2.3 Processo di comunitarizzazione ed esternalizzazione delle politiche migratorie e d’asilo
2.3.3 Root cause approach: il Processo di Barcellona
L’idea di voler incidere sulle cause primarie che spingono alla migrazione, per ridurre ed eliminare i fattori push delle migrazioni, non è un’idea recente. Abbiamo
195 Gli accordi di tipo strategico permettono lo scambio, tra le due parti contraenti, di tutti i tipi di
informazioni, eccetto i dati personali, mentre gli accordi operativi includono anche lo scambio di questi dati. 196http://www.europarl.europa.eu/oeil/popups/ficheprocedure.do?lang=fr&reference=2015/0809(C NS).html 197http://www.europarl.europa.eu/oeil/popups/ficheprocedure.do?lang=fr&reference=2015/0808(C NS).html 198http://www.europarl.europa.eu/oeil/popups/ficheprocedure.do?lang=fr&reference=2015/0810(C NS).html 199http://www.europarl.europa.eu/oeil/popups/ficheprocedure.do?lang=fr&reference=2015/0812(C NS).html
200 Gronelli, E. La coopération policière et judiciaire avec les pays tiers: l’Union européenne
cherche une réponse efficace contre le terrorisme et la criminalité organisée. Dernières nouvelles, In: europe-liberte-securite-justice.org (pubblicato: 20/01/2016, consultato: 23/11/2016)
http://www.europe-liberte-securite-justice.org/2016/01/20/la-cooperation-policiere-et-judiciaire- avec-les- pays-tiers-lunion-européenne-cherche-une-reponse-efficace-contre-le-terrorisme-et-la- criminalite-organisee-dernieres-nouvelles/.html
72 già accennato a come l’approccio meccanico dei fattori push-pull sia stato, a lungo, il riferimento per eccellenza nello studio dei fenomeni migratori201. L’assunto che
sta alla base di questo approccio, è che le differenze di sviluppo siano il motore della migrazione, nel senso che spingerebbero persone provenienti da paesi sottosviluppati verso paesi più sviluppati, in cerca di maggiori possibilità. Va da sé che, in quest’ottica, lo strumento migliore per arginare i flussi migratori sia incentivare lo sviluppo nei paesi di origine dei migranti, così da ridurre il dislivello tra i paesi interessati e disincentivare la migrazione. Ma quando, questo approccio, è entrato a far parte delle politiche migratorie, e in che modo?
Possiamo affermare che le prime politiche a livello comunitario che vanno in tale senso siano quelle che rientrano nel partenariato euromediterraneo, avviato con il processo di Barcellona. Questo processo, voluto nel 1995 dalla Francia, che allora presiedeva il Consiglio dei Ministri dell'UE, viene lanciato sulla scia delle precedenti iniziative di dialogo tra i paesi mediterranei202 al fine di rafforzare e
rendere più efficace la cooperazione tra le sponde del Mediterraneo. Questo progetto si concretizzerà il 27 novembre di quello stesso anno a Barcellona e sarà sottoscritto dai Ministri degli Esteri di 27 paesi, i 15 membri dell’UE di allora e 12 paesi terzi203. Gli obiettivi specifici enunciati dalla Dichiarazione di Barcellona
saranno:
• la creazione di un regolare dialogo politico che faccia del Medio Oriente un’area “reciprocamente ed efficacemente controllabile”;
201 Cfr. infra p. 25.
202 Nel 1972 era stata avviata la Politica Mediterranea Globale (PMG), avevano seguito i Forum
del dialogo nel 1980, i cosiddetti 5+5, e la Conferenza interparlamentare per la sicurezza e la cooperazione nel Mediterraneo, riunitasi nel 1992 a Malaga e nel 1995 a La Valletta.
203 Algeria, Cipro, Egitto, Israele, Giordania, Libano, Malta, Marocco, Siria, Tunisia, Turchia e
73 • la costruzione, entro il 2010, di una Zona di Libero Scambio allo scopo di creare una vasta area di shared prosperity (programma MEDA);
• la promozione del dialogo interculturale e interreligioso, tramite l'enfatizzazione del ruolo centrale della società civile e dei mezzi di comunicazione di massa per una campagna contro il razzismo, la xenofobia e l'intolleranza etnica.
