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CAPITOLO IV- Il caso AEP Ticketing Solutions

4.1.4 Risultati e conclusioni

Per misurare i risultati ho deciso di assegnare ad ogni giudizio della scala un punteggio:

 1 punto: Assolutamente in disaccordo  2 punti: In disaccordo

 3 punti: In accordo

 4 punti: Decisamente d’accordo

Per l’analisi dei risultati ho deciso di calcolare le medie dei punteggi assegnati dai dipendenti a ciascuna domanda del questionario e successivamente sono stati aggregati i risultati ottenuti con le risposte assegnate dal capo.

Dal grafico che segue è possibile apprezzare la media dei punteggi assegnati dai dipendenti a ciascuna domanda delle tre macro aree:

Fig.: Il grafico mostra le medie dei punteggi espressi per ciascuna domanda dai dipendenti dell’ex area Monetica, inserite qui sull’asse delle ordinate; sull’asse delle ascisse sono state inserite le domande nell’ordine in cui sono presentate nel

1,7 1,9 1,7 1,4 2,1 3,1 2,7 2,7 2,9 2,6 2,6 2,6 1,0 1,5 2,0 2,5 3,0 3,5 4,0 1 2 3 4 5 6 7 8 9 10 11 12 DOMANDE

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questionario: le prime quattro si riferiscono all’area del Cambiamento, le successive quattro all’area Risorse umane e le ultime quattro all’area del Capo.

Volgendo l’attenzione alle domande che indagano l’area del cambiamento, in particolare le motivazioni, gli obiettivi e i tempi del cambiamento, notiamo che i dipendenti hanno assegnato un punteggio molto basso che si colloca tra 1 punto (“completamente in disaccordo”) e 2 punti (“in disaccordo”). Possiamo subito affermare che la resistenza al cambiamento è molto forte in questa fase di avvio per la quasi totalità dei dipendenti. Risultato che ci aspettavamo: infatti, quando il cambiamento è promosso dal vertice aziendale si ha spesso una maggior rapidità di decisione, ma il coinvolgimento del resto dell’organizzazione rappresenta una vera sfida. Questo ci porta a concludere che molto probabilmente il leader non abbia avuto un ruolo attivo nel creare il senso d’urgenza comunicando i punti critici della situazione. Kotter, infatti, riporta che il 50% dei progetti osservati fallisce nel creare un senso di urgenza sufficientemente elevato, ovvero i manager falliscono nel tentativo di convincere tutti della necessità del cambiamento. È necessario, però, che il capo consideri il suo comportamento positivo e in linea con gli obiettivi del cambiamento: secondo Kotter, infatti, il leader con il proprio comportamento rafforza la situazione in essere. Il problema sembra riguardare

la comunicazione della visione del cambiamento e la sua necessità. L’assenza di una visione

appropriata dissolve il progetto di trasformazione in un insieme di progetti tra loro incompatibili, fonte di confusione e perdita di tempo, che conducono l’organizzazione nella direzione sbagliata o non approdano a nulla. In questo modo pare che il quarto errore di Kotter (non comunicare efficacemente la vision del cambiamento) sia stato commesso e sia, quindi, necessario intervenire tempestivamente nel migliorare la comunicazione, in particolare nei confronti di quei dipendenti che non la percepiscono in alcun modo e che non condividono motivazioni, tempi e obiettivi. Creare una vision e non comunicarla è tanto sbagliato quanto non crearla per nulla. Secondo Kotter la comunicazione della vision, ma più in generale la comunicazione interna, è un fattore critico del successo. Secondo l’autore il leader deve sentire che sta comunicando con il proprio team tre volte più del necessario perché la comunicazione sia davvero efficace. Senza una comunicazione credibile, e in dosi massicce, non si toccano il cuore e la mente delle persone. Volgendo l’attenzione all’ultima domanda dell’area del cambiamento vediamo che i dipendenti hanno assegnato il punteggio più basso di tutto il questionario, totalizzando una media di 1,4 punti. L’azienda dovrà attuare degli interventi per rimediare a questa situazione: la gestione del cambiamento richiede al vertice strategico da un lato uno spiccato orientamento agli obiettivi e alla fase di pianificazione, dall’altro la capacità di coinvolgere il personale, in quanto ogni cambiamento richiede una trasformazione culturale che deve essere assimilata dall’organizzazione attraverso la predisposizione di adeguati percorsi di partecipazione e di formazione.

