Ci troviamo nel bel mezzo di una crisi di proporzioni inedite e di portata globale, sostiene Martha Nussbaum, […] una crisi che passa inosservata,
che lavora nel silenzio, come un cancro; una crisi destinata ad essere, in prospettiva, ben più dannosa della crisi economica per il futuro della democrazia: la crisi mondiale dell’istruzione96.
La ricerca della massimizzazione dei profitti ha prodotto la convinzione che tutto ciò che non serve alla competizione nel mercato globale sia inutile, anzi, che costituisca una zavorra. La conseguenza è che le conoscenze culturali indispensabili per la vita della democrazia vengono tagliate per far posto a saperi ritenuti più utili nel breve periodo agli scopi del mercato. In
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Citazione dal videomessaggio inviato da Jorge Mario Bergoglio al Festival della Dottrina Sociale della Chiesa, Verona 20-23 novembre 2014.
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M. C. Nussbaum (2011), Non per profitto. Perché le democrazie hanno bisogno della cultura umanistica, Bologna, Il Mulino, p. 21.
tutto il mondo i saperi umanistici ed artistici, ritenuti un lusso che non ci possiamo più permettere o addirittura un vezzo per inguaribili nostalgici, sono stati sostituiti da insegnamenti tecnico-scientifici.
La studiosa ne da prova documentando la situazione delle politiche scolastiche e dei programmi di istruzione negli Stati Uniti, in India ed in Europa, sottolineando che il contagio della cultura liberista è arrivato a condizionare le impostazioni educative perfino in contesti come la Laboratory School di Chicago, patria della esperienza di riforma democratica dell’istruzione di John Dewey, e in India, paese della straordinaria esperienza educativa del premio Nobel per la letteratura Rabindranath Tagore97.
Perché i riferimenti culturali che caratterizzano le società dovrebbero, come sostiene la studiosa, essere decisivi per la vita della democrazia?
Perché, sostiene Gustavo Zagrebelsky98, la società non si limita ad essere la somma delle persone concrete, essa è lo sfondo astratto su cui persone, nella grande maggioranza sconosciute l’una all’altra, si riconoscono in qualche cosa di comune, è il fondamento che costruisce il senso dell’appartenenza alla stessa comunità. Questo collante, che nelle società antiche era costituito dalla religione, nelle società moderne, è affidato alla cultura. Secondo il giurista, sono tre le componenti che caratterizzano le società moderne: l’economia, che riguarda i beni materiali, la politica che
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Ivi, pp. 23-24. 98
G. Zagrebelsky (2014), Fondata sulla cultura. Arte, scienza e Costituzione, Torino, Einaudi, p. 15.
cura l’ordine e la sicurezza, e la cultura che costruisce appartenenza. Se economia e politica fossero lasciate a se stesse, scatenerebbero interessi egoistici devastanti, non essendo più mediate dalla cultura, cioè da una
comune visione di ciò che è bene e di ciò che è male per tutti99.
Ma, aggiunge l’autore, […] La cultura “tiene insieme”. Ma può tenere
insieme nella libertà oppure nella soggezione100.
Il primo comma dell’art.33 della Costituzione della Repubblica Italiana afferma:
L’arte e la scienza sono libere e libero ne è l’insegnamento.
Se la cultura e la scuola non sono libere, ma sono influenzate da interessi economici o politici, diventano inevitabilmente strumento di questi ultimi e generano servilismo, strumentalità e conformismo101.
Inoltre, in una situazione, come è quella attuale, in cui abbiamo conoscenze sempre più specialistiche e, di conseguenza, settorializzate, facciamo molta fatica a capire la realtà in cui viviamo perché, come già aveva osservato Blaise Pascal, non riusciamo ad allontanarcene un poco102, possiamo
conoscere solo i particolari e perdiamo la possibilità di vedere l’insieme. La cultura umanistica, che ci da la possibilità di ricomporre in un significato le conoscenze settoriali, è dunque più importante oggi rispetto al passato ed è
99 Ivi, p. 22. 100 Ibidem. 101 Ivi, p. 39. 102
un antidoto al conformismo ed una difesa dal rischio di sudditanza inconsapevole.
A questo proposito, Gustavo Zagrebelsky ricorda il discorso pronunciato il 18 marzo 1968 da Robert Kennedy all’Università del Kansas, discorso in cui il presidente statunitense chiariva che non si poteva ridurre il bilancio dell’esistenza al PIL e al Dow-Jones:
[…] che non misura né il nostro ingegno né il nostro coraggio, né la nostra saggezza né la nostra conoscenza. Non troveremo mai – disse - un fine per la nazione né una nostra personale soddisfazione nel puro e semplice perseguimento del benessere economico, nell’ammassare senza fine beni materiali103.
