Cap III: Frammenti della soggettività umana
III.2. Il significato della libertà umana
La tematica della soggettività si intreccia anche con la questione della libertà umana500, per quanto la soggettività si presenta come coscienza di sé che si traduce in potere, in possibilità di scelta tra alternative. Gadamer, come abbiamo già visto, considera specificità dell’uomo la sua capacità di trascendersi, di andare oltre il mero istinto di conservazione, e l’insufficienza per la sua vita del corredo biologico. C’è un senso dell’ethos che accomuna gli uomini e gli altri animali, il suo significato descrittivo di abitare, di essere secondo la propria natura, natura che si consolida nella specie: questo è l’istinto che si conserva, si trasmette tra le generazioni, diventa abito ed abitudine. Il primo istinto di questo tipo è evidentemente quello di conservazione, di sé come esemplare vivente, zoon, e della specie: ma nell’uomo è insita una consapevolezza che va al di là di quest’istinto di conservazione. E’ come se la soggettività umana sapesse i propri limiti e insieme riconoscesse il valore dei propri legami, della dipendenza che abbiamo dalla relazione con l’altro uomo, sino a voler credere che rimanga in noi e debba continuare ad esistere qualcosa di chi ci è più prossimo: per
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Die anthropologische Grundlagen der Freiheit des Menschen (conferenza del 6 maggio 1987 a Stoccarda), in Hanns Martin Schleyer -Preis1986 und 1987, Köln, J. P. Bachem, 1987, pp. 53-62; poi in
Das Erbe Europas, Frankfurt am Main, Suhrkamp 1989, pp. 126 -135; tr. it. di F. Cuniberto, I fondamenti antropologici della libertà umana, in L’eredità dell’Europa, Torino, Einaudi 1991, pp. 101-109.
questo Gadamer considera come un passo decisivo verso l’ominizzazione la sepoltura umana del caro estinto, dei propri morti.
Se la soggettività è coscienza di sé che si fa autodeterminazione, l’interrogativo che si pone Gadamer è quale sia il senso della sovranità, del governo di sé e del mondo. Alla sovranità associamo l’idea di ordine, di un sistema regolato, dotato di autocontrollo, il ritrovare equilibrio superando provvisori stati di turbolenza e disordine. La sovranità, l’autogoverno, l’autodisciplina, sono tutti comportamenti e modi di essere che però non si esauriscono nel privato dell’interiorità, ma si sviluppano attraverso uno scambio con l’alterità e l’esterno dell’uomo. Richiedono un consenso, più spesso ritualizzato nella dimensione pubblica, e un riconoscimento duraturo. La dimensione pubblica della società umana si struttura quindi diversamente da uno spazio libero, piuttosto come un territorio in cui il governante esercita una sovranità nei confronti dei suoi sudditi. Questo signore detentore del potere rappresenta lo Stato.
Sono questi quindi i fondamenti che