• Non ci sono risultati.

1.1 La nuova capitale italiana

Dopo la breccia di Porta Pia e la proclamazione di Roma capitale, la città si prepara a vivere ciò che sarà per decenni il suo destino, una perdurante contraddizione fra cosmopolitismo, anche in virtù del suo ruolo di centro cattolico mondiale, e la difficile situazione economica, essendo una città di enorme consumo, ma di limitata produzione, con molti poveri e mendicanti che affollano le strade. Fin dai primi mesi del 1871, arrivano a Roma imprenditori edili, ma anche molti speculatori, con l’intento di trovare facili e sostanziosi guadagni, mediante la trasformazione della città in una “moderna” capitale336. La popolazione tenta di controbattere a questa situazione mediante l’orgoglio

identitario delle proprie abitudini e costumi337. È arduo anche il tentativo vaticano di mantenere egemonia “politica”, nonostante il consueto sostegno dei romani, consolidato attraverso il mantenimento parziale di alcune attività che garantiscono sussidi, assistenza e possibilità di occupazione338. Vero è che la nuova classe dirigente si ostina, nei confronti della popolazione locale,

ad avere un approccio ostile e non attua alcun tentativo di comprensione, incapace di abbandonare uno schema mentale carico di pregiudizi. Per i settentrionali, la gente del posto è violenta, rozza, oziosa, parassitaria. Il grosso errore di non valorizzare la vitalità e le potenzialità degli autoctoni, imponendo invece loro un rigido inquadramento lavorativo, organizzativo e disciplinare, creerà una costante

336

A. Ravaglioli, I primi anni di Roma capitale, Newton Compton, Roma, 1995, p. 7.

337 F. Bartoccini, Roma nell’Ottocento. Nascita di una capitale, Cappelli, Bologna, vol. 2, 1985, p. 425.

condizione di attrito sociale, consentendo alla Chiesa di mantenere con gli ex sudditi un rapporto privilegiato, almeno per tutti gli anni Settanta339.

Il sindaco Lugi Pianciani, nel 1872, s’impegna in un programma di concreto sviluppo, pianificando una grande espansione della città attraverso imponenti lavori pubblici. L'indebitamento che ne sarebbe derivato è giustificato dall'ambizione di trasformare Roma in una grande capitale europea, fonte di produzione e di lavoro340. Esiste, già allora, il timore di speculazioni private, data

l’enormità degli interessi in gioco, ma l’obiettivo prioritario di Pianciani è il miglioramento delle condizioni dei cittadini più bisognosi mediante beni, servizi e accresciute possibilità di lavoro. Il progetto fallirà, in seguito all’accusa di aggravare una situazione già preoccupante. È alle porte, infatti, una prima crisi dell'economia cittadina, con la Giunta che deve impegnarsi soprattutto per necessità primarie, quali l’istruzione pubblica obbligatoria, i beni alimentari, l’emergenza igienica nei numerosi rioni privi d’infrastrutture di base come un sistema di fognature adeguato e una rete idrica risanata, con spese ridotte al minimo, proprio mentre la richiesta è in forte incremento341.

Si dà comunque inizio, dal 1873, alle prime grandi realizzazioni edilizie e urbanistiche, senza una partecipazione attiva dell’élite locale, generalmente priva di capacità imprenditoriali, inadatta a guidare la città ma, piuttosto, costretta dagli imprenditori settentrionali a farsi da parte o, quantomeno, a equilibrismi di potere, infilandosi in maniera clientelare nelle nuove opportunità di arricchimento. La città non ospita né case né negozi all’altezza dell’antica capitale sabauda, bensì rioni in pessime condizioni igieniche, bui, con case misere342.

Se, nel 1870, Roma contava più di 200.000 abitanti, già nel 1880 essi sono saliti a oltre 300.000343. La necessità di costruire offre possibilità di lavoro nei cantieri per la costruzione di

residenze private o edifici pubblici; l'arrivo di funzionari e politici, da tutta Italia, aumenta molto anche la richiesta di domestici. Infine, l’endemica povertà dei contadini può essere parzialmente

339 Ivi, p. 465.

340 L. Pianciani, Della amministrazione municipale di Roma. Lettera ai suoi colleghi della giunta, Tip. Salviucci, Roma, 1873.

