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Il romanzo inizia narrando uno dei momenti più bui della vita di Rose Daniels. Norman torna a casa, trovandola immersa nella lettura di un romanzo rosa, rompe il libro, assesta alla donna tre pugni nel ventre facendole volutamente perdere il bambino che tanto aveva desiderato. Rose è al quarto mese di gravidanza, accasciata sul pavimento in un angolo del salotto, prova la sensazione di morire annegata: il dolore è talmente forte da non farle percepire l’aria che respira.

La sua mano sul ventre sente qualcosa che non somiglia più alla carne; è come se le avesse aperto una cerniera nel corpo e le avesse sostituito il bambino con un sasso rovente.

[…] Qualcosa le depone piccoli baci vischiosi e sinistri all'interno delle cosce. «No», bisbiglia, «no. Dio Dio Dio, abbi pietà, no. Dio mio, sii buono, no.»

Fai che sia sudore, pensa. Fai che sia sudore... o forse me la sono fatta addosso. Sì, dev'essere così. Mi ha fatto così male dopo la terza volta che me la sono fatta addosso e non me ne sono nemmeno accorta. È così.

Solo che non è sudore e non è orina. È sangue. È seduta qui nell'angolo del soggiorno a guardare un'edizione tascabile smembrata, per metà sul divano e per metà sotto il tavolino, e il suo utero si prepara a vomitare il bambino che finora ha portato senza problemi o proteste.

«No», geme, «no, Dio, ti prego, dimmi di no.»369

Mentre in Shining, King descrive la tenerezza, l’emozione e la sorpresa che Wendy prova mettendo al mondo il figlio Danny, in questo romanzo pone il lettore di fronte alla scena della più terribile perdita che una donna possa subire: quella di un figlio.

Come Carrie White nella scena delle docce, anche Rose sente il sangue fluire sulle cosce, ma non è sangue mestruale, questo sangue indica che il figlio che porta in grembo sta morendo. La disperazione di Carrie è pari a quella di Rose poiché, mentre la donna adulta soffre per il dolore fisico e per la perdita della sua creatura, l’adolescente, non essendo a conoscenza di cosa sia il ciclo mestruale, è convinta di essere in punto di morte.

[…] pensò a una donna che si era seduta nell'angolo con i capelli appiccicati alle guance sudate e il ventre duro come un macigno e gli occhi che guizzavano disancorati nelle orbite nere di spavento mentre i baci sinistri cominciavano a solleticarle le cosce, quella donna alla quale mancavano ancora anni al giorno in cui avrebbe visto la goccia di sangue sul lenzuolo, la donna che non sapeva dell'esistenza di posti come Figlie e Sorelle o di uomini come Bill Steiner, la donna che aveva incrociato le braccia e si era afferrata le spalle e aveva pregato un Dio in cui non credeva più perché facesse sì che non fosse un aborto, che il suo piccolo dolce sogno non dovesse finire, per poi concludere, mentre sentiva che stava accadendo, che forse era meglio così. Sapeva come Norman adempiva alle sue responsabilità di marito; come vi avrebbe adempito nel ruolo di padre?370

Rose, disperata per l’aborto causato dalle percosse del marito, pedala per sentire meno dolore, allo stesso modo, Jessie Burlingame, ammanettata ai montanti del letto e in preda a terribili crampi dovuti alla posizione cui è costretta, pedala per sentire meno dolore e mantenere attivi muscoli e circolazione sanguigna.

Gemendo, scuotendo la testa, pedalando. Le si sfila una scarpa e rimane abbandonata su un fianco. Si rinnova il dolore, crampi che le sprofondano nel ventre come ancore munite di vecchi denti arrugginiti, e sente fluire altro sangue, ma non può smettere di pedalare. Ciò che vede in lui quand'è così è il nulla assoluto; una specie di spaventosa assenza.371

Rose è rintanata come un animale in un angolo del salotto, dice a Norman che sta perdendo il bambino, lui le risponde che potrà averne un altro, poi la sposta, mettendola ai piedi delle scale in modo da simulare un incidente, si dirige in cucina e, canticchiando, si prepara un panino. La freddezza dell’uomo arriva anche oltre. Pulisce il pavimento dal sangue della moglie mentre mangia.

