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10. Relazione di Ancona con la Puglia e il regno aragonese

10.2 La Sicilia e i Catalani

La corona aragonese ottiene il controllo della Sicilia dopo il 1282 a seguito della rivolta dei Vespri Siciliani che determinarono la cacciata degli Angioini. Seguendo la testimonianza di Giuliano Saracini, i primi contatti tra Ancona e i Catalani di Sicilia sono databili al 1349446.

All’interno del mercato adriatico il ruolo dei Catalani è assai marginale, poiché il loro intervento marittimo si lega maggiormente al mercato del Mediterraneo occidentale e più in particolare con la costa tirrenica, senza tralasciare lo sviluppo del suo ruolo marittimo a seguito delle scoperte geografiche. Il legame di Ancona con il regno aragonese è più che marginale, anche se diventa più intenso dopo che la corona aragonese cacciò gli Angioini dal Regno di Napoli e dopo che si legarono alla marineria ragusina: infatti nel 1520-1545 Ragusa e i suoi abitanti costituivano il nucleo principale della marineria catalana447.

La necessità per Ancona di avere una via privilegiata verso la Sicilia si legava alla sua posizione di intermediario per il commercio con Barcellona da cui si acquistava la famosa lana che riforniva il mercato tessile marchigiano: infatti nella regolamentazione della dogana del 1421 si testimonia la presenza di una rotta commerciale unica verso Occidente, passante per la Sicilia448. Non mancano infatti contratti commerciali che descrivono la rotta che da Rimini,

Ancona e Recanati raggiungeva Messina e Palermo come destinazioni finali del viaggio449.

I più antichi accordi noti tra la Sicilia e Ancona risalgono al 1382450. Si stabilisce che la merce

intra gulfum e destinata a territori fuori dall’Adriatico paghino alla dogana di Ancona il 2%,

per la merce proveniente extra gulfum di cui era stata pagata la dogana d’ingresso, non era soggetta ad ulteriori costi se destinata a nuovo viaggio: tale valore continuerà a mantenersi fino al 1421: in tale delibera si ricorda che i legami tra le due realtà erano già sanciti da lungo

446 SARACINI G., Notizie historiche …pp. 191-198.

447 FENICIA G., I noli marittimi nell’economia ragusea del XVI secolo, in Ricchezza del mare ricchezze dal mare: sec. XIII-

XVIII, atti della trentasettesima Settimana di studi, 11-15 aprile 2005, CAVACIOCCHI S. ed., Firenze, 2006, pp. 675- 688.

448 ASAN, ACAN, consigli, 11, 1421, cc. 74r-77r appendice doc. XXX. 449 ANAN, not. Chiarozzo Sparpalli, II, 1438, cc. 141v-142v.

450 ASAN, ACAN, patti ordini e capitoli diversi, statuti della dogana, 1, c. 14v; BIONDI M.V., Ancona e il suo

108 tempo e si erano mantenuti tali in maniera continuativa (Secondo l’ordine antico)451. Per i panni

provenienti da Occidente si paga come per i panni lombardi, quindi la lana spagnola è assimilabile per valore a quella dei panni lombardi. Per le altre tipologie di merci provenienti da Occidente si paga la dogana al 3%. La lana di Barcellona assume quindi il ruolo di prodotto principale del mercato catalano e la Sicilia diviene rotta privilegiata per il commercio di tale prodotto da Occidente verso Oriente. Altri importanti prodotti importati da Occidente sono la bambagia, lo stagno e il piombo. I panni destinati al commercio dell’entroterra devono pagare un’ulteriore tassa del 1%. I Siciliani erano esenti dal pagamento di un denaro per l’uso del fondaco. Per il trasporto di panni fiorentini che navigavano dentro il golfo con navi catalane si doveva pagare 1 ducato per balla (la balla era composta da 5 panni452). Vengono

inoltre definiti aspetti legati al commercio fiorentino di panni passanti per Ancona e destinati alla Sicilia che devono pagare il 4%: tale valore nel 1421 si abbasserà al 2% per tutti i mercanti stranieri, con lo scopo di favorire il commercio dei panni toscani.