C’è dunque un rischio molto serio per la cultura e l’educazione in questo nostro tempo che esalta il pluralismo delle idee e la libertà della cultura, ma che poi in realtà lavora perchè di idee ce ne sia una sola: l’interesse economico e l’edonismo individualistico ad esso collegato. Un’idea da cui deriva che chi non può partecipare perché non ha i mezzi e chi non può stare al passo perchè non ce la fa non vale nulla, è solo un peso, uno scarto.
La struttura sociale di una società ed il modo in cui è strutturato l’apprendimento [...] determina, ben al di là del contenuto dell’apprendimento, sia come gli individui imparano a pensare che come vengono condivisi e usati i depositi culturali104.
103
Come impariamo a pensare e come condividiamo i depositi culturali in tempi in cui tutte le informazioni, costituendo una massa indistinta, sembrano equivalenti e in cui le conoscenze, come le merci sul mercato, perdono di importanza non appena utilizzate?
In nessuna precedente epoca l’educazione ha dovuto affrontare una sfida di tale portata105.
Una buona educazione tecnica e scientifica è sicuramente utile e necessaria, ma non è necessariamente alternativa e può essere amica degli studi umanistici e artistici, i quali sono indispensabili alla formazione del pensiero critico, ad integrare i contributi delle diverse culture, a vivere come arricchimento le relazioni interpersonali.
Gli studi umanistici offrono inoltre strumenti per fare i conti con la storia e con la memoria, mentre la tecnologia non può che vivere nel presente. Il modello liberista sostiene la seguente tesi:
Non preoccupiamoci della distribuzione e dell’equità sociale; delle precondizioni di una democrazia stabile; di migliorare altri aspetti della qualità della vita degli esseri umani che non sono direttamente legati alla crescita economica. […] la crescita economica porterà automaticamente tutto il resto: sanità, istruzione, diminuzione delle disuguaglianze106.
104
M. Mead (1972), Il futuro senza volto. Continuità nell'evoluzione culturale, Bari, Laterza, p. 91.
105
Z. Bauman (2009), Op. cit., p. 56. 106
Come si vede dal sorprendente successo economico della Cina, produrre crescita economica non significa produrre democrazia. Né significa produrre una popolazione sana, impegnata ed istruita in seno alla quale le opportunità di una buona vita siano alla portata di tutte le classi sociali. Nella tradizione pedagogica, in particolare in quella europea, la formazione non si limita alla trasmissione di conoscenze, ma si dedica ad offrire occasioni di esercitare il pensiero ad essere attivo e responsabilmente critico nei confronti della complessità dell’esistenza e ciò fa paura a chi desidera lavoratori, magari molto abili, ma che siano soprattutto esecutori obbedienti.
Ed è nel solco della pedagogia europea che si pone l’alternativa al modello liberista, alternativa che Martha Nussbaum chiama:
paradigma dello sviluppo umano. […] Secondo tale modello, ciò che è davvero importante sono le opportunità, o “capacità”, che ogni persona ha in ambiti chiave, che vanno dalla vita, salute e integrità corporea alla libertà politica, partecipazione politica e istruzione […] aver voce nella scelta delle politiche che governano la propria vita è un ingrediente basilare di un’esistenza umanamente degna107.
Il modello liberista attribuisce alla persone in difficoltà la responsabilità delle loro stessa condizione, ritenendole svogliate e fannullone. Ne deriva un giudizio di indegnità, un conseguente disinteresse per le loro condizioni di vita e, spesso, una disumanizzazione.
107
La prospettiva dello sviluppo umano propone una pedagogia che aiuta a restituire senso al vissuto, anche alle esperienze più umiliate e povere di possibilità. Suggerisce una pedagogia ed una cultura scolastica che accompagni chi cresce, ma anche chi è già adulto, a distinguere innanzitutto fra le cose e le persone, perché non consumi persone e non consumi se
stesso.
Non consumare l’altro è la dimensione della giustizia, non consumare se stessi è la dimensione della libertà dal conformismo. Sono questi riferimenti educativi che formano alla legalità, alla cittadinanza, alla vita come percorso attivo da fare insieme agli altri.
Essere attivi costituisce un aspetto decisivo, perché la scoperta di se stessi come protagonisti di una attività contiene molti elementi importanti. Un’attività giudicata utile trasferisce infatti riconoscimento al suo artefice. E chi ha una vita segnata dall’assenza di riconoscimento e da giudizi svalorizzanti e umilianti può scoprire di avere delle competenze e di ricevere, grazie ad esse, la stima degli altri108.
La metamorfosi delle persone a volte avviene attraverso la riscoperta delle competenze che ciascuno di noi ha o che può realizzare, competenze che, nei soggetti relegati nell’esclusione e nella marginalità, sono sepolte sotto macerie o false sembianze. Ed ha bisogno di rendere visibili tali competenze e di organizzarle in un progetto socialmente riconosciuto e riconoscibile.
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Cap. 3 SVILUPPI OPERATIVI: RICERCHE, PROGETTI, ESPERIENZE