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PAURE PER IL FUTURO: ADOLESCENZA E ETÀ ADULTA DEI FIGLI DISABIL

5.4 La vita sessuale

Nel periodo adolescenziale insieme all’aspetto dell’autonomia lavorativa si colloca quello della sessualità, da intendersi come bisogno fisico ed affettivo. L’indagine sulla problematica sessuale nella disabilità è recente, poiché l’interesse sull’argomento nasce negli anni Ottanta del Novecento, dopo decenni di oscurantismo. Infatti, l’idea di attribuire bisogni sessuali alla persona disabile è maturata tardi dato che, come sottolinea Veglia440, soffocata esageratamente da una visione culturale già fortemente inibita sull’argomento a livello generale. Nei suoi studi Govigli441 sottolinea come non sia possibile generalizzare il discorso della sessualità nella disabilità; essa, infatti, non si pone nella stessa misura e con le stesse caratteristiche per tutti i disabili, inoltre, precisa lo studioso, la sessualità non coincide con la genitalità, ma richiede un bisogno più profondo a livello affettivo e relazionale, che spesso coincide con la parte più difficile da concretizzare e realizzare.

Nel lavoro con gli adolescenti proposto da Contardi trova spazio anche la riflessione sulla vita affettiva e sessuale che emerge più o meno esplicitamente dalle domande che i ragazzi fanno agli educatori. Le domande vengono accolte poiché il percorso dell’identità passa anche attraverso il riconoscimento di bisogni, di desideri e la necessità di agirli. Fare della sessualità un argomento tabù amplifica notevolmente il vissuto di disagio di questi ragazzi che si trovano a

440

Veglia F., Una carne sola: insegnare la sessualità agli handicappati, Angeli, Milano, 1991.

441 Govigli G., La famiglia di fronte al problema della sessualità del figlio handicappato, in

Baldaro Verde J., Govigli G., Valsigli C. (a cura di), La sessualità dell’handicappato, Pensiero Scientifico, Roma, 1987.

scoprire delle parti nuove del proprio sé. Per questi motivi il progetto verso l’autonomia prevede di instaurare un rapporto limpido e sereno, improntato sulla sincerità e libero da principi etici e religiosi. Sono previsti incontri per affrontare varie tematiche che vanno dalla descrizione di come sono fatti uomo e donna, a come si fa l’amore, ai comportamenti di coppia e anche agli abusi, in modo da dare strumenti per riconoscere quando non si desidera essere toccati. Gli operatori cercano di rispondere a tutte le domande, perché all’interno di questo spazio si può parlare di tutto. I genitori sono informati sulla linea che il centro segue improntata sulla sincerità e non legata a morali religiose, anche se gli educatori cercano di non creare conflitti tra i due ambienti, ma cercano di far capire quanto sia importante affrontare e poter parlare di questa tematica442.

Interessanti i risultati della ricerca di Cacciato sulla sessualità. Emerge come molti genitori sono concordi nel ritenere che i propri figli vivono la propria vita sessuale nella dimensione del sogno, altri rivelano problematiche del figlio rispetto a questa sfera, una piccola percentuale dichiara che il proprio figlio vive serenamente la propria sessualità condividendo momenti felici con il proprio partner, avente la stessa sindrome e conosciuto presso la stessa associazione. Questa piccola percentuale indica un segnale positivo, infatti, «se un adolescente Down ha un rapporto sufficientemente buono con se stesso ed è aiutato ad accettare il suo handicap, può cominciare a costruire una propria identità sessuale. E può avvicinare un suo simile, diventarne amico/a, e può anche innamorarsene, sino a voler stabilire con lui o lei un rapporto di coppia esclusivo, privilegiato e responsabile come accade a tutti»443. Occorre tener presente il segnale positivo, anche se il numero di risposte è poco incisivo, perché il dato indica comunque una possibilità di progettualità di vita affettiva, che generalmente non troviamo in altre ricerche.

Le modalità con cui la famiglia affronta la crescita del figlio ha un’importanza fondamentale anche per la costruzione di una sfera sessuale, poiché in un legame di iperprotezione e dipendenza reciproca si forma una base potenziale di disconoscimento dei bisogni sessuali, come indicano Zanobini e Usai. Per cui la tendenza, è quella di ritenere il disabile come privo di vita personale e tutto ciò

442 Contardi A., Verso l’autonomia, op. cit. 443 Cacciato G., I legami familiari…, op. cit., p. 47.

che lo riguarda viene in qualche modo eterodiretto444. In età adolescenziale e adulta, emerge pertanto, la problematica data da atteggiamenti di iperprotezione, di negazione e rifiuto che portano alla difficoltà di costruire un progetto di vita autonomo o almeno che permetta al soggetto disabile di viversi come co- protagonista della propria progettazione. Anche se le problematiche emergono in questa fase della vita, le premesse di fiducia, di autonomia e di realizzazione del progetto di vita, si vanno costruendo nell’infanzia. Perché:

I genitori sono anzitutto chiamati ad educare all’identità.

E l’identità comprende la capacità di riconoscere il proprio deficit: il bambino con disabilità è spesso circondato da intenzioni, per poi improvvisamente essere o sentirsi abbandonato.

Troppo spesso si assiste alla negazione del processo di identità, alla negazione dei diversi aspetti che accompagnano e qualificano, l’identità: la sessualità, la cultura, la politica, la religione… ognuna di queste dimensioni può essere negata, oppure resa speciale.

Occorre invece valorizzare la soggettività, la persona e il suo sviluppo, dare importanza alle sue emozioni ed al suo vissuto. Occorre avere fiducia nelle sue risorse e nella sua capacità di prendere decisioni; bisogna lasciar fare delle scelte: quante decisioni vere prendono?

Se sono sempre gli altri che scelgono per lei o per lui, fa più fatica a trovare la strada da sola o da solo. Bisogna allora organizzare dei ritmi e dei tempi che permettono la decisione.445

L’ambiente svolge un ruolo determinante nella costruzione dell’autonomia che passa anche attraverso i vissuti affettivi e relazionali. Non riconoscere che tali bisogni possano presentarsi nella vita del soggetto disabile significa anche rifiutare la possibilità che diventi adulto. In questo caso non è solo la famiglia a presentare le difficoltà legate alla relazione tra sessualità e la disabilità, poiché questo legame che la stessa società rifiuta di accettare. In realtà il messaggio tra gli operatori e i soggetti disabili, deve essere chiaro e non dare adito a false

444 Zanobini M., Usai M.C., Psicologia della disabilità…, op. cit.

speranze446, ma è fondamentale riconoscere che in tempi e in modalità individuali possano sorgere bisogni e necessità affettive e relazionali a carattere sessuale. Da dove partire allora? «È difficile dirlo, partire sempre dalla realtà del vissuto dell’individuo, dalla sua storia, dalla sua sensibilità e modalità di approccio alla vita e arriva fin dove può arrivare, perché non ci possono essere limiti al raggiungimento di obiettivi, anche i più ambiziosi, anche se poi non sempre si riesce a raggiungerli. Perciò dobbiamo parlare di amicizia, di relazione, di erotismo e perché no, dobbiamo anche avere il coraggio di parlare di “nuova famiglia”»447

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