A fine Trecento quindi gli Statuti del Mare di Ancona riconoscono l’esistenza solo di accordi commerciali specifici con Venezia, la Dalmazia, Ragusa e i Catalani453.

Il trattato con la Sicilia, più che avere un carattere diplomatico di relazioni con tale regione, in realtà regolamenta il commercio della merce occidentale, che inevitabilmente passava per la Sicilia prima di dirigersi verso l’Adriatico, mostrando come tale rotta sia ancora predominante per poi essere affiancata nel Quattrocento, per opera dell’azione fiorentina nella distribuzione di prodotti catalani, dalla rotta che passava per Porto Pisano e gli Appennini. Si deve però anche riconoscere l’esistenza di un piccolo commercio che avveniva nella direzione opposta, come testimonia Zibaldone da Canal che narra come nel XIV secolo, Messina importasse olio anche da Ancona e Fermo454. Inoltre i mercanti di Messina

effettuavano il nolo di navi anconetane, quindi frequentavano il porto dorico non solo come luogo di transito, sfruttando quella posizione che Ancona aveva grazie al proprio porto455.

I legami tra queste regioni e il ruolo di Ragusa come intermediario, si trova anche nel trattato tra Ancona e Ragusa del 1372 dove si stabilisce che i prodotti della Puglia e della Sicilia condotti ad Ancona dai Ragusini dovessero essere soggetti agli stessi dazi applicati ai mercanti

451 ASAN, ACAN, consigli, 11, 1421, cc. 74r-77r appendice doc. XXX. 452 ASAN, ACAN, consigli, 11, 1421, cc. 74r-77r appendice doc. XXX.

453 ASAN, ACAN, Statuti del comune di Ancona, Statuti del mare del terzenale e della dogana 1397; ASAN,

ACAN, consigli, 11, 1421, cc. 74r-77r appendice doc. XXXI; Statuti del Mare…, r. XXXIII; BIONDI M.V., Ancona e il suo mare…p. 44.

454 Zibaldone da Canal: manoscritto mercantile del secolo XIV, STUSSI A. ed., Venezia, 1967, c.33r. 455 ANAN, not. Chiarozzo Sparpalli, 2, II, 1438 c. 141v-142v.

109 anconetani456. Elemento ribadito anche nel trattato del 1397457. I Catalani, nello stesso anno

in cui stabiliscono relazioni commerciali con Ancona, definiscono anche accordi commerciali con Ragusa sottolineando l’interesse, nel XIV secolo dei Catalani per l’Adriatico, al fine di costituire punti privilegiati per il commercio della propria lana nei porti adriatici principali458.

Nel 1399 si hanno nuovi trattati, ma questa volta non riguardano solo la regione catalana della Sicilia ma l’intero territorio controllato dai Catalani: gli stessi regolamenti sostanzialmente non cambiano, ma trovano solo un’estensione territoriale di applicazione459.

Non essendo noti ulteriori accordi dopo il 1443, anno in cui gli Aragonesi sottraggono il Regno di Napoli agli Angioini, si può pensare ad un’estensione degli accordi del 1399 a tutto il sud Italia. Elemento che caratterizza sia il trattato del 1382 sia quello del 1399, è l’aspetto unidirezionale: tutte le clausole presenti, sono finalizzate a garantire il commercio dei Catalani ad Ancona, senza mai parlare degli incentivi applicati ai mercanti anconetani nei mercati catalani, forse definiti nella versione del trattato in possesso dei Catalani stessi, di cui non ci giungono testimonianze. Ma ciò potrebbe anche testimoniare che il valore commerciale di Ancona è dato dal suo porto e non dai suoi mercanti che hanno quindi un ruolo secondario: come detto, Riniero Zeno affermava che Ancona era priva di una propria flotta mercantile, anche se gli Statuti del Terzenale mostrano un’importante attività cantieristica e l’obbligo per i mercanti stranieri del nolo delle navi anconetane; non mancano comunque le eccezioni che vedono nel 1391, mercanti lombardi noleggiare navi ragusine, impiegate nel commercio della carta di Fabriano, o la presenza di mercanti fiorentini come Andrea de’ Pazzi della società Medici, che operò ad Ancona dal 1395 al 1415, impiegando esclusivamente navi catalane460.

