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La scienza del costituzionalismo

2 Dal costituzionalismo di Achille De Giovanni alla politica biotipologica di Nicola Pende

2.1 La scienza del costituzionalismo

Circa la biotipologia di Nicola Pende è necessario partire dagli antecedenti storici di questa disciplina all'interno del panorama medico che, dalla metà dell'Ottocento, portarono all'elaborazione di un nuovo approccio clinico alla malattia, il costituzionalismo. Nel corso di quel secolo, l'uso di nuovi accorgimenti nella costruzione dei microscopi e continue scoperte in campo chimico avevano portato alla nascita di due nuove importanti discipline, la biochimica, che convenzionalmente si fa risalire al 1861, anno in cui Pasteur vince il premio dell'Académie des Sciences, e la microbiologia per cui analogamente si indica come anno di inizio il 1884, quando Robert Koch stila i suoi Postulati. Malgrado gli studi di Francesco Redi e Lazzaro Spallanzani, la teoria aristotelica della generazione spontanea aveva continuato ad essere ritenuta valida almeno per i microrganismi. Pasteur riuscì a dimostrarne sperimentalmente l'inconsistenza. Formulò anche il principio di specificità a due livelli, per il quale ogni microrganismo è definito dalle specifiche reazioni cui può sottoporre materiali prelevati dall'ambiente e ogni malattia è specificamente determinata da un agente microbico; chiarì inoltre che le attività dei microrganismi sono descrivibili mediante equazioni

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chimiche. Quanto ai Postulati di Koch, si tratta dei criteri per stabilire scientificamente la correlazione di causa ed effetto tra un microrganismo e una malattia. Koch li aveva redatti due anni dopo aver isolato il bacillo responsabile della tubercolosi. Erano scoperte che aprivano alla ricerca medica scenari fino ad allora sconosciuti ed impensabili. Tanto impensabili che le reazioni del mondo accademico non sempre furono di entusiasmo e curiosità ma anche di incredulità e di irrisione. Un illustre anatomo-patologo dell’Università di Padova, Ludovico Brunetti, nel contestare altre possibili spiegazioni di alcune alterazioni, che riteneva prodotte da fenomeni tossici e da distrofie endogene e spesso costituzionali, riferiva con ironia le notizie che giungevano d’oltralpe sulle scoperte di Pasteur come se fossero fantasie parigine, invenzioni di un francese sedicente medico, visionario e forse impostore. Del resto, commentava il Brunetti, se quegli animaletti che il Pasteur raccontava di vedere al microscopio, che per essere così piccoli aveva chiamato “microbi”, fossero esistiti,

li avrebbero ben visti anche a Padova dove c’erano ben tre

microscopi, e sicuramente migliori di quello del chimico parigino.40 La scoperta di esseri viventi talmente piccoli da poterli vedere solo con un ottimo microscopio, unita a una accurata descrizione e dettagliate immagini di alcuni di essi risaliva in realtà alle osservazioni dell’olandese Antoni van Leeuwenhoek , che nel XVII secolo li aveva definiti “animalucoli”. Per molti studiosi tuttavia ( e van Leeuwenhoek

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non lo era, tutt’al più un tecnico ) si trattava di bizzarrie, curiosità legate allo strumento che le aveva mostrate, il microscopio, ma niente faceva pensare che potessero avere un rapporto con le malattie. La progressiva affermazione di un modello batteriologico dopo le scoperte di Pasteur, di Koch, di Ernst Klebs e Jacobs Henle fu però inarrestabile; anzi, la novità e l’importanza delle loro scoperte e la diffusione di questo tipo di indagini portarono a indirizzare la ricerca eziologica prevalentemente verso l’individuazione di agenti patogeni esterni.

Congiuntura rilevante fu che l’igiene come disciplina nascesse in Italia contemporaneamente all’emergere del «paradigma» microbiologico. Francia e Gran Bretagna, un po’ meno la Germania, avevano già allora una tradizione semisecolare di medicina «pubblica» e di organismi sanitari, la quale agì non di rado come impaccio, come resistenza alla metamorfosi concettuale. L’isolamento di precise responsabilità epidemiche ed endemiche nel regno dell’infinitamente piccolo trasformava l’approccio a diagnosi e nosologia, nonché i criteri esplicativi della malattia stessa. Dal sintomatico – la visibilità esterna dell’affezione – l’accento si spostava sull’eziologico – la ricerca di cause agenti.41