341 Bartoccini, op.cit., p. 725.

342 G. Faldella, Roma borghese. Assaggiature, a cura di G. Mariani, Cappelli, Bologna, 1957, p. 20 [ed.or. Assaggiature.

Roma borghese, Sommaruga, Roma, 1882].

343 Il Comune, fin dall'inizio, deve sostenere spese ingenti, che nel 1876 ammontano già a 10 milioni, di cui sette solo per la realizzazione di via Nazionale, mentre gli altri sono utilizzati per l’apertura o l’ampliamento di strade, operazioni che comportano anche gli espropri (per esempio, il nuovo Ministero delle Finanze, uno tra i più grandi edifici europei, ultimato nel 1875, costa 6 milioni di lire). Con il Comune sempre più indebitato, nel 1877 il sindaco Pietro Venturi presenta a Giovanni Nicotera, ministro dell’Interno, un elenco di lavori necessari, chiedendo un prestito di 150 milioni. Cfr. U. Pesci, I primi anni di Roma Capitale, Bemporad e Figlio, Firenze, 1907, p. 680.

alleviata, con l’integrazione fra attività agricole e cittadine o la loro interscambiabilità. Tale confuso agglomerato sociale non consente, nei primi anni, una consapevolezza politica dei lavoratori, i quali manifestano la rabbia per le loro condizioni di vita con violenza, ma senza organizzazione collettiva. In particolare, gli immigrati dalla campagna rimangono sostanzialmente poveri e, in più, privati del loro legame diretto con la terra. Tuttavia, la loro esperienza cittadina, al momento del ritorno al paese di origine, potrà insegnare, a chi non vi si è mai allontanato, possibili modi di associazione rivendicativa344.

1.2 Gli anni Ottanta e la prima grave crisi edilizia

Durante gli anni Ottanta, la generazione nata mentre si compiva l’unità italiana sembra accettare, sostanzialmente, il nuovo modello politico, amministrativo e sociale345, ma ciò non avviene

in misura totale fra i ceti popolari. A livello politico, si assiste al ruolo preponderante dei collegi rurali, dove si registra un’affluenza alle urne maggiore che in città. Gli elettori sono piuttosto motivati, laddove personalismi e clientele influenzano la competizione politica e mobilitano molte persone, grazie a un sistema di patronage efficace, che controlla strettamente gli aventi diritto al voto. Al contrario, in città, l’elevato astensionismo appare come una scelta di exit poco scontata, soprattutto nel gruppo moderato346.

Classi dirigenti e professionisti, per mantenere l'antico status sociale anche nella nuova veste di sudditi italiani, si adeguano alla volontà governativa di non trasformare la città in un centro industriale. L’unico sfogo lavorativo, per la manodopera, è nell’imponente sviluppo urbanistico e nelle attività connesse, fonti di grandi profitti per chi v’investe. La grande finanza e l’imprenditoria italiana sfruttano dunque la capitale, non solo per nuovi arricchimenti, ma anche per mediare con il potere politico e amministrativo.

344 R. Romanelli, L’Italia liberale (1861-1900), Il Mulino, Bologna, 1990, p. 280 [1° ed. 1979]. 345 Bartoccini, op. cit., p. 425

346 Per esempio, nel 1880 la percentuale media dei votanti nei Comuni minori è pari al 64%, a fronte del 36% di quelli cittadini, nonostante Roma ospiti il 52% dell’elettorato di tutto il Lazio. Questo dato è ancora più accentuato nelle elezioni del 1886, quando alle urne cittadine si presenta solo il 21% degli aventi diritto, a differenza che in provincia, dove vota il 79% degli aventi diritto. Cfr. M. Scattarreggia, Roma capitale: arretratezza e modernizzazione (1870-

