L’impatto dell’invecchiamento della popolazione sulla sostenibilità fiscale
Il DEF 2016 completa l’analisi di sensitività recando uno studio di sostenibilità delle finanze pubbliche nel lungo periodo.
In coerenza con le indicazioni metodologiche definite a livello europeo
in ambito EPC-AWG94, l’Italia elabora tradizionalmente le previsioni di
medio-lungo periodo relative a cinque componenti di spesa pubblica connesse all’invecchiamento (cd. spesa age-related):
la spesa pubblica per pensioni; la spesa sanitaria;
la spesa per l’assistenza di anziani e disabili a lungo termine (d’ora in poi Long-Term Care, LTC);
la spesa per l’istruzione;
la spesa per ammortizzatori sociali.
Come illustrato nelle pagine seguenti con maggior grado di dettaglio,
emerge che, stante le ipotesi demografiche e macroeconomiche assunte95:
un flusso netto annuo di immigrati pari, mediamente, a quasi 310.000
unità, con un profilo crescente per i primi 15 anni e decrescente successivamente;
un livello della speranza di vita al 2060 pari a 85,5 anni per gli uomini e a 89,7 anni per le donne;
un tasso di fecondità totale al 2060 pari a 1,61;
le spese legate all'invecchiamento risultano sostanzialmente sotto controllo, con criticità emergenti nei settori della LTC e della sanità, compensate dai più favorevoli andamenti stimati in termini di ammortizzatori sociali, pensioni e scuola.
Sul punto si osserva che il recente rapporto "Noi Italia" pubblicato dall'ISTAT evidenzia che dal 2011 il flusso di nuovi ingressi di cittadini non
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Economic Policy Committee – Working group on ageing.
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Si tratta di quelle sottostanti lo scenario di base definito e concordato in ambito EPC-WGA, accordate agli ultimi aggiornamenti di finanza pubblica e al quadro macroeconomico di breve periodo.
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comunitari verso il nostro Paese risulta in flessione. Durante il 2014 sono stati rilasciati 248.323 nuovi permessi, quasi il 3% in meno rispetto all'anno precedente. Il decremento riguarda, in particolare, proprio i permessi per motivi di lavoro, mentre aumentano i permessi per asilo/motivi umanitari. Si ricorda che già il "Quarto rapporto annuale sugli immigrati nel mercato del lavoro in Italia" aveva evidenziato per il 2012 (ultimo anno disponibile) circa 264.000 ingressi (di cui solo 71.000 per motivi di lavoro, meno della metà del corrispondente dato del 2007).
Si osserva inoltre come anche altre ipotesi dello scenario di base potrebbero presentare degli elementi di forte aleatorietà, nella misura in cui, secondo le stime del 2015, per la prima volta negli ultimi 10 anni, la speranza di vita alla nascita registra una inversione di tendenza, con un decremento di 0,2 punti per gli uomini e 0,3 per le donne. Inoltre, si consideri anche che il tasso di fecondità totale continua a diminuire, attestandosi su 1,37 figli in media per donna.
Per quanto riguarda le variabili macroeconomiche, sono state adottate ipotesi di crescita, sia a prezzi costanti che a prezzi correnti, coerenti con il quadro macroeconomico del DEF 2016 prima descritto. Nel lungo periodo, sono state confermate le ipotesi strutturali dello scenario EPC-WGA baseline 2015, che prevedono un tasso di variazione medio annuo della produttività reale del lavoro crescente fino all’1,7 per cento nel 2035 e costante per il quindicennio successivo. Successivamente, la produttività si attesterebbe intorno all’1,5 per cento fino alla fine del periodo di previsione. Sul fronte occupazionale, il tasso di occupazione nella fascia di età 15-64 è previsto crescere dal 56,3 del 2015 (55,7 del 2014) al 60,3 per cento del 2060. L’interazione delle suddette ipotesi con le dinamiche demografiche determina un tasso di crescita del PIL reale che si attesta, nel periodo 2015-2060, attorno all’1,5 per cento medio annuo. A partire dal 2020, il deflatore del PIL e il tasso di inflazione sono assunti pari al 2 per cento.