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Le domande che indagano l’area delle Risorse umane hanno ottenuto, invece, una media di punteggi che si collocano tra il giudizio “in disaccordo” e il giudizio “in accordo” (2-3punti); la prima domanda, che indaga la comprensione della necessità del cambiamento, è quella a cui i dipendenti hanno assegnato un punteggio più basso: ancora una volta, notiamo che la resistenza rappresenta l’ostacolo più grande al cambiamento. Nonostante ciò, i dipendenti, pur non percependo positivo il cambiamento, si ritengono d’accordo a ripensare alle loro modalità di lavoro e ai loro nuovi ruoli in seguito al cambiamento (alla domanda i dipendenti hanno assegnato il punteggio più alto di tutto il questionario): risultato molto importante che può motivare i dipendenti verso l’accettazione del cambiamento. Compito necessario del leader sarà quello di “manipolare” i suoi collaboratori e sottoposti al fine di indurli a credere nella necessità del cambiamento, spingendoli a collaborare, e di rimuovere tutte le barriere al cambiamento che minano il successo del progetto. Recenti ricerche sulla leadership hanno mostrato che la visione motivante del leader potrà sedurre l’organizzazione soltanto se il leader stesso gode di credibilità e fiducia. Dunque, il leader deve saper formulare chiaramente una visione capace di stimolare i dipendenti a seguirla e deve riuscire a comunicarla. Alla domanda dell’area risorse umane che indaga il team, i dipendenti hanno assegnato un punteggio medio-basso (“in disaccordo”) e per questo, anche in questo caso, l’azienda dovrà attuare interventi correttivi; Kotter, infatti, afferma più volte che creare una coalizione di gruppo forte che guiderà il cambiamento è indispensabile per raggiungere il successo: il leader deve individuare le persone “giuste” e allargare il più possibile la squadra di persone che sostengono il processo di change management, senza commettere nessuno degli otto errori da esso individuati. Le iniziative di cambiamento che non siano sorrette da una potente coalizione di governo possono realizzare temporaneamente qualche apparente progresso ma prima o poi qualche forza contraria verrà a minare tali iniziative. L’insuccesso si verifica perché si sottovaluta la difficoltà di determinare il cambiamento e, quindi, l’importanza di una forte coalizione di governo. Solo successivamente, si sviluppa una valutazione condivisa dei problemi e delle opportunità dell’organizzazione e si crea un livello minimo di fiducia e comunicazione. Il lavoro di squadra in una coalizione di governo del cambiamento può essere avviato in molti modi diversi. Ma un ingrediente essenziale è la fiducia. Quando vi è fiducia, di solito si riesce ad avviare il lavoro di squadra; in caso contrario, il tentativo fallisce. Nel caso di AEP, quindi, servono interventi pianificati miranti a creare fiducia, necessari in quanto essa aiuta enormemente a darsi un obiettivo comune e a formare una squadra potente. Per l’analisi delle domande dell’area della Leadership si rimanda al grafico successivo, dove è possibile estrapolare conclusioni più interessanti: i dipendenti, infatti, hanno assegnato tutti punteggi tendenzialmente in accordo alle affermazioni proposte, rimanendo però nella fascia di valutazione medio-basso.

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Fig.: Il grafico mostra l’aggregazione tra le medie dei punteggi assegnati dai dipendenti (in blu) e i punteggi assegnati dal capo (in rosso) alle domande delle tre macro aree: notiamo una diversa percezione della fase di avvio del cambiamento. I dipendenti fanno fatica ad accettare il cambiamento ma sembrano essere ben disposti verso il capo scelto da AEP, il quale giudica coerente il proprio comportamento adottato in avvio di cambiamento.