A ciò deve aggiungersi la mancanza diffusa della doppia versione dei trattati, nota spesso solo nella versione destinata al comune, con le regole per l’accesso al porto dorico dei mercanti stranieri, venendoci a mancare quasi totalmente le regole che definiscono i privilegi per i mercanti anconetani nei porti stranieri, che ci permetterebbe di stabilire in maniera chiara e completa, il ruolo internazionale della marineria anconetana. Ciò che emerge dai trattati anconetani, è la volontà di favorire il passaggio della maggior quantità possibile di merci e navi, forse tralasciando lo sviluppo della marineria locale, come disse Michele Polverari: “il

456 ASAN, ACAN, patti ordini e capitoli diversi 1, statuti della dogana e patti con diverse nazioni, libro I 1345-

1476, cc. 6 r-9r;CD, XIV, doc. 333, appendice doc. XVI; Statuti anconitani del mare …pp. 238-246; KREKIĆ B., Dubrovnik… doc. 303, p. 212BIONDI M.V, Ancona e il suo mare… vol. I, pp. 89-94.

457 DADU, Capitolare della Dogana Grande, 321; CARTER F.W., Dubrovinik… pp. 276-278 appendice doc.

XXIV.

458 M.DEL TREPPO, Assicurazioni e commercio a Barcellona nel 1428-9, in Rivista storica italiana, 1958, pp. 44-81.

459ASAN, ACAN, patti ordini e capitoli diversi, statuti della dogana, 1, c. 4v; BIONDI M.V., Ancona e il

suo mare…pp.112-114, appendice doc. XXVII.

460 ASAN, ACAN, consigli, 6, 1391, cc. 172v-173r; ASAN, ACAN, consigli, 28,1507, c. 23v;MELIS F.,Mercanti

110 fatto è che Ancona più che sulla sua flotta, conta sul suo porto”461. Guglielmo Heyd definisce

il porto di Ancona di seconda categoria, i cui mercanti commerciano però con Egitto, Siria e Bisanzio ma sempre al seguito dei Veneziani462. Anche Peter Earle sostiene che le operazioni

economiche svolte dal porto di Ancona sono molto limitate rispetto alle sue potenzialità, soprattutto prima del 1532: dopo tale data si riscontrerebbe un maggior numero di documenti, che attestano una più intensa attività mercantile, insieme ad una struttura burocratica meglio organizzata, creata alla fine XV secolo, che prevede la presenza di Capitani del Porto adibiti alle attività doganali e Consoli del Mare che svolgono attività amministrativa e giudiziaria463. Insomma il ruolo del porto di Ancona è associabile a ciò che mostra Torre

per il porto di Ravenna del XIII e XIV secolo, dove la mancata attestazione di corporazioni mercantili, lascerebbe pensare al porto di Ravenna come un porto di transito verso il Po, con agenti economici esterni alla regione, come si mostra anche per l’Abruzzo e la Puglia464.

Altro elemento caratterizzante il trattato del 1399, che lo avvicina alla tipologia dei trattati adriatici, è la presenza tra i firmatari dell’accordo per i Catalani, non di rappresentanti della corona aragonese, ma di mercanti nominati dallo stesso re quindi profondi conoscitori della materia trattata, capaci di ottenere i migliori risultati, come avvenne anche nel caso di Ciriaco de’ Pizzecolli, mercante e umanista anconetano, che partecipò alla stesura del trattato tra Ancona e Ragusa nel 1440 (vedi cap. 12.4.6). Nel trattato del 1399 trovano ancora spazio gli elementi politici che caratterizzavano i trattati del XII secolo: i Catalani promettono che i corsari, compresi quelli di Sicilia, non avrebbero più danneggiato le navi anconetane465.