Ne scaturiscono, tenendo conto del quadro normativo aggiornato, i valori riportati nella seguente tabella:
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Tabella 43 - Spesa pubblica per pensioni, sanità, assistenza agli anziani, istruzione e indennità di disoccupazione (2010-2060)
Fonte: DEF 2016, Sezione I.
Complessivamente, nel periodo 2015-2060, la spesa age related in rapporto al PIL è stabile e si attesta intorno ad una media del 28 per cento del PIL. In dettaglio, negli anni successivi al 2015, la spesa si riduce di un punto percentuale di PIL fino al 2020 per poi risalire gradualmente e raggiungere il picco a circa il 28,5 per cento del PIL intorno al 2045, per poi ripiegare fino a convergere a circa il 27 per cento del PIL nel 2060.
In relazione ai valori appena indicati, andrebbero fornite le motivazioni alla base del valore relativo al 2060, che - come già nel DEF 2015 - risulta stimato in miglioramento di circa 1,3 punti percentuali rispetto all'omologo dato riportato nel DEF 2014 (28,3 per cento).
In particolare, per quanto riguarda la spesa sanitaria, la previsione sconta le misure introdotte con la legge di stabilità per il 2016, cioè le disposizioni in materia di rinnovi contrattuali e, soprattutto, la manovra di contenimento della spesa sanitaria per il 2016 di ammontare pari a 1.783 milioni di euro. Inoltre, è stato previsto un contributo del settore sanitario relativamente alla manovra complessiva a carico delle Regioni. Tale
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contributo è stato definito dall’intesa Stato-Regioni dello scorso 11 febbraio e ammonta a 3,5 mld di euro nel 2017 e 5 mld di euro nel 2018.
Estendendo l'analisi al lungo periodo il DEF evidenzia, dopo la fase iniziale di contenimento della dinamica della spesa, un profilo crescente a partire dal 2020, con una sostanziale stabilizzazione della spesa intorno al 7,5 per cento del PIL a partire dal 2045.
Tale profilo di spesa ricalca quello delineato nel DEF 2015.
Relativamente alla spesa per ammortizzatori sociali, la previsione tiene conto sia del rifinanziamento degli ammortizzatori in deroga per il 2016 sia degli effetti del potenziamento delle tutele previsti dai decreti attuativi del Jobs Act. Il livello di tali poste rispetto al PIL dovrebbe stabilizzarsi su valori leggermente inferiori all'1% per il prossimo quinquennio, per poi flettere e stabilizzarsi su valori intorno allo 0,6% a partire dal 2035.
Il DEF non ne fa menzione, ma si ritiene che il miglioramento che dovrebbe registrarsi a partire dal 2020 sia ascrivibile al miglioramento degli indici rilevanti (tasso di crescita del PIL e tassi di disoccupazione).
Per quanto riguarda le spese per il finanziamento del sistema
scolastico e relativamente al costo del personale, la previsione tiene conto
dello stanziamento previsto con la Legge di Stabilità per il 2016 in materia di rinnovi contrattuali e di quello contenuto nella precedente legge di stabilità e finalizzato prioritariamente alla realizzazione di un piano straordinario di assunzioni (Fondo “la buona scuola”). Il rapporto spesa per istruzione/PIL presenta un andamento gradualmente decrescente che si protrae per circa un quindicennio, determinato essenzialmente dal calo degli studenti indotto dalle dinamiche demografiche. Il rapporto riprende a crescere leggermente nella parte finale del periodo di previsione attestandosi al 3,6 per cento nel 2060.
