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Leadership e cambiamento organizzativo: il caso AEP Ticketing Solutions.

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Academic year: 2021

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Indice

Introduzione ... 3

CAPITOLO I- Il cambiamento organizzativo: aspetti teorico-concettuali ... 6

1.1 Il cambiamento organizzativo nelle organizzazioni... 7

1.1.1 Leve di attivazione del cambiamento ... 8

1.2 Spinte al cambiamento e ruolo strategico del cambiamento ... 11

1.2.1 Spinte al cambiamento ... 11

1.2.2 Le spinte al cambiamento secondo il modello di Rebora ... 12

1.3 Tipologie di cambiamento ... 15

1.3.1 Chiavi di lettura del cambiamento ... 15

1.3.2 Tipologie di cambiamento secondo il modello di Daft e Noe ... 17

1.4 L’inerzia organizzativa ... 23

1.4.1 Cosa si intende per inerzia organizzativa ... 23

1.4.2 Tipologie di resistenza al cambiamento... 26

1.5 Le opportunità del cambiamento... 29

1.5.1 Aspetti e conseguenze positive del cambiamento ... 29

1.5.2 Il “Coaching aziendale” ... 32

CAPITOLO II- Guidare il cambiamento attraverso la Leadership ... 34

2.1 La Leadership ... 35

2.2 Teorie sulla Leadership ... 38

2.2.1 Leadership innata ... 38

2.2.2 L’approccio situazionale... 39

2.2.3 I comportamenti dei leader ... 39

2.2.4 Le teorie transazionali e le teorie dello scambio ... 41

2.2.5 Le nuove leadership: trasformazionale e carismatica ... 43

2.3 Leadership e cambiamento ... 44

2.3.1 Il modello di leadership orientato al compito/alla persona ... 44

2.3.2 Leadership secondo Kotter ... 46

2.3.3 Leadership emotiva di Goleman ... 47

2.3.4 Leadership secondo Nico ... 49

2.4 Strategie per vincere le resistenze al cambiamento ... 49

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2.4.2 Modello di gestione del cambiamento di Schein ... 50

2.4.3 Guidare il cambiamento: il modello di Kotter ... 51

2.5 Motivi del fallimento del cambiamento ... 61

2.5.1 La curva di accettazione individuale del cambiamento ... 63

CAPITOLO III- Al cuore del cambiamento: le risorse umane ... 69

3.1 Il clima organizzativo prima del cambiamento ... 70

3.1.1 Indagini di clima per gestire il cambiamento ... 70

3.1.2 La tattica vedere-sentire-cambiare di Kotter ... 71

3.2 La motivazione ... 74

3.2.1 La teoria dei bisogni di Maslow ... 74

3.2.2 La visione motivante di Kotter e Cohen ... 75

3.2.3 Fiducia e lealtà ... 76

3.3 La comunicazione ... 78

3.3.1 I quattro livelli della comunicazione organizzativa ... 79

3.3.2 La leadership all’interno del processo di comunicazione: l’intelligenza emotiva ... 81

3.3.3 Il contributo di Kotter e Cohen ... 82

3.3.4 Cambiare con la persuasione ... 84

CAPITOLO IV- Il caso AEP Ticketing Solutions ... 86

4.1 Il caso AEP Ticketing Solutions ... 87

4.1.1 Leonardo-Finmeccanica e Monetica ... 88

4.1.2 AEP Ticketing Solutions ... 89

4.1.3 Obiettivi e metodologia della ricerca ... 89

4.1.4 Risultati e conclusioni ... 94

Appendice ... 99

Allegato 1 ... 99

Allegato 2 ... 102

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Introduzione

Il cambiamento è diventato una fase ordinaria e non più straordinaria nella vita di un’organizzazione, ma è allo stesso tempo una delle più critiche. Il cambiamento in passato era considerato un fenomeno transitorio, vagamente pianificato e implementato, necessario per l’adattamento del sistema alle mutate condizioni ambientali; oggi invece è un evento che si produce in modo continuativo, mettendo alla prova l’efficacia e l’efficienza delle organizzazioni.

Il processo di cambiamento organizzativo si definisce come quel processo attraverso il quale un’organizzazione passa da uno stato attuale ad uno stato futuro desiderabile per accrescere l’efficacia e il valore dell’organizzazione stessa: può essere generato dal verificarsi di un evento che richiede all’organizzazione un adeguamento dei propri obiettivi o una ridefinizione della propria strategia o delle proprie modalità operative. Le organizzazioni sono sempre più spinte, infatti, verso una competitività globale alla continua ricerca della qualità e dell'eccellenza e del continuo cambiamento e innovazione. L’efficacia del cambiamento organizzativo, importante per la competitività, dipende sempre dalla capacità delle organizzazioni di supportare e sostenere in modo attivo i lavoratori

durante il processo di cambiamento.1

La ricerca svolta in questa tesi parte da un livello macro di analisi (a livello di sistema) per spostarsi poi ad un livello micro (individuale) al fine di comprendere meglio il ruolo dei fattori individuali nel facilitare o nell’ostacolare i processi di cambiamento.

Gestire il cambiamento è un processo con elevato livello di criticità per le dinamiche interne che si vanno ad attivare: fino a pochi anni fa era dominante la convinzione che il successo del cambiamento fosse legato più al contenuto dello stesso, che non al processo di gestione e condivisione con le persone. Oggi, invece, si è preso atto che, in assenza di un’accurata progettazione del processo di gestione del cambiamento, la bontà delle cause e dei presupposti dell’operazione non possono garantirne il successo. Acquisire conoscenze più approfondite sui singoli fattori che influenzano il cambiamento è essenziale per costruire strategie che garantiscano il coinvolgimento delle persone durante il cambiamento e ne prevengano il suo potenziale fallimento.

La resistenza rappresenta il principale motivo di fallimento di un processo di cambiamento e spesso, in seguito all’apprendimento della notizia di un cambiamento organizzativo, si generano resistenze ed elevati livelli di stress dovuti, soprattutto, all’incertezza in merito agli obiettivi e agli esiti futuri. Gli individui sono quindi inizialmente riluttanti e resistenti verso il cambiamento, per questa ragione le organizzazioni devono informarli, motivarli e stimolarli ad assumere un’attitudine positiva e a sconfiggere la paura del cambiamento, caratteristica innata dell’essere umano che è per sua natura

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orientato a conservare quanto ha raggiunto attraverso l’esperienza. La risposta delle persone al cambiamento dipende, in primis, dalla volontà di abbandonare lo status quo e dalla capacità del vertice strategico -il leader incaricato di gestire il cambiamento- di trasmettere e far comprendere le ragioni alla base della necessità del processo di cambiamento. Diventa allora importante per il leader considerare le possibili reazioni delle persone nella scelta degli strumenti e delle metodologie da utilizzare per gestire il cambiamento. Per guidare i cambiamenti spesso è indispensabile creare un team che sia in grado di lavorare congiuntamente per il successo dell’operazione, condividendo informazioni, esperienze e relazioni. Il leader dovrebbe svolgere, in primis, una funzione di attribuzione di senso al cambiamento, sviluppando un quadro del futuro chiaro e facile da comunicare ai dipendenti. L’utilizzo combinato di questi strumenti può, quindi, agevolare la gestione del cambiamento, facilitarne l’accettazione e mettere più rapidamente in luce i vantaggi del processo. Nella presente tesi, articolata in quattro capitoli, si indaga, mediante lo studio di un caso aziendale, l’impatto del cambiamento organizzativo sulle risorse umane e gli aspetti inerenti il comportamento del leader, ovvero della figura scelta e incaricata dall’azienda per gestire il cambiamento organizzativo nella fase di avvio.

