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La scossa del 6.4.09 ore 03.32

2. IL TERREMOTO DEL 6.4.09

2.2 La scossa del 6.4.09 ore 03.32

Nel corso dell’udienza dibattimentale del 15.2.12 è stata acquisita la consulenza tecnica disposta dal P.M. dal titolo “Relazione generale sulle caratteristiche del terremoto del 6 aprile 2009 e sulla sismicità dell’area aquilana”10, effettuata dai prof.

Luis D. Decanini, Domenico Liberatore e Laura Liberatore.

Secondo i consulenti tecnici del P.M., la scossa di terremoto delle ore 03.32 del 6.4.09 non è stato un evento né anomalo, né eccezionale, né atipico.

A pag. 1 della consulenza, viene fornita la seguente descrizione della scossa:

“L’evento del 6 aprile 2009, iniziato all’1:32.39 UTC (Tempo Universale Coordinato), è stato un terremoto distensivo di magnitudo momento MW = 6.3 e momento sismico M0

= 3.7 x 1018 N m, le coordinate dell’epicentro sono 42.33 N, 13.33 E (INGV). Con profondità focale pari a circa 10 km (Celebi et al 2009). Sono state fornite diverse valutazioni delle coordinate epicentrali da parte di varie agenzie, comunque non si discostano molto tra loro e non hanno una influenza importante sul trattamento dell’input sismico presentato nel seguito.

Il terremoto è stato provocato dalla rottura di una faglia orientata secondo l’andamento dell’Appennino. Le repliche del sisma definiscono una superficie di rottura che passa direttamente sotto L’Aquila”.

Nel corso dell’udienza il prof. Domenico Liberatore, nell’illustrare il contenuto della consulenza, ha chiarito che l’indagine sulla scossa del 6.4.09 è stata condotta “su due fronti”, quello dell’analisi della sismicità storica della città di L’Aquila e quello dell’analisi delle registrazioni accelerometriche.

Il tema relativo alla sismicità storica ha avuto come oggetto l’analisi dei terremoti che, nel corso dei secoli, hanno investito la città di L’Aquila, sulla base dei dati tratti dal sito dell’I.N.G.V. e dai cataloghi storici.

Il prof. Liberatore ha riferito che nel corso dei secoli la città di L’Aquila è stata investita da alcuni rilevanti terremoti, in particolare nel 1349, nel 1461 e nel 1703, tutti con intensità prossima (uguale o maggiore) a quella della scossa delle ore 03.32 del 6.4.09. A pag. 10 e ss. della consulenza in atti, sul punto, si legge:

“Lo studio degli eventi storici consente di caratterizzare la sismicità de L’Aquila e di inquadrare l’evento del 6 aprile.

Il catalogo sismico locale de L’Aquila è stato ricostruito sulla base di osservazioni macrosismiche e dell’applicazione di una legge di attenuazione alle intensità macrosismiche epicentrali.

In Italia sono disponibili diversi cataloghi di osservazioni macrosismiche (DOM 1997, DBMI 2004, CFTI4 Med 2005). Facendo ricorso a queste fonti è stato possibile reperire una lista di 24 eventi, la cui intensità sismica locale osservata IS è superiore alla soglia del danno (IS ≥ V Mercalli-Cancani-Sieberg, MCS). La definizione osservata si riferisce a valutazioni realizzate mediante lo studio della documentazione storica.

Dalla semplice osservazione della Fig. 66 si evidenzia che il sisma del 2009 non costituisce la massima intensità osservata a L’Aquila, poiché nel 1349, nel 1461 e nel 1703 si erano già verificati eventi con intensità uguali o maggiori”.

4.0 5.0 6.0 7.0 8.0 9.0 10.0

1200 1300 1400 1500 1600 1700 1800 1900 2000

Tempo (anno)

Is (MCS)

Fig. 6. Grafico Tempo – Intensità Macrosismica per L’Aquila.

Il prof. Liberatore, nel corso della sua deposizione, ha confermato che la scossa delle ore 03.32 del 6.4.09 è stata classificata come pari al IX grado della scala Mercalli – Cancani – Sieberg (MCS) usata nel grafico che precede.