Diversi furono gli atteggiamenti assunti dagli studiosi dell’epoca di fronte alla scoperta di questi microscopici agenti patogeni. Da chi, come il Presidente della Società italiana d’igiene Alfonso Corradi, giustamente argomentava che comunque era nell’ambiente putrido

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che i germi trovavano alimento e che in una situazione di corretta igiene difficilmente i microbi avrebbero proliferato a chi, come l’igienista Arnaldo Cantani, vedeva nel “mondo dei minimi” un nuovo terreno d’indagine da esplorare, perché approfondendo la conoscenza dei batteri, la batteriologia avrebbe potuto diventare batterioterapia. Dalla prudenziale sospensione di giudizio assunta da Giorgio Roster, professore d’igiene all’Università di Firenze, alla dichiarazione di guerra lanciata da Luigi Pagliani, professore d’igiene all’Università di Torino, a quegli

Esseri di una piccolezza estrema, di una prolificità superiore ad ogni immaginazione, che appunto per queste loro essenziali proprietà attaccano più facilmente gli organismi superiori penetrando nel loro sangue, nei loro tessuti più intimi e delicati, dovunque annidandovisi e svolgendovisi per modo da lederne la funzionalità, e da indurre in essi processi di alterazioni spesso mortali.42

Alcuni ricercatori tuttavia, che presero il nome di costituzionalisti o neo-costituzionalisti, preferirono insistere sui possibili fattori

predisponenti all'instaurarsi della malattia. L’accenno alla

“costituzione” nelle argomentazioni riferite dal Brunetti a proposito di distrofie endogene e spesso costituzionali, potrebbe indurre a

pensare a una sua sostanziale vicinanza con l’indirizzo

costituzionalista e per converso che questo si riducesse a una sorta di arroccamento su posizioni antiquate. Al di là dell’ovvia opposizione

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che è propria d’una scelta di campo, in realtà i due indirizzi, quello batteriologico e quello costituzionalista, non si escludevano. L’idea di “costituzione” non era per i costituzionalisti un concetto vago, bensì solidamente acquisito, anzi il principale oggetto di studio sia per definirlo compiutamente sia per individuare un metodo di determinazione valido nella pratica medica.

Allo studio dei batteri patogeni iniziò così ad aggiungere l'osservazione dei caratteri fisici, morfologici e antropometrici dell'individuo. Si può dire che la malattia, in questo senso, sia la risultante dinamica di due campi di azione: quello dei fattori morbosi esterni, classificabili universalmente e quello dell'individuo fisico, particolare e costituito da molteplici variabili specifiche. Stando a Giacinto Viola, medico costituzionalista che diresse per un lungo periodo la sezione di medicina dell’Enciclopedia Italiana, già nel 1822 uno studioso francese, Rostand aveva dato una definizione di "costituzione" che offriva “la più perfetta larga e completa visione del problema.”.43Scriveva il Rostand:

Egli è raro che un equilibrio perfetto regni in tutti i sistemi della economia animale. Questa meravigliosa armonia non è forse mai esistita che nell'immaginazione degli antichi. Quasi sempre qualche sistema sembra dominare tutti gli altri... E allora è facile concepire che la predominanza di un apparecchio debba imprimere una modificazione importante alla nostra costituzione fisica e morale. Effettivamente i varî

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sistemi che abbiamo riconosciuto entrare nella composizione del corpo umano, e i liquidi che ne fanno parte, non si trovano sempre in un rapporto tale che ne risulti un equilibrio perfetto. Talvolta l'apparecchio gastro-intestinale predomina, e da questa predominanza risulta un tipo particolare di organizzazione: talora predominano gli apparecchi respiratorio e circolatorio, donde una nuova costituzione; talora invece gli apparecchi della locomozione, altre volte l'apparecchio della innervazione, spesso quello della generazione, ecc. E sono queste diverse predominanze che caratterizzano, secondo noi, le costituzioni organiche diverse, costituzioni altrettanto moltiplicate per quanti sono i nostri apparecchi, e che differiscono ancora secondo le loro combinazioni infinite: la qual cosa rende sufficientemente conto delle varietà senza numero dei temperamenti, che la natura presenta alla nostra osservazione. Questa maniera di considerare l'organismo mi sembra infinitamente più chiara e più precisa di tutte le altre.44

In quest'ottica è dalla costituzione individuale del soggetto, intesa come contenitore di predisposizioni e somma di tratti ereditati e acquisiti, che deriva la possibilità di sviluppo della malattia. Il fattore morboso esterno, il batterio, il microbo patogeno, non è più dunque la causa ma l'elemento che attiva la malattia. Esaminando l'insieme di caratteri morfologici dell'individuo che ha di fronte, il medico costituzionalista giunge a formulare un giudizio su quale sia la sua predisposizione per determinate malattie, ciò che prende il nome di diatesi.