Anni dopo, con un lavoro e una casa tutta sua, Rose giace in un letto che non deve condividere, è felice ma il fantasma della sua vita passata si ripresenta. La donna ripensa al 1985, l’anno in cui ha perso il suo bambino, ricorda il sangue che fluiva sulle sue cosce, i baci sinistri372, il fluire fuori da lei della vita che portava dentro da quattro mesi, comunque baci perché era la sua creatura. Tutto ciò è il risultato di un rapporto di sudditanza legato alla paura per una persona malvagia e cattiva. Norman è un folle soggetto a raptus di violenza ma, a differenza di Jack Torrance del romanzo Shining, affetto da problemi di rabbia repressa sin dalla gioventù che sopisce con l’alcol, Norman sfoga la sua rabbia e i suoi problemi sulla moglie e, come si scoprirà dall’evolversi del racconto, su alcuni

369

Stephen King, Rose Madder, New York, Viking Press, 1995, traduzione di Tullio Dobner, Milano, Sperling & Kupfer, 2002, p. 4.

370 Ivi, p. 178. 371 Ivi, p. 7. 372 Ivi, p. 1.

pregiudicati in cui si imbatte nel corso suo lavoro. Il paradosso, infatti, sta nel fatto che questo pericoloso individuo sia un poliziotto, un tutore della legge.

Norman è una persona scaltra, conquista Rose con la dolcezza al liceo e la sposa subito dopo il diploma. Sceglie una ragazza innocente e senza esperienza, in modo che non possa fare paragoni, in modo che non sappia che può avere di meglio.

Quattordici anni. Quattordici anni a chiamarmi, perché mi deve parlare da vicino. L'aborto. La racchetta. Tre denti, uno che ho ingoiato. La costola fratturata. I pugni. I pizzicotti. E i morsi, naturalmente. Morsi su morsi, morsi dappertutto...373

Questo è ciò che pensa Rose poco prima di fuggire dal marito, questo è un breve ma esaustivo elenco di ciò che ha subito sin dall’età di diciotto anni.

La cattiveria di questo uomo è chiaramente evidenziata dalla presentazione che King ne fa inizialmente. Rose, dolorante e terrorizzata, vede solo la sua ombra. Norman non è altro che l’ombra di una persona, la malvagità. Un uomo che picchia una donna indifesa non è degno di una descrizione del suo aspetto. L’ombra immateriale di quest’uomo è contrapposta alla corporeità quasi palpabile del dolore di Rose e alla realtà della perdita che sta subendo.

Il suo viso è accaldato e bello. Gli occhi in quel viso sono inespressivi come cocci di vetro che luccicano ai bordi di una sterrata di campagna.374

All’interno del romanzo, infatti non si trova un vero e proprio ritratto di quest’uomo. Del volto di Norman abbiamo più volte la descrizione degli occhi inespressivi, o del sorriso gelido che premonisce i suoi scatti d’ira.

«Bene», dice lui, come se lei avesse risposto, e quando lei apre gli occhi vede quell'espressione che assume talvolta, quell'assenza. Come se la sua mente se ne fosse volata via lasciando il corpo indietro.375

Lui si gira verso di lei ancora una volta, la testa abbassata in quella posa taurina, gli occhi opachi.376

Lo sbirro lo guardava e intanto sorrideva, ma non c'era sorriso nei suoi occhi. Gli occhi erano... famelici.377

L'espressione che gli rivolse era sorridente... o sembrava esserlo, volendo ignorare gli occhi. Gli occhi erano gelidi e scintillanti come due monete nuove da venticinque cent.378

Girò la testa e vide il suo pugno piombare dal buio. Lampi glaciali di luce lunare scintillarono sulle lettere in rilievo del suo anello dell'Accademia di polizia. Vide la tensione che gli deformava le labbra, allungate in qualcosa di simile a un sorriso...

... e si ritrasse violentemente sulla sua poltrona, annaspando, con la fronte bagnata di sudore.379 373 Ivi, p. 19. 374 Ivi, p. 5. 375 Ivi, p. 7. 376 Ivi, p. 10. 377 Ivi, p. 64. 378 Ivi, p. 65. 379 Ivi, p. 37.

