3. LO SCENARIO EVOLUTIVO SECONDO I TESTIMONI PRIVILEGIATI
3.5. I risultati nella provincia di Bologna
I testimoni privilegiati intervistati.
Gli interlocutori contattati sono operatori pubblici e privati della provincia che, per la professione svolta o gli incarichi ricoperti possono considerarsi esperti della realtà economica commerciale.
Hanno fornito il loro qualificato contributo conoscitivo il presidente di una associazione di categoria, il direttore di un centro commerciale, comprendente anche un ipermercato, un componente della giunta della Camera di Commercio, funzionario di una associazione di categoria, un dirigente della Provincia di Bologna, preposto al settore delle attività commerciali, un commerciante di abbigliamento, vice presidente di un’associazione di categoria.
3.5.1. Evoluzioni in atto nella domanda
Dalla seconda metà degli anni Novanta la spesa delle famiglie per l’acquisto di beni si è attestata su una dinamica di crescita molto modesta, appena superiore all’1% annuo di media e decisamente inferiore ai tassi di sviluppo registrati nel decennio precedente: ciò si è ripercosso negativamente sui settori orientati alla domanda interna e al mercato domestico, come il commercio al dettaglio.
Si deve inoltre rilevare che in una provincia dove l’indice di invecchiamento è in sensibile aumento, anche il consumatore sta “invecchiando”: il consumatore “anziano” predilige il negozio di vicinato, più facile da raggiungere e più vicino alle proprie esigenze indipendentemente dai prezzi, mentre il consumatore giovane cerca i grandi centri, più comodi soprattutto per chi ha impegni di lavoro che ne limitano i tempi a disposizione.
Il problema dei tempi è comunque rilevante: sono ancora pochi i dettaglianti che allungano l’orario di apertura, mentre la grande distribuzione consente di avere più tempo a disposizione per gli acquisti e maggiore assortimento perché tutto ciò che serve è concentrato in un unico luogo. Questo vale soprattutto per l’acquisto di generi alimentari, mentre l’area commerciale dei centri storici - sempre più vetrina e meno acquisto - costituisce comunque il punto di
riferimento principale per lo shopping; si stima inoltre che il negozio tradizionale resti la meta di acquisti di abbigliamento per oltre il 70% dei consumatori.
Il consumatore è più informato di un tempo, meno abitudinario e più abituato a spostarsi: i pareri sono concordi nel senso che la fedeltà all’esercizio non è più un fatto consolidato.
Il consumatore, grazie alla varietà dell’offerta, cioè alla concorrenza, e all’attività delle associazioni dei consumatori, è diventato più competente e, perciò, più rispettato: in questo senso si può affermare che si è verificato un aumento del suo potere contrattuale.
Il consumatore non si accontenta più del semplice acquisto, ma mostra sempre più interesse per il servizio, anche perché il tempo a disposizione per la spesa e per il consumo è scarso: ecco perciò aumentare, nel settore alimentare, la richiesta di piatti pronti e, nel settore non alimentare, la richiesta di una scelta ampia nello stesso punto vendita (non basta più avere una sola marca di elettrodomestici), di assistenza post-vendita e consegna a domicilio.
I problemi di parcheggio e di fila alle casse sono tra i più segnalati nel settore della grande distribuzione, che si sta attrezzando per adottare modalità di lettura e registrazione del prezzo alternative, tali da consentire l’arrivo del cliente alla cassa con il conto già pronto per il pagamento.
3.5.2. Evoluzioni in atto nell’offerta.
Nel settore distributivo della provincia di Bologna si evidenziano i segni di un processo di internazionalizzazione, probabilmente inarrestabile, che pone nuove sfide alle piccole e medie imprese che rappresentano la maggioranza degli esercizi esistenti. Ne è prova la dinamica occupazionale: nel dettaglio tradizionale si assiste alla perdita di numerosi posti di lavoro, in gran parte lavoratori autonomi, per effetto della cessazione di attività degli esercizi; la media e grande distribuzione proseguono nella loro espansione anche in termini occupazionali, e si tratta soprattutto di posti di lavoro dipendente.
La rete commerciale al dettaglio in sede fissa ,nella provincia di Bologna, si compone di circa 13.400 esercizi, di cui 3.000 alimentari. Nell’ultimo decennio si è registrata una rilevante contrazione del numero totale dei punti vendita, soprattutto alimentari, e una vera e propria polarizzazione, lungo le direttrici di sviluppo insediativo, delle grandi strutture e dei centri commerciali: sono queste le tipologie che hanno registrato la più impetuosa crescita numerica.
