemi presinaptici proposti sono:
• Aumento del turnover della DA: Nei loro studi pionieristici sui cervelli di soggetti deceduti con Malattia di Parkinson, Hornykiewicz e colleghi osservarono che la concentrazione dei metaboliti della DA a livello striatale era meno compromessa della concentrazione di DA, generando un rapporto metaboliti/DA che raggiungeva un valore sino a 10 volte superiore a quello osservato nello striato dei controlli (Bernheimer et al. 1973). È stato proposto che l’aumento dei metaboliti della DA fosse imputabile a un aumento del turnover della DA nei neuroni dopaminergici sopravvissuti al processo degenerativo, e che questo riflettesse un aumento compensatorio del rilascio della DA (Kish et al. 1992). L’aumento del turnover della DA può essere spiegato da almeno due fenomeni: (1) una modificazione di frequenza e pattern di scarica delle proiezioni dopaminergiche e (2) un aumento del rilascio di DA in risposta a ciascun potenziale d’azione (Zigmond et al. 1990). L’analisi del turnover della DA
in studi post mortem richiede la misura dei metaboliti, della DA e del loro rapporto. Doudet e colleghi hanno proposto che un indice alla PET con FD, l’inverso di EDV, potesse essere una buona stima del turnover della DA in vivo (Doudet et al. 1998). Nel 2002 Sossi e colleghi analizzando questo valore provavano che un aumento del turnover di DA si realizzava molto precocemente nella malattia di PD, supportandone il ruolo compensatorio (Sossi et al. 2002) ('DATATOP: a multicenter controlled clinical trial in early Parkinson's disease. Parkinson Study Group' 1989). • Aumento della sintesi e dello storage della DA: La DOPA decarbossilasi
converte la L-DOPA in dopamina, permettendone lo storage nel terminale presinaptico. La PET con 18-F-DOPA fornisce una stima dell’attività della decarbossilasi e dunque della sintesi e storage della DA (Martin et al. 1989). Lee et al. hanno dimostrato nelle fasi precoci di Malattia un incremento dell’attività di sintesi e storage di dopamina mediante l’evidenza di un incremento dell’uptake di F-DOPA a indagine PET (Lee et al. 2000). Tuttavia bisogna rimarcare che anche i terminali serotoninergici esprimono AA decarbossilasi in grado di captare la 18-F- DOPA e sintetizzare F-dopamina, per cui un incremento dell’uptake potrebbe essere dovuto anche a meccanismi di compenso di origine non dopaminergica (Wile, Sossi, and Stoessl 2016).
• Downregolazione del DAT: Il DAT è un trasportatore appartenente della famiglia di trasportatori di membrana SLC6 che accoppiano il trasporto del soluto al movimento del Na+ e del Cl- (Vaughan 2013). Tale trasportatore è codificato da un gene a singola copia sul braccio corto del cromosoma 5 (5p15.3) e ha diversi polimorfismi genici. Usando tecniche di ibridazione in situ, è stato dimostrato che le cellule che esprimono l’mRNA del DAT sono selettivamente localizzate nella SNpc e nella VTA (Hitri et al. 1994). Il DAT regola i livelli di DA traslocando attivamente il neurotrasmettitore dallo spazio extracellulare al neurone presinaptico. Il DAT è il target di diverse droghe quali la cocaina, le amfetamine, la metamfetamina e di diversi agenti farmacologici utilizzati nell’ADHD, nella depressione e in altri disturbi legati a uno sbilancio di DA. Alcuni
agenti come la cocaina legano il DAT e ne inibiscono il trasporto; altri, come le amfetamine e la metamfetamina, passano attraverso il DAT e stimolano l’efflusso di DA (trasporto inverso). Diversi meccanismi regolano l’attività e l’espressione presinaptica di questo trasportatore. L’attivazione della PKC down-regola il trasporto della DA mentre L’ERK aumenta la capacità di trasporto della dopamina. I recettori oppioidi k e i recettori dopaminergici D2 aumentano il trasporto mediante il signalling di ERK (Vaughan and Foster 2013). Diversi studi istopatologici e di neuroimaging hanno rilevato negli stadi iniziali di Malattia di Parkinson una downregolazione del DAT (Harrington et al. 1996); del suo mRNA (Joyce et al. 1997). Una downregolazione del trasportatore porterebbe a un incremento delle concentrazioni di DA a livello extracellulare (Harrington et al. 1996) e questo è stato posto in relazione all’evidenza di elevati livelli di DA a livello del vallo sinaptico in modelli murini con lesioni parziali del sistema NS (Cenci 2014).
• Gemmazione, “sprouting” dei terminali dopaminergici residui (Cenci
2014).
L’esistenza di meccanismi di compenso dopaminergico ha delle ripercussioni nella ricerca clinica, imponendo cautela nell’interpretazione di studi di imaging che utilizzano traccianti presinaptici per la valutazione della progressione della Malattia di Parkinson (Guttman et al. 2001). Nessuno dei traccianti presinaptici al momento disponibili può considerarsi un marker perfetto di degenerazione NS, e le curve di decadimento PET o SPECT rappresentano solo una stima del processo neurodegenerativo sottostante (de la Fuente-Fernandez et al. 2011). Ad esempio il DAT può essere up-regolato o down-regolato in una serie di condizioni, come nel caso di terapia con agenti dopaminergici (Guttman et al. 2001). Un’up- regolazione delle AA decarbossilasi (dopaminergiche o serotoninergiche) potrebbe invece spiegare alcuni dei casi di SWEDD (5-15% dei soggetti con MP all’esordio) quando sono utilizzati studi PET con 18-F-DOPA (Wile, Sossi, and Stoessl 2016). Ancora, il marker DTBZ lega la VMAT2 e potrebbe sottostimare il danno nigrostriatale in presenza di aumentato turnover della DA, come succede
nel giovane (de la Fuente-Fernandez et al. 2011). In ogni caso il DTBZ è considerato ad oggi il marker più attendibile per la stima della densità dei terminali dopaminergici striatali, dal momento che l’espressione di VMAT2 sembrerebbe essere meno soggetta a modifiche compensatorie (de la Fuente- Fernandez et al. 2011). Stime più attendibili delle degenerazioni nigrostriatali si avrebbero negli stadi più avanzati di malattia quando, a causa del crollo dei meccanismi compensatori, i valori di captazione presinaptica ottenuti mediante l’utilizzo di diversi marker tendono ad eguagliarsi (Nandhagopal et al. 2011). L’insorgenza di complicanze motorie è più frequente in soggetti con età di esordio più precoce. I meccanismi alla base di questo fenomeno e la relazione con l’età di esordio non sono completamente noti. Le complicanze motorie insorgerebbero per una combinazione di fattori pre- e post-sinaptici, comprendenti un alterato release della DA e una stimolazione pulsatile anomala dei recettori post-sinaptici da parte