CINA OGGI
LA SCRITTURA ALLO SCHERMO O COME I REGISTI CINESI (DE)SCRIVONO L’IMMAGINE
La cultura cinese ha creato la sua scrittura a partire da immagini. Poi, quando l’immagine è scomparsa, la scrittura ha introdotto la possibilità di esprimere cio’ che non poteva essere rappresentato. La lingua è allora passa-ta dal pittogramma all’ideogramma. Detto in altri termini, l’evoluzione del segno grafico cinese corrisponde ad un processo che va dall’immagine al ca-rattere. Nel cinema cinese, invece, almeno all’inizio della sua storia, assi-stiamo piuttosto al processo inverso, ossia si parte dal carattere per definire l’immagine.
Nei primi film muti degli anni ‘20, in Cina come altrove, la parola è pre-sente nel bel mezzo dell’immagine grazie agli intertitoli. Questi " testi filma-ti " apportano all’immagine un complemento di informazioni, anche se alcu-ni registi dell’epoca li abbiano ritenuti superflui, in quanto l’immagine sa-rebbe dovuta bastare a se stessa. Celebre, a tale proposito, la frase di Frie-drich Wilhelm Murnau " Il film ideale non ha bisogno di alcun testo”1.
Curiosamente, il film Xixiangji 㾯䇠 (La rosa di Pushui), invece di porre fine a tale controversia, dando ragione a una o all’altra delle due tesi, le spo-sa entrambe. Girato nel 1927 da Hou Yao ןᴌ e Li Minwei 哾≁Տ, il film è uno degli esempi più belli di adattamento di un’opera teatrale allo schermo. La storia è tratta dall’opera teatrale omonima Xixiang ji 㾯䇠, (La Storia
del-la camera occidentale), una commedia in 16 atti di Wang Shifu ⦻ሖ⭛ (1260-1336), che risale all’epoca Yuan ݳᵍ2. Zhang Sheng ᕐ⭏, un giovane lettera-to che prepara il concorso per diventare mandarino, si ritira nel tempio di Pushui3 per poter studiare in tranquillità. Qui incontra la bella Cui Yingying di cui s’innamora perdutamente. Zhang Sheng è però di condizioni troppo
1 Friedrich Wilhelm Murnau è sempre stato contrario all’utilizzo degli intertitoli. Nel 1931, a Tahiti, girò Tabù, suo ultimo film, che non possiede di proposito alcun intertitolo.
2 La commedia di Wang Shifu ⦻ᇎ⭛ è a sua volta una variante di una storia le cui origini sono ancora più remote. Si tratterebbe in effetti di un racconto intitolato "La storia di Yingying" 㧪㧪Ր, in cui sono raccontati gli amori di Cui Yingying ፄ㧪㧪 e di Zhang Sheng ᕐ⭏ durante l’era Zhenyuan 䍎ݳ, alla fine dell’ottavo secolo. Il racconto fu scritto in lingua classica da Yuan Zhen ݳど, uno scrittore di epoca Tang.
3 Il monastero in questione esiste realmente ma il suo vero nome è Pujiu Პᮁሪ. Fu costruito durante il regno dell’imperatrice Wu Zetian ↖ࡉཙ (624-705) e si trova nel villaggio di Puzhou, un distretto della città di Yongji, nella provincia dello Shanxi ≨⍾ᐲ㫢ᐎ䭷.
modeste per sperare di poter ottenere la mano della ragazza, anche perchè la madre si oppone fermamente. Il capo di un gruppo di banditi apprende del-la presenza deldel-la ragazza e si precipita al tempio minacciando di mandarlo in fiamme se non gliela consegnano. Yingying allora è pronta a sacrificarsi ma Zhang Sheng inventa uno stratagemma che gli permetterà di salvare la ragazza e di sposarla, vincendo cosi’ le ultime resistenze della madre.