Nel primo capitolo si inquadra il cambiamento organizzativo descrivendone le dimensioni, le tipologie, le fasi, i modelli ricorrenti in letteratura, gli approcci di gestione e i motivi più frequenti di fallimento; nel secondo capitolo si indagano la figura del leader incaricato per la gestione del cambiamento e le necessarie competenze e stili di leadership: le strategie di guida, gestione e supporto al cambiamento organizzativo attraverso il modello a otto stadi di John P. Kotter; il terzo capitolo è dedicato al “cuore” del cambiamento, le risorse umane: si analizzano la motivazione e la comunicazione, elementi imprescindibili nella fase di avvio di un processo di cambiamento; nel quarto ed ultimo capitolo è contenuto lo studio del caso aziendale scelto: la recente (giugno 2016) acquisizione del ramo Monetica di Leonardo-Finmeccanica, nota organizzazione attiva nel settore dell'elettronica per la difesa e la sicurezza, da parte di AEP Ticketing Solutions, importante azienda italiana che progetta e produce sistemi e apparati per la bigliettazione elettronica nel Trasporto Pubblico. Mediante la somministrazione di due questionari elaborati “ad hoc”, si è misurata la consapevolezza e la condivisione del cambiamento, valutando in particolare il comportamento e la capacità di coinvolgimento della figura del superiore durante questo processo. Si è cercato di cogliere l’insieme delle percezioni e aspettative condivise dal personale e dal capo, il cui contenuto riflette sensazioni, vissuti, stadi d’animo presenti sul lavoro e nella relazione tra superiore e risorse umane coinvolti nel processo di cambiamento organizzativo. Lo scopo della presente ricerca è quello di approfondire e riflettere sui processi di cambiamento organizzativo che hanno al centro la persona

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nella sua totalità come soggetto da coinvolgere e corresponsabilizzare, attraverso la gestione delle emozioni e dei comportamenti e questo compito spetta al leader.

“Le persone sono l’aspetto più importante delle organizzazioni, e sono spesso l’aspetto più importante della vita quotidiana di lavoro.”2

2 Allcorn 1992 cit. in Quaglino 1996, 161.

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CAPITOLO I- Il cambiamento organizzativo: aspetti

teorico-concettuali

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1.1 Il cambiamento organizzativo nelle organizzazioni

Il cambiamento costituisce un fenomeno universalmente presente nell’esperienza delle

organizzazioni di tutti i tempi e di tutti i tipi. 3 Il cambiamento viene considerato un atto intenzionale,

programmato dall’organizzazione per rispondere alle esigenze del sistema organizzativo considerato. Questo tipo di intervento necessita di abilità di analisi e abilità tecnica dell’agente di cambiamento, il leader, colui che promuove e gestisce il cambiamento: la prima per comprendere le nuove esigenze organizzative, la seconda per progettare prima e attuare poi, interventi trasformativi coerenti con gli obiettivi iniziali. Un cambiamento radicale di una organizzazione è però difficile da realizzare se non viene data la dovuta importanza ai processi umani e relazionali (cultura, clima, leadership…) che costituiscono il tratto distintivo di ogni azienda. Oggi vi è generale consenso sul fatto che il cambiamento organizzativo costituisca una delle principali sfide per il Management, tale da richiedere lo sviluppo di specifiche competenze e abilità, ma si riconosce anche che i programmi di Change Management registrano molto spesso un alto tasso di fallimento. Quando un’organizzazione decide di avviare un processo di cambiamento, le persone sono allo stesso tempo soggetto ed oggetto del cambiamento. Le difficoltà derivano dal fatto che non possiamo cambiare atteggiamenti e comportamenti delle persone senza il loro consenso e soprattutto in tempi brevi e senza coltivare un ambiente in cui il cambiamento possa avvenire. Se non esiste condivisione delle motivazioni che spingono verso il cambiamento, allora ogni sforzo finisce per produrre resistenze che si traducono in un insuccesso. Numerose ricerche sui cambiamenti organizzativi infatti testimoniano che circa il 70% dei cambiamenti organizzativi fallisce perché non vengono adeguatamente sostenuti da una diagnosi

dei processi psicosociali implicati, da strategie di accompagnamento e di supporto.4 In un momento

storico come quello attuale in cui la globalizzazione dei mercati impone dei ritmi sempre più veloci e una competizione pressante, il cambiamento diviene un imperativo, un fattore di sopravvivenza stessa dell’azienda: maggiore è la capacità di adattamento al mutare delle condizioni dettate dal mercato, più probabilità ha l’azienda di durare nel tempo. In tal senso, cambiamento ed innovazione vanno di pari passo, e la capacità di innovazione dell’azienda diviene una componente indispensabile. In particolare, riconoscere le minacce e le opportunità che emergono dal contesto esterno, diviene l’elemento chiave per gestire e guidare il cambiamento. In generale, possiamo definire che il cambiamento organizzativo si esplica attraverso un’azione mirata a risolvere un problema, con l’introduzione di una innovazione rispetto agli elementi organizzativi che ne rappresentano il contenuto: l’azione, quindi, è direttamente proporzionale alla molteplicità degli aspetti potenzialmente problematici. Tuttavia, la questione del cambiamento è tutt’altro che semplice, può

3 Rebora & Minelli, 2007.

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riguardare diversi aspetti e, pertanto, può essere affrontata dalle organizzazioni in diversi modi, come vedremo più avanti.

1.1.1 Leve di attivazione del cambiamento

I processi di cambiamento possono essere realizzati utilizzando diverse leve a disposizione dell’organizzazione:

 Risorse umane: è possibile migliorare le capacità di un’organizzazione accrescendo le competenze delle persone a tutti i livelli;

 Tecnologia: il miglioramento è conseguito attraverso l’introduzione di supporti tecnologici più evoluti e/o attraverso il migliore utilizzo di quanto disponibile;

 Organizzazione: il miglioramento è conseguito attraverso il ripensamento dell’organizzazione nel suo complesso.

Tutti i soggetti considerati, hanno un ruolo decisivo nel processo di cambiamento organizzativo, tale da influenzare la riuscita o il fallimento dello stesso. In aggiunta, volgendo l’attenzione ad un’analisi più specifica, è possibile individuare tre possibili leve di attivazione del processo di cambiamento organizzativo:

 Il processo di apprendimento organizzativo:

 Il processo di sviluppo organizzativo;

 Il processo di gestione del potere;

 Il processo di apprendimento organizzativo, detto Learning Organization, è una delle condizioni attraverso cui è possibile attuare il cambiamento. Sebbene gli studi

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sull’apprendimento organizzativo risalgano al ’78 nelle formulazioni di Argyris e Schön, agli anni ’90 nelle proposte di Senge e nella seconda formulazione di Argyris e Schön, è da circa una decina d’anni che l’apprendimento organizzativo è diventato il leitmotiv delle tematiche organizzative. L’apprendimento rilevante dal punto di vista dell’organizzazione ha poco a che fare con la nozione tradizionale di apprendimento come “insegnamento”, ossia come sinonimo di imparare, nel senso di accumulare nella propria mente informazioni e conoscenze. Dal punto di vista organizzativo l’apprendimento ha a che fare con la conoscenza ma riguarda soprattutto i modi in cui le conoscenze vengono create, usate e scambiate nell’organizzazione. Tutto ciò chiama in causa l’apprendimento come funzione generale di riconoscimento dei problemi e di loro soluzione attraverso la mobilitazione di risorse interne. L’ apprendimento viene definito come la capacità delle organizzazioni di adattarsi a nuove condizioni (siano esse conoscenze o comportamenti): si tratta di un fenomeno attraverso il quale l’organizzazione, per mezzo dello scambio di informazioni ed esperienze al suo interno, è capace di modificare la sua conoscenza e le sue competenze. Il processo di apprendimento, in generale, attiene sia ai singoli che all’organizzazione, in quanto concerne la sfera comportamentale e relazionale degli individui. Tuttavia, l’apprendimento organizzativo è un fenomeno molto complesso; esistono diversi tipi di apprendimento organizzativo: il più semplice è quello di tipo conservativo, che consente all’organizzazione di adattarsi a mutamenti di bassa complessità (es. la perdita di quote di mercato cui l’azienda reagisce attraverso la riduzione dei propri prezzi). Un altro tipo di apprendimento organizzativo è quello definito “per trauma”, che avviene quando sopraggiunge la necessità di alterare il proprio modus operandi a seguito di un forte shock o crisi acuta. Un altro tipo ancora è quello innovativo per anticipazione, che attiene ad un comportamento organizzativo volto all’anticipazione dei problemi. Argyris e Schön individuano tre tipi di apprendimento:  A circuito singolo (single loop learning), correzione cognitiva e comportamentale

nell’ambito dello stesso paradigma, schema di riferimento, quindi senza modificare le policy, le ipotesi e gli scopi;

 A circuito doppio (double loop learning), intervento correttivo che prevede il cambio di paradigma e quindi delle ipotesi sottostanti, degli obiettivi e delle policy ;

 Deutero learning, apprendere come apprendere.