Se nel 1881 Roma è la seconda città italiana, dopo Napoli, per numero di abitanti (300.467 quelli ufficialmente censiti, ma con un dato “sommerso” molto alto)347, dall’anno successivo

si registra un incremento costante di nuovi arrivati e questo trend comincerà a calare solo nel 1889, a crisi edilizia conclamata. L’imponente arrivo degli immigrati determina una rivoluzione demografica. In pochissimo tempo, gli abitanti della città si moltiplicano, senza trovare strutture adeguate ad accoglierli. Essi devono, pertanto, adeguarsi in fretta alle nuove istituzioni cittadine, per sopravvivere in questa grande e sconosciuta realtà. Il risultato è una capitale caratterizzata dalla fusione, in parte forzata, fra origini sociali e culturali spesso molto diverse fra loro. Ciò crea conflitti e tensioni, ma permette un ampliamento di stimoli e di scambi interpersonali. La città, costretta a crescere sotto tutti i punti di vista, accoglie generalmente bene, come da sua tradizione, gli immigrati in cerca di lavoro che, negli anni Ottanta, si contendono con gli autoctoni le attività, spesso precarie e mal pagate, inserendosi con un certo successo nel territorio urbano, quando non imponendosi, grazie al loro spirito di adattamento. Desiderosi di cambiare prospettive di vita, in un sistema che promette loro varie opportunità, rimarranno, però, delusi.

La struttura produttiva romana, infatti, si dimostrerà poco adatta alle loro speranze: le sue principali risorse sono quelle amministrative e burocratiche, unitamente alle tradizionali funzioni di luogo turistico e di centro religioso mondiale. Per gli immigrati rimane solo la speculazione edilizia che, da potente attrazione lavorativa, si trasformerà in fucina di disoccupati, con la pesante crisi dei secondi anni Ottanta. La produzione alimentare della scarsamente lavorata campagna circostante, fra l’altro, non riesce a far fronte a quest’aumento della popolazione. Nel frattempo, le aree urbane enormemente rincarate e il valore degli immobili trasformano i redditi in rendite, per i loro proprietari, gruppo sociale in cui sono in aumento i latifondisti, colpiti dalla crisi agricola; l'altra faccia della medaglia, stavolta per i ceti non abbienti, consiste nel forte aumento delle pigioni348.

Fallisce infine anche il tentativo, auspicato da Quintino Sella, di trasformare Roma in un polo nazionale scientifico e culturale, probabilmente osteggiato dalla classe politica di altre città come, per esempio, i liberali moderati toscani, che non avevano gradito lo spostamento della capitale da Firenze a Roma.349. In questa fase, le forti rivalità politiche e municipalistiche dei deputati delle

347 Nel 1885, degli oltre 300 mila abitanti, gli autoctoni sarebbero 160 mila, fra i quali si contano almeno 117 mila analfabeti. La maggior parte delle 53 mila famiglie censite vive in estrema indigenza e una grande promiscuità caratterizza le loro abitazioni (poco oltre 7.000 unità). Cfr. R. Mariani, I veri bulli di Roma. Cent’anni di cronaca della

malavita romana, Nuova Spada, Roma, 1983, p. 16.

348 L. Cafagna, Anarchismo e socialismo a Roma negli anni della «febbre edilizia» e della crisi (1882-1891) in «Movimento operaio», IV (1952), n. 5, p. 730.

349 Una larga fetta di popolazione romana persiste in un atteggiamento parassitario, secondo il giudizio della nuova classe dirigente italiana. Cfr. Bartoccini, op. cit., p. 426.

altre regioni trovano un obiettivo comune nell'opposizione ai privilegi della capitale, giudicando con disprezzo la sua inefficienza, lo sperpero di denaro a suo vantaggio, il presunto ozio e parassitismo dei suoi cittadini. I necessari interventi urbanistici – approvazione, nel 1881, dei progetti sulle opere pubbliche e varo del nuovo piano regolatore nel 1883 – sono deliberati grazie al sostegno di uomini- mito del Risorgimento (come Giuseppe Garibaldi). È approntato un consistente contributo statale per le opere pubbliche, e autorizzato un prestito comunale. L’arrivo dei capitali crea speranze e dà avvio a quell’imponente speculazione, che terminerà con il dissesto edilizio e bancario dei primi anni Novanta, e con una grave crisi morale della classe politica350.