Con riferimento alla spesa pensionistica, la previsione recepisce le disposizioni della Legge di Stabilità del 2016 in materia di salvaguardie (c.d. settima salvaguardia), di prolungamento di un anno della sperimentazione relativa alla cosiddetta “opzione donna” e di estensione al biennio 2017-2018 delle disposizioni di deindicizzazione per le pensioni di importo complessivamente superiore a tre volte il trattamento minimo Inps, introdotte nel 2013. In virtù delle riforme già attuate il rapporto fra spesa pensionistica e PIL decresce fino a raggiungere il 15,3 per cento del PIL nel 2020, riprendendo a crescere per sfiorare il 16 per cento nel 2035 e infine ripiegando rapidamente nella fase finale del periodo di previsione, attestandosi al 14 per cento circa nel 2060.
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Le tendenze di medio-lungo periodo del sistema pensionistico italiano
La previsione dell’andamento di medio-lungo periodo della spesa pensionistica in rapporto al PIL recepisce le ipotesi di fecondità e flusso migratorio netto sottostanti lo scenario centrale elaborato dall’Istat, con base 2011. Le ipotesi di mortalità sono state riviste per tener conto della stima relativa alla speranza di vita alla nascita registrata nel 2015 recentemente comunicata dall'ISTAT. Per quanto riguarda il quadro macroeconomico, il tasso di crescita reale del PIL si attesta, nel lungo periodo, attorno all’1,5 per cento medio annuo. Il tasso di occupazione aumenta di 9-10 punti percentuali, nella fascia di età 15-64 anni, rispetto al valore del 2010, raggiungendo circa il 66%. Per il periodo 2015-2019, le ipotesi di crescita sono coerenti con quelle delineate nel presente documento nell’ambito del quadro macroeconomico tendenziale.
La previsione, a normativa vigente, sconta gli effetti delle misure contenute negli interventi di riforma adottati, compreso l'adeguamento dei coefficienti di trasformazione e dei requisiti di accesso al pensionamento in funzione della speranza di vita.
Dopo la crescita del triennio 2008-2010, imputabile esclusivamente alla fase acuta della recessione, il rapporto fra spesa pensionistica e PIL risente negativamente dell’ulteriore fase di recessione degli anni successivi (segnatamente della contrazione del PIL per il triennio 2012-2014).
A partire dal 2015-2016, in presenza di un andamento di crescita più favorevole e di un rafforzamento del processo di innalzamento dei requisiti minimi di accesso al pensionamento, il rapporto fra spesa pensionistica e PIL decresce per un periodo di circa quindici anni, attestandosi al 15 per cento circa in prossimità del 2030, per l’effetto del contenimento esercitato sia dall’innalzamento dei requisiti di accesso al pensionamento che dall’introduzione del sistema di calcolo contributivo, i quali superano abbondantemente gli effetti negativi indotti dalla transizione demografica.
Nei quindici anni successivi, il rafforzamento delle tendenze negative delle dinamiche demografiche e gli effetti sugli importi di pensione conseguenti al posticipo del pensionamento degli anni precedenti sopravanzano gli effetti di contenimento esercitati dal quadro normativo. La crescita del rapporto fra spesa pensionistica e PIL si protrae fino al 2044, quando raggiunge il 15,5 per cento. Nella parte finale del periodo di previsione, il rapporto decresce significativamente attestandosi al 13,7 per cento nel 2060. Il decremento è dovuto essenzialmente al completamento del passaggio dal sistema di calcolo misto a quello contributivo, che determina un’attenuazione della dinamica degli importi di pensione di nuova liquidazione (anche per effetto della revisione dei coefficienti di trasformazione), nonché alla progressiva eliminazione delle coorti dei pensionati nati negli anni del baby boom.
L’andamento previsto mostra come il processo di riforma del sistema pensionistico attuato nel corso degli ultimi due decenni riesca, in misura sostanziale, a compensare i potenziali effetti di medio-lungo periodo della transizione demografica sulla spesa pubblica per pensioni, come anche evidenziato in sede internazionale.