Nella consulenza in atti, poi, viene riportata la tabella relativa al conteggio degli eventi sismici in epoca storica (1200 – 2009) con magnitudo superiore a 4.5 (M >

4.5) e a 6.0 (M > 6.0) avvertiti a L’Aquila ed aventi origine nel territorio compreso in un raggio rispettivamente di 25 km. e 50 km. dal capoluogo abruzzese:

“In Fig. 7 e in Fig. 8 si riporta la distribuzione temporale degli eventi con M > 4.5 risentiti a L’Aquila e originati in un raggio di 25 km e 50 km rispettivamente. Il numero di eventi è pari a 31 nel primo caso e 44 nel secondo. Sono stati esclusi dal conteggio gli eventi del 2009. Ciò indica una tendenza al concentramento nelle zone prossime a L’Aquila e un’intensa attività sismica dell’area. Considerando un raggio di 25 km M > 6 è stato registrato quattro volte, che divengono 6 raddoppiando il raggio.

Pertanto la magnitudo del 2009 è stata eguagliata o superata più volte in precedenza”.

1703

1200 1300 1400 1500 1600 1700 1800 1900 2000

Tempo (anno)

Magnitudo Equivalente

Fig. 7. Grafico Tempo – Magnitudo Equivalente per eventi con epicentro fino a 25 km da l’Aquila e Magnitudo > 4.5.

1915

1200 1300 1400 1500 1600 1700 1800 1900 2000

Tempo (anno)

Magnitudo Equivalente

Fig. 8. Grafico Tempo – Magnitudo Equivalente per eventi con epicentro fino a 50 km da l’Aquila e Magnitudo > 4.5.

Non v’è dubbio che l’area in questione sia caratterizzata da “un’intensa attività sismica”.

L’analisi della sismicità storica di un territorio, peraltro, non può limitarsi alla considerazione del numero di precedenti analoghi alla scossa in esame (per localizzazione e magnitudo), ma deve necessariamente comprendere lo studio delle caratteristiche sismogenetiche dell’area di riferimento. In proposito i consulenti tecnici del P.M. hanno proceduto al calcolo del cd. periodo medio di ritorno dell’evento principale che ha colpito L’Aquila, ossia di un evento di magnitudo 6.3 e di intensità macrosismica media pari al IX grado della scala Mercalli – Cancani – Sieberg (MCS).

Per individuare tale periodo medio di ritorno i consulenti tecnici del P.M.

hanno seguito due criteri, incentrati rispettivamente sulle intensità macrosismiche e sulle accelerazioni di picco. Essi scrivono testualmente:

“Per stabilire il periodo medio di ritorno dell’evento principale all’Aquila (intensità macrosismica media = IX MCS, Mw = 6.3) sono stati seguiti i seguenti criteri:

a) procedura basata sulle intensità macrosismiche elaborata specificamente per questa relazione;

b) procedure basate sulle accelerazioni di picco, ottenute da diverse origini.

La procedura a), basata sui risentimenti macrosismici a L’Aquila fornisce per l’intensità IX un periodo medio di ritorno pari a circa 325 anni, valore pienamente supportato anche dalla semplice analisi degli eventi sismici verificatisi a L’Aquila.

Infatti, dalle notizie disponibili, a partire dall’anno 1000 e prima dell’evento in oggetto, risultano almeno tre eventi con intensità macrosismica maggiore o uguale a IX (1349, 1461, 1703).

La procedura b) è basata sull’analisi delle accelerazioni efficaci EPA (media dell’accelerazione spettrale tra 0.1 e 0.5 s, divisa per 2.5).

Dall’analisi complessiva dei diversi valori precedentemente elencati si desume che l’evento del 6 aprile 2009 presenterebbe un periodo di ritorno minore di quello usualmente considerato di 475 anni. Questa affermazione è pienamente supportato dagli eventi sismici storici”.

Nelle osservazioni conclusive dell’elaborato in atti, i consulenti tecnici del P.M.

hanno sintetizzato, sul punto, che:

“considerando le informazioni storiche macrosismiche, i dati accelerometrici registrati, l’analisi complessiva del danno verificatosi, si può concludere che il terremoto dell’Aquila è stato un evento il cui periodo di ritorno risulta di poco inferiore a quello di riferimento di 475 anni”.

Con riferimento specifico alla scossa di terremoto delle ore 03.32 del 6.4.09 il prof. Decanini scrive:

“l’evento del 6 aprile 2009 iniziato all’1:32.39 UTC (Tempo Universale Coordinato) è stato un terremoto distensivo di magnitudo momento MW = 6.3 …con profondità focale pari a circa 10 km.