Secondo la letteratura sull’apprendimento organizzativo l’enfasi va posta sulla creazione di una learning organization, cioè di un’organizzazione che apprende, che sviluppa intenzionalmente delle pratiche e dei processi orientati a facilitare la costruzione di conoscenza, il trasferimento delle

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competenze in una prospettiva di adattamento continuo alle perturbazioni dell’ambiente e di riprogettazione di se stessa.

 Il processo di sviluppo organizzativo, invece, attiene alla gestione e all’utilizzo delle risorse al fine di creare azioni tali da permettere il cambiamento organizzativo; consiste in una riprogettazione dell’assetto organizzativo attraverso la rimodulazione delle risorse presenti in azienda. L’attivazione dei processi di sviluppo organizzativo può avvenire attraverso la reimpostazione dei sistemi informativi sullo stato delle risorse disponibili, al fine di individuare i livelli di fabbisogno potenziali; la reimpostazione dei sistemi di programmazione e controllo, al fine di individuare una mappa di riferimento per lo sviluppo delle risorse; la riprogettazione della struttura organizzativa e formale e dei meccanismi operativi, al fine di rafforzare il percorso di cambiamento desiderato; la ridefinizione e l’arricchimento degli schemi contrattuali, attraverso cui rendere maggiormente flessibile il sistema di acquisizione delle risorse; la ridefinizione dei profili professionali degli operatori aziendali, al fine di veicolare l’attenzione dei soggetti aziendali sullo sviluppo di abilità e comportamenti richiesti dall’organizzazione per l’adozione del cambiamento; l’adozione di forme di ascolto e interazione con i clienti, al fine di operare il coinvolgimento tra i soggetti dell’organizzazione ed i clienti per migliorare il funzionamento dell’organizzazione.

 Il processo di trasformazione e gestione del potere, infine, costituisce la terza leva per l’attivazione dei processi di cambiamento. In particolare, consiste nello sviluppo di una forza capace di influenzare i comportamenti verso la direzione organizzativa prefissata, affrontando eventuali dissensi e interessi contrastanti. Tale capacità d’influenza identifica il concetto di potere, ossia la capacità di un individuo di influenzare altre persone per conseguire i risultati desiderati. La gestione del cambiamento presuppone, quindi, la considerazione dei diversi fattori in gioco, ossia le leve analizzate, che devono essere ponderate sulla base del processo di cambiamento che si intende adottare.

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1.2 Spinte al cambiamento e ruolo strategico del cambiamento

1.2.1 Spinte al cambiamento

Nelle organizzazioni spesso l’esigenza di cambiamento nasce a fronte della necessità di essere competitivi sul mercato. L’ambiente attuale produce cambiamenti più velocemente e più frequentemente di quanto abbia mai fatto finora. Vi è un crescente clima di incertezza che deriva sia dalle evoluzioni tecnologiche, che da fattori politici, sociali o internazionali. Le grandi organizzazioni devono trovare modi per agire da organizzazioni piccole e flessibili. L’organizzazione è un sistema fatto di parti interdipendenti: un mutamento in una qualsiasi delle sue parti ha un impatto su tutte le altre; infatti cambiamenti nell’organizzazione e nelle tecnologie provocano alterazioni nelle strutture organizzative, nei modelli di autorità, di comunicazione e nei ruoli professionali. Le organizzazioni attuali devono tenersi sempre pronte all’innovazione continua, non solo per prosperare ma anche solo per sopravvivere in un mondo caratterizzato da cambiamenti destabilizzanti e competizione sempre crescente. Le forze che spingono verso la necessità di cambiamenti organizzativi sono associate all’avanzamento della tecnologia, l’integrazione economica internazionale, il mutare delle condizioni economiche, la crisi del debito sovrano in Europa e l’influenza dei paesi arabi e dei cosiddetti BRIC (Brasile, Russia, India e Cina) che hanno portato ad un’economia globalizzata pervasa da un’incertezza che incide su ogni attività di business, dalla più grande alla più piccola creando maggiori minacce così come maggiori opportunità: tra le prime troviamo una maggiore competizione internazionale, maggiore velocità e maggiore competizione nazionale; tra le seconde, invece, troviamo mercati più grandi, minori barriere e più mercati internazionali. Il cambiamento organizzativo si associa spesso alla necessità di un ri-orientamento strategico con effetti sulla composizione degli assetti delle risorse aziendali e sui comportamenti delle persone. Cambiamento strategico e cambiamento organizzativo differiscono tra di loro. Il primo riguarda i rapporti tra l’azienda e l’ambiente esterno, vale a dire come si pone l’azienda nei confronti della concorrenza (apertura di nuovi reparti, la scelta di specializzarsi in un’area), mentre il secondo riguarda l’interazione tra le diverse variabili interne dell’azienda, come la struttura organizzativa, i processi,

l’organismo personale, i meccanismi operativi.5 Ogni cambiamento strategico richiede un

cambiamento organizzativo che comporta una rottura con il vecchio modo di lavorare. Oltre a riguardare la progettazione organizzativa (attività inerenti il ridisegno dei processi, delle strutture e dei ruoli aziendali) e la gestione del personale, (attività che esercitano un impatto diretto sulle risorse umane) i cambiamenti possono riguardare la gestione del sistema informativo che permette di

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collegare i processi, ridurre i tempi, distribuire le informazioni e le conoscenze necessarie per rendere

l’organizzazione flessibile. 6

Un processo di cambiamento organizzativo prende quindi le mosse da alcune spinte, intese come forze che mettono in tensione l’assetto aziendale e si traducono in fattori motivanti per la trasformazione strategica dell’organizzazione. Esse possono essere interne, esterne, e individuali.

 Le spinte esterne sono comuni a tutte le organizzazioni e possono essere individuate con l’introduzione di nuove tecnologie, con le caratteristiche della forza lavoro, con le pressioni

socio-politiche e gli eventi critici che riguardano un determinato periodo storico.7

 Le spinte interne sono invece contestuali e specifiche della singola realtà organizzativa. Sono riconducibili a problematicità legate alla gestione delle risorse umane e alle decisioni e ai comportamenti dei manager.

 Le spinte individuali sono ancora più specifiche in quanto sono legate alla persona e al suo

percorso lavorativo.8

1.2.2 Le spinte al cambiamento secondo il modello di Rebora

Le spinte al cambiamento, secondo il modello di Rebora, possono derivare da tensione strategica e da tensione sulle risorse. Le principali spinte che determinano una tensione strategica sono:

 Tendenze macro-ambientali e della domanda di beni e servizi. Questo primo fattore si riferisce al fatto che l’ambiente in cui opera un’impresa non è statico, ma in continua evoluzione: questa evoluzione presenta spesso elementi contraddittori e non è sempre lineare. La turbolenza ambientale si estrinseca in alcune tipologie di cambiamenti: cambiamenti tecnologici, cambiamenti sociali, cambiamenti economici e cambiamenti istituzionali. I cambiamenti agiscono sull’impresa in modo diretto e in modo indiretto; infatti ogni cambiamento induce altri cambiamenti nell’ambiente che ci circonda. L’impresa pertanto, oltre alle azioni dirette, subisce anche quelle modifiche legate alla reazione del mondo imprenditoriale nel suo complesso e quelle dell’ambiente competitivo. A queste azioni l’impresa dovrà rispondere con modifiche ai suoi comportamenti. Ogni componente del

6 Rebora, G. (2002). Manuale di organizzazione aziendale. Roma, Carocci.

7 Argentero P., Cortese C.G., Piccardo C. (a cura di), Manuale di Psicologia del Lavoro e del-le Organizzazioni, Vol. II:

Psicologia delle Organizzazioni, Raffaello Cortina, Milano, 2009.

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macro-ambiente, comunque è caratterizzata da un certo tipo di correlazioni con le altre: le variazioni che avvengono nell’ambito di una di esse, determinano necessari cambiamenti in una o più delle altre. Tali andamenti vanno facilmente a modificare la struttura e la gerarchia dei bisogni di riferimento per l’attività delle aziende, che comporta l’attivazione di occasioni di mutamento per l’organizzazione.

 La cultura e i valori sociali, espressi da consumatori, clienti e cittadini. Questo secondo fattore consiste nelle modificazioni culturali e di sistema dei valori che investono la comunità sociale di riferimento: ciò può comportare la necessità di definizione di nuove scale di priorità tra i bisogni da soddisfare, oppure l’emergere di differenti esigenze per la qualità di prodotti e servizi. Negli ultimi decenni, nei mercati dei paesi occidentali, l’emergere dei consumatori (per le imprese) e dei cittadini (per le strutture pubbliche) più evoluti, istruiti ed esigenti si è tradotto in una forte pressione per la modifica delle logiche operative delle aziende di tutti i tipi e quindi per le condizioni organizzative delle stesse, per la cultura e la professionalità degli operatori.