A parere di alcuni intervistati la soglia dimensionale della grande distribuzione è già troppo elevata e la Regione, cui spetta la competenza autorizzatoria all’apertura dei centri commerciali, continua a concedere licenze
senza un’adeguata valutazione dell’impatto sul piccolo commercio che, soprattutto nei settori in cui è più forte la concorrenza dei poli distributivi periferici, mostra segnali di difficoltà.
Per quanto riguarda le misure di sostegno per le aree commerciali che presentano situazioni critiche, come i centri storici e le aree a rischio di desertificazione commerciale, lo strumento operativo previsto dalla Regione Emilia Romagna (L.r.14/99 di recepimento del D.lgs. 114/98, riforma del commercio) è costituito dai “progetti di valorizzazione commerciale” elaborati dai Comuni mediante la concertazione con i soggetti pubblici e privati interessati, le associazioni del commercio, le organizzazioni dei consumatori e sindacali.
Tali progetti, che possono contenere, tra l’altro, l’attivazione o modifica di servizi urbani, il riuso di contenitori esistenti, la formazione di nuovi complessi commerciali e azioni di promozione, si possono avvalere dei finanziamenti della L.r. 41/97. Ma le realtà comunali che hanno approvato progetti rilevanti in termini di impatto sul tessuto produttivo e urbano, sono poche e le risorse messe a disposizione dalla Regione sono risultate insufficienti rispetto alle domande di intervento di un settore in fase di trasformazione strutturale. In questo contesto svolge un ruolo fondamentale la Provincia, che ha ricevuto delega dalla Regione per il finanziamento di progetti legati alla valorizzazione dei centri storici ed offre inoltre ai commercianti sostegni per l’aggiornamento informatico e la certificazione di qualità.
L’esperienza del franchising, che a parere degli intervistati comporta responsabilità per il partner commerciale senza però la necessaria libertà decisionale, appare superata nel settore dell’abbigliamento, ma è comunque assai utilizzata in altri settori, tra cui quello alimentare. Molte esperienze di franchising sono fallite perché adottate da operatori incompetenti che sceglievano questa formula per aprire più negozi al prezzo di uno, limitandosi a fornire i prodotti, anziché la linea di gestione completa attraverso corsi di formazione mirati alle strategie di vendita.
3.5.3. Strategie attuate
In realtà sono ben poche le risorse di cui dispongono i piccoli operatori per la comunicazione: mailing ed inserzioni sui giornali sono gli aspetti più utilizzati, ma rimangono a livelli modesti; sono invece molti i servizi offerti al cliente, quali il credito, le consegne a domicilio e l’eventuale cambio o resa dell’acquisto..., tutto ciò che è possibile concedere per soddisfare il cliente. Gli operatori cercano di crearsi una nicchia d’offerta in base all’assortimento e le associazioni di categoria cercano di supportare forme promozionali legate a
feste, ricorrenze, iniziative particolari di zona. E’ necessario infatti riqualificare i commercianti, dare loro maggiori competenze e prestigio.
Tra gli esempi migliori all’interno della realtà bolognese è opportuno segnalare gli interventi misti (Comune e associazioni di categoria) volti a riqualificare la zona centrale del Quadrilatero e quelle periferiche della Bolognina e della Cirenaica mediante il sostegno a iniziative promozionali (mercatini rionali, assaggio di prodotti), nell’ambito della normativa regionale citata (L.41/97 e L.14/99)
3.5.4. Punti di forza e di debolezza, vincoli
Tra i punti di forza dei piccoli operatori ci sono sicuramente qualità, disponibilità e cortesia, oltre che un’apertura al dialogo e al rapporto umano che manca invece totalmente nei grandi centri commerciali il cui punto di forza è, viceversa, la possibilità di offrire un miglior prezzo.
Le aspettative della domanda sono sempre più orientate alla definizione dei tempi: si chiedono acquisti rapidi in tempi brevi e soprattutto in orari precedenti e successivi a quelli del proprio lavoro; alcuni mercati rionali bolognesi, ad esempio, hanno anticipato gli orari di apertura e posticipato quelli di chiusura per venire incontro alle esigenze dei lavoratori. Anche l’apertura domenicale, peraltro poco diffusa nei centri storici, è legata più alla visione delle attività come “vetrine” che come vero momento di acquisto: chi ha necessità si organizza anche nei giorni feriali, alla domenica si va con tutta la famiglia spinti dalla curiosità.