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Al riguardo, si evidenzia che il quadro appena delineato sconta esplicitamente un "tasso di occupazione [che] aumenta di 9-10 punti percentuali, nella fascia di età 15-64 anni, rispetto al valore del 2010". Tale assunto (partendo dal valore del 2010 – pari al 56,9 per cento – lascia presumere che il tasso di occupazione atteso per il 2060 si dovrebbe attestare sopra al 66%) sembra in evidente discrasia con le variabili macroeconomiche assunte nello scenario di lungo periodo e, come detto, confermate nelle ipotesi strutturali dello scenario EPG-WGA, che ipotizza un tasso di occupazione nella fascia di età in questione in crescita dal 55,7 del 2014 al 60,3 per cento del 2060. Stante la rilevanza del parametro in esame sull'ammontare del rapporto pensioni/PIL (sia pur in modo non univoco come potrebbe emergere ictu oculi) un chiarimento appare necessario, trattandosi di scenari notevolmente diversi.
Inoltre si segnala che le previsioni indicate nel box appena analizzato (contenuto nella seconda sezione del DEF e qui sopra riprodotto) appaiono divergere da quelle formulate nella sezione I e descritte nel paragrafo che precede il suddetto box. Infatti, mentre nelle tendenze di medio-lungo periodo si afferma che il periodo di crescita del rapporto spesa pensionistica/PIL dovrebbe avviarsi nel 2030 e concludersi intorno al 2045, la sezione I riporta valori di picco leggermente più elevati (circa mezzo punto percentuale) e anticipati di circa un decennio (2035), in rapporto ad una fase di crescita destinata ad iniziare già nel 2020. La discrasia meriterebbe un chiarimento.
Grazie al complessivo processo di riforma attuato a partire dal 2004, l'età media al pensionamento (tenendo in considerazione sia l'età del pensionamento di vecchiaia che i requisiti per il pensionamento anticipato) aumenta da 60-61 durante il periodo 2006-2010 a circa 64 anni nel 2020, a 67 nel 2040 e poi a circa 68 nel 2050. Cumulativamente, la minore incidenza della spesa in rapporto al PIL derivante dal complessivo processo di riforma avviato nel 2004 ammonta a circa 60 punti percentuali del PIL al 2050. Tali risultati sono da ascrivere per circa 1/3 alla riforma introdotta con il decreto-legge n. 201 del 2011 (estensione del metodo contributivo di calcolo, innalzamento dei requisiti anagrafici e contributivi richiesti per il pensionamento, con ulteriore accelerazione del processo in rapporto alle variazioni dell'aspettativa di vita, maggiormente rilevanti anche nella rideterminazione dei coefficienti di trasformazione) e per circa 2/3 a precedenti interventi.
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Figura 22 - Spesa pubblica per pensioni in rapporto al PIL sotto differenti ipotesi normative
(rapporto spesa per pensioni su PIL)
Fonte: DEF 2016, Sezione I.
Sempre in relazione a tale processo di riforma la sottostante figura descrive le implicazioni sul rapporto debito/PIL dei vari interventi normativi adottati dal 2004 sino al 2011 sulla base di un esercizio controfattuale che ridetermina il livello iniziale del debito e dell’avanzo primario nell’ipotesi di assenza della riforma pensionistica considerata.
Tutti gli interventi di riforma presi in considerazione, dal 2004 al più recente, hanno comportato effetti strutturali e determinato, complessivamente, una progressiva riduzione dell’incidenza della spesa pensionistica in rapporto al PIL rispetto alle previsioni a legislazione previgente, impattando pertanto sul valore attuale dei flussi di spesa.
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Figura 23 - Debito in rapporto al PIL sotto differenti ipotesi normative in materia di pensioni
(in percentuale del PIL)
Fonte: DEF 2016, Sezione I.