Dall’aggregazione dei risultati di entrambi i questionari possiamo affermare che il capo ha valutato le tre aree con punteggi alti e quindi ritiene il tutto positivo nello stesso modo; i dipendenti hanno assegnato lo stesso punteggio medio-alto a due aree (risorse umane e leadership), in qualche modo condividendo l’equi – giudizio del capo, se pur su un livello più basso, mentre non hanno accettato il cambiamento, assegnando punteggi bassi alle domande dell’area cambiamento. A tal proposito notiamo una maggiore differenza tra la valutazione dei dipendenti e quella del capo: egli ritiene che le motivazioni e gli obiettivi siano stati comunicati e siano noti a tutti, assegnando il punteggio più alto; mentre i dipendenti hanno assegnato un punteggio basso, non condividendo in nessun modo la visione del capo. Risulta chiaro come i dipendenti si trovino in difficoltà nell’accettare il cambiamento, si sentono poco informati e non conoscono gli sviluppi futuri del cambiamento: in particolare, non condividono motivazioni e obiettivi preferendo, con molta probabilità, rimanere nella loro “comfort zone”. Ciò è testimoniato in modo particolare dalla valutazione molto differente della prima domanda dell’area risorse umane, quella che indaga l’accettazione e il bisogno del cambiamento, una differenza che suggerisce un diverso approccio al cambiamento: i dipendenti si oppongono al cambiamento mentre il capo lo valuta necessario per l’azienda e si ritiene in grado di

guidarlo. Leader e dipendenti vedono il cambiamento in modo differente: per il primo esso è

un’opportunità per rafforzare l’azienda, il business e la sua posizione, mentre per gli altri il 1,7 1,9 1,7 1,4 2,1 3,1 2,7 2,7 2,9 2,6 2,6 2,6 4 4 3 3 4 3 4 3 4 4 4 3 1,0 1,5 2,0 2,5 3,0 3,5 4,0 4,5 1 2 3 4 5 6 7 8 9 10 11 12 p u n tegg io domande

Aggregazione dei dati

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cambiamento è distruttivo, invadente e altera gli equilibri. Per colmare il divario, il leader deve cercare di capire il punto di vista dei dipendenti, per poi operare sui contratti personali tra dipendenti e azienda, ovvero sugli obblighi reciproci e i mutui impegni, sia sanciti esplicitamente sia impliciti, che definiscono i rapporti tra i dipendenti e le organizzazioni. Il cambiamento altera le dimensioni formali, psicologiche e sociali di questi contratti e, in questo senso, il leader è responsabile di fornire guida e protezione, di gestire i conflitti, definire le regole e curare l’ansia generata dal cambiamento, permettendo così l’adattamento dell’organizzazione. Unico punto di condivisione tra dipendenti e capo sembra essere, infatti, la volontà di ripensare alle modalità di lavoro e ai nuovi ruoli: il leader risulta porsi come vero e proprio “coach”, il quale deve valorizzare le risorse e le loro competenze, spingendole sempre di più verso il miglioramento continuo. Il coaching è un fattore chiave nel processo di trasformazione del contesto aziendale: le persone ricevono ed eseguono delle direttive e allo stesso tempo partecipano agli obiettivi aziendali e si impegnano utilizzando al massimo il proprio

talento e le proprie capacità.

Le organizzazioni raggiungono risultati importanti quando il capitale intellettuale esprime la sua creatività, il suo potenziale e il senso di imprenditorialità. Andare nella stessa direzione, ripensando alle competenze di ogni singola persona, può far sì che il cambiamento venga accettato e compreso.

