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Rivoluzione metalmeccanica (1)

Nel documento Le relazioni di prossimità nel lavoro 4.0 (pagine 100-105)

di Stefano Franchi

È stato fatto un primo e importante passo verso il rinnovamento culturale. Lo abbiamo fatto firmando con i sindacati un’ipotesi di accordo del nuovo contratto collettivo dei metalmeccanici e degli Installatori di impianti.

Questo non è un punto di arrivo, bensì un punto di partenza che giunge dopo un lungo negoziato durato più di 12 mesi. Un lungo periodo di confronto sempre caratterizzato da atteggiamenti co-struttivi pur nelle fasi di stallo più difficili. Anche questo è un se-gno del cambiamento, un mutamento profondo che attraversa tutta la nostra società, alla ricerca del superamento di ogni divi-sione tra parti contrapposte per raccogliere e vincere sfide comu-ni. Contiamo ancora i danni causati dalla crisi che ci ha lasciato alle spalle gli effetti di una guerra, senza che ci sia stata una guer-ra.

Questo è il momento della corresponsabilizzazione, per ricostrui-re. Occorre però farlo bene, occorre ricostruire il “nuovo” e non qualcosa che appartiene al passato. E dobbiamo farlo insieme. Il nostro approccio è stato fin dall’inizio molto pragmatico. Siamo sempre stati poco appassionati ai modelli e alle astrazioni. In questa fase di transizione era indispensabile concentrarsi sulle

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se da fare, sulle esigenze delle imprese e sui bisogni delle persone.

Nelle nostre proposte non c’è mai stata alcuna posizione ideolo-gica. Quello che abbiamo di volta in volta presentato è sempre stato figlio della situazione in cui ci trovavamo e degli strumenti che avevamo a disposizione.

È forse sbagliato non voler utilizzare strumenti che portano po-chi benefici ai lavoratori e che in proporzione costano moltissi-mo alle imprese? Per questo il nostro obiettivo è sempre stato rendere marginale la parte retributiva del CCNL, perché ha una tassazione molto svantaggiosa per i lavoratori (mediamente il 38%) ed ha un costo elevatissimo per le aziende.

Il contratto deve svolgere una funzione di garanzia salariale mi-nima, di base, ed escludere che vi siano sommatorie tra livelli.

L’assorbimento degli incrementi individuali e collettivi futuri ri-sponde a questa esigenza. La ricchezza si può distribuire solo do-ve si produce, vale a dire in azienda, e solo dopo che è stata pro-dotta. È stato pertanto chiarito che i premi di risultato debbano essere solo variabili, legati cioè alle performance aziendali. Le forme di retribuzione variabile sono anche detassate ed aumen-tano realmente il potere di acquisto delle persone, così come il welfare.

Abbiamo quindi voluto rendere il welfare un cardine del nuovo impianto, perché massimizza i benefici per i lavoratori con costi sostenibili per le aziende grazie alla detassazione ed alla decontri-buzione. Inoltre a livello nazionale si possono realizzare impor-tanti economie di scala tali da aumentare esponenzialmente il rea-le valore di questi istituti.

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Si pensi ad esempio alla assistenza sanitaria integrativa. Fin dalla nostra proposta del 22 dicembre abbiamo offerto una copertura sanitaria gratuita a tutti i dipendenti ed ai loro familiari. Non è forse neanche possibile quantificare il reale valore economico e sociale di un simile intervento in un periodo in cui, come certifica il Censis, 11 milioni di italiani hanno rinunciato a curarsi per ra-gioni economiche. Stiamo parlando di cure gratuite per un milio-ne di lavoratori ed i loro familiari.

Ci impegniamo a risolvere i problemi di oggi e a cogliere le op-portunità del domani. Per questo puntiamo sulla formazione, il vero spartiacque tra il declino e la rinascita. Una formazione però che sia “buona”, non fine a se stessa, ma funzionale, invece, alla creazione di quelle nuove conoscenze che ci consentano di ac-compagnare la grande trasformazione senza subire il cambiamen-to.

Il diritto soggettivo alla formazione è una riforma epocale. Si passa da un concetto di puro costo a quello di investimento sulla persona. La fabbrica intelligente, per essere tale, ha bisogno di avanzate competenze nei lavoratori che in essa operano. Noi possiamo costruire le fondamenta di Industry 4.0 con un appren-dimento attivo ed inclusivo.

La nuova industria sarà caratterizzata da nuovi saperi, da diverse figure professionali e da mansioni flessibili, sia in termini di orari si in termini di luoghi. Dovremo ripensare all’organizzazione del lavoro e coniugare le esigenze di flessibilità delle imprese con le esigenze di conciliazione tra vita privata e lavoro delle persone.

Una fabbrica agile nella quale si abbattono le barriere e si supera-no i confini di rigidi profili. Per questo avvieremo un lavoro strutturato, per gradi, finalizzato alla revisione della

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ne professionale, partendo da un aggiornamento dei profili dell’attuale impianto per poi passare alla sperimentazione in alcu-ne aziende di nuovi modelli e analizzare le casistiche già esistenti di sistemi avanzati.

L’evoluzione del lavoro dentro la quarta rivoluzione industriale dovrà specchiarsi nei cambiamenti normativi e regolatori nella fabbrica improntati alla massima flessibilità, senza mai dimentica-re che il settodimentica-re che noi rappdimentica-resentiamo è estdimentica-remamente eteroge-neo. Trovare sintesi è sempre più complicato ed il contratto na-zionale non può che fungere da cornice generale, fonte di garan-zie fondamentali e motore dello sviluppo culturale.

Il nostro “nuovo” contratto è intriso di una nuova cultura, che si fonda su un’idea di partecipazione non invasiva ma inclusiva. Il coinvolgimento delle persone che non devono essere solo gli agenti del cambiamento ma i veri protagonisti, corresponsabili.

Significativi a tal proposito sono i passaggi sulla sicurezza che fanno della partecipazione la propria essenza per andare oltre i formalismi e privilegiando la sostanza in un’ottica di prevenzione.

L’azione sociale di garanzia e di tutela nasce nel contratto e pro-duce degli effetti che ne valicano i confini con l’assistenza sanita-ria gratuita, ad esempio, che arriva a coprire per un anno i lavora-tori fuoriusciti dalle aziende nell’ambito di licenziamenti colletti-vi. Così come le politiche attive rispetto alle quali anche le parti sociali sono chiamate a svolgere un ruolo “attivo”. Sarà quindi costituita una Commissione con l’obiettivo di fornire linee guida sugli interventi di riqualificazione e formazione per i lavoratori interessati da processi di ristrutturazione e di raccogliere dati nei territori sui profili richiesti dalle imprese al fine di orientare gli in-terventi formativi nella maniera più efficace.

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Questo e tanto altro è il rinnovamento. Un progetto riformatore che ha visto tutte le parti coinvolte fin dall’inizio impegnate in un confronto anche serrato, in alcuni momenti duro, ma sempre ri-spettoso. Ora la parola passa a chi sarà chiamato nelle rispettive sedi ad approvare quanto sottoscritto nell’ipotesi d’accordo.

Poi, in caso di esito positivo, potremo mettere la parola inizio al Rinnovamento. E lo faremo insieme.

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