I risultati mostrano che nello scenario che sconta l’assenza di qualsiasi riforma nell'ultimo decennio il rapporto debito/PIL, dopo una fase di ulteriore aumento provocato dal progressivo pensionamento delle generazioni del baby boom, comincerebbe a ridursi solo dopo il 2040 attestandosi, tuttavia, su livelli permanentemente più alti rispetto a quelli dello scenario di riferimento, che invece incorpora gli effetti finanziari di tutte le riforme successivamente implementate.
La LTC (rappresentata per l'80% dalle indennità di accompagnamento e valutata sulla base del citato scenario base e della dinamica di crescita del PIL) presenta, dopo una fase iniziale di sostanziale stabilità, un profilo crescente in termini di PIL che si protrae per l’intero periodo di previsione, attestandosi all’1,5 per cento nel 2060.
Pur non trattandosi di valori particolarmente elevati in assoluto, la crescita del rapporto sul PIL appare rilevante, attingendo il valore del 50% (è infatti stimata pari all'1 per cento per il 2015).
Gli indicatori di sostenibilità fiscale
Gli indicatori di medio e lungo periodo (S1 e S2) consentono di valutare l’impatto delle passività implicite (per esempio, le pensioni ancora non erogate ma che sono riferibili a contribuzione in corso di versamento da parte di lavoratori in attività) connesse all’invecchiamento della popolazione sulla sostenibilità fiscale di medio-lungo periodo.
L’indicatore di medio periodo, S1, individua la variazione del saldo primario strutturale in termini cumulati fino al 2020 tale da garantire, se
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mantenuta costante negli anni successivi, di raggiungere un livello di debito/PIL pari al 60 per cento entro il 2030, e ripagare i costi di invecchiamento.
L'indicatore di lungo periodo, S2, individua la variazione del saldo primario strutturale che, se immediatamente realizzata e mantenuta, consente di conservare l’equilibrio intertemporale di bilancio su un orizzonte infinito.
Entrambi gli indicatori sono basati sulle previsioni di crescita e di saldi di bilancio programmatici del Programma di Stabilità 2016, e incorporano le proiezioni a medio-lungo termine delle spese connesse all'invecchiamento. Più alti e positivi i valori degli indicatori di sostenibilità S1 e S2, maggiore è l’aggiustamento fiscale necessario e quindi il rischio di sostenibilità.
La tabella riporta i risultati degli indicatori S1 e S2 e delle rispettive componenti per gli ultimi documenti programmatici e per il recente 2015 Fiscal Sustainability Report della Commissione europea.
Figura 24 - Indicatori di sostenibilità
(punti di PIL)
Fonte: DEF 2016 , Sezione I.
Per il 2016, il documento segnala un peggioramento del valore di S1 rispetto ai documenti precedenti. La scomposizione di S1 per sotto-componenti mostra che il valore relativo alla misura dello sforzo necessario a stabilizzare il rapporto debito/PIL al livello di partenza si mantiene negativo (e pari a -2,3 punti di PIL). Pertanto, limitatamente a questa componente, gli obiettivi programmatici sarebbero sufficienti a stabilizzare il debito al livello del 2019, controbilanciando sia le tendenze all’aumento che possono scaturire dalle spese connesse all’invecchiamento sia le spese per interessi. Per contro, la componente che incide negativamente sull’indicatore è quella che misura l’aggiustamento necessario per ridurre il rapporto debito/PIL dal suo livello iniziale al 60 per cento nel 2030. Tale
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componente presuppone un aumento del saldo primario strutturale pari al 5,0 per cento del PIL.
Il valore complessivo dell’indicatore è 2,9, di poco superiore alla soglia di 2,5, al di sopra della quale un paese è considerato ad alto rischio nel medio periodo.
Si segnala che nel “Fiscal sustainability Report 2015” della Commissione tale indicatore è pari a 4,2, come si evince dalla tabella seguente, recante i valori degli indicatori in questione per i principali paesi europei, desunti dal citato report.