I principali problemi che gli operatori si trovano ad affrontare sono sicuramente di natura economica: per i piccoli imprenditori sono necessari mutui ed agevolazioni - che in parte concedono anche le associazioni di categoria - al fine di tenere il passo della grande distribuzione anche e soprattutto dal punto di vista innovativo.
Il commercio di vicinato, la rete dei piccoli esercizi che si è storicamente strutturata in modo diffuso e capillare sul territorio, continua infatti a mantenere la propria fondamentale funzione. Anzi, si può dire che proprio la desertificazione commerciale di tante aree sta dimostrando l’insostituibile valore di questo tessuto, in termini di presidio non solo commerciale, ma anche sociale e civile del territorio e in termini di servizio garantito alla popolazione, soprattutto delle fasce più deboli.
Il testimone intervistato in rappresentanza della grande distribuzione ha evidenziato due tipi di ostacoli che il settore deve fronteggiare: uno di tipo fisiologico, la concorrenza, in quanto non c’è più una sola grande catena distributiva ed uno di tipo legislativo: la L. Bersani, delegando alla Regione la
competenza al rilascio delle autorizzazioni di apertura, ha determinato grosse differenze tra le regioni per cui, ad esempio, è molto difficile entrare nel mercato veneto, visto che quella Regione è piuttosto restia a concedere autorizzazioni alle grandi strutture, allo scopo, probabilmente, di offrire maggiore tutela al commercio tradizionale. Un altro modo per entrare nei mercati difficili è allora l’acquisto di catene già esistenti, operazione che potrebbe però rivelarsi fallimentare in quanto occorre investire molto per migliorarle.
I rapporti con le istituzioni locali sono considerati buoni dagli operatori intervistati , nessuno dei quali ha lamentato ostacoli di tipo “politico”.
3.5.5. Servizi sostitutivi
Il negozio al dettaglio tradizionale offre un rapporto individuale con il cliente che rende la vendita un vero e proprio servizio al consumatore.
Con l’e-commerce si rompono le barriere del tempo e dello spazio: in una società che si muove sempre più velocemente ed in cui il tempo diventa una risorsa critica è evidente che si avverta l’esigenza, soprattutto per acquisti di prodotti in serie o per la grande distribuzione, di poter disporre di una formula distributiva da affiancare a quelle più tradizionali. Attualmente il commercio elettronico appare più importante per le aziende che cercano forniture che per il consumatore. Il suo sviluppo dipenderà da alcuni fattori critici (diffusione degli accessi ad internet, esistenza di sistemi di pagamento sicuri, servizi logistici per la consegna efficienti) che potranno essere superati in un periodo che non è certamente breve, anche attraverso il supporto delle associazioni di categoria.
L’e-commerce, comunque, rimarrà uno strumento di complementarietà, e non di sostituzione, della vendita tradizionale: su questo punto concordano tutti gli intervistati. E’ da segnalare il censimento delle imprese che operano nel settore del commercio elettronico, realizzato dalla Provincia di Bologna.
3.5.6. Previsioni
I principali fattori di minaccia segnalati derivano dal progressivo abbandono dei centri storici, dovuto all’aumento degli affitti e alla minore sicurezza della zona. Le istituzioni politiche hanno compreso il contributo in termini di valore aggiunto che il commercio porta alle città e cominciano, pertanto, ad assumere iniziative volte alla sua incentivazione (ad esempio, maggiore illuminazione).
Agli enti locali si chiedono politiche di sviluppo equilibrato del commercio sul territorio, infatti nell’ultimo decennio, a causa dello sviluppo della grande
distribuzione - ritenuto da una parte degli intervistati troppo rapido e massiccio - si sono creati preoccupanti scompensi nel sistema distributivo bolognese e, se non si provvede con un cambiamento di rotta si assisterà a un’ulteriore rarefazione dei negozi di vicinato (questa volta il processo colpirà quelli a merceologia non alimentare) che impoverirà il tessuto economico e urbano delle nostre città. Un’associazione di categoria ha proposto, in tale ottica, una moratoria di tre anni per l’apertura di nuove strutture di vendita della grande distribuzione.