 Valori professionali. Questo elemento deriva dalla considerazione che la necessità di affrontare un cambiamento può derivare anche da un fattore interno all’ organizzazione. Da una evoluzione culturale nata da tali problematiche discende una forte spinta al mutamento nelle strategie e nell’organizzazione. Questo tipo di innovazione può, ovviamente, combinarsi in misure diverse con altre tendenze evolutive in ambito culturale o che derivano dal mercato e dalle esigenze degli utenti e dei servizi.

 La concorrenza. Un fattore fondamentale d’impulso al cambiamento è naturalmente la presenza di forme di competitività e concorrenza. In tutto il mondo, le spinte a favore della deregulation, della privatizzazione, stanno provocando modificazioni radicali in settori quali quello dei servizi pubblici, delle telecomunicazioni, delle linee aeree, della ricerca scientifica. Le organizzazioni si trovano a dover affrontare mutamenti senza precedenti, che investono competenze, atteggiamenti, processi decisionali e modelli economici. I tempi in cui forniture, prezzi, guadagni, investimenti e modelli di evoluzione tecnologica venivano determinati tramite trattative a porte chiuse, stanno cedendo il passo ad una maggiore considerazione nei confronti dei consumatori e del mercato. Clienti, concorrenti e opportunità stanno diventando sempre più globali e ciò può creare squilibri anche nelle aziende solide: una crescita rapida in Asia, a fronte di una crescita ridotta o inesistente in Europa occidentale e ad una improvvisa esplosione di nuove tendenze tecnologiche negli Stati Uniti, produce squilibri geografici in termini di opportunità, che a loro volta porteranno a cambiamenti notevoli nella distribuzione

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delle risorse delle organizzazioni. La presenza di concorrenti, infatti, oltre a costituire il naturale stimolo alla pianificazione strategica, costituisce sicuramente un forte generatore di tensione all’interno delle organizzazioni.

 La tecnologia. Il cambiamento tecnologico costituisce una delle forze trainanti del cambiamento dell’organizzazione. I cambiamenti in corso da almeno un decennio nelle organizzazioni (appiattimento delle gerarchie, processi decisionali negoziati, crisi dei modelli previsionali, sviluppo dei sistemi di controllo legati ai processi), si stanno accelerando con lo sviluppo di Internet: le nuove tecnologie permettono una diffusione capillare e istantanea nell’intero globo delle più disparate informazioni, spesso già elaborate sotto forma di conoscenza: distanze geografiche e culture sembrano annullate in un villaggio globale. Nell’era di Internet e dell’economia digitale, da questo settore provengono spinte fortissime, che si intrecciano con quelle della concorrenza, della cultura e dei valori.

Le spinte che determinano una tensione sulle risorse sono invece:

 L’impostazione (dall’esterno) di traguardi ambiziosi. Gli azionisti di controllo pongono obiettivi forti e vincolanti, per esempio di redditività e di crescita, esercitando una decisa pressione in tal senso. Questo genera uno stress organizzativo e quindi una necessità del management di riversare tale pressione su tutti i livelli di responsabilità intermedi e inferiori. Un fenomeno analogo può verificarsi anche per condizionamenti esterni di altro tipo, che si risolvono nello sfidare l’organizzazione ed i suoi responsabili a raggiungere risultati al di fuori dell’ordinario. A volte, l’imposizione di traguardi sfidanti può nascere all’interno dell’azienda, costituendo un impulso dato dallo stesso management.

 La scarsità. Una tensione verso il mutamento emerge anche quando la disponibilità delle risorse fondamentali per il funzionamento (in particolare quelle finanziarie) si trovi sottoposta a pressione e ci si debba quindi confrontare con il problema della scarsità. L’evidenza di questa situazione può divenire una sorta di shock, capace di determinare in certe situazioni l’abbandono di modi di operare all’origine della crisi aziendale e la ricerca di nuove soluzioni.  Le situazioni di emergenza o crisi acuta. Spesso il cambiamento scaturisce dall’improvviso esplodere di crisi acute o di emergenze, che diviene indispensabile affrontare in tempi rapidi, del tutto anomali rispetto ai ritmi normali di azione. Anche in questo caso, l’organizzazione è posta in tensione nelle sue risorse che devono affrontare in tempo breve un impegno di dimensioni spropositate rispetto all’andamento normale. Da ciò emerge la necessità di una risposta innovativa progettata ad hoc per l’intervento inatteso.

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 Le forme di presa di parola o di protesta. Si tratta di un ulteriore fattore di stimolo, assimilabile in qualche misura all’emergenza. Infatti i destinatari o gli utenti di determinate prestazioni, anche in assenza di alternative concorrenziali, dispongono della possibilità di “far sentire direttamente la propria voce” con iniziative individuali o collettive rivolte a modificare gli orientamenti, la logica operativa, lo stile di azione di chi fornisce il servizio.

 I vincoli normativi. Ai fattori indicati può unirsi anche l’impatto di stimoli offerti dalla legislazione che arriva, per esempio, a imporre alle azienda l’osservanza o la tutela di determinate esigenze dotate di rilevanza generale. Ciò è avvenuto anche di recente nel nostro Paese in diversi ambiti, come quello della sicurezza sul lavoro (legge 626/94) o della tutela dei dati personali (legge 675/96). Dal punto di vista delle organizzazioni, soprattutto quelle che non avevano maturato una visione del problema o sperimentato o anticipato soluzioni, l’impatto della nuova normativa, che comporta in genere costi e investimenti, assume

caratteristiche analoghe a quelle dell’emergenza o della crisi acuta.9

Le spinte al cambiamento che sono state precedentemente analizzate dallo studioso italiano, sono fonti di una energia soltanto potenziale: il cambiamento non è un fatto deterministicamente dipendente dalle condizioni di spinta; l’energia potenziale che si genera tra organizzazione e ambiente trova uno sbocco razionale ed effettivo solo se viene incanalata nel contesto di una visione strategica, in una serie di azioni e di processi razionalmente orientati da parte dei soggetti che vanno a costituire l’organizzazione, descritti più avanti.

1.3 Tipologie di cambiamento

1.3.1 Chiavi di lettura del cambiamento

Il cambiamento può avere diverse chiavi di lettura: rispetto al grado con cui il cambiamento incide sull’organizzazione; rispetto allo stato di salute dell’organizzazione e rispetto alle dimensioni coinvolte. In relazione al grado di incidenza del cambiamento Ackerman ne ha distinto tre tipi:

evolutivo, di transizione e trasformativo:10

 Cambiamento evolutivo: consiste in un miglioramento o perfezionamento di ciò che l’organizzazione è già e coinvolge generalmente solo alcune dimensioni della stessa; può

9 Rebora, G. Manuale di organizzazione aziendale. Roma, Carocci, 2002. 10 D.Jick, op.cit., 1993.

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essere sia pianificato che emergente, è incrementale e riguarda la revisione di aspetti esistenti di una organizzazione, si focalizza sul miglioramento di una competenza o di un processo.  Cambiamento di transizione: si attua quando l’organizzazione assume una configurazione

diversa, guidata da una vision predefinita in fase di pianificazione. Gestire il cambiamento significa, in questo caso, assicurare la transizione dallo stato iniziale allo stato programmato: cerca di raggiungere uno stato diverso da quello esistente, è episodico, pianificato e radicale. Su questo tipo di cambiamento poggia la maggior parte della letteratura sul cambiamento

organizzativo e trova le sue origini nel modello a tre fasi di Lewin, arricchito da Schein 11

trent’ anni dopo. Richiede una ristrutturazione cognitiva;

 Cambiamento trasformativo: comporta un profondo ripensamento verso una configurazione finale non predefinita in fase d’avvio del processo. Tale cambiamento si realizza quando lo stato preesistente si modifica in modo improvviso in seguito ad eventi traumatici, quali possono essere le situazioni di crisi; è radicale e richiede un cambio di paradigma, delle ipotesi di fondo da parte dell’organizzazione e dei suoi manager. Può dare seguito alla creazione di un’organizzazione che opera in modalità evolutiva, cioè apprende, si adatta e si migliora in modo continuativo.

