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2 ritrovati nei pressi dell’Edificio D, attesta invece la redazione di incantesimi

6.1 Anomalie nella catena nominale

KBo 7 2 ritrovati nei pressi dell’Edificio D, attesta invece la redazione di incantesimi

appartenenti a tipologie differenti sulla medesima tavoletta. Il recto466 infatti contiene un incantesimo di tipo Marduk-Ea, mentre il verso riporta una preghiera ki-utu-kam. Questo secondo testo ha come paralleli una tavoletta in scrittura fonetica da Sultan-tepe,

STT 197, e tre manoscritti formati da diversi frammenti provenienti da Ninive467

appartenenti alla “seconda casa” della serie b–t rimki. Entrambi i testi sono bilingui con versione accadica interlineare. La tavoletta ha inoltre la curiosa caratteristica di essere divisa in tre colonne sebbene le linee scorrano continue per tutta la superficie da sinistra a destra. Una simile impaginazione fa ritenere che la tavoletta sia stata originariamente concepita per un altro testo e solo successivamente utilizzata per i due incantesimi. Data anche la presenza di differenti tipologie di testi sulla medesima tavoletta468, è quindi probabile che si tratti di esercizio scolastico.

Il ductus a giudicare da alcuni segni guida può essere indicato come assiro mitannico469. Entrambi i testi sono caratterizzati da soli quattro casi di scrittura non ortografica e le alterazioni fonetiche sono limitate soltanto allo scambio tra le liquide con la sostituzione di r con l. L’incantesimo sul recto, purtroppo scarsamente conservato, presenta il dialogo tra Asalluhi ed Enki in forma abbreviata come già osservato negli altri testi di questo genere rinvenuti a Hattuša. Il testo sumerico, nonostante l’uso di grafie in ortografia standard, presenta numerosi errori localizzati in particolare nel verbo (PARTE II.6 Nr. 95-96) con forme morfologicamente aberranti, ma anche nella parte nominale (PARTE II.6 Nr. 36). Contemporaneamente si osservano errori anche nella versione accadica che in alcuni punti non interpreta correttamente il testo sumerico anche per le problematiche insite in esso470. Il recto si conclude con una linea accadica sfortunatamente incomprensibile e nomala per questo genere di incantesimi che va probabilmente attribuita allo scriba di cui sono il risultato anche gli errori sopra citati.

Il testo riprodotto sul verso della tavoletta rappresenta un incantesimo di tipo ki-utu-kam composto da una sezione introduttiva a carattere celebrativo, una rituale e da una terza sezione non preservata nel manoscritto da Hattuša che appare differente nelle redazioni di Ninive e Sultan-Tepe471. Come ha sottolineato Cooper, questo testo mostra alcune caratteristiche tipiche delle preghiere accadiche šu-il2-la come ad esempio KAR 55472. In particolare risulta estraneo ai testi ki-utu-kam, ma anche ai classici incantesimi sumerici, il lungo rituale in prima persona che invece riscontra analogie con le preghiere divinatorie che rientrano nell’ambito cultuale dei sacerdoti indovini b…rûtu dove, come in CTH 794 e i suoi paralleli, si trovano elaborate descrizioni di offerte alla divinità. Un prototipo di questo genere risalente all’età paleo-babilonese, YBC 5023473, contiene

466 Recto e verso devono essere invertiti rispetto all’indicazione sull’autografia, cfr. Cooper 1971, 9; per la disposizione dei frammenti cfr. Cooper 1972a, 62 n. 2, 69 n. 24 e il sito www.hetither.net che offre un disegno ricostruttivo della tavoletta.

467 Per i frammenti da Ninive v. Cooper 1972a, 69.

468 Cfr. Veldhuis 2000.

469 Cfr. LA con un orizzontale: KUB 37 115 Rs 4, KBo 7 2 10; NAM: KUB 37 115 Vs 7’, KBo 7 2 20; EN: KUB 37 115 Vs 7’; IG: KBo 7 2 17; AK: KBo 7 2 17; GI: KBo 7 2 15.

470 Ro. 4: su-ga VS ‹e-mid›-su; Vo. 14: babbar2-re “bianco” VS ellu “puro”, la confusione tra i due termini è dovuta al fatto che i logogrammi dadag “puro” (che si ritrova nei ma manoscritti paralleli da Nippur e Sultan-Tepe) e babbar erano scritti con la sequenza di segni UD.UD. Cfr. anche la forma anomala i-gar3 -ra-šu per egirrâšu attestata unicamente qui, cfr. Cooper 1972a, 64: 17.