Caposcuola del costituzionalismo in Italia fu Achille De Giovanni.

44 Ibid.

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Durante gli anni trascorsi all'università ebbe una formazione scientifica orientata verso il lamarckismo e il materialismo positivistico, mentre la passione risorgimentale lo portò nel 1852 ad arruolarsi nei Cacciatori delle Alpi, corpo di volontari agli ordini di Garibaldi, e nel 1866 a partecipare alla Terza guerra di indipendenza. Colpito dalla tubercolosi, fu costretto a rientrare a Pavia. Se a questo episodio si aggiunge la morte dell’ unico figlio, nel 1898 per la medesima causa, si comprende il suo impegno nella lotta contro la patologia. In veste di senatore infatti prese la parola una sola volta, nel 1909 e non a caso a proposito di un disegno di legge che riguardava l'insegnamento della ginnastica in cui vedeva un'arma efficace assieme all'igiene per combattere la tubercolosi. Nel 1898, inoltre, fondò la Lega Nazionale Italiana contro la tubercolosi allo scopo di sviluppare un'azione di profilassi con la collaborazione del governo.

Tornando alla formazione scientifica, De Giovanni ebbe modo di conoscere il materialismo positivista, grazie al suo maestro Bartolomeo Panizza, direttore dell'istituto pavese di Anatomia umana, il quale lo iniziò alla morfologia comparata. Per quanto riguarda l'apparato teorico del suo pensiero fu invece determinante la

Philosophie zoologique di Lamarck che nel 1809 aveva evidenziato la

preponderanza dell'ambiente nel processo di formazione degli organismi viventi e sostenuto come l'uso degli organi, dettato da necessità esterne, fosse alla base della loro costituzione e

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modificazione. Nel ventennio tra il 1860 e il 1880 De Giovanni ebbe modo di recarsi all'estero per perfezionare la sua preparazione scientifica grazie a un sussidio concessogli dal ministero dell'istruzione. Conobbe così l'ambiente medico tedesco dove era in

voga l'orientamento di tipo meccanicistico materialista.

Successivamente, quando già insegnava a Padova si recò a Parigi per qualche mese, nel 1880, dove osservò da vicino il modo di procedere di Jean Martin Charcot del quale ammirava l’approccio neuropatologico. E’ certo che, nel corso di questi soggiorni in Francia e in Germania, De Giovanni non poté non venire a conoscenza di personaggi come Pasteur o Koch e dunque di discipline come la

batteriologia o la microbiologia. Nel suo opporsi all’indirizzo

batteriologico, che si stava affermando, ciò che contestava non erano le discipline in sé quanto l'unilateralità dell'approccio medico alle patologie basato esclusivamente su un' eziologia degli agenti microbici o al contrario su un' individuazione della patologia a partire da un organo specifico. Per De Giovanni il bacillo di Koch è “rappresentante del tubercolo” ma non della tubercolosi in senso propriamente clinico, sono invece essenziali la costituzione e le “differenti attitudini del sistema nervoso”. In altre parole fisiologia e anatomia, avendo per oggetto di studio l'organismo umano, elemento complesso e variabile, non possono che procedere unitamente. Il fisiologo che nell'analisi di un fenomeno non tiene conto degli aspetti anatomici svolge a suo avviso un lavoro a metà, e allo stesso modo

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un approccio esclusivamente anatomico non può che risultare incompleto:

Quando il fisiologo si arresta a determinare un fenomeno o a registrarne le fasi, le modalità ecc., senza preoccuparsi delle modificazioni anatomiche, compie uno studio a metà; così, quando l'anatomico si accontenta di registrare le modificazioni di forme, di volume ecc., di una parte, senza interessarsi della corrispondente funzionalità, non percorre tutte le fasi del lavoro scientifico. Il medico poi il quale si avvicina allo studio di un fatto morboso colla mente conscia delle coincidenze puramente anatomiche che sono state riscontrate, o dominata dalla conoscenza delle teorie filosofiche sulle funzioni delle parti che esamina, andrà tentennando fra le une e le altre, finché l'empirismo non gli faccia intravedere la parte migliore delle une e delle altre, quando non lo consigli a diffidare di queste e quelle.45

In quest’ottica l’essenza della malattia (“ens morbi”) non coincide esclusivamente con la sua causa (“causa morbi”) come voleva l’approccio microbiologico, ma essa diventa l’effetto di una relazione dinamica tra l’azione di un fattore esterno e un terreno biologico di predisposizioni individuali. Diventa dunque necessario riconoscere nell'organismo affetto da processi morbosi, la sua particolarità e individualità, liberandosi dal preconcetto che l'individuo, appartenente alla specie, possieda sempre caratteristiche uguali e uguali capacità di reagire.