In relazione allo stato di salute dell’organizzazione si trovano quei cambiamenti che possono avere luogo con modalità e con effetti diversi a seconda della situazione e della “salute” dell’organizzazione

nella quale si verificano:12

 In situazioni di crisi, ad esempio, il cambiamento è sinonimo di risanamento: rapidità e decisione sono elementi essenziali per l’esito positivo del processo. La situazione iniziale impone dei vincoli nella pianificazione del cambiamento

sia in termini di risorse, sia di orizzonti temporali;13

 In situazioni di malfunzionamento i problemi di efficacia/efficienza nei processi organizzativi impongono un ripensamento nelle strategie;

 In circostanze positive, infine, il mutamento è simbolo di un atteggiamento proattivo, che scorge delle nuove opportunità e potenzialità inespresse. Il vantaggio di poter pianificare il cambiamento contando su condizioni positive

11 Schein H. E. (1965), “Organizational Psychology”, New Jersey, Prentice-Hall.

12 R.A. Cenciarini, Ristrutturazione e crescita. Le strategie adottate dalle imprese di successo, Giuffré, Milano, 1998. 13 P.Bastia, Pianificazione e controllo dei risanamenti aziendali. Giappichelli, Torino, 1996.

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si scontra con le eventuali maggiori resistenze dell’organizzazione ad accettare

e condividere il processo. 14

Infine, le dimensioni organizzative sono strettamente correlate ed interdipendenti, così da dover essere modellate coerentemente l’una all’altra, possiamo distinguere inoltre tra:

 Dimensione strategica, intesa come insieme di attività direzionali con cui si definiscono gli obiettivi di fondo della gestione, si formulano le scelte principali con cui raggiungere gli obiettivi, si stabiliscono i piani d’azione con cui dare attuazione pratica alle strategie;

 Dimensione organizzativa, che esplicita le decisioni relative alla valutazione delle forme organizzative che meglio possono ridurre i tempi di implementazione delle strategie, oppure che possono far raggiungere gli obiettivi strategici in modo più efficiente.15

Infine, in base all’oggetto del cambiamento, distinguiamo quattro tipi di mutamento:

 Cambiamento nella struttura: variazioni all’assetto organizzativo e al “core business” che prevedono nuove linee guida, differenti procedure e nuove regole di comportamento;

 Cambiamento nella tecnologia: modifiche o introduzioni di innovazioni su mezzi e impianti che implicano revisioni nei flussi di lavoro, nuovi spazi fisici e nuovi strumenti di lavoro;  Cambiamento nelle risorse umane: mutamenti nelle attitudini, nelle motivazioni, nei

comportamenti organizzativi e nelle abilità di lavoro;

 Cambiamento nei compiti: modifiche nel diesegno dei ruoli e nelle motivazioni al lavoro che implicano maggiore focalizzazione sugli individui o sul team.

1.3.2 Tipologie di cambiamento secondo il modello di Daft e Noe

Daft e Noe16 hanno identificato quattro tipologie di cambiamento organizzativo che coinvolgono le

aziende e su cui il Management può puntare per ottenere un vantaggio strategico:

14 E. Valdani, L’impresa proattiva. Co-evolvere e competere nell’era dell’immaginazione, McGraw-Hill, Milano, 2000;

R.D’Aveni, Ipercompetizione. Le nuove regole per affrontare la concorrenza dinamica, Il Sole 24 Ore, Milano, 1995.

15 S.Garzella, op.cit., 2005.

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 “I cambiamenti tecnologici sono variazioni nel processo produttivo di un’organizzazione, compresa la sua base di conoscenze e capacità, che permettono di creare una competenza distintiva e sono progettati per rendere la produzione più efficiente o per riuscire a ottenere un volume di output maggiore. Qualsiasi azienda che non sviluppa, modifica, acquista nuove tecnologie si troverà con ogni probabilità fuori dal business, nel giro di poco tempo. Un’ organizzazione innovativa è caratterizzata da flessibilità, responsabilizzazione dei dipendenti e assenza di regole di lavoro rigido. Il cambiamento è di solito associato a un’organizzazione organica e informale, che è considerata la forma migliore di organizzazione per l’adattamento a un ambiente caotico. La flessibilità di un’organizzazione organica è attribuita alla libertà delle persone di creare e introdurre nuove idee, che scaturiscono dai dipendenti dei livelli intermedi e inferiori, perché a essi viene data la libertà di proporre idee e fare esperimenti. Una struttura meccanica soffoca l'innovazione attraverso l'enfasi sulle regole, ma spesso è la struttura migliore per realizzare efficientemente prodotti di routine. Per raggiungere entrambi gli aspetti del cambiamento tecnologico, molte organizzazione utilizzano “l’approccio ambidestro”; esso consiste nell’incorporare strutture e processi di gestione che sono appropriati sia per la creazione sia per l’utilizzo dell’innovazione. L’organizzazione può così comportarsi in modo organico, quando la situazione richiede l’avvio di nuove idee, e in modo meccanico, per implementare e utilizzare le idee stesse. [Esempio: la Honda e la Canon hanno adottato un approccio ambidestro. Esse assegnano il lavoro di progettazione a un team composto da persone giovani, sottoposti alla guida di una persona matura, e sono incaricati di fare qualsiasi cosa necessaria per sviluppare idee e prodotti nuovi]. Alcune tecniche utilizzate dalle aziende per mantenere un approccio ambidestro sono: strutture mutevoli, unità creative separate, venture team e imprenditorialità aziendale. In molte organizzazioni l'avviamento di una innovazione è affidato a unità creative separate. Unità di staff, come Ricerca e sviluppo, Engineering, Pianificazione organizzativa e Analisi dei sistemi, creano cambiamenti che vengono adottati in altre unità. Le unità che si incaricano di avviare il cambiamento sono strutturate organicamente per agevolare la generazione di nuove idee e nuove tecniche, mentre quelle che utilizzano tali innovazioni tendono ad avere una struttura meccanica adatta a una produzione efficiente. L’incubatore di idee è un modo diffuso per facilitare lo sviluppo di nuove idee, costituisce un luogo protetto ove le idee provenienti da tutta l’organizzazione possono essere sviluppati senza interferenza da parte della burocrazia o delle politiche aziendali; i venture team sono una tecnica utilizzata per dare libero sfogo alla creatività all’interno delle organizzazioni. Spesso ai venture team vengono assegnati luoghi di lavoro e strutture separate, in modo che non siano limitati da procedure organizzative. Una venture

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team assomiglia a una piccola azienda all’interno di una grande azienda. Un particolare tipo di venture team è lo “Skunkworks” (gruppo divergente), ossia un piccolo gruppo separato, informale, dotato di ampia autonomia e spesso caratterizzato da segretezza che si concentra sulle idee più innovative per il business. Una variazione del concetto di venture team è il “new-venture fund”, che fornisce risorse finanziarie perché i dipendenti possano sviluppare nuove idee, prodotti o business; infine, l'imprenditorialità aziendale interna mira a sviluppare uno spirito imprenditoriale e una struttura che producano un numero di innovazioni superiori alla media. Essa implica l’utilizzo delle unità creative e dei venture team, ma tenta anche di liberare l’energia creativa di tutti i dipendenti dell’organizzazione. Il risultato più importante consiste nell’agevolare i “champion intellettuali” i quali vengono indicati come fautori, imprenditori o agenti di cambiamento; questi mettono a disposizione il tempo e l’energia necessaria per fare in modo che le cose accadano, e lottano per superare la naturale resistenza al cambiamento e per convincere gli altri alla nuova idea. I champion intellettuali si dividono in due tipologie: il campione tecnico o di prodotto, è la persona che genera o adotta e sviluppa un’idea relativa a un innovazione tecnologica e si dedica ad essa, anche fino a rischiare la propria posizione o il proprio prestigio, e il campione gestionale, che agisce come sostenitore e sponsor dell’idea, per proteggerla e promuoverla all’interno dell’organizzazione; riconosce le potenziali applicazioni dell’idea e a il prestigio e l’autorità per assicurarle una sufficiente

visibilità e l’allocazione di risorse.17 I campioni tecnici e gestionali lavorano spesso insieme,

dal momento che un’idea di carattere tecnico avrà maggiori possibilità di successo se si trova un manager che lo sponsorizzi (come esempio è possibile citare la NOKIA).