Nel frattempo, le manifatture locali avevano limitano molto l’attività, schiacciate dal confronto impietoso con le imprese settentrionali: la più importante fabbrica romana è adesso quella statale della lavorazione del tabacco e rimangono alcune industrie cotoniere351; crollano gli stabilimenti metalmeccanici, a eccezione di quello ferroviario; aumentano le attività cartarie e tipografiche, in virtù delle necessità di Parlamento e ministeri. Insiste Benedetto Cairoli, durante i lavori alla Camera del 1881, sul problema della mancanza di attività industriali necessarie alla capitale di uno Stato. Tuttavia, tra gli obiettivi dei successivi governi italiani permarrà sempre quello di non dare a Roma un connotato di città industriale, onde evitare la formazione di una classe operaia che, altrove, è già abbastanza agguerrita e motivata352.

Dopo le già citate leggi per Roma, del 1881 e del 1883, molti professionisti, provenienti da altri comparti produttivi, si reinventano come costruttori, maneggiando il denaro in circolazione con superficialità e disinvoltura. Per il quartiere di Testaccio, pensato già da qualche tempo come quartiere industriale e operaio, il Comune delibera una convenzione nel 1883353; contestualmente, altri progetti prevedono lo sventramento di alcuni quartieri poveri (ad esempio, il Ghetto ebreo è demolito e ricostruito nel 1885-1886)354. In tale promiscuità avevano sempre vissuto ammoniti, pregiudicati, disoccupati, familiari di carcerati, giovani lavoratrici spesso destinate alla prostituzione355.

350 Ivi, pp. 501-503

351 Anche se, rispetto al 1871, dopo dieci anni il numero degli operai è diminuito da oltre 1.200 a poco più di 200. Cfr.

ibidem.

352 Ivi, p. 525.

353 Anche se gli stabilimenti industriali saranno aperto soprattutto in via Casilina e via Prenestina. Cfr. ivi, p. 779.

354 Una strada fra le più malfamate è la famigerata via Alessandrina, nella zona che oggi ospita il Vittoriano, dove imperano prostituzione, malavita e pessime condizioni sanitarie.

355 D. Veroni, La criminalità a Roma e nella provincia. Note di sociologia criminale in «Archivio di psichiatria antropologia criminale e scienze penali» XX (1899), fascc. 5-6, p. 485.

Comunemente, è una piccola criminalità spontanea, priva di regolamenti da malavita organizzata, colpevole di comportamenti spacconi, piccoli furti, risse356.

Nel 1886, il Comune vara la convenzione per costruire case popolari a Porta Portese e a S. Cosimato, parallelamente ad alcune iniziative di gruppi privati, interessati al miglioramento della qualità abitativa dei ceti sociali più bisognosi, con progetti per le zone di S. Lorenzo e di S. Croce in Gerusalemme. Sono realizzati anche alcuni edifici a uso della collettività – mattatoio, mercati generali e quello centrale del gas, magazzini – e alcuni casamenti periferici per l’insediamento di nuova popolazione la quale, però, rimarrà ugualmente priva di servizi, mal collegata con il centro cittadino, ostacolata in questo anche dal percorso del Tevere e dall’apertura dell’area archeologica, approvata nel 1887.

Durante gli anni Ottanta, sono almeno 40.000 gli immigrati che non compaiono in nessun tipo di statistica o censimento, ma necessitano anch’essi di abitazioni a prezzi calmierati e non possono, pertanto, ambire alle costruzioni che, altrettanto numerose, potranno ospitare il ceto medio, in continuo aumento. L'edilizia popolare, però, non è in grado di offrire più di circa 500 vani ai nuovi arrivati delle classi inferiori e si forma, così, una prima baraccopoli, all’esterno delle mura cittadine357.

Anche i lavori dedicati alla sistemazione dell’alveo del Tevere e della rete fognaria, iniziati nel 1877, prendono particolare slancio negli anni Ottanta e, anche in questi casi, sono demolite molte misere abitazioni sul greto del fiume358.