Con l’aiuto del grafico riportato, è possibile riflettere su alcuni elementi importanti inerenti il rapporto dipendenti-superiore e il comportamento adottato da quest’ultimo. La figura del capo sembra essere, in una certa misura, ben vista dai dipendenti e la sua funzione riconosciuta: i dipendenti hanno dato giudizi medio-alti alle domande dell’area Leadership, distribuendosi tra il disaccordo e l’accordo scegliendo di non sbilanciarsi eccessivamente, assegnando un punteggio non troppo distante da quello assegnato dal capo. Il capo viene percepito dalla maggior parte dei dipendenti come fonte e strumento di guida nello sviluppo delle risorse umane: i dipendenti, assegnando un punteggio vicino a quello dato dal capo, infatti, si sentono aiutati nel raggiungimento degli obiettivi; il capo sostiene di favorire la collaborazione interna e il lavoro di gruppo ma i dipendenti ne hanno una minima percezione, infatti la loro valutazione rimane all’interno dell’area del disaccordo. Dai dati raccolti possiamo individuare che, tra gli stili di leadership analizzati, il capo incaricato da AEP abbia adottato lo stile democratico/partecipativo formulato da K. Lewin, R. Lippit e R. White. Egli, infatti, valorizza i dipendenti attraverso la collaborazione interna e il lavoro di gruppo, creando un ambiente partecipativo e influenza positivamente il clima aziendale incrementando la soddisfazione lavorativa e migliorando le performance aziendali dando loro libertà di esprimere idee e sentimenti, contrariamente ad altre modalità di leadership quali lo stile autoritario (sebbene si possa raggiungere un buon rendimento quantitativo sul lavoro, ma non qualitativo); lo stile autoritario determina infatti livelli di soddisfazione bassi, elevata conflittualità, aggressività, competizione tra i membri del

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gruppo, e una forte dipendenza dal leader, tanto che deve essere sempre presente per sovrintendere,

dirigere, ordinare, guidare. È giusto ricordare che, secondo gli autori, i gruppi guidati da leader

democratici mostrano di solito una bassa produttività iniziale che tende però a crescere; inoltre il gruppo lavora anche in assenza del leader e il clima emozionale tende ad essere piacevole. Questa tipologia di processo decisionale democratico è generalmente apprezzata dalla totalità degli individui perché porta ad aumentare il coinvolgimento nelle decisioni aziendali. Tuttavia, questa tipologia presenta alcune problematiche quando vi è una vasta gamma di opinioni differenti e non vi è la possibilità di raggiungere una decisione definitiva equa che metta in accordo tutte le parti. Allo stesso

tempo, possiamo affermare che il capo incaricato da AEP si impone come leader coach: si ritiene

capace di creare un collegamento fra l’obiettivo aziendale e le aspirazioni del singolo lavoratore per aiutare i dipendenti a migliorare le proprie prestazioni, è disposto infatti a ripensare ai ruoli e alle modalità lavorative dei dipendenti: in merito notiamo che il punteggio assegnato a tale domanda è lo stesso per dipendenti e capo. Questi stili di leadership favoriscono la partecipazione dell’intera realtà aziendale a tutti i processi decisionali. In questa direzione, i dipendenti potranno diventare ogni giorno sempre più motivati e accrescere il senso di appartenenza nei confronti dell’organizzazione. Lo stile di leadership democratico e partecipativo è terreno fertile per conseguire alti livelli di produttività e di motivazione dei dipendenti, che coopera e si autogestisce in un ambiente lavorativo sereno e comunicativo. Passo importante da affrontare rimane, però, la rimozione degli ostacoli psicologici al cambiamento: l’operazione di progettazione del cambiamento dovrà tener conto cercando di anticipare le molteplici, imprevedibili e non sempre ragionevoli reazioni dei membri dell’organizzazione. Il feedback dei dipendenti ex area Monetica al progetto di cambiamento attuato non è ancora positivo, i dipendenti si sentono scarsamente motivati e poco informati sugli elementi essenziali del cambiamento, quali tempi, obiettivi e interventi di formazione/informazione; toccherà al leader conferire ampi margini di autonomia ai dipendenti, facendoli sentire parte di un team forte e renderli perfettamente consapevoli delle loro mansioni e di come dovranno svolgerle durante tutto il processo di cambiamento.

Appendice

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