 I cambiamenti di prodotto e di servizi riguardano gli output di un’organizzazione in termini di prodotti o di servizi. I nuovi prodotti possono risultare da piccole modifiche di prodotti esistenti o, all’estremo opposto, derivare da linee di prodotto completamente nuove. I nuovi prodotti e servizi sono generalmente progettati per aumentare la quota di mercato o per raggiungere nuovi mercati, consumatori o clienti e per essere venduti nell'ambiente, per questo l'incertezza sulla rispondenza alle necessità e sul successo di un innovazione è molto alta. Vi è molta incertezza associata allo sviluppo e alla commercializzazione di nuovi prodotti, i quali spesso si rivelano un fallimento, ma fa tutto parte del business di ogni settore. Le aziende di prodotti alimentari confezionati spendono miliardi nella ricerca e sviluppo di nuovi prodotti, ma molti di essi falliscono ogni anno. Le organizzazioni corrono questo rischio perché

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l’innovazione di prodotto è uno dei modi principali con cui esse si adattano ai cambiamenti che si verificano nei mercati, nelle tecnologie e nel gioco competitivo. Per essere definito di successo, il nuovo prodotto deve superare tre stadi di sviluppo: completamento tecnico, commercializzazione e successo di mercato. Il successo di un’innovazione è legato alla collaborazione tra le unità tecniche e di marketing. I nuovi prodotti erano tecnologicamente solidi e davano maggiore attenzione verso i consumatori. Gli aspetti fondamentali quindi sono: una migliore comprensione della necessità del cliente e molta più attenzione agli aspetti di marketing, un uso più efficace di tecnologia e aiuti esterni, anche se svolgevano in parte del lavoro all'interno e un supporto da parte della direzione generale proveniente dai manager con maggiore competenza e autorevolezza. La rapidità nello sviluppo di nuovi prodotti sta diventando una delle principali armi strategiche nel mutevole mercato internazionale. Le aziende trasformano le idee in prodotti e servizi nuovi velocemente. La concorrenza basata sul tempo prevede che i prodotti e i servizi vengano consegnati più rapidamente dei concorrenti, ottenendo un vantaggio competitivo. Un altro aspetto è quello di progettare prodotti che possano competere su scala globale e commercializzarli con successo a livello internazionale. Molti team di sviluppo di nuovi prodotti sono globali perché sviluppano prodotti che soddisfano le esigenze dei consumatori di tutto il mondo [Esempio: Ford Motor Company utilizza intranet e sistemi di tele – conferenza globale per collegare i team di progettazione di auto sparsi in tutto il mondo, per formare un gruppo unificato].

 I cambiamenti di strategia e struttura sono relativi alla sfera che riguarda la supervisione e la gestione dell’organizzazione. Tali cambiamenti riguardano la struttura organizzativa, la gestione strategica, le politiche, i sistemi di ricompensa, le relazioni sindacali, i meccanismi di coordinamento, i sistemi informativi, i sistemi di controllo e i sistemi di contabilità e budget. Solitamente, i cambiamenti di strategia, di struttura e di sistemi avvengono dall’alto al basso, ovvero sono imposti dal top management, mentre i cambiamenti di prodotto e di tecnologia spesso emergono dalla base dell’organizzazione. Tutte le organizzazioni hanno avuto la necessità di operare cambiamenti radicali nella strategia, struttura e nei processi di gestione, per adattarsi a nuove esigenze competitive. Molte aziende stanno decentrando il processo decisionale, eliminando i livelli di management. C’è uno spostamento verso strutture orizzontali, con team di personale di front line, con la responsabilità di prendere decisioni e risolvere i problemi autonomamente. L’approccio duale al cambiamento organizzativo mette a confronto i cambiamenti di natura amministrativa, che riguardano la progettazione e la struttura dell’organizzazione (processi di ristrutturazione, gruppi di lavoro, sistemi di controllo ect.), e quelli di natura tecnica. I cambiamenti amministrativi si verificano con meno

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frequenza di quelli tecnici, e si verificano in risposta a vari settori ambientali e seguono un processo interno diverso da quello che caratterizza i cambiamenti tecnologici. Le organizzazioni (scuole, ospedali, governi cittadini, enti assistenziali, imprese) possono essere viste come dotate di due nuclei, uno tecnico ed uno amministrativo. Il nucleo amministrativo è in una posizione superiore rispetto al nucleo tecnico. La responsabilità del nucleo amministrativo include la struttura, il controllo e il coordinamento dell’organizzazione nel suo complesso e riguarda le sfere ambientali del governo, delle risorse finanziarie, delle condizioni economiche generali, delle risorse umane e dei concorrenti dell’azienda. Il nucleo tecnico ha a che fare con la trasformazione delle materie prime in prodotti e servizi e coinvolge le sfere ambientali relative ai clienti e alla tecnologia.

 I cambiamenti culturali si riferiscono a cambiamenti nei valori, nelle attitudini, nelle aspettative, nelle opinioni, nelle capacità e nel comportamento dei dipendenti. Essi consistono in modifiche nel modo di pensare dei dipendenti e sono quindi di approccio mentale piuttosto che di tecnologie, strutture o prodotti. I cambiamenti culturali possono risultare particolarmente complessi perché difficilmente le persone modificano atteggiamenti o modi di pensare. Le organizzazioni sono formate dalle persone e dai rapporti che queste hanno le une con le altre. Cambiare la cultura aziendale modifica il modo in cui viene svolto il lavoro in un’organizzazione e conduce a un impegno e una responsabilizzazione rinnovati da parte dei dipendenti e ad un legame più forte tra azienda e clienti. Alcuni fattori che richiedono un cambiamento nella cultura e nella mentalità dei dipendenti sono: il “Reengineering”, lo spostamento verso forme organizzative orizzontali, una maggiore diversità di dipendenti e il passaggio alla “Learning organization”. Per “Reenginering” si intende la riprogettazione di un'organizzazione verticale lungo il suo flusso di lavoro orizzontale: tale trasformazione modifica il modo in cui manager e dipendenti devono capire lo svolgimento del lavoro e richiede una maggiore attenzione verso l’Empowerment dei dipendenti, la collaborazione, la condivisione delle informazioni e il soddisfacimento delle esigenze dei clienti. I manager considerano i dipendenti come colleghi e i dipendenti si abituano ad avere un grado più alto di autonomia e responsabilità. La diversità è un dato di fatto, e molte organizzazioni stanno adottando nuovi metodi di assunzioni, promozione, programmi di formazione alla diversità, severe politiche contro le molestie sessuali e la discriminazione razziale e nuovi programmi di benefit in risposta ad una forza lavoro varia. La “Learning organization” richiede l’abbattimento delle barriere all’interno dell’organizzazione e tra organizzazioni diverse per creare aziende concentrate sulla condivisione della conoscenza e sull’apprendimento continuo. Vi sono poche regole da seguire nello svolgimento dei compiti e la conoscenza e il

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controllo dei compiti sono affidati ai dipendenti anziché ai supervisori. Le informazioni sono ampiamente condivise anziché essere concentrate nelle mani dei top manager. Una learning organization non esiste senza una cultura aperta, che pone l’attenzione sull’uguaglianza, l’adattabilità e la partecipazione dei dipendenti. Un metodo per raggiungere un cambiamento culturale è rappresentato dallo “sviluppo organizzativo” (Organization Development, OD) che si concentra sugli aspetti umani e sociali dell’organizzazione, come strumenti per migliorare la capacità dell’organizzazione di adattarsi e risolvere i problemi. Lo sviluppo organizzativo enfatizza i valori dello sviluppo umano, dell'equità, dell'apertura, della libertà dalle costrizioni e dell'autonomia individuale. Utilizza le conoscenze e le tecniche dalle scienze del comportamento per creare un ambiente di apprendimento attraverso il rafforzamento della fiducia, il confronto aperto sui problemi, la responsabilizzazione e la partecipazione dei dipendenti, per apportare cambiamenti negli atteggiamenti individuali e nelle relazioni