Si girò e lo guardò diritto negli occhi. Sorrideva. Era un sorriso che fece venire a Ramon la voglia di urlare.380

Era un sorriso gioioso, di quelli a cui di solito la gente non sa resistere, ma avrebbe gelato il sangue nelle vene di Rosie facendole desiderare freneticamente di diventare invisibile. Per lei quello era il sorriso azzannante di Norman.381

«Eccome», rispose Norman. Sul suo volto era riapparso il sorriso che gelava sempre il sangue nelle vene di Rosie e le faceva venir voglia di accostarsi a un muro per proteggersi i reni.382

Lo avrebbe potuto classificare come qualcuno di interessante, non fosse stato per l'espressione degli occhi... che non era un'espressione. Lui la sfiorò con uno sguardo mentre montavano sul marciapiede opposto e il vuoto che c'era nei suoi occhi, la sensazione di assenza dietro di essi, ebbe su di lei un effetto raggelante.383

Le espressioni di quest’uomo disturbato non fanno paura solo a Rose, ma anche a tutti coloro che lo incontrano. Pam, un’amica trovata al centro Figlie & Sorelle, si spaventa dello sguardo di Norman solo incrociandolo per la strada.

Norman plagia la moglie per poterla controllare in tutto ciò che fa. Rose, infatti, ha giorni prestabiliti per le pulizie, per le spese fuori casa, addirittura per il cambio delle lenzuola, che devono essere rigorosamente in tinta.

Non avevano la segreteria telefonica. Una volta gli aveva domandato se comprarne una non fosse una cattiva idea. Lui le aveva affibbiato un colpo non privo di cameratismo e le aveva risposto di farsi furba. Sei tu la segreteria telefonica, le aveva detto.384

Da quanto riportato sopra, si capisce il valore che Norman attribuisce a Rose: per lui non è altro che una “cosa” necessaria in casa, una segreteria telefonica, un aspirapolvere, un robot da cucina, questa donna è, insomma parte integrante dell’ordine domestico. Questo riguarda solo la vita casalinga, Norman, infatti, controlla anche le sue idee e i suoi passatempi, è lui che decide cosa deve leggere e cosa deve guardare alla televisione.

Dopo la violenza che provoca l’aborto, Norman le impone la sua versione dell’accaduto da raccontare ai paramedici che stanno per arrivare: è stato solo un incidente, Rose è caduta dalle scale. Oltre alla violenza fisica, dunque, questa donna deve subire anche la violenza psicologica.

«Bene», dice lui. «Sai che cosa succede se dici qualcosa di diverso?» Lei annuisce.

«Dillo. Sarà meglio per te se lo fai. Più sicuro.» «Mi uccidi», bisbiglia lei.

Lui conferma con un cenno della testa, sembra soddisfatto. Sembra un insegnante che sia pazientemente riuscito a ottenere una difficile risposta da un alunno scadente.

«Brava. E sarebbe una cosa lunga. Prima che abbia finito, quello che è successo stasera ti sembrerebbe al confronto un taglietto a un dito.»385

Inoltre, per convincere la moglie a dire ciò che vuole, Norman corrobora il tutto stringendole forte le mani fino a farle male. Quando i paramedici entrano, Rose finge di 380 Ivi, p. 69. 381 Ivi, p. 98. 382 Ivi, p. 103. 383 Ivi, p. 185. 384 Ivi, p. 25. 385 Ivi, p. 9.

dormire per non far trasparire la verità, poi le viene somministrato un tranquillante così dorme davvero, dorme e sogna il suo futuro: un animale che la insegue in un bosco o in un labirinto e la bracca.