Analizzando due sequenze del film, in una si scopre un utilizzo classico degli intertitoli (dei cartoni che comportano un testo tipografico)4 ; nell’altra, invece, l’immagine ha inglobato il testo che resta pur sempre "visibile", an-che se nascosto dietro la metafora del pennello gigante an-che il giovane Zhang Shen cavalca per inseguire il bandito che ha sequestrato la bella Ying. La me-tafora è evidente: il pennello, la penna, ossia i simboli della cultura, sono più forti della spada. E’, questo, un messaggio forte che mette in evidenza la lot-ta degli intellettuali nella Shanghai degli anni ‘20 per la nascilot-ta della nuova Cina, fondata su valori sociali moderni. Il wen (᮷) prevale dunque sul wu (↖), ossia la cultura sulle armi, la civiltà sulla barbarie.
In questo film, come in altri di quest’epoca, l’alternanza fra intertitoli e immagini appare come "la trasgressione di opposizioni diverse: quella del gesto e della parola scritta, del movimento e della staticità"5. Inoltre, grazie allo spirito innovativo dei registi, gli intertitoli non sono mai un’intrusione, pur necessaria, nell’immagine, anzi, la valorizzano. Allora, se puo’ forse sembrare esagerato affermare che la scrittura ha un ascendente sull’immagine, tuttavia è impossibile immaginare l’una senza l’altra. Po-tremmo forse spingerci fino ad affermare che, come una sorta di yin e yang, questi due elementi sono uniti in una complementarità che invece di essere contraddittoria, trova una forma di equilibrio che va oltre il dualismo.
Se gli intertitoli restituiscono al cinema muto una parte dei dialoghi fra i protagonisti, la musica gli apporta la componente sonora. Grazie a delle se-quenze fatte di intermezzi musicali, in Cina essa è presente durante tutta l’epoca del muto, al punto da creare le prime basi, anche se alquanto arcai-che, del cinema sonoro. La parola si arricchisce allora di "ciò che le manca-va"6, secondo l’espressione cara al formalista russo Iouri Tynianov, in poche
4 Gli intertitoli del film sono in francese. Il film fu, infatti, venduto nel 1927 ad un distributore francese assieme ad altre due pellicole : Fuhuo de Meigui༽⍫Ⲵ⧛⪠ (La rosa che
muore) e Hai de Shiren ⎧Ⲵ䈇Ӫ(Il poeta del mare). La rosa di Pushui fu proiettato nel 1928 a Parigi, al cinema Studio 28, in una versione breve della durata di circa quaranta minuti.
5 Cfr. Natacha Thiery, "La parole dans le cinéma muet", Labyrinthe, 7, 2000, pp. 125-142.
6 Cfr. Iouri Tynianov, "Le cinéma – Le mot – La musique", in François Albéra, Les Formalistes
parole, si arricchisce del suono. Ciononostante, in un paese in cui la scrittura è sempre stata fondamentale ed ha persino giocato un ruolo unificatore poi-chè la comprensione reciproca degli abitanti dipendeva (e dipende tuttora) dall’esistenza della grafia, la musica non poteva avere un "semplice" ruolo di amplificatore emotivo. Bisognava che essa garantisse allo spettatore una sor-ta di "ascolto visivo", che divensor-tasse addirittura indispensabile poichè ecce-zionalmente i toni non venivano rispettati per non intralciare il percorso me-lodico. Di conseguenza, i cantanti cinesi hanno reso comprensibili le parole delle loro canzoni facendo ricorso a delle tecniche specifiche, come l’aggiunta di cosiddette appoggiature7; nei sottotitoli, queste appoggiature sono suggerite da una pallina bianca che ne scandisce ugualmente il ritmo e sottolinea le diverse qualità del suono. Sono molti i film le cui canzoni, mol-to popolari presso il pubblico, presentano tale sistema grafico. Lo ritrovia-mo, ad esempio, nel capolavoro degli anni ‘30, Malu tianshi 俜䐟ཙ֯ (Angeli