Tale impostazione si basa sull’osservazione che a partire da uno stesso fattore esterno, da microbi patogeni dello stesso tipo, la

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malattia si sviluppa in modo diverso a seconda dei vari organismi che ne vengono colpiti. Uomo e batterio non sono che due aspetti diversi e importanti allo stesso modo per determinare lo stato morboso di un determinato individuo. Lo studio della malattia deve dunque prendere le mosse dall’osservazione dell’individualità dei sintomi, che a partire

da uno stessa fonte morbosa variano a seconda dell’individuo in cui

si manifestano. La capacità dei diversi organismi di rispondere a stimoli esterni si trova così a essere determinata da condizioni specifiche che dipendono dalle diverse interazioni tra organi e funzioni, all'interno di costituzioni specifiche. Ecco così spiegati i presupposti teorici della disciplina che De Giovanni vuole sviluppare: se da una parte è necessaria la coesistenza della fisiologia e dell'anatomia, dall'altra non si può prescindere dalla particolarità del soggetto che ci sta di fronte. Compito del medico non è dunque curare la malattia ma l’individuo malato inteso come caso singolo e particolare: “Non malattie ma individui malati si devono trattare”.46 Nella ricostruzione eziologica della malattia entrano così in gioco tutta una serie di fattori particolari il cui rilevamento diventa presupposto per la diagnosi. Fattori ambientali come l’alimentazione o il clima e fattori socio-economici o psicosociali, possedendo un carattere sempre variabile e mai fisso da caso a caso, richiedono particolare attenzione da parte del medico. Lo studio morfologico e anatomo- funzionale dell’individuo si trova così a essere preceduto da un lavoro

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che può essere definito biografico, teso cioè a far emergere un profilo il quanto più possibile dettagliato dello stile di vita condotto dal paziente. Per comprendere le basi teoriche del pensiero di De Giovanni è utile rifarsi alla descrizione che ne dà Giorgio Cosmacini:

Materialismo biologico come sfondo concettuale della clinica, scientificità di questa e sua diretta portata filosofica (al pari di ogni scienza), unificazione metodologica della medicina osservativa con la medicina sperimentale, elaborazione dottrinale di una scienza della costituzione e della predisposizione densa di implicazioni teoriche (concezione unitaria dei processi naturali) non meno che pratiche (indicazioni di terapia preventiva e di igiene sanitaria), premonizione contro il pericolo che le specializzazioni mediche degenerino in specialismi e comportino la perdita di una visione totalizzante dell’uomo (e del mondo).47

Centrale resta comunque l’aspetto morfologico dell’individuo. In linea con il pensiero positivista italiano, De Giovanni è guidato dalla convinzione che le funzioni degli organi, nel loro svolgersi, determinino l’assetto anatomico degli stessi. In questo senso il quadro morfologico risulta rilevatore di quello fisiologico: “Forma e funzione sono intimamente connesse, come forza è connessa a materia”.48

Ma quali i dati da raccogliere e quale il metodo da adottare per individuare tali caratteristiche costituzionali? il criterio alla base del neocostituzionalismo di De Giovanni era essenzialmente morfologico

47 Cosmacini, 1984, p. 1260. 48

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e basato su misurazioni delle varie parti del corpo in rapporto all'altezza. L'anamnesi del malato doveva dunque partire da una raccolta di dati quantitativi da correlare tra loro per poi confrontarli con categorie di soggetti generali. Ecco che divenivano di estremo interesse l'altezza personale, la circonferenza del torace, l'altezza del ventre e quella sternale.

Sulla base di questo complesso di dati De Giovanni arrivò dunque a elaborare un tipo morfologico ideale in cui la possibilità di contrarre malattie sarebbe ridotta al minimo e a descrivere poi tre tipi di diverse combinazioni morfologiche dove poter osservare le predisposizioni a determinati tipi di patologie. La costituzione ideale sarebbe dunque quella in cui statura e apertura delle braccia sono identiche, la circonferenza del torace è uguale alla metà dell'altezza personale, l'altezza dell’addome è uguale ad un quinto della circonferenza del torace e alla metà di quella del ventre, il diametro bisiliaco a quattro quinti dell'altezza addominale.