Questo ci induce a pensare che, come avvenne nei trattati marchigiani sopracitati, spesso tali norme mercantili, avvenivano a seguito di periodi di tensione generati dalle azioni piratesche. Nonostante il trattato, queste azioni continuarono saltuariamente a ripresentarsi, così come avvenne nel 1392 come testimonia un’ambasciata anconetana al re, o come avvenne nel 1430 quando il comune dorico si vide costretto ad inviare un’ambasciata al Re d’Aragona, per

461 ASAN, ACAN, Statuti del comune di Ancona, Statuti del mare, del terzenale e della dogana, 2, 1397, r.

LXIX, XCVII ordene che nullo non possa nolegiare navilii de forestieri;ZENO R., Storia del diritto marittimo …pp.171-177; POLVERARI M., Ancona tra oriente e occidente…, pp. 28-30; INSABATO E., La società anconitana nelle breviature del notaio Chiarozzo Sparpalli…, p. 407.

462 ASAN, ANAN, not. Marcuzio Benincasa, 41,1447-1450, cc.74 r-v appendice doc. LI; HEYD G., Le colonie

commerciali, … pp. 205-223.

463 GOLDSCHMIDT L.,Storia universale del diritto commerciale, … p. 145; EARLE P., The commercial development of Ancona

1479-1551, in Economic history review, n.22, 1969, pp. 28-44.

464 TORRE A., L’oggetto delle relazioni tra Venezia e Ravenna…pp. 121-142; FÈLLER L., Sur le source de l’histoire des

Abruzzes entre IX et XII siècles, in Contributi per la storia dell’Abruzzo adriatico nel Medioevo, PACIOCCO R.,PELLEGRINI L. ed., Chieti, 1992, pp. 47-69.

465 Secondo la definizione di Pinuccia Simbula, i corsari sono pirati che hanno l’autorizzazione statale a

commettere illeciti verso i nemici dello Stato, il cui bottino ottenuto, deve essere diviso con lo Stato stesso. La loro azione ha per obiettivo il danneggiamento economico del nemico SIMBULA P., I pericoli del mare: corsari e pirati nel Mediterraneo basso medievale, in Viaggiare nel Medioevo, GENSINI S. ed., Roma, 2000, pp. 369-402.

111 svolgere rimostranze sui danni arrecati alla nave di Cristofano de Albergoctis attaccata da navi catalane su ordine malatestiano, a cui sarebbe seguita una serie di rappresaglie verso le navi catalane stesse, per rientrare economicamente del danno subito da Cristofano466.

Elemento che distingue il contratto dei Catalani da quelli con le città adriatiche, è il soggetto che esegue lo scambio commerciale: gli incentivi al commercio non sono destinati tanto ai mercanti catalani, ma ai prodotti catalani. Infatti si legge che qualsiasi mercante che conduce panni catalani ad Ancona è soggetto al pagamento della dogana dell’1%, mentre per la loro vendita nel territorio anconetano devono pagare il 3%467: questo dato ci permette di mostrare

il profondo interesse verso un prodotto specifico, in cui non ha peso l’origine del mercante che lo conduce. Ai mercanti catalani però vengono ovviamente dati privilegi commerciali, rimanendo nel solco della tradizione normativa qui esposta, infatti venivano garantiti vantaggi nel commercio di panni provenienti da Firenze e Venezia, pagando indifferentemente il 3%. Per esportare merce acquistata ad Ancona i mercanti catalani pagavano lo 0,5%.

Il trattato non mostra una scadenza, come spesso avveniva, ma anzi se ne stabilisce l’azione illimitata nel tempo, pur garantendo la possibilità di revisione, dando prova del fatto che tale trattato si sia esteso anche al Regno di Napoli dopo il 1443. Per favorire un’azione prolungata nel tempo, nel trattato venivano poste regole non troppo stringenti e questo creava la necessità, in diversi casi, di ricorrere ai salvacondotti per ottenere un privilegio specifico nel caso di azioni commerciali particolari468.