La fase di benessere creata dal nuovo boom edilizio comincia a dare piccoli segni di crisi nel 1886, aggravandosi l’anno successivo, ma inizialmente i segnali di crisi sono stemperati dall’intervento di banche sostenute dal governo. Le cause di questa crisi sono molteplici: quella economica, che colpisce anche altri paesi europei più sviluppati; l’approssimativo e inefficace progetto di sviluppo urbanistico; l’eccessiva costruzione di case lussuose; la circolazione di denaro fittizio; le lotte doganali del Regno italiano contro la Francia; i cattivi raccolti e la fillossera della vite. Tutte realtà, queste, troppo gravose per uno Stato che aveva ereditato una struttura produttiva non all’altezza delle altre nazioni più avanzate. In particolare, inoltre, i problemi di Roma sono anche la conseguenza dell’impreparazione politica locale, che non riesce a fronteggiare i giochi speculativi in

356 Nei rioni popolari romani è frequente il porto di coltello, segno distintivo della delinquenza popolare. Cfr. R. Canosa,

Storia della criminalità in Italia 1845-1945, Einaudi, Torino, 1991, p. 108.

357 Il dato sui vani disponibili nelle nuove case popolari in Bartoccini, op. cit., p. 531

358 L’edificazione del ponte Margherita (1885) e del ponte Garibaldi (1888) rappresentano due particolari simboli di prestigio della nuova capitale. Cfr. Ravaglioli, op. cit., pp. 41-42

atto. Nel 1887, la giunta comunale di Roma si dimette, con l'accusa di avere contribuito al tracollo generale e di non avere concreti progetti per ovviare a questo stato di fatto359.

Negli anni immediatamente successivi, infatti, si ha il segno della drammaticità della situazione. Molte piccole imprese falliscono e i cantieri sono abbandonati, lasciando numerosi edifici non completati e molti altri sfitti360. Fame e miseria subiscono un’impennata solo qualche anno prima

impensabile. E non sono solo le piccole imprese di costruzione a cessare le attività, ma anche alcune delle più importanti, come quella impegnata nella realizzazione del quartiere Esquilino, o la ditta Moroni che, nel 1887, licenzia 3.000 operai 361.

La crisi attacca anche l’indotto e i disoccupati, in questo scorcio di fine anni Ottanta, sono circa 30.000, di cui 10.000 rimpatriati con foglio di via, mentre altri decidono di tornare volontariamente nel luogo di origine. Chi è colpito dai provvedimenti di rimpatrio, però, rimane spesso in città clandestinamente e, perdurando lo stato di disoccupazione avanzata, facilmente finirà in ospedale o in manicomio e, soprattutto, in carcere362. Vi sono sollecitazioni, da parte delle imprese,

per ottenere nuovi crediti statali, necessari anche per ripianare i debiti contratti con le banche, e sfruttano l’agitazione operaia ai loro fini. Quando le imprese, infatti, riescono a ottenerli, si dissociano dalla protesta operaia363.

Nel 1889, il governo è costretto a rilanciare qualche piccolo lavoro pubblico, rimandando il problema su come risolvere una crisi strutturale, perché ve n’è uno ben più grave da risolvere, cioè le agitazioni dei lavoratori. Da mesi, infatti, si susseguono scioperi, assalti ai negozi alimentari,

359 Ivi, p. 46.

360 L'immagine dei cantieri abbandonati ricorda un'inquietante città-fantasma. Cfr. Bartoccini, op. cit., p. 490.

361 Questa società appartiene a monsignor Federico de Mérode, con la copertura della Società Generale Immobiliare, a sua volta garantita dal Credito Mobiliare. Essa ricopre un ruolo primario nei settori edili: compravendita di terreni, concessione di mutui a società costruttrici, ecc. Su una certa improvvisazione a fini speculativi, cfr. anche F. Mazzanti, I lavori edilizi di Roma. La galleria di piazza Colonna, Tip. Perino, Roma, 1885.