Tale tipo ideale, secondo De Giovanni restava comunque qualcosa di astratto, non esistente nella realtà a differenza di quelle che erano invece le 3 combinazioni morfologiche devianti da esso. Un primo tipo longilineo predisposto a contrarre malattie dell'apparato respiratorio e digerente; un secondo, muscoloso, più incline ad ammalarsi a livello dell'apparato cardio-circolatorio e a contrarre malattie reumatiche; e un ultimo in cui si mescolano le combinazioni morfologiche dei due tipi precedenti venendo però a formare un tipo prevalentemente

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brevilineo e tendente all'obesità, predisposto a malattie cardio- respiratorie e dell'apparato digerente a causa dell'eccessivo sviluppo dell'addome. De Giovanni fu quindi il primo in Italia a proporre una definizione di diversi tipi costituzionali, dando così vita ad un nuovo orientamento medico, il neocostituzionalismo.

Coerentemente rispetto alla sua impostazione positivista e all’intuizione di partenza, che all’individuo si dovesse guardare, il suo metodo prevedeva un approccio rigorosamente matematico ma di volta in volta commisurato al singolo individuo. Non si tratta per De Giovanni di inserire il paziente in una casella predeterminata di un sistema, ma di indagarne ex novo di volta in volta le potenzialità facendo riferimento a dei modelli di struttura fondamentalmente astratti, che indicano correlazioni ma non concrete misure di riferimento. Introdurre nelle sue configurazioni dei precisi riferimenti metrici, delle misure standard, avrebbe ridotto e snaturato il carattere di indagine sull’individuo e avrebbe cambiato il carattere del suo metodo, facendone magari il fondamento di una ricerca statistica. Sarà proprio quello che farà il suo allievo e biografo Giacinto Viola (1870-1943). Che così spiega le ragioni del cambiamento da lui introdotto :

Il De Giovanni si trovò dinnanzi a tutte le difficoltà e al peso d’una profonda rivoluzione del pensiero medico, che dai valori medi, fino allora contemplati, si volgeva alle varianti individuali.(…) Per mettere ordine e numero al caos iniziale dell’immensa materia raccolta, il De Giovanni molto operò

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con l’intuizione; concepì un metodo d’indagine perfetto nelle sue linee generali, ma una tecnica difettosa, e fu erroneamente contrario all’uso della statistica. L’opera sua conservò così un carattere prescientifico.49

Dopo essere stato assistente alla clinica medica di Padova di De Giovanni dal 1897 al 1899, Viola ottenne la libera docenza in patologia medica divenendone professore ordinario a Messina e successivamente a Palermo, fino a dirigere la clinica medica dell'università di Bologna dal 1921. Si interessò da subito di perfezionare la scienza delle costituzioni con un approccio classificatorio che tenesse conto dei fattori fisiologici, anatomici, patologici e psicologici. A detta di Nicola Pende che nel suo Trattato

di biotipologia umana, prima di esporre la sua nuova dottrina, passa

in rassegna i propri antecedenti storici, il merito del Viola fu quello di:

Avere, applicando allo studio della costituzione individuale la legge degli errori di Gauss-Quetelet, dimostrato che esistono e sono definibili.. non come comunemente si dice e si crede due soli ectipi fondamentali, ma due modalità o direzioni antitetiche di variazione della forma umana, la variazione in senso longilineo e la variazione in senso brevilineo; La prima caratterizzata da eccesso di sviluppo degli arti e deficienza di sviluppo del tronco (microsplancnia del Viola), la seconda da eccesso di sviluppo relativo del tronco e deficienza di sviluppo degli arti (macrosplancnia del Viola).50

Ecco in che cosa consiste lo sviluppo del costituzionalismo con Viola:

49 http://www.treccani.it/enciclopedia/costituzione_(Enciclopedia-Italiana)/ 50

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se per De Giovanni si trattava di combinazioni morfologiche determinando, ad esempio attraverso misurazioni antropometriche, valori di correlazione tra gli arti e il tronco propri dell’individuo preso in esame e confrontandoli con i valori proporzionali espressi dalle tre combinazioni, il longitipo e il brachitipo di Viola sono da intendere come errori, deviazioni da un tipo assunto come normale o medio di

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