Il terremoto è stato provocato dalla rottura di una faglia orientata secondo l’andamento dell’Appennino. Le repliche del sisma definiscono una superficie di rottura che passa direttamente sotto L’Aquila.

La scossa principale è avvenuta nell’ambito di uno sciame sismico. Dal 30 marzo 2009 sette scosse ML ≥ 3,hanno preceduto la scossa principale. Le più forti sono avvenute il 30 marzo alle 18.38:38 (ML = 4.0, MW = 4.4) e il 5 aprile alle 20.48.54 (ML = 3.9). Dopo l’evento principale, e fino alla fine di settembre si sono verificate una ventina di repliche ML ≥ 4

Ai primi di maggio il numero delle vittime ammontava a 305, delle quali 135 avvenute in 15 edifici con struttura di cemento armato, che costituiscono circa l’1% del patrimonio edilizio in cemento armato, le altre occorse in costruzioni in muratura.

Degli edifici al di fuori delle zone rosse, ispezionati sino ai primi di giugno, il 54 % è stato giudicato agibile e il 29 % inagibile.

È interessante osservare, nella seguente tabella, che il terremoto di L’Aquila (Mw = 6.3) ricade nella categoria Strong di cui, in media, considerando tutti gli eventi che avvengono nel mondo, si hanno 120 terremoti all’anno. Pertanto, secondo questa classificazione, non ricade tra gli eventi eccezionali.

Frequenza di Occorrenza dei terremoti nel mondo. Basata su osservazioni a partire dal 1900

Category Magnitude Numbers of

earthquake/year

Great 8 and higher 1

Major 7 – 7.9 18

Strong • 6 – 6.9 120

Moderate 5 – 5.9 800

Light 4 – 4.9 6200

Fonte: National Earthquake Information Center, U.S. Geological Survey

Peraltro, considerando tutti gli eventi di intensità epicentrale uguale o maggiore di IX MCS a partire dal 1100 (Catalogo dei Forti Terremoti, ING-SGA, 1997), il che corrisponde a terremoti con intensità uguali o superiori a quello Aquilano del 2009, si possono contare almeno 90 eventi, cioè circa un evento ogni 10 anni”.

Può dunque sostenersi, sulla base dell’esame della storia sismica di L’Aquila, della valutazione delle caratteristiche sismogenetiche dell’area di riferimento, del calcolo del periodo medio di ritorno e dell’analisi dell’intensità e dei danni prodotti, che la scossa delle ore 03.32 del 6.4.09 non ha costituito un evento eccezionale.

Anche il tema relativo all’analisi delle registrazioni accelerometriche è stato affrontato nella consulenza tecnica del P.M. ed è stato illustrato in udienza dal prof. Liberatore.

Per illustrare il concetto di accelerazione occorre premettere alcune considerazioni sulla magnitudo.

La magnitudo misura l’energia sismica liberata da una scossa; essa non è sufficiente per definire il potenziale distruttivo dello scuotimento provocato da un terremoto perché, in tal senso, altri valori fondamentali sono l’accelerazione, la velocità, lo spostamento del suolo, la durata della fase forte dello scuotimento, il contenuto in frequenza, la sequenza dei cicli di accelerazione.

L’accelerazione rappresenta la misura della variazione, nell’unità di tempo, della velocità del suolo.

La velocità del suolo rappresenta la misura della variazione, nell’unità di tempo, dello spostamento del suolo.

Lo spostamento del suolo è determinato dalla vibrazione derivante dall’onda sismica.

La frequenza indica il numero di oscillazioni nell’unità di tempo e il contenuto in frequenza indica quali sono le frequenze prevalenti del moto.

Con la sigla “g” si indica l’accelerazione della gravità terrestre; tale sigla indica la misura dell’accelerazione dei corpi verso il centro della terra.

La valutazione del potenziale distruttivo dello scuotimento deve essere associata anche alla durata del movimento del suolo ed al suo contenuto in frequenza perché spesso ad accelerazioni molto alte, ma di brevissima durata, si accompagnano danni minori rispetto a quelli causati da accelerazioni più basse ma più prolungate. Il fattore tempo risulta quindi di grande importanza per il potenziale distruttivo.