Le condizioni di questa cooperazione saranno fissate con gli accordi euromediterranei di associazione, firmati inizialmente con sette Paesi del nord Africa204. Lo schema comune di questi accordi è incentrato su:
- promozione di un dialogo sistematico in materia di politica e sicurezza (Titolo I: dialogo politico; Titolo VIII: disposizioni istituzionali, generali e finali);
- cooperazione economica, commerciale e finanziaria (Titolo II: libera circolazione delle merci; Titolo III: diritto di stabilimento e servizi; Titolo IV: pagamenti, capitali, concorrenza e altre disposizioni economiche; Titolo V: cooperazione economica; Titolo VII: cooperazione finanziaria);
- cooperazione sociale, culturale e in materia d’istruzione (Titolo VI: cooperazione sociale e culturale).
La questione migratoria, che in questo tipo di accordi a carattere bilaterale rientra nel Titolo VI, viene trattata in termini di «riduzione della pressione migratoria, in particolare attraverso il miglioramento delle condizioni di vita, la creazione di posti di lavoro e lo sviluppo della formazione nelle zone di emigrazione»205. Nel 2002,
all’interno di una Comunicazione al Consiglio e al Parlamento europeo, la
204 Con la Repubblica tunisina nel 1998 (Decisione 98/238/CE); con il Regno del Marocco e lo
Stato d’Israele nel 2000 (Decisione 2000/204/CE; Decisione 2000/384/CE); con il Regno hashemita di Giordania nel 2002 (Decisione 2002/357/CE); con la Repubblica araba d’Egitto nel 2004 (Decisione 2004/635/CE); con la Repubblica algerina nel 2005 (Decisione 2005/690/CE); con la Repubblica libanese nel 2006 (Decisione 2006/356/CE).
74 Commissione europea parla degli effetti dei programmi per lo sviluppo nei paesi terzi come «visibili solo a medio-lungo termine», e prende atto delle conseguenze di tali programmi nel breve periodo all’art.2.3 intitolato “picchi di emigrazione” dove leggiamo che:
un processo di sviluppo positivo può far aumentare, a breve termine, l’emigrazione internazionale anziché ridurla. Grazie alla crescita economica di un paese in via di sviluppo, infatti, una prima generazione di uomini e donne dinamici acquisisce i mezzi e il gusto dei viaggi (…) Si tratta dei cosiddetti “picchi di emigrazione”, un fenomeno che dovrebbe scomparire una volta stabilizzato il livello di sviluppo del paese di origine. A lungo termine, comunque, la riduzione della povertà e la creazione di posti di lavoro riducono la spinta alla “emigrazione di sopravvivenza”. Analogamente, quando la pace e lo sviluppo subentrano ai conflitti e alle lotte l’emigrazione forzata cessa, e queste persone tornano nelle zone di origine206.
Appurato dunque che lo sviluppo genera, in una prima fase, un aumento dell’emigrazione, e che le politiche di aiuto generano effetti positivi per la riduzione della migrazione solo sul medio e lungo termine, perché questo genere di politiche continua lo stesso ad essere inserito all’ordine del giorno in tutti i Consigli europei sulle migrazioni? Come si concilia questa presa di coscienza degli effetti benefici dello sviluppo sulle migrazioni solo nel lungo periodo con l’ottica spesso emergenziale con cui l’Europa affronta la questione migratoria?
Una risposta a questa domanda è data dalla stessa Commissione europea nella
206 Art. 2.3 della Comunicazione della Commissione al Consiglio e al Parlamento europeo
integrare le questioni connesse all’emigrazione nelle relazioni dell’Unione europea con i paesi terzi. COM/2002/0703 def. http://www.eur-lex.europa.eu/legal-
75 Comunicazione del 3 giugno 2003 dove, parlando di strategie per intensificare la cooperazione con i paesi terzi nella gestione dei flussi migratori, suggerisce «Misure compensative nel settore della politica dell’immigrazione, per esempio una politica dei visti più generosa con i paesi che collaborano o un aumento delle quote dei lavoratori immigrati, una più intensa cooperazione economica, l’espansione del commercio, nuovi aiuti allo sviluppo, condizioni migliori di accesso al mercato o preferenze tariffarie compatibili con l’OMC, sono queste le richieste più frequenti in quei settori in cui l’UE e gli stati membri potrebbero dimostrare maggiore generosità per portare avanti negoziati»207.
Questo genere di agevolazioni, e soprattutto gli aiuti allo sviluppo, andrebbero perciò indirizzati non tanto agli stati più bisognosi, come invece è affermato dall’art.208 del TUE che afferma «obiettivo principale della politica dell’Unione in questo settore è la riduzione e, a termine, l’eliminazione della povertà», quanto piuttosto a quelli maggiormente coinvolti nelle dinamiche migratorie.