della strada, 1937), e in particolare nella canzone Si ji ge ഋᆓⅼ (La canzone
del-le quattro stagioni), interpretata dalla celebre cantante e attrice Zhou Xuan ઘ⪷. Essa racconta un’antica leggenda, quella di Meng Jiang ᆏဌ8. Xiao Hong ሿ㓒, la giovane protagonista di Angeli della strada, canta in una casa da tè. Il suo padrone vorrebbe venderla ad un bandito ma Xiao Hong, terro-rizzata, spera che il musicista di cui è innamorata possa salvarla… Nel film la canzone fa un parallelo non soltanto fra la cantante e Meng Jiang, ma an-che fra due epoan-che an-che hanno in comune la sofferenza del popolo cinese. Re-stando in tema di parallelismi, potremmo persino azzardare l’ipotesi che nei film cinesi degli anni ‘30, la pallina ha quasi la stessa funzione del neuma che durante il Medio Evo serviva a trascrivere le formule melodiche e ritmi-che applicate ad una sillaba (in questo caso specifico, esse sono associate ad un carattere). Ad ogni modo, l’immagine della pallina riesce a fissare in un solo tratto convenzionale la melodia, pertanto il rapporto immagine/scrittura deve essere qui visto come la creazione di un codice di scrittura che si serve dell’immagine per leggere un suono.
7 L’appoggiatura è un abbellimento musicale che permette di ritardare la nota sulla quale si vuole insistere.
8 Secondo la leggenda, Meng Jiang ᆏဌ è una giovane sposa il cui marito partecipa ai lavori di costruzione della Grande Muraglia. Giunto l'inverno, Meng Jiang confeziona alcuni abiti pesanti da portare al marito ma, una volta giunta presso il sito in cui si svolgono i lavori, viene informata della sua morte. Il suo dolore è tale che la muraglia stessa, commossa dal suo dolore e dalle sue lacrime, crolla e riporta alla luce i corpi ormai decomposti di centinaia di uomini che hanno perso la vita durante i lavori forzati, fra cui quello del marito di Meng Jiang.
Seguendo lo stesso procedimento, negli anni ‘40-50, la scrittura si serve ancora dell’immagine ma il suo ruolo evolve. Infatti, essa aiuterà l’immagine a servire non soltanto da memorandum, ma anche a trasmettere attraverso il suo messaggio delle sensazioni vive a colui che la contempla. Per far ciò, l’estetica dell’immagine si rivolge a forme artistiche e letterarie quali la calli-grafia, la pittura e la poesia, arti tradizionalmente riunite in Cina per espri-mere la natura profonda dell’essere. Coniugando queste tre forme artistiche, il pittore, ad esempio, traduce la quintessenza di una filosofia centrata sulla relazione armoniosa dell’uomo con la natura.
Analogamente, nel cinema, i registi sperimentano nuove tecniche, come la riorganizzazione dello spazio in piani successivi, predisponendo la cine-presa in maniera tale da rendere sullo schermo alcuni principi chiave dell’estetica tradizionale cinese, quali "il panorama stimola le sensazioni" o ancora "la vista delle cose suscita dei pensieri"9.
