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9. Le relazioni di Ancona con la Romagna

9.1 Ravenna

9.1.2 Il trattato monetale del 1249

Dopo poco più di vent’anni, nel 1249 le due città decidono di cercare nuovi accordi. Questo nuovo trattato assume una veste particolare poiché non ha un valore commerciale, come tutti i trattati che in questa sede vengono illustrati, ma assume valore di trattato monetale, ponendosi come un unicum all’interno della trattatistica economico-commerciale. L’obiettivo era quello di creare un unico mercato che coinvolgesse i due territori, uniformati dall’uso della stessa moneta, ossia il grosso d’argento (agontano) standardizzato in valore, tipo, peso e bontà, con l’obiettivo di contrastare il peso di valute, come il ducato, in rapida ascesa nell’Adriatico338. Come nel caso del trattato del 1227, ci troviamo di fronte ad una

testimonianza indiretta mancando, allo stato attuale delle conoscenze, il documento originale: infatti il documento ci è noto solo dal racconto di Girolamo Rossi, storico ravennate del XVI secolo, ripreso senza ulteriori approfondimenti, dagli storici anconetani, dove si riconosce sia al comune che all’Arcivescovado la volontà di giungere a questa sintesi: purtroppo la ricerca presso gli archivi sia di Ancona che di Ravenna non hanno prodotto risultati in grado di superare la testimonianza indiretta di tale fonte339.

L’Agontano originariamente aveva lo stesso valore della moneta lucchese, moneta circolante nel XII secolo nei territori soggetti alla Chiesa. Tra la fine del XII e l’inizio del XIII secolo, l’agontano andò sostituendosi alla moneta lucchese, assumendo il ruolo di moneta locale, grazie anche alle concessioni papali per l’istituzione di zecche locali340. Secondo Antonio Ivan

Pini, la creazione di un nuovo grosso in argento a Ravenna, nel 1231, può aver messo il governo romagnolo nella condizione di avvicinarsi al mercato marchigiano anche dal punto di vista monetale341. Le stesse carte di Osimo testimoniano l’uso indifferente sia della moneta

ravennate che anconetana nel 1214 e nel 1233342. La costituzione di un mercato monetale

regionale unico, trova compimento nel giro di pochi anni, infatti si trovano testimonianze della presenza dell’agontano nel territorio riminese, che aveva tutto l’interesse ad uniformarsi al sistema che andava creandosi tra Romagna e Marche. L’uso dell’agontano intorno al 1270, anche in territori come Ascoli Piceno e Bologna, mostra l’avvenuta costituzione di un unico

338 SARACINI G., Notizie historiche …pp. 174-177; PERUZZI A., Storia di Ancona…, I, p. 387; PERUZZI A.,

Dissertazioni anconitane…, p. 271; NATALUCCI M., Ancona attraverso i secoli…, p.414,ROSSI G., Storie ravennati, …p. 435; MORELLI A.L.,NOVARA P.,Sedi di zecca e monetazione di Ravenna dall’Antichità al Tardo Medioevo, in Atti e memorie della Deputazione di storia patria di Romagna, 2007, pp. 151-200; ROSSI R., Zecche e monete …pp. 115-137.

339 ROSSI G., Storie ravennati, …p. 435.

340 SACCOCCI A., La circolazione monetale nel Medioevo marchigiano alla luce dei rinvenimenti e delle fonti scritte (IX-XIII

secolo), in Atti e memorie della deputazione di storia patria per le Marche 1997, pp.79-113.

341 PINI A.I., L’economia anomala di Ravenna, …pp. 509-554.

87 bacino monetale343. Quindi con la fine del XIII secolo la costituzione di un mercato monetale

unico tra Marca e Romandiola si poteva dire concluso.

Questo accordo di coniazione verrà redatto dal podestà di Ancona, Bertone Calcheria, e dai legati ravennati Marco di Firenze e Poderetto di Cassino, con prima stesura ad Ancona e conferma di fronte al comune di Ravenna. Questo trattato giunge sicuramente alla fine di un processo avviato nel XII secolo nato con lo scopo di creare un bacino monetale comprendete Romagna e Marche, da Ascoli Piceno fino a Bologna.