interpersonali.18

I quattro tipi di cambiamenti sono interdipendenti: il cambiamento di uno implica spesso il cambiamento di un altro. Un nuovo prodotto può richiedere cambiamenti della tecnologia di produzione, oppure un cambiamento nella struttura può richiedere nuove capacità da parte dei dipendenti. Ne consegue che le organizzazioni sono sistemi interdipendenti e la modifica di una loro parte ha spesso implicazioni per altre componenti dell’organizzazione stessa. Poiché, infatti, l’azienda è un sistema aperto, con molta probabilità, attuare una sola di tale tipologia di cambiamento, avrà delle ricadute anche sugli altri aspetti dell’organizzazione. Spesso, si utilizzano i concetti di cambiamento ed innovazione come sinonimi. Se consideriamo come cambiamento organizzativo l’adozione di un nuovo comportamento o concetto da parte dell’organizzazione e come innovazione si intende l’adozione di un comportamento o concetto, nuovo nel settore, si comprende come la differenza tra i due sia molto sottile. Per semplificare, possiamo riconoscere come innovatore, l’organizzazione che, per prima, adotta un cambiamento, mentre le organizzazioni che imitano tale comportamento sono quelle che, in generale, adottano il cambiamento. Tuttavia, per ogni singola organizzazione, i due termini sono sinonimi, in quanto comportano, per entrambe, un identico processo di cambiamento. Esistono alcuni elementi necessari per un cambiamento efficace e i manager devono assicurarsi che nell’organizzazione si manifesti ognuno di questi; Daft li elenca così: in assenza di uno di essi il processo di cambiamento non riuscirà. Il primo elemento è l’idea: consiste in un nuovo modo di fare le cose; può essere rappresentata da un nuovo prodotto o servizio, da un nuovo concetto di gestione o da una nuova procedura per il lavoro comune all’interno

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dell’organizzazione. Le idee possono venire dall’interno o dall’esterno di questa ultima. La creatività è l’insieme delle idee nuove che possono soddisfare le esigenze percepite e rispondere a opportunità; il secondo è il bisogno: le idee non sono generalmente considerate seriamente a meno che non ci sia una necessità percepita di cambiamento, la quale si verifica quando i manager osservano nell’organizzazione un divario tra le prestazioni effettive e le prestazioni desiderate. Essi provano a creare un senso di urgenza in modo che gli altri capiscano la necessità di operare un cambiamento; il terzo elemento è l’adozione: si verifica quando chi detiene il potere decisionale sceglie di portare avanti un’idea che era stata proposta. I manager chiave e i dipendenti devono essere in accordo per poter sostenere il cambiamento; il quarto è l’implementazione: si verifica quando i membri dell’organizzazione utilizzano una nuova idea, tecnica o comportamento. Può esservi la necessità di acquistare materiali e apparecchiature ed è possibile che i lavoratori debbano essere formati adeguatamente per sfruttare tale nuova idea. Se le persone non utilizzano la nuova idea, allora nessun cambiamento è avvenuto; e infine troviamo le risorse: per realizzare un cambiamento sono necessarie energie e attività umane. Il cambiamento richiede tempo e risorse sia per creare sia per realizzare una

nuova idea. La maggior parte delle innovazioni richiedono inoltre dei finanziamenti speciali.19” In

sintesi, il cambiamento organizzativo può riguardare la progettazione organizzativa, la gestione del personale, ma anche la gestione del sistema informativo che consente di connettere i processi, di ridurre i tempi, di distribuire le informazioni e le conoscenze necessarie per rendere l’organizzazione flessibile.20

1.4 L’inerzia organizzativa

1.4.1 Cosa si intende per inerzia organizzativa

Il cambiamento ha un impatto su tutte le dimensioni dell’organizzazione (fig.1):

 Performance: l’organizzazione raggiunge gli obiettivi attraverso l’allineamento delle strategie con la leadership, la cultura e i valori. Questi elementi producono un contesto interno adeguato e una struttura organizzativa in cui i gruppi di lavoro possono raggiungere alte prestazioni;  Capacità delle risorse umane: costruite attraverso la combinazione di persone competenti e

motivate con gli strumenti, i sistemi, i processi e l’ambiente organizzativo che rendono possibile il raggiungimento dei risultati richiesti;

19 Daft R.L. (2010), “Organizzazione Aziendale”, Milano, Apogeo Editore. 20 Rebora, G. (2001). Manuale di organizzazione, op. cit.

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 Competenza individuale: la combinazione di competenze appropriate, esperienze, conoscenze e caratteristiche comportamentali permettono lo sviluppo di know how in linea con gli obiettivi aziendali.21

Fig. 1: impatto del cambiamento sulle dimensioni dell’organizzazione. Fonte: L. Fumagalli, F. Limone, U. Papagni (2008).

Gli studiosi dell’organizzazione hanno manifestato la consapevolezza dei meccanismi di difesa innestati dai processi di cambiamento e delle connessioni con il fatto che il cambiamento tendenzialmente intacca non solamente aspetti e comportamenti organizzativi, ma anche elementi molto più profondi, connessi con la soggettività delle persone. La continua ricerca di sicurezza che l’individuo opera sia nel contesto della propria vita quotidiana che nella propria vita organizzativa, può porsi come ostacolo alla realizzazione di spinte di mutamento ed innovazione. La resistenza delle persone è un fatto naturale e qualsiasi iniziativa di cambiamento deve solitamente confrontarsi con diversi tipi di resistenza. Le cause di queste resistenze non sembrano tanto legate alla forza delle spinte esterne che premono per il cambiamento, quanto a ragioni interne alle organizzazioni: la difficoltà di integrare i diversi apporti, la prevalenza di approcci

settoriali, la confusione dei linguaggi e delle culture professionali coinvolte22, l’insufficiente

sostegno del top management, le attese eccessive e non realistiche, la carenza di leadership. Nella lingua italiana il concetto di resistenza evoca “un’azione tendente a impedire l’efficacia di

21 L. Fumagalli, F. Limone, U. Papagni (a cura di), Quaderni di Knowledge Management, Vol 1, Franco Angeli, Milano,

2008.

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un’azione contraria, un’opposizione (attiva o passiva) al realizzarsi di uno scopo”.23 Nell’ambito

degli studi organizzativi le prime elaborazioni del concetto di resistenza risalgono agli studi di Coch e French (1948) condotti nel settore manifatturiero. La prima manifestazione di resistenza al cambiamento risale ai tempi del movimento luddista, esattamente nel 1811, quando i datori di lavoro della contea di Nottingham ricevettero lettere di minaccia firmate “Ned Lud” e gli operai si opposero all’introduzione delle nuove macchine distruggendole, in quanto ritenute responsabili della diffusa disoccupazione. Il luddismo scomparse poi non come conseguenza del successo delle autorità nel coinvolgere i suoi leader, ma in seguito al sostanziale miglioramento delle condizioni di vita, fattore che aveva scatenato il movimento stesso. In mancanza di un simile cambiamento la maggior parte dei lavoratori avrebbe continuato l’opposizione contro la meccanicizzazione dell’industria: per contro, in una situazione caratterizzata da un miglioramento delle condizioni di vita e lavoro, il confronto tra datori di lavoro ed operai perse in parte la sua drammaticità. Da allora la resistenza al cambiamento fa parte della vita quotidiana delle organizzazioni di ogni genere, contribuendo a scrivere pagine importanti della storia delle relazioni nel mondo industriale. Molto spesso i progetti di cambiamento organizzativo trovano ostacolo nelle logiche di comportamento difensivo e nell’attitudine conservativa propria di molti dei soggetti che partecipano ad un assetto stabilito. Ne deriva una cattiva miscela tra scetticismo diffuso già in partenza tra gli operatori di base ed errori o superficialità nel management del cambiamento, che finisce inevitabilmente per moltiplicare i problemi di resistenza e inerzia dell’organizzazione. Secondo Rumelt (1995), per inerzia si intende la tendenza delle forme e delle funzioni organizzative esistenti a permanere, anche quando inefficienti e non funzionali rispetto agli scopi ufficiali dell’organizzazione. La prassi dimostra, infatti, l’esistenza di un numero elevato di forme inefficienti pur in presenza di forti pressioni al cambiamento. L’inerzia al cambiamento implica, quindi sia impermeabilità che resistenza al cambiamento, pur in presenza di spinte che legittimano e fanno emergere la necessità dello stesso. Ma non solo, infatti, può accadere che sia soggetta ad inerzia la stessa logica del cambiamento. L’inerzia organizzativa può quindi essere considerata come un qualcosa di molto diverso da un’anomalia o un incidente nell’ambito di un percorso lineare di gestione del cambiamento organizzativo.