Spesso anche le iscrizioni calligrafiche arrecano un contributo a questo processo accompagnando la riproduzione di paesaggi naturali cinesi. Come sottolinea Yolaine Escande, "esse trasformano il luogo fisico in paesaggio"10, indicando a colui che percorre il luogo virtualmente (con lo sguardo) o fisi-camente (qualora sia, ad esempio, al cospetto di una delle tante iscrizioni che si trovano sul monte Taishan ⌠ኡ) non solo ciò che vedrà, ma anche ciò che potrà percepire. Applicando questo principio di base dell’estetica tradiziona-le cinese al cinema, alcuni registi degli anni ‘50 hanno creato una tecnica che Catherine Yi-Yu Chu Woo definisce "il montaggio cinese"11. Essa consiste in una sequenza di piani filmati che alternano scene di vita umana a scene raf-figuranti la natura e che guidano lo spettatore verso una percezione di signi-ficati che vanno oltre la classica ontologia dell’immagine filmica. Prendiamo, ad esempio, il film Yi Jiang qun shui xiang dong liu а⊏᱕≤ੁь⍱ (Le acque
della piena primaverile scorrono verso Est), girato da Cai Chusheng 㭑ᾊ⭏ e Zheng Junli 䜁ੋ䟼 nel 1947. Il film si apre con la scena di un paesaggio del fiume Yangzi ᢜᆀ⊏ su cui sono riportati due versi di un poema del poeta Li
9 Han Shangyi 丙ቊѹ, "Dianying meishu yu dianying texing " " ⭥ᖡ㖾ᵟо⭥ᖡ⢩ᙗ " ("Arte cinematografica ed essenza del cinema"), in Lun dianying yu xiju de meishu sheji 䇪⭥ᖡоᠿ Ⲵ㖾ᵟ䇮䇑 (Lo studio della scenografia nel cinema et nel teatro), ѝഭ⭥ᖡࠪ⡸⽮, Beijing, 1962, p. 37.
10 Yolaine Escande, Montagnes et eaux, la culture du shanshui, Hermann, Paris, 2005, p. 251.
11 Catherine Yi-Yu Chu Woo C., "The Chinese montage: from poetry and painting to the silver screen", in Perspectives on Chinese Cinema, a cura di Chris Berry, New York, Cornell University East Asia Papers, China-Japan Program, 39,1985, p. 23.
Yu ᵾ➌12 che preannuncia le tribolazioni che dovrà subire la giovane coppia protagonista durante la guerra sino-giapponese : "Quanto è grande la tua pena? Quanto le acque di una piena primaverile". Poi, la macchina da presa si sofferma prima sulla fotografia che ritrae il matrimonio dei due protago-nisti, quindi sui due cuscini ricamati del letto della giovane coppia e poi an-cora sulle loro pantofole, le une accanto alle altre. Immediatamente dopo, la camera si sposta su di un ramo spoglio ma carico di germogli, quindi su di un ramo (che capiamo subito essere lo stesso..) carico di frutti. Poi, presumi-bilmente si ritorna all’interno della casa della coppia, dove la camera inqua-dra la scritta ricamata a mano xiao bao bao ሿᇍᇍ(piccolo tesoro) su di un ba-vaglino. E’ chiara la similitudine fra la trasformazione dei germogli in frutti ed il ... frutto dell’amore della coppia che arriverà a breve scadenza.
Natura, oggetti e scrittura fungono in questo caso sia da immagini che da segni. Il testo sembra quindi aver ceduto la sua funzione esplicativa ad una trasformazione in espressioni simboliche. Possiamo quasi vedere in questo processo un movimento progressivo verso l’astrazione che comporta in tal caso una costruzione più visiva che testuale dei film.
Un esempio molto interessante è costituito dal film Ku lian 㤖ᙻ (Amore
amaro), girato da Peng Ning ᖝᆱ nel 1980 negli Studi cinematografici di Changchun 䮯᱕⭥ᖡࡦ⡷ল, la cui sceneggiatura è tratta dal romanzo omo-nimo di Bai Hua ⲭẖ13. E’ la storia di un pittore cinese d’oltremare che, pie-no d’entusiasmo, torna a vivere in Cina nel 1950. Purtroppo, sarà presto re-legato ai margini della società e durante la Rivoluzione culturale, condurrà un’esistenza misera. Muore disegnando col suo corpo un punto interrogati-vo mentre si trascina nella neve prima che i suoi amici possano raggiungerlo per comunicargli la buona notizia della caduta della Banda dei Quattro. Il messaggio di questo film è molto forte: l’artista, tornato in patria entusiasta di poter apportare il proprio contributo alla costruzione della nuova Cina, incappa nelle contraddizioni del socialismo che, esprimendosi all’epoca at-traverso gli eccessi della Rivoluzione culturale, risulta essere agli antipodi degli obiettivi e dei principi originari sulla base dei quali Mao aveva fondato
12 Li Yu ᵾ➌ (937-978), chiamato anche Li Houzhu ᵾᖼѫ, fu un poeta celebre nonché ultimo imperatore della dinastia dei Tang meridionali. Morì in prigionia dopo la conquista del regno da parte dei Song.