Lo faceva tre o quattro volte l'anno. Nel 1985, l'anno di Wendy Yarrow, l'anno del rimprovero ufficiale, l'anno del suo «aborto spontaneo», era successo una decina di volte. Il settembre di quell'anno, in seguito agli interventi di Norman, aveva visto il suo secondo e ultimo viaggio in ospedale... l'ultimo per il momento. Tossiva sangue. Per tre giorni lui aveva temporeggiato sperando che smettesse, ma quando aveva cominciato invece a peggiorare, le aveva spiegato bene che cosa dire (le spiegava sempre bene che cosa dire) e l'aveva portata al St. Mary. L'aveva portata lì perché quando aveva avuto l'aborto «spontaneo», quelli dell'ambulanza l'avevano ricoverata al City General. Le avevano riscontrato una frattura a una costola che le aveva ferito un polmone. Lei aveva raccontato per la seconda volta in tre mesi la storia della caduta dalle scale, avendo l'impressione che allora non ci avesse creduto nemmeno il medico che aveva assistito all'esame e l'aveva seguita durante la terapia; nessuno però aveva fatto domande imbarazzanti e l'avevano rimessa in sesto e rispedita a casa.386

Figuratamente, il sonno di Rose dura ancora nove anni, nove anni in cui Norman la picchia al punto da costringerla a letto per settimane, nove anni da incubo in cui non è tranquilla nemmeno quando dorme. Dopo il prologo, che racconta il giorno in cui Rose perde il bambino, l’unico barlume di speranza che illuminava le sue giornate, il romanzo fa un salto nove anni in avanti. Le cose non sono migliorate, Norman continua a picchiare selvaggiamente la moglie ogni volta che ne sente il bisogno, il fisico e la mente di Rose cominciano a risentirne in modo quasi irreversibile.

Talvolta, di notte, quand'era sdraiata a letto, immagini le invadevano la testa come strane comete. La più comune era il pugno di suo marito, con ristagni di sangue nelle grinze delle nocche e macchie sui rilievi d'oro dell'anello dell'Accademia di polizia. C'erano state mattine in cui si era vista le parole incise su quell'anello (Servizio, Lealtà, Comunità) impresse nella pelle dello stomaco o stampate su un seno. Spesso le facevano venire in mente il timbro blu dell'ufficio federale della Sanità sui tagli di maiale per l'arrosto o sulle bistecche di manzo.

La coglievano sempre quando era sul punto di assopirsi, rilasciare i muscoli e dormire, quelle immagini. Poi vedeva arrivare il pugno e si risvegliava di soprassalto e tremava al suo fianco, sperando che non si girasse, a sua volta addormentato solo per metà, per tirarle un cazzotto alla pancia o alla coscia perché lo aveva disturbato.387

Rose è per Norman carne da macello, è la sua valvola di sfogo quando ha problemi. Per Norman, la moglie è una sorta di preda, un animale a lui inferiore da far soffrire e di cui usufruire a piacimento.

Era ferma sul suo lato del letto in una striscia di sole primaverile, la femmina indolente che passava le sue giornate a pulire la casetta (un'impronta sull'angolo dello specchio in bagno bastava per un cazzotto) e a preoccuparsi di che cosa cucinargli per cena; era ferma lì a guardare la macchiolina di sangue sul lenzuolo, con la faccia così atonica e priva di ani- mazione, che un estraneo l'avrebbe facilmente scambiata per una ritardata mentale. Credevo che questo stupido naso avesse smesso di sanguinare, pensò. Ne ero sicura.388

«Lui non la colpiva spesso alla faccia, era troppo furbo»389 ma la sera prima era stata così maldestra da versare qualche goccia di tè sulla sua mano mentre lo serviva a tavola. Una 386 13. 387 14. 388 15. 389 Ibidem.

goccia di tè freddo versata fa meritare a questa donna una sberla al volto che le fa sanguinare copiosamente il naso.

Per un momento aveva pensato che stesse per pioverle addosso una battuta di quelle che la lasciavano raggomitolata in un angolo ad ansimare e piangere e a cercare di ritrovare un briciolo di fiato per poter vomitare. Nel grembiule. Sempre nel grembiule. In quella casa non si alzava la voce, non si elevavano obiezioni alla gestione e meno che mai si vomitava per terra... se ci tenevi a conservarti la testa ben avvitata tra le spalle.

Poi era intervenuto il suo acutissimo senso di autoconservazione e le aveva portato una salvietta piena di ghiaccio e l'aveva condotta in soggiorno, dove l'aveva distesa sul divano con l'impacco premuto tra gli occhi lacrimanti.390

Norman si rende conto di aver sbagliato, non perché l’ha picchiata, bensì per averla istintivamente colpita al volto. Le regole di quest’uomo sono dettate dall’istinto animale e dall’autoconservazione, non deve lasciare segni evidenti, proprio per questo il suo bersaglio consueto è la schiena.