362 In particolare, è stretto il rapporto tra carcere e manicomio. Oltre agli alcolisti, agli sradicati e ai refrattari a qualsiasi tipo di regole, un’altra categoria di persone a rischio di ricovero in ospedale psichiatrico è quella delle giovani immigrate contadine. Esse risentono della lontananza dalla famiglia e, prive del suo controllo, sono esposte a situazioni in cui gestiscono ingenuamente l'improvvisa libertà di sono investite. Ma è soprattutto la solitudine, nel nuovo ambiente in cui devono vivere e lavorare, che le porta a soffrire di ansia e depressione, senza alcun tipo di solidarietà sociale, alla quale erano abituate nel paese d'origine. Cfr. V. Fiorino, Matti, indemoniate e vagabondi. Dinamiche di

internamento manicomiale tra Otto e Novecento, Marsilio, Venezia, 2002, p. 167.

esplosioni di bombe spesso rudimentali364, conflitti contro le forze dell’ordine e l’esercito, spesso mobilitato per motivi di ordine pubblico365.

1.3 Le agitazioni sociali

É destinato dunque a fallire il progetto governativo di una capitale solo impiegatizia e commerciale - in sostanza, una città tranquilla-, priva di operai combattivi, da annientare con l'utilizzo delle forze poliziesche. I numerosi disoccupati, infatti, pur estranei alle dinamiche connesse a un'industrializzazione analoga a quella del Settentrione, iniziano a organizzarsi, pur ancora in maniera discontinua e poco organizzata. L’aumento dei poveri nelle strutture carcerarie e sanitarie è dovuta prevalentemente all'alcolismo, alla scarsa alimentazione, a patologie psichiatriche, ma soprattutto ai comportamenti antisociali, anch’essi conseguenza spesso delle difficili condizioni di vita. La conflittualità fra poveri immigrati e autoctoni è sporadica, ma la solidarietà è, da tradizione, una risposta spontanea a Roma. Disoccupati e altre vittime del disagio sociale cominciano a capire l’importanza di forme aggregative, politiche e mutualistiche, che si concentrano soprattutto nei nuovi quartieri popolari, quali S. Giovanni, S. Lorenzo, Testaccio366. Grazie alle più frequenti iniziative di

operai centro-settentrionali, si forma col tempo un sentimento d’identità sociale e una coscienza politica di classe367.

A tale proposito, non è stato sufficientemente dettagliato il ruolo degli anarchici: non necessariamente basato solo sull’improvvisazione, poiché nei momenti più conflittuali hanno assunto, in città, il comando della protesta, pagando con la perdita di diversi compagni. L'idea è che gli anarchici fossero favoriti, nelle rivendicazioni durante le emergenze sociali, dal carattere della

364 Il 27 febbraio 1883 esplode una bomba in piazza Venezia, nel cortile dell'Ambasciata austro-ungarica; successivamente, un’altra a palazzo Chigi, dove risiede l’ambasciatore. Con la bomba del 18 agosto 1888, contro il palazzo di Montecitorio, ci sono vari feriti. Nel 1892, scoppia un ordigno in corso Vittorio Emanuele; nel 1893 si verificano esplosioni a palazzo Marsili; davanti al Quirinale; in un ufficio di pubblica sicurezza; presso l’abitazione del senatore Corrado Tommasi-Crudeli; presso i palazzi Amici-Mattei, Marignoli, Sacchi. L'attacco a Montecitorio si ripete nel 1894, stavolta con due morti, cui seguono altri due attentati vicino ai ministeri della Giustizia e della Guerra. G.P. Berti, Errico Malatesta e il movimento anarchico italiano e internazionale, 1872-1932, Franco Angeli, Milano, 2003, p. 190.

365 Nel 1889 si trovano a Roma ben 12.649 militari. Dopo una loro diminuzione, fino a sole 3.000 presenze, si raggiungono nuovamente picchi nel 1891, nel 1894-95 e nel 1899. Cfr. Bartoccini, op. cit., p. 571.

366 Tra i nuclei popolari originari rimangono quelli di Trastevere, Parione, Regola, Monti.

367 Ciò nonostante, ancora nel 1883, un rapporto della Prefettura parla di calma e ordine in città, grazie al sostanziale