Sicuramente il ruolo dei mercanti catalani pur essendo una delle principali componenti mercantili ad Ancona, non è certo quello predominante, soprattutto nel XV secolo, quando la posizione fiorentina nel commercio con l’Oriente porta gli stessi Catalani a preferire, alla rotta che dalla Sicilia raggiunge l’Adriatico, quella che attraverso i porti toscani di Pisa e Livorno, percorrevano la rotta appenninica per giungere ad Ancona: questo si osserva soprattutto nel commercio diretto in Schiavonia, come mostra un contratto di commercio tra mercanti anconetani e catalani per la vendita di merce in Dalmazia469. I dati raccolti da

Federigo Melis mostrerebbero che i 2/3 delle navi catalane frequentavano Porto Pisano:

466ASAN, ACAN, consigli, 14, cc.29v-30r 13 aprile 1430 ambasciata inviata al re d’Aragona per i danni arrecati

alla nave di Cristofano de Albergoctis a cui è seguita rappresaglia su navi catalane; ASAN, ACAN, consigli, 14, c. 64r 25 novembre 1430; ASAN, ACAN, consigli, 7, c. 188v 12 dicembre 1392, per scribendo regi Aragonus super dampnitie illatis Anconitanis.

467 ASHTOR E., East-west trade…, pp. 303-377.

468 ASAN, ACAN, libri di cancelleria e raccolta Albertini, 1, 1430, cc. 30r-32r;GIACOMINI C., Fonti per la storia

del porto dorico…, pp. 91-112.

469 ANAN, not. Chiarozzo Sparpalli, 2, II, 1432, cc. 54v-55r; INSABATO E., La società anconitana nelle breviature del

112 questo ci induce a pensare ad una forte azione toscana nel commercio dei prodotti catalani nel Quattrocento verso le Marche, riducendo anche il peso della rotta siciliana470.

Non per questo mancò un consolato dei Catalani ad Ancona nel 1485, prova del ruolo di tale gruppo mercantile nella città dorica. Tale consolato ci mostra come esso coinvolga non solo i mercanti catalani del Sud Italia, ma di tutto il regno aragonese, infatti uno dei suoi consoli, Nicola Bret, venne nominato direttamente a Barcellona471.

L’importanza dei Catalani nel commercio del Mediterraneo occidentale, come hanno mostrato gli importanti studi svolti negli ultimi due decenni da numerosi studiosi sulla base di documentazione spagnola e fiorentina, trovano giustificazione anche nello stesso trattato del 1382 dove i Catalani stabiliscono le norme che dovevano rispettare i mercanti di Ancona per commerciare con la Barberia, testimoniando come gli stessi Catalani controllassero anche questa importante rotta in cui confluivano le carovane africane472.

Lo studio sulle assicurazioni svolto da Mario del Treppo, per la prima metà del XV secolo, ci induce a confermare questa perdita di importanza per la rotta siciliano-adriatica, lasciando aperta esclusivamente la strada per Venezia: infatti egli registra tra 1439-47 la presenza di 6 assicurazioni per Venezia, 1 per Segna, 1 per Ragusa mentre nel periodo 1428-9, vi è indicata un’unica nave destinata a Civitavecchia per rifornire la corte romana. La totale mancanza di riferimenti ad Ancona nei dati raccolti da Del Treppo, giustificherebbe ulteriormente la tesi che vede nel XV secolo la scelta della rotta appenninica per rifornire le Marche di lana spagnola473. Infatti se teniamo in considerazione il fatto che nel 1382 i Catalani stabiliscono

azioni commerciali con Ancona e Ragusa, significa che questi avevano interessi forti verso questa regione, ma con il Quattrocento e la presenza fiorentina, si sceglierà di prediligere differenti strade, pur non perdendo l’interesse economico su tale area.

Come per il caso pugliese, ci troviamo di fronte a dati contrastanti che solo ricerche future, provenienti da archivi diversi, potranno tentare di colmare: infatti la presenza di consolati e di trattati indicano un importante interesse aragonese sul bacino adriatico, ma i dati raccolti da Del Treppo, confrontati con i dati relativi alla contrattazione commerciale dell’archivio anconetano, che successivamente si affronteranno in modo dettagliato (vedi cap.15), mostrano una scarsa frequentazione catalana ad Ancona.

470 MELIS F.,Mercanti italiani nell’Europa medievale...pp. 251-277.

471 POLVERARI A., Il consolato dei Catalani in Ancona alla fine del Quattrocento, in Quaderni storici, n.4, 1967, pp.131-

136.

472 ASHTOR E., Il commercio anconetano con il Mediterraneo occidentale… pp. 9-72.

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