13 Bai Hua ⲭẖ, il cui vero nome è Chen Youhua 䱸ցॾ, è nato nel 1930 nella provincia dello Henan. Giovanissimo, si afferma come scrittore e sceneggiatore. Condannato come esponente di "destra" nel 1957, non pubblicherà più per quasi venti anni. Dopo il 1978, riprende a scrivere e si consacra soprattutto alla stesura di sceneggiature cinematografiche, fra cui quella di Ku lian 㤖ᙻ (Amore amaro), che provoca delle violente reazioni in seno al partito. Ciò causa un’ulteriore condanna di Bai Hua e la censura totale del film, a tutt’oggi ancora invisibile.
la Repubblica popolare cinese14. Il protagonista, un artista oltretutto, esprime i suoi pensieri e sentimenti attraverso delle azioni simboliche come quella, appunto, di tracciare un grosso punto interrogativo nella neve.
Altra immagine forte e simbolica del film: un volo di anatre selvagge che disegnano in cielo una sorta di lettera «V» capovolta dove non è difficile leg-gere il carattere cinese di ren Ӫ (uomo). E nelle anatre che cadono trafitte in volo da colpi di fucile, s’intravede la fine tragica del protagonista, dei suoi ideali e di quelli di tutto quanto il popolo cinese…
È evidente che siamo ormai lontani dalla funzione esplicativa del testo perchè in questo film l’immagine non solo si è sostituita ad esso, ma addirit-tura l’immagine-testo risulta comprensibile soltanto a coloro che sono in grado di leggerla, letteralmente e metaforicamente. Si tratta quindi di un esempio molto originale di unione e fusione fra immagine e scrittura, in quanto leggere l’immagine equivale a leggere il carattere e viceversa.
Altri film durante tutta la storia del cinema cinese hanno fatto ricorso al simbolismo e alla metafora per riuscire a far passare abilmente qualche mes-saggio non politicamente corretto e sconfiggere in questo modo la censura, ma mai come nel film Amore amaro il simbolismo ha avuto un ruolo cosi forte.
La tendenza al dettaglio simbolico da interpretare è alquanto in declino nella produzione cinematografica contemporanea dato che le nuove genera-zioni privilegiano il realismo puro e (soprattutto) duro. Cionondimeno, al-cuni registi hanno voglia di sperimentare delle nuove forme estetiche che vanno oltre una semplice esplorazione del reale. E’ il caso di Zhang Lu ᕐᖻ, che nel suo film Tang shi ୀ䈇 (Le poesie Tang, 2003), ricorre alla scrittura per strutturarne la forma e, di conseguenza, le immagini. Il film narra la storia originale di un ladruncolo vittima di una malattia strana che a volte lo para-lizza impedendogli di "lavorare". Introverso, ai limiti della misoginia, è to-talmente insensibile anche alle attenzioni della sua fidanzata che fa di tutto per scuoterlo dal suo stato depressivo. A volte, gli capita di ascoltare le con-versazioni del vicino oppure una trasmissione televisiva che quest’ultimo segue spesso, dal titolo Tang shi jiang zuo ୀ䈇䇢ᓗ (Conferenze sulla poesia Tang).
Le sequenze del film seguono la struttura di un poema Tang: quattro poesie, situate ciascuna all’inizio di un episodio del film, sono in relazione con la vita quotidiana del protagonista e della sua fidanzata; le altre quattro, invece, con la routine del protagonista e con quella del suo vicino.