Aveva sempre mal di schiena da qualche giorno, le doleva anche piegandosi poco o sollevando pesi modesti. La schiena era uno dei suoi bersagli preferiti. A differenza di quelli che chiamava «rompimenti di faccia», a pestare uno nella schiena non si correvano rischi... se l'uno in questione sapeva tenere la bocca chiusa, s'intende. Norman lavorava ai suoi reni da quattordici anni e le tracce di sangue che sempre più spesso trovava nell'orina non la sorprendevano o preoccupavano più. Era solo uno in più nella lista degli aspetti sgradevoli dell'essere sposata, nient'altro, e c'erano probabilmente milioni di donne che se la passavano peggio.

Migliaia in quella stessa città. Così l'aveva sempre vista lei, comunque, finora.391

Anche Rose, come Dolores Claiborne, ha la schiena dolorante a causa dei colpi subiti e del duro lavoro. La differenza tra queste due donne sta nel fatto che, mentre Dolores lavora come donna di servizio nelle case dei ricchi vacanzieri, il lavoro di Rose si svolge solo all’interno della sua casa. Rose deve occuparsi di Norman nel miglior modo possibile perché se sbaglia, sa che lui la punirà picchiandola. Rose è isolata dal resto del mondo, non ha amiche e la sua famiglia, i genitori e un fratello minore, sono morti tre anni dopo il suo matrimonio in un incidente stradale; la realtà più amara che emerge da questa situazione è che, essendo sola, non ha metro di paragone e pensa che essere picchiata dal marito sia una realtà normale.

Il torpore che relegava Rose in questa vita triste e buia termina con un dialogo straziante. Rose parla alla goccia di sangue sul letto: una parte di lei ormai morta.

«Andando avanti così mi uccide», disse e, passato un primo momento di stupore, sospettò di essersi rivolta alla goccia di sangue, quella piccola parte di sé che era già morta, che le era scivolata dal naso per andare a morire sul lenzuolo.

La risposta che le arrivò era dentro la sua testa ed era anche infinitamente più terribile dell'ipotesi che aveva formulato a voce alta: Ma forse no. Ci avevi pensato? Forse no. [...]

No, non ci aveva pensato. L'idea che un giorno o l'altro la colpisse troppo forte o nel punto sbagliato le era passata spesso nella mente (anche se mai l'aveva tradotta in viva voce, nemmeno con se stessa, fino a quel giorno), ma mai aveva riflettuto sulla possibilità che avrebbe potuto sopravvivere...392

390 Ivi, p. 16 391 Ivi, p. 16 -17. 392 Ivi, p. 17.

Dopo quattordici anni di inferno, Rose vedendo una piccola, insignificante, macchia di sangue sulle lenzuola, si rende veramente conto della gravità della situazione: il pensiero che la allarma ancor più della morte è il fatto di vivere così altri quattordici anni.

La goccia di sangue che provoca la reazione e la conseguente fuga di Rose è affine alla goccia di saliva che fa insorgere Jessie Burlingame: come Jessie, vedendo la saliva che cola dal mento del marito e finisce sul suo ventre, reagisce alla violenza che sta subendo dall’uomo prendendolo a calci, così Rose vede in quella goccia una parte di sé che muore e decide finalmente di reagire alle violenze di Norman fuggendo.

Anche se si tratta solo di una goccia, in quattordici anni di matrimonio chissà quante ne ha viste e quante ne ha dovute pulire, la vista del suo sangue desta in Rose pensieri che mai si era permessa di portare in superficie, ma soprattutto produce in lei un sentimento nuovo: la rabbia che fino a quel momento aveva sempre soffocato.

Quattordici anni così. Centosessantotto mesi a cominciare dalla sera delle nozze, quando l'aveva tirata per i capelli e le aveva morsicato la spalla per aver sbattuto una porta. Un aborto spontaneo. Un polmone graffiato. La cosa orribile che aveva fatto con la racchetta da