La normativa italiana, che si è succeduta nel corso del tempo, prescrive particolari accorgimenti per le costruzioni in zona sismica:

 il Regio Decreto n. 2105 del 22.11.1937 concernente “Norme tecniche di edilizia con particolari prescrizioni per le località colpite da terremoti” e “ Norme tecniche di buona costruzione per tutti i Comuni anche non colpiti da terremoti”. Nel citato Regio Decreto i Comuni italiani in zona sismica venivano suddivisi tra Comuni di I^ categoria e II^ categoria, classificati a seconda del grado di pericolosità sismica;

 la Legge n. 1684 del 25.11.1962 relativa a “Provvedimenti per l’edilizia con particolari prescrizioni per le zone sismiche” contenente sia disposizioni generali applicabili a tutti i Comuni del territorio nazionale sia specifiche norme per le zone sismiche di I^ categoria e II^ categoria, con l’ulteriore suddivisione tra norme per “edilizia ordinaria” (abitazioni, scuole, uffici pubblici) e norme per “edilizia speciale” (costruzioni caratterizzate da prevalente sviluppo verticale, viadotti, ponti);

 la Legge n. 64 del 02.02.1974, recepita dal Testo Unico dell’edilizia D.P.R. n.

380/2001, modificata e integrata da numerosi Decreti e Circolari ministeriali;

uno di questi Decreti è di particolare interesse ovvero quello del Ministero dei Lavori Pubblici del 16.01.1996, relativo alle norme tecniche per la costruzione in zone sismiche;

 l’ordinanza del Presidente del Consiglio dei Ministri n. 3274 del 2003, la n.

3431 del 2005 e le Norme Tecniche per le costruzioni del 2008 che completano il quadro normativo in vigore al 6 aprile 2009.

Per quanto qui interessa, si rileva che alla data del 31.3.09 la città di L’Aquila era ricompresa in zona sismica di II^ Categoria, zona a sismicità media, per la quale le fonti normative successive a quella del 1937 prevedevano una accelerazione massima del terreno riconducibile a 0,25g.

La normativa richiamata fa riferimento alle accelerazioni del suolo e non alla magnitudo perché la magnitudo esprime l’energia liberata in termini complessivi ed è un valore unico di un evento sismico, mentre l’accelerazione al suolo è un valore variabile e misurabile nello spazio, è un fattore di scala correlabile alle forze sismiche che agiscono sulle costruzioni delle quali tener conto in fase di progettazione.

Per misurare le accelerazioni nelle zone sismiche sono state dislocate oramai da anni, a cura della Protezione Civile Nazionale – R.A.N. Rete Accelerometrica Nazionale e anche dell’I.N.G.V., numerose stazioni accelerometriche. Quelle dislocate nella città di L’Aquila, che hanno fornito i dati utilizzati dai consulenti del P.M. e che rivestono utilità in questo procedimento, sono indicate con le seguenti sigle: AQM, AQK, AQU, AQV, AQG, AQA. Nell’accertamento del potenziale della scossa del 6.4.09, particolarmente indicative sono risultate le registrazioni delle stazioni AQK (collocata in zona Collemaggio) e AQU (collocata in zona Castello Spagnolo) perché esse erano collocate in zone molto vicine ai quartieri della Villa Comunale e di Via XX Settembre dove si sono concentrati i crolli delle palazzine in cemento armato da cui è derivato il maggior numero di vittime di questo processo; e come precisato in sede di deposizione dal prof. Liberatore, i valori forniti da una stazione accelerometrica sono tanto più attendibili quanto più essa è posizionata in prossimità del luogo interessato dal crollo. Oltre che da un fattore spaziale, l’attendibilità delle registrazioni delle due predette stazioni accelerometriche AQK e AQU deriva dal fatto che esse sono situate su un suolo di categoria “B” (così come risulta dalla relazione geologica del prof. Alessandro Lorè in atti) che caratterizza, nella sua generalità, il centro cittadino, e che non causa apprezzabili amplificazioni dell’onda sismica.

I dati forniti dalle altre tre stazioni accelerometriche di riferimento, AQA, AQV e AQG, appaiono meno indicativi, pochè trattasi di stazioni molto più distanti dai quartieri interessati dai crolli e posizionate nella valle del fiume Aterno, caratterizzata da depositi alluvionali.