14 Cfr. Chris Berry "Ce qui méritait le plus d’être puni était son pénis : post-socialisme, distopie et la mort du héro", in Cinémas: Revue d’études cinématographiques, 3, 2-3, 1993, pp. 38-59.
Il film si apre con la poesia Chun xiao ᱕ᲃ (Aurora primaverile) di Meng Haoran ᆏ⎙❦15 e termina con Xun jin zhe bu yu ራ䳀㘵н䙷 (Alla ricerca
dell’eremita) di Jia Dao 䍮ዋ16, creando una sorta di parallelismo volto ad in-trodurre una dimensione spaziale capace di ridurre in frantumi la mediocri-tà dell’esistenza del protagonista. Cosi facendo, Zhang Lu rende in termini cinematografici la funzione che il parallelismo ha avuto sulla metrica delle poesie Tang.
Il contenuto delle poesie non ha nessun nesso con la vita dei protagonisti che sembra, al contrario, tutt’altro che pervasa da lirismo. Girato a Pechino fra il 23 aprile ed il 12 maggio 2003, nel pieno dell’epidemia di SARS, il film ha contribuito ad “esorcizzare la malattia e liberare un’altra febbre, quella della creazione…"17.
Meno sofisticato ma non meno interessante, l’esecizio estetico di Gao Xiongjie 儈䳴ᶠ, la cui forza emotiva e poetica del suo film, Wang Liang de
lixiang ⦻㢟Ⲵ⨶ᜣ (L’ideale di Wang Liang, 2010) risiede nelle transazioni mu-sicali. Concepite su forma di veri e propri dipinti, con poema cantato e calli-grafato al lato dell’immagine, esse enfatizzano e commentano le principali sequenze, quasi a costituire delle nuove forme di intertitoli che non intendo-no spiegare l’immagine né tanto meintendo-no sostituirsi ad essa, ma si limitaintendo-no semplicemente a commentarla18.
Diverso è invece l’approccio artistico del regista Zhang Yuedong ᕐ䏳ь. Nel suo Xiawu goujiaoлॸ⤇ਛ (Latrati pomeridiani, 2007), scrittura ed imma-gine si confondono in un’atmosfera onirica attorno ad una storia centrale sa-pientemente costruita dal regista. Il film si presenta come un trittico: lo sfon-do della parte centrale è urbano, quello invece delle parti laterali è bucolico. Ognuna di queste parti ha un titolo:
1. Cunzi he mosheng ren ᶁᆀ઼䱼⭏Ӫ (Il villaggio e lo sconosciuto) ; 2. Chengshi, mutou, xiuli gong ᐲǃᵘཤǃ؞⨶ᐕ (La città, il pezzo di le-gno e i falegnami);
3. Xigua yu nongfu 㾯⬌оߌཛ (Le angurie ed il contadino).
15 Meng Haoran ᆏ⎙❦ (689-740) è un poeta d’epoca Tang particolarmente noto per le sue poesie idilliche che descrivono la bellezza del paesaggio naturale cinese.
16 Jia Dao 䋸ጦ (779–843), noto anche con il nome di cortesia Langxian (䰶ԉ), si fece monaco prendendo il nome di Wuben (ᰐᵜ). Le sue poesie elogiano lo stile di vita austero e solitario degli eremiti e la ricerca della spiritualità cui egli stesso aspirava.
17 Frase tratta da un’intervista fatta al regista Zhang Lu il 9 aprile 2011.
18 Si tratta di una forma locale molto antica di quyi (ᴢ㢪), ossia di ballate cantate che incarnano un tipo d’arte popolare che rimonta ad una tradizione orale immemoriale: il guci (啃䇽) che fra il parlato ed il cantato, si esprime su di una melodia semplice accompagnata dal suono di placchette metalliche.
Dei titoli volontariamente ambigui, disposti anch’essi come in un tritti-co. Della trama principale (un pastore che decide un giorno di fare un giro