La resistenza al cambiamento può avere diverse nature. Può essere fisiologica, data dal timore dell’abbandono di tradizioni e di relazioni di gruppo, può derivare da carenze informative (la paura dell’ignoto), da problemi di adattamento o di potere (perdita di status o della sicurezza lavorativa), e può essere di due tipi: passiva o attiva. È passiva quando l’individuo adotta un

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comportamento regressivo, non si impegna abbastanza, spesso protesta e continua ad adottare i vecchi standard. È attiva, invece, quando l’individuo commette volutamente errori per rallentare la produzione, non si presenta a lavoro, cerca di sabotare la produzione. La resistenza al cambiamento può manifestarsi sia in forme aperte ed esplicite, come proteste formali o scioperi, sia assumendo forme latenti, subdole e scarsamente evidenti, che vanno dal ridotto impegno a possibili azioni di sabotaggio.

Da temere è, inoltre, l’indifferenza nei confronti del cambiamento. La preferenza per la continuità fa parte di un “modo di essere” necessario per qualsiasi organizzazione, che utilizza proprio la rigidità e ripetitività del funzionamento come essenziale fattore di economia di risorse nel raggiungere uno scopo dato. C’è quindi un possibile lato oscuro delle organizzazioni il cui timore induce nei diversi attori comportamenti difensivi e porta spesso a fare riemergere anche ciò che si riteneva superato. L’inerzia si manifesta anche motivando molte volte comportamenti orientati a ricercare in modo privilegiato condizioni di sicurezza, da parte di individui e gruppi. È necessario avere consapevolezza di queste difficoltà se si vuole affrontare in modo realistico la prospettiva del cambiamento. La conoscenza delle modalità e delle forme assunte dall’inerzia organizzativa è la premessa necessaria per gestirne gli effetti, utilizzarne le potenzialità e contenerne le manifestazioni patologiche.

1.4.2 Tipologie di resistenza al cambiamento

Per analizzare le diverse possibili forme e manifestazioni dell’inerzia organizzativa bisogna in primo luogo distinguere due diversi ordini di fattori che la alimentano: i fattori comportamentali, riconducibili quindi al modo in cui individui e gruppi orientano le loro azioni nell’ambito di un sistema organizzativo o di una situazione di “gioco organizzativo” cui partecipano; e i fattori sistemici, che agiscono indipendentemente da una scelta di comportamento (consapevole o inconsapevole che sia) e dalla relativa dinamica che coinvolge individui e gruppi; invece, si presentano come risultante di un insieme di relazioni d’interdipendenza che possono coinvolgere soggetti e ruoli professionali, risorse e relativa allocazione, ambiti diversi di attività; come risultante anche, quindi, della collocazione in una rete “sistemica” di rapporti. L’inerzia di tipo comportamentale si esprime in cinque distinte forme legate a fattori di ordine rispettivamente: a) cognitivo, attinente cioè agli schemi e agli orientamenti cognitivi che presiedono alla formazione (scolastica e sul campo) dei soggetti ed alla loro socializzazione organizzativa; b) organizzativo, indotti cioè dalle soluzioni organizzative, come linee gerarchiche e di responsabilizzazione, criteri di divisione dei compiti, meccanismi operativi in essere; c) di stile relazionale, collegati quindi alle logiche e modalità di relazione interpersonale che predominano all’interno

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dell’organizzazione; d) politico, dipendenti dagli interessi in gioco e dal perseguimento da parte dei vari soggetti di propri obiettivi, condizionati anche dall’interazione politica fra forze e gruppi organizzati all’interno e all’esterno dell’ente; e) di valori, attinenti ai diversi significati di fondo che i vari attori attribuiscono a determinati fenomeni della vita organizzativa. Ma le ragioni di fondo dell’inerzia non si esauriscono in elementi di ordine comportamentale, perché questi sono accompagnati e sostenuti, molte volte, da fattori che hanno natura strutturale o sistemica. I fattori sistemici di inerzia si manifestano quando la messa in atto di una strategia si trova ostacolata dalla limitata capacità del sistema aziendale (e quindi dell’insieme di ruoli organizzativi e di relazioni intersoggettive che lo compongono) di adeguarsi alla nuova logica di funzionamento richiesta, per cause strutturali e non riconducibili solo a scelte comportamentali dei vari soggetti. Tutto questo quindi deve rafforzare la consapevolezza che l’ambiguità intrinseca e ineliminabile dell’inerzia delle organizzazioni consiglia agli attori di compiere uno sforzo rilevante. I soggetti delle organizzazioni devono, quindi, porsi come agenti del cambiamento, sintetizzati in quattro gruppi fondamentali: la leadership, i ruoli organizzativi critici, le costellazioni di ruoli e i circuiti o reti emergenti. La gestione del cambiamento non implica esclusivamente il superamento delle resistenze: chi promuove il cambiamento deve anche attivarsi per costruire delle alleanze positive, per convincere gli altri individui che il cambiamento è necessario e apporterà benefici all’interno dell’organizzazione, sfruttando le politiche del personale per motivare i dipendenti (la leadership). Ed è qui che si attivano le leve del processo di cambiamento descritte precedentemente. Esistono inoltre altre diverse barriere al cambiamento, a livello sia individuale sia organizzativo:

 L’eccessiva attenzione ai costi: il management pensa che i costi rappresentino l’aspetto più importante, quindi non si concentrano sul fatto che l’importanza del cambiamento è focalizzata su altri aspetti, come la motivazione dei dipendenti o la soddisfazione dei clienti;

 La mancata percezione dei benefici: qualsiasi cambiamento significativo produrrà reazioni sia positive sia negative;

 La mancanza di coordinamento e di cooperazione: il conflitto deriva spesso dalla mancanza di un coordinamento adeguato per la realizzazione del cambiamento;

 L’avversione all’incertezza: è necessaria una comunicazione costante per eliminare l’incertezza;

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 Il timore di privazioni a livello individuale: i manager e i dipendenti possono temere la perdita di potere e status o anche del proprio posto di lavoro, quindi essi dovrebbero essere coinvolti il più possibile nel processo di cambiamento.

Le resistenze sono presenti di norma in tutti i processi di cambiamento, si possono quindi rintracciare a livello individuale, del gruppo o dell’organizzazione nel suo insieme. Tra le possibili ragioni che determinano tali resistenze si trovano la cultura organizzativa e la struttura di potere: nessuna spinta al cambiamento risulta efficace in un’organizzazione, se essa viene vissuta come incompatibile con

la cultura organizzativa prevalente e la struttura di potere interna.24 La cultura e il potere

contribuiscono a mantenere stabili i modelli di comportamento esistenti e, in questo senso, possono

rinforzare in modo significativo le barriere al cambiamento tecnologico nelle organizzazioni.25

Secondo Conner (1995) le reazioni possono essere ricondotte a due schemi principali: il primo tipo è

riconducibile alle situazioni in cui le persone capiscono la necessità e la bontà del cambiamento.26

L’annuncio dell’operazione è accompagnato dall’entusiasmo, però poco motivato, per il cambiamento. Raccolte le informazioni preliminari è possibile che le persone vedano i costi causati dal cambiamento e dall’abbandono dallo status quo. Questa fase è molto delicata, poiché, se non gestita accuratamente, può condurre a comportamenti di resistenza. La sua corretta gestione permette, invece, alle persone coinvolte, di valutare congiuntamente i costi e i benefici legati all’operazione e, infine, di partecipare al cambiamento. Il secondo tipo di reazione, individuato da Conner, è legato a reazioni negative all’operazione. In questa seconda ipotesi la risposta delle persone al cambiamento segue diverse fasi quali “l’immobilismo” e “la negazione” che derivano dalla percezione del cambiamento come qualcosa di irreale che non avrà effetti; “la rabbia” che rappresenta la prima reazione che si sviluppa una volta accettata la realtà organizzativa che si trasforma, nel tentativo di contrattazione della propria accettazione del cambiamento; “il fallimento” della negoziazione che porta alla depressione legata alla percezione che il cambiamento è reale, permanente e non modificabile; “la fase di testing” che è simile alla fase di contrattazione, ad eccezione del fatto che la persona vuole verificare l’accettabilità del cambiamento. Compreso il proprio ruolo all’interno del processo di trasformazione e nella nuova riorganizzazione, le persone accettano il cambiamento e le

sue conseguenze.27

24 Tosi, Pilati & Mero, 2002. 25 Piderit, 2000.

26 Cfr. D.R, Conner, Managing at the speed of change, Villard Books, New York, 1995. 27 D.R. Conner, op.cit.,1995.

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