Tabella 44 - Indicatori S1 S2 S1 S2 Austria 1,3 2,7 Francia 4,4 0,6 Germania -0,8 1,7 Gran Bretagna 3,3 3,2 Italia 4,2 -0,9 Olanda 0,6 4,5 Polonia 1 3,5 Spagna 2,5 0,1 Svezia -1,3 2,3
S1>2,5=Stato ad alto rischio di sostenibilità nel medio periodo S2<2=Stato a basso rischio di sostenibilità nel lungo periodo Fonte: Fiscal sustainability Report 2015
Per contro, il valore complessivo dell’indicatore S2 è pari a -1,5, inferiore alla soglia di 2, sotto alla quale un paese è considerato a basso rischio nel lungo periodo. Nel citato rapporto sulla sostenibilità di bilancio l’S2 per l’Italia è pari a -0,9.
Nel complesso si evince che, a fronte di rischi di sostenibilità nel medio periodo fra i più elevati nel contesto europeo, la situazione della finanza pubblica nel lungo periodo appare la più solida in Europa, in virtù delle riforme implementate negli ultimi vent’anni, volte a stabilizzare le principali componenti di spesa.
Per quanto riguarda le sotto-componenti di S2, il valore relativo alla componente che misura lo sforzo necessario a stabilizzare il rapporto debito/PIL al livello del 2019, si mantiene negativo (pari a -1,6 punti di PIL) coeteris paribus, segnalando la capacità delle finanze pubbliche italiane, date le condizioni di bilancio previste nel 2019, di fare fronte al cumulo della spesa per interessi in rapporto al PIL (snow-ball effect) attesa nel lungo periodo. La componente che misura l’ulteriore aggiustamento necessario a far fronte all’aumento delle spese legate all’invecchiamento della popolazione, comune sia all’indicatore S2 che a S1, si mantiene su valori prossimi allo zero, segnalando il fatto che tali costi, a seguito delle riforme effettuate, sarebbero pienamente sotto controllo.
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L’analisi di sensitività della dinamica del debito nel lungo periodo
L’analisi di sensitività presentata di seguito ha, da un lato, lo scopo di valutare la robustezza dei risultati a fronte dell’incertezza che li caratterizza e, dall’altro, di verificare sotto quali ipotesi di riforma e in base a quali condizioni di bilancio, la sostenibilità del debito nel lungo periodo possa essere garantita o, viceversa, messa a repentaglio.
Pertanto, si discutono diversi scenari alternativi che replicano le ipotesi sottostanti gli esercizi di sensitività presentati nell’ultimo rapporto metodologico relativo al 2015 Ageing Report della Commissione Europea. In linea con la metodologia utilizzata dalla Commissione Europea, lo scenario di base assume per la proiezione del rapporto debito/PIL fino al 2060 che le entrate fiscali si mantengano costanti in rapporto al PIL al livello programmato per il 2019 lungo tutto l’orizzonte di previsione. La spesa pubblica, invece, varia in funzione della dinamica delle spese connesse con l’invecchiamento della popolazione descritte sopra. Il deflatore del PIL converge al 2,0 per cento dal 2022, anno in cui si chiude l’output gap, e il tasso di interesse reale, partendo dal livello del 2019, converge al 3,0 per cento in dieci anni.
Le proiezioni di lungo periodo del debito/PIL nello scenario di riferimento presentano una dinamica decrescente che prevede che solo nel 2058 il debito cali al di sotto della soglia del 60 per cento del PIL.
Lo scenario di base viene confrontato con i risultati derivanti da altre simulazioni che presentano shocks di natura demografica, macroeconomica e fiscale. Inoltre, si presentano i risultati relativi ad uno scenario di rischio in cui l’impatto dei fattori non demografici imprime un’ulteriore pressione sulla dinamica attesa della spesa sanitaria e per l’assistenza agli anziani e ai disabili a lungo termine (LTC).
In fondo al paragrafo si fornisce una tabella riepilogativa delle principali simulazioni svolte, nella quale viene indicato l'anno in cui, per ciascuno scenario, il rapporto debito/PIL raggiunge il livello target del 60%.