Secondo i numismatici Giuseppe Castellani e Andrea Saccocci, una prima definizione di accordo monetale tra le due città, troverebbe testimonianza già nel 1170 (anche di tale documento non se ne hanno indicazioni specifiche), che mostrerebbe un primo tentativo di sostituzione della moneta lucchese con una moneta locale, mentre citazioni di denari ravennati compaiono nelle carte di Fiastra nel 1179, ed in quelle di Fonte Avellana nel 1199344.

La volontà di costituire un mercato monetale regionale troverebbe ulteriori prove nel trattato tra Ravenna e Rimini del 1194 finalizzato a generalizzare l’uso del denaro ravennate in entrambi i territori345.

L’uniformità monetale tra Marche e Romagna definita giuridicamente dal trattato del 1249, perderà il suo effetto o comunque avrà minor rilievo a partire dalla seconda metà del XIV secolo: in questo periodo il ducato veneto, una delle monete circolanti nel mercato adriatico del XIII secolo, avrà sempre maggiore diffusione fino a divenire la moneta principale nella contrattazione internazionale. Nel trattato tra Ancona e Ragusa del 1292 si osserva per esempio, che l’agontano e l’yperpero raguseo venivano impiegati indistintamente nei pagamenti doganali, ma nel trattato successivo del 1372, si indica l’uso prevalente del ducato nella contrattazione internazionale, lasciando l’impiego della moneta locale solo per i piccoli pagamenti (vedi cap. 12.4.3)346.

343Rimini medievale: contributi per la storia della città, TURCHINI A. ed., Rimini, 1992, p. 414; MORELLI A.L.,NOVARA

P., Sedi di zecca e monetazione di Ravenna …pp. 151-200; SACCOCCI A., Alcune ipotesi sulla nascita e il successo dell’Agontano, … pp. 19-30; PINTO G., Ascoli Piceno…, pp.80-91.

344 CASTELLANI G., Numismatica marchigiana, … pp. 238-277; NATALUCCI M., Ancona attraverso i secoli…, pp.413-

414; Rimini medievale, … p. 415; Istituzioni e statuti comunali nella Marca d'Ancona…, I, pp.56-60; SACCOCCI A., Relazioni monetarie fra le Marche e le regioni circostanti in età medievale e moderna, in Le Marche e l’oltre Marche tra l’evo antico e il moderno. Rapporti di varia natura alla luce della documentazione numismatica II Convegno di Studi numismatici

marchigiani (Ancona 13-14 maggio 2011), ROSSI R. ed., pp. 219-240; ID., La circolazione monetale nel Medioevo marchigiano…, pp.79-113; DUBBINI M.,MANCINELLI G., Storia delle monete di Ancona, …pp. 31-79; BALDASSARRI M., Coast to coast: cenni sulle relazioni monetarie tra Toscana e Marche nel Basso Medioevo (XI-XIII secolo), in Paesaggi e

proiezione marittima: i sistemi adriatico e tirrenico nel lungo periodo: Marche e Toscana a confronto, GARZELLA G. ed., Pisa, 2013, pp. 47-62.

345 TONINI L., Storia civile e sacra riminese …II, doc. 90; PINI A.I., L’economia anomala di Ravenna, …pp. 509-554;

MORELLI A.L.,NOVARA P., Sedi di zecca e monetazione di Ravenna…, pp. 151-200.

88 La rapidità con cui si diffonde l’uso di tale monetazione a seguito del trattato (Rimini nel 1250 conia monete che seguono il nominale agontano), esprime sicuramente la necessità di creare un bacino economico univoco, con caratteristiche commerciali sovrapponibili, dove la presenza di un’unica monetazione permetteva di uniformare un mercato già di per sé con caratteristiche produttive ed economiche uniformi347.

Ulteriore prova della continuità di impiego dell’agontano all’inizio XIV secolo, secondo la testimonianza di Rossi, si troverebbe nel decreto eseguito nel 1307 dall’arcivescovo Rainaldo, che stabilisce come Ravenna dovesse battere moneta secondo il sistema anconetano, mostrando come il trattato del 1249 continuasse ad avere effetto348.