471 Per le caratteristiche di questa sezione v. Ibid., 65.

472 Ibid., 65-66; per KAR 55 v. anche Cooper 1971, 9 n. 40.

infatti diversi paralleli con il nostro testo ad incominciare dall’invocazione a Šamaš di

entrambe le preghiere474. Sulla base delle indicazioni che Goetze ha fornito

nell’edizione, “a kind of script which I called "younger (Old Babylonian) cursive" with an admixture of "archaic" sign forms” ed ancora “It prefers phonetic spellings although ideograms are not entirely missing”475 è possible datare la tavoletta alla tarda età

paleo-babilonese476. Appare dunque verosimile che questo incantesimo possa essere sorto

nello stesso periodo della preghiera divinatoria YBC 5023, o comunque in una fase non molto successiva ed in un contesto culturale piuttosto simile. Rispetto agli incantesimi ki-utu-kam tradizionali, nel nostro testo sono assenti il tipico riferimento a Šamaš come sole nascente e la formula di legittimazione. Il manoscritto da Hattuša offre un ordine delle linee differente nella parte rituale rispetto alle redazioni da Ninive e Sultan-Tepe che, nonostante alcune differenze, appaiono, come prevedibile, maggiormente affini tra di esse477. Diversi sono gli errori riscontrati nella versione sumerica, tra i quali omissioni di casi (PARTE II.6 Nr. 25, 52, 59), l’indicazione del genitivo con -e (PARTE II.6 Nr. 20), ma anche incomprensioni dell’originale da cui è stata redatta la copia (PARTE II.5 Nr. 6, PARTE II.6 Nr. 97) ed infine anche incongruenze di tipo sintattico (PARTE II.6 Nr. 147). Nonostante questi errori in diversi punti il manoscritto di Hattuša risulta essere più corretto di quelli del primo millennio che esprimono anch’essi una tradizione post paleo-babilonese. Un esempio si trova alla linea 2478 in cui la tavoletta di Ninive recita aga ðuš-a an-na me-te nam-[bara2]-ke4, mentre quella di Sultan-Tepe a-ga ðuš-a an-na me-te nam-bara2-ke; entrambe riportano il caso ergativo -ke(4) sebbene si tratti dell’inizio di una serie di epiteti che formano un casus pendens che non ammette l’ergativo come testimoniato da [...] nam-bara2-ga in CTH 794 dove oltretutto non vi è il passaggio g > k. La versione accadica a parte alcune differenze nell’uso delle persone del verbo479, come è stato rilevato da Cooper480, appare priva di fraintendimenti del testo sumerico e più corretta rispetto alle altre bilingui rinvenute a Boğazköy. In ogni caso è del tutto evidente che le tre recensioni appartengono a segmenti tradizionali diversi sia per l’uso del sillabario che a Sultan-Tepe appare piegato ad un uso estensivo di grafie fonetiche, sia per le varianti che esse offrono481. Come detto all’interno del capito dedicato alla documentazione medio-babilonese482, questo testo è parzialmente parallelo anche all’incantesimo ki-utu-kam HS 1512. Sfortunatamente il manoscritto di Hattuša è troppo lacunoso per tentare un confronto che sarebbe quanto mai interessante trattandosi dell’unico caso di un testo rinvenuto nella capitale hittita che ha un parallelo di probabile età medio-babilonese. La sola differenza che è possibile osservare è data dalla variante anše-kur-ra-zu, presente nella tavoletta di Hattuša (l. 11), laddove HS 1512 e i manoscritti del primo millennio hanno anše-kur-ra-ke4. Questa variante non è particolarmente significativa dato che lo scriba di CTH 794 nel copiare può essersi confuso con anše-zu che precedeva immediatamente

anše-kur-ra-ke4. La buona corrispondenza tra sumerico e accadico, la quasi totale

474 Cfr. Cooper 1972a, 80-81.

475 Goetze 1968, 25.

476 Nota ancora “The mimation is written out almost without exception; 2 final -m is however missing sometimes in the dative suffix of the second person -kum”.

477 Cooper 1972a, 67.

478 Le linee riprendono l’edizione di Cooper; N = redazione di Ninive, ST = redazione di Sultant-Tepe, Bo = redazione di Boğazköy.

479 Vo. 17: mu-un-gar (3. pers. sing.) VS aš-tak2-ka-‹an› (1. pers. sing.) ; Vo. 26: bi2-in-zu VS d ti-ša-am-ma; Vo. 20: gar-ra (forma non finita) VS aš-ku-un-ku (1. pers. sing. preterito).

480 Cooper 1972a, 68.

481 Cfr. ad es. ll. 3, 5, 6, 8, 10, 14, 17, 26.

assenza di grafie non ortografiche e la presenza di errori sostanzialmente riconducibili ad usi scribali evidenziatisi già in età paleo-babilonese (alcuni dei quali peraltro attestasti nei manoscritti del primo millennio), può essere legata alla presenza di un testo parzialmente parallelo di età medio-babilonese. Contemporaneamente risulta evidente che la versione accadica non è opera di scribi locali, ma al contrario era già presente nell’archetipo della redazione di Hattuša. Questo testo potrebbe essere dunque giunto ad Hattuša attraverso un contatto diretto con la Babilonia cassita.

KUB 37 111 (CTH 801.4), qui edito (v. Appendice) è una tavoletta bilingue su

due colonne con traduzione accadica interlineare483, ritrovata nei pressi dell’Edificio D, che originariamente doveva contenere diversi incantesimi. Il recto conserva il tema introduttivo di uno scongiuro profilattico484, mentre il verso riporta la parte conclusiva del tema principale di uno scongiuro del medesimo tipo con una elaborata formula zi-pad3485. Gli incantesimi, seppur privi di paralleli sono simili alla quarta tavoletta della serie canonica Udug-hul486. L’analisi paleografica evidenzia una grafia del segno LA tipicamente tardo ittita sebbene sia presente anche con un solo orizzontale iniziale (Vo. 5). Contestualmente il segno ŠA presenta caratteristiche mitanniche o medio-babilonesi, ed anche LU non sembra avere una grafia hittita. Questi elementi portano a non escludere anche per questa tavoletta un’origine assiro-mitannica487. Frequenti sono le scritture non ortografiche che rivelano diverse alterazione fonetiche sia nelle consonanti, ed in particolare nella sostituzione della sonora con la sorda sia per quanto riguarda le vocali (PARTE II). L’abuso di scritture non ortografiche in diversi casi deforma la morfologia sumerica rendendo difficilmente intelligibile il testo (cfr. Ro. 7, 9, 12; Vo. 6, 12). La versione sumerica sembra probabilmente corrotta e solo attraverso la traduzione accadica è possibile la comprensione (Ro. 5-8; Vo. 2-5, 6-7). La chiarezza del testo accadico, soprattutto in confronto a quello sumerico, fa presumere che archetipo mesopotamico fosse già bilingue. La forma della versione sumerica può essere dovuta sia alla mano dello scriba hittita o assiro-mitannico che trascrisse il testo

probabilmente sotto dettatura488, oppure essere già insita nell’originale. Molto

probabilmente però, entrambe le ipotesi coesistettero ed è presumibile che ad un originale redatto con l’uso di alcune grafie fonetiche si sommarono successivi interventi489. Anche questo incantesimo come quelli finora analizzati si differenzia dalle tipologie classiche soprattutto per l’elaborata formula zi-pad3 in conclusione al testo sul verso (Vo. 6 ss.)490.

Incantesimi bilingui sono anche i frammenti KUB 34 3 (CTH 813), KUB 34 4 (CTH 813) e KUB 37 127 (CTH 819), tutti quanti rinvenuti all’interno dell’Edificio A. Il primo è parte del tema principale di un incantesimo di tipo profilattico simile a KUB

483 Talvolta la versione accadica si trova sulla medesima linea del testo sumerico separata da un segno di glossa.

484 Per questo tipo di incantesimi v. Falkenstein 1931, 35-44.

485 Cfr. Cooper 1971, 11.

486 UH 4, 118 ss.

487 È forse possibile che si tratti anche di una tavoletta hittita redatta sulla base di un manoscritto assiro-mitannico.

488 Certe grafie possono difficilmente essere il frutto di una copia diretta dell’originale; cfr. a questo proposito IZI in luogo di zi in Vo. 6.

489 Interventi dello scriba locale sembrano poter essere individuati nell’uso di segni come ta2 = DA (passim) e sa3 = ZA (Vo. 5) che erano tipici della prassi scribale anatolica o comunque periferica.

490 Sembrano riunite le due tipologie di questa formula conosciute gli incantesimi sumerici, cfr. Falkenstein 1931, 34-35 .

37 111 con la versione accadica posta sulla stessa linea del testo sumerico e separata da un segno di glossa. Di seguito presento la traslitterazione di KUB 34 3:

1 [...] x [...]

2 [... nam-ba-t]e-‹ge26›-de3 : [...]

3 [... x]-ni-še3 nam-ba-te-ge26-de3 : a-na mi-[...]

4 [... n]am-ba-te-ge26-de3: a-na ra-ba x[...]

5 [... n]am-ba-te-ge26-de3: a-na tuk-liš li-x [...] 6 [... na]m-ba-te-‹ge26›-de3: a-na kiš-lim r[i ...]

7 [...] x x GIR3-šu2 x [...]

Come ha evidenziato Cooper491 questo testo è l’espressione di una tradizione tarda, dato che come nel primo millennio viene omesso il suffisso di seconda persona singolare -en che invece caratterizzava gli incantesimi di età paleo-babilonese nei quali l’ingiunzione al demone era espressa alla seconda persona. Lo stesso fenomeno abbiamo visto essere attestato in KUB 37 111 dove però la traduzione corrispondeva all’originaria forma alla seconda persona singolare, ma in questo caso il testo accadico purtroppo non è conservato. I due manoscritti sembrano in ogni caso contemporanei

come indicherebbe la forma recente del segno LI (KUB 34 3, 5) 492. Di un certo

interesse per la sua correttezza è la forma verbale in sumerico che inoltre utilizza il segno -ge26- per esprimere la forma marû del verbo te/te.g tipico delle grafie

paleo-ta da un segno di lossa. Con KUB 37 111 condivide anche l’uso di scritture fonetiche.

a

eamente una traduzione accadica che si rifà alla tradizione

babilonesi.