Non sono stati, invece, presi in considerazione i valori misurati dalla stazione accelerometrica denominata AQM (detta “Il Moro”, sita in località Pettino)

poiché, come chiarito a pag. 23 della consulenza, “la stazione AQM rappresenta un caso molto particolare, in quanto collocata tra due muri di sostegno posizionati a livelli diversi, e non può essere quindi considerata di tipo free-field”. Nel corso della sua deposizione, il prof. Liberatore ha specificato che tale stazione accelerometrica si trovava “su una scarpata compresa tra due muri di sostegno” e

“dava un valore di accelerazione molto elevato”, incompatibile con il danneggiamento degli edifici circostanti.

I picchi di accelerazione strumentali (Peak Ground Acceleration - P.G.A.) registrati da tutte e cinque le stazioni accelorometriche sopra indicate, sono riassunti nella tabella che segue:

Stazione PGA g

AQK-EW 0.342

AQK-NS 0.340

AQG-EW 0.416

AQG-NS 0.434

AQA-EW 0.394

AQA-NS 0.451

AQV-EW 0.626

AQV-NS 0.598

AQU-EW 0.263

AQU-NS 0.316

Per la determinazione dell’intensità e del potenziale distruttivo di un terremoto non è però sufficiente la considerazione, come unico parametro di riferimento, dei soli picchi di accelerazione strumentale. In altri termini non è sufficiente raffrontare il picco di accelerazione strumentale (PGA) con il valore di accelerazione al suolo indicato nella normativa sismica che, come detto, nelle zone di II^ categoria in cui è ricompresa L’Aquila è di 0,25g. Se si volessero

raffrontare i picchi di accelerazione strumentale (PGA) misurati dalle cinque stazioni accelerometriche con il valore massimo di accelerazione al suolo indicato nella vigente normativa sismica (0,25g), si dovrebbe concludere che la scossa delle ore 03.32 del 6.4.09 ha rappresentato un evento eccezionale o atipico, poiché indica valori accelerometrici senz’altro superiori rispetto ai parametri normativi.

Ma il picco di accelerazione è di per sé poco significativo perché, come illustrato dal prof. Liberatore in sede di deposizione testimoniale, come si legge nella consulenza del P.M. e come si legge nella perizia redatta dal perito del G.I.P. nel fascicolo relativo al crollo della Casa dello Studente (perizia acquisita con il consenso unanime delle parti all’udienza del 13.1.12), i valori di accelerazione indicati nella vigente normativa antisismica non sono valori di picco ma sono valori efficaci: tali valori efficaci non derivano da una semplice registrazione strumentale dei picchi di accelerazione del sisma, ma scaturiscono da più articolate analisi di pericolosità sismica. Il valore di accelerazione indicato nella vigente normativa antisismica (0,25g) non è un valore puramente strumentale dei segnali accelerometrici, ma deriva da una più complessa procedura di analisi probabilistica della pericolosità.

Per questi motivi, il valore che consente di determinare in modo più appropriato l’accelerazione della scossa di terremoto delle ore 03.32 del 6.4.09 è l’E.P.A. (Effective Peak Acceleration) ovvero l’accelerazione efficace di picco, che indica il valore medio dei valori spettrali di accelerazione.

I valori delle accelerazioni efficaci della scossa delle ore 03.32 del 6.4.09 sono riportati nella tabella che segue tratta dalla consulenza tecnica del P.M.:

Tabella 1. EPA (Effective Peak Acceleration) registrazioni accelerometriche del 6 aprile2009 a L’Aquila.

Stazione EPA

g

AQV-EW 0.471

AQV-NS 0.502

AQG-EW 0.316

AQG-NS 0.309

AQA-EW 0.254

AQA-NS 0.384

AQK-EW 0.220

AQK-NS 0.245

AQU-EW 0.209

AQU-NS 0.156

Dall’esame della consulenza in atti si rileva che:

 il valore E.P.A. calcolato sulla base dei dati di tutte e cinque le stazioni accelerometriche sopra elencate (AQV, AQG, AQA, AQK e AQU) ha evidenziato un’accelerazione efficace di 0,307g, leggermente superiore al valore di riferimento normativo sopra indicato (pari al 123% del valore di normativa di 0,25g);

 il valore E.P.A. registrato dalle due stazioni più vicine ai quartieri caratterizzati dai crolli più gravi (AQK e AQU), ritenute più attendibili, ha indicato un’accelerazione efficace di 0,208g, leggermente inferiore al valore di riferimento normativo sopra indicato (pari al 83% del valore di normativa di 0,25g).

In dettaglio, a pag. 17 della consulenza, si legge:

“I valori delle accelerazioni efficaci, ottenuti dalle registrazioni della scossa principale per le componenti orizzontali, sono indicati in Tabella 4. In questa analisi è stata esclusa le registrazioni della stazione AQM in quanto non attendibili (Celebi et al.

2009).

Le registrazioni ottenute nelle stazioni AQK e AQU sono particolarmente interessanti in quanto gli strumenti sono vicine all’area maggiormente danneggiata situata nel centro dell’Aquila. Il valore medio dell’EPA(1) relativo alle due stazioni AQK e AQU è:

EPA(1)= 0.208 g (pari al 83% del valore di normativa)

Considerando tutte le registrazioni indicate in Tabella 11 (AQV, AQG, AQA, AQK, AQU), si ottiene il seguente valore medio dell’EPA:

EPA(2)= 0.307 g (pari al 123% del valore di normativa)

Tuttavia, poiché le registrazioni della stazione AQV potrebbero essere state influenzate da effetti locali ed essendo la stazione stessa abbastanza distante dal centro dell’Aquila, si ritiene opportuno indicare anche un altro valore medio dell’EPA (per le stazioni AQG, AQA, AQK, AQU), ottenuto eliminando i valori di accelerazione della stazione AQV:

EPA(3)= 0.262 g (pari al 105% del valore di normativa)

Il valore corrispondente alle diverse normative (1937, 1962, 1975. 1996) EPA(n) si può stimare mediante la seguente relazione:

EPA(n) = (C × K × R)/2.5 = (0.07 × 2.25 × 4)/2.5 = 0.25 g

In definitiva i valori più realistici sono, EPA(1) e EPA(3), sono paragonabili al valore normativo EPA(n).”

I consulenti, pertanto, hanno ritenuto di concludere, per quanto concerne il dato relativo alle accelerazioni, nel senso che la scossa delle ore 03.32 del 6.4.09 ha avuto un’intensità esprimibile in termini di forze compatibile alla previsione normativa ed hanno chiarito che “i valori più realistici delle accelerazioni efficaci rilevate … risultano dello stesso ordine dell’accelerazione efficace pari a 0,25g desunta dalle normative applicate”.

Il dato ricavabile dalle registrazioni accelerometriche evidenzia, dunque, che la scossa delle ore 03.32 del 6.4.09 ha avuto valori di E.P.A. assolutamente compatibili con il quadro normativo di riferimento, in relazione all’epoca di costruzione degli edifici crollati indicati nel capo di imputazione.

Il prof. Liberatore, nel corso della sua deposizione in dibattimento, ha chiarito come i risultati ed i metodi di analisi adottati nella redazione della consulenza tecnica non hanno trovato alcuna voce di critica o di dissenso né all’interno dell’I.N.G.V. né, più in generale, in ambito scientifico, poiché sono gli stessi parametri adottati in ambito scientifico internazionale.

Si può, dunque, concludere che la scossa delle ore 03.32 del 6.4.09 non ha rappresentato un evento anomalo, atipico o eccezionale né alla luce della storia sismica di L’Aquila, né in base alle caratteristiche sismogenetiche dell’area di riferimento, né in relazione al cd. periodo medio di ritorno, né sulla base dei

dati evincibili dalle registrazioni accelerometriche, né in termini assoluti, ossia in relazione al panorama mondiale annuale di eventi di uguale intensità.

La conferma della correttezza di tale conclusione viene tratta anche nella considerazione di un dato di tipo empirico: il prof. Liberatore, approfondendo in dibattimento un’indicazione già contenuta nella consulenza, ha fornito il dato relativo ai danni prodotti dalla scossa delle ore 03.32 del 6.4.09, evidenziando come, in occasione di essa, a L’Aquila è collassata una percentuale di edifici in cemento armato inferiore al 1% del patrimonio edilizio

La conferma della correttezza di tale conclusione viene tratta anche nella considerazione di un dato di tipo empirico: il prof. Liberatore, approfondendo in dibattimento un’indicazione già contenuta nella consulenza, ha fornito il dato relativo ai danni prodotti dalla scossa delle ore 03.32 del 6.4.09, evidenziando come, in occasione di essa, a L’Aquila è collassata una percentuale di edifici in cemento armato inferiore al 1% del patrimonio edilizio