Al grosso anconetano, per il commercio al dettaglio, venivano affiancati i nominali minori del bolognino che, al contrario del grosso, continua a comparire costantemente nei libri di rendicontazione della seconda metà del XIV secolo, quando ormai aveva preso piede l’impiego del ducato. La conservazione nell’uso del bolognino si lega ovviamente alla necessità di mantenere un nominale utile ai piccoli acquisti e facilmente utilizzabile entro un’ampia regione commerciale349.

1bolognino= 1 agontano= 1 denaro = 1\12 di soldo 1 grosso agontano d’argento= 12 denari= 1 soldo

1 lira anconetana = 24 denari350

Non si deve tralasciare il fatto che il trattato del 1249 può considerarsi pressochè un unicum nel bacino adriatico, poiché dall’analisi svolta, non sono mai emersi trattati che andassero a costituire una “moneta unica” per un determinato bacino economico. L’unico trattato che in parte si avvicinerà a tale tipologia di accordi sarà quello tra Ancona e Ragusa del 1292 dove si definirà un cambio fisso tra l’agontano e l’yperpero (vedi cap. 12.4.3): in questo trattato però l’aspetto monetale diviene solo uno dei diversi fattori di contrattazione tra le due città e non certo quello prevalente, come invece avverrebbe per il trattato tra Ancona e Ravenna del 1249.

Dobbiamo inoltre tenere presente che sia il trattato del 1227, sia il trattato del 1249 sono noti non per documentazione originale, ma solo per testimonianza indiretta proveniente da uno

347 ERCOLANI COCCHI E., L’agontano in Emilia-Romagna: produzione e circolazione, in L’agontano: una moneta d’argento

per l’Italia medievale: convegno in ricordo di Angelo Finetti, Trevi 11-12 ottobre 2001, TRAVAINI L. ed., 2003, pp. 55-79.

348ROSSI G., Storie ravennati, …p. 525, a. 1307.

349 CASTELLANI G., Numismatica marchigiana…, pp. 238-277; PEZZOLO L., Il fisco dei Veneziani…, pp. 131,

negli anni 1472-1517 il ducato valeva: 1 ducato d’oro=124 soldi 1 ducato d’argento= 6 lire = 4 soldi.

89 storico del XVI secolo: ciò impedisce di poter verificare le sue stesse affermazioni, ma nonostante questo, il trattato del 1249 ha assunto un valore importantissimo nella storiografia successiva, che ha influenzato gli studi numismatici che ad esso si richiamano per giustificare il riscontro archeologico di una unità monetale regionale351.

Il valore che ha questo trattato, supportato anche dal dato archeologico-numismatico, ci pone nella necessità di chiederci come sia possibile che la sua conoscenza avvenga solamente attraverso un semplice paragrafo di poche righe scritte da Girolamo Rossi. La sua diffusione era comunque notevole già nel XIII secolo visto che è stato possibile rintracciare agontani a Bologna, Ravenna e Rimini in Emilia-Romagna, Ascoli, Camerino, Fermo e Macerata nelle Marche, ma anche ad Arezzo, Chiusi e Volterra in Toscana, Cittaducale nel Lazio, Atri in Abruzzo352: tutte queste città si trovano in zone che, nel XII secolo, erano più o meno

dipendenti dalla zecca di Lucca per il loro approvvigionamento di monete. Secondo Andrea Saccocci è quindi piuttosto ovvio pensare che tale area monetale fosse l’erede di quella afferente alla zecca imperiale di Lucca.

Ovviamente la valutazione di relazioni economiche passa anche per gli studi numismatici: non essendo questa la sede, se ne è voluto comunque fare un accenno, a dimostrazione della variegata tipologie di fonti che possono concorrere a ricostruire la storia commerciale. Roberto Rossi, parla addirittura di un agontano coniato dalla fine del XII secolo e diffuso in Lombardia, Romagna e Toscana, ossia lungo le rotte commerciali anconetane, suffragate poi anche dalla presenza di trattati internazionali353. Non bisogna inoltre tralasciare il fatto che

l’istituzione di zecche cittadine, proprio tra XIII e XIV secolo nelle Marche, è associabile alle nuove necessità di sviluppo del commercio di questo territorio, come Rossi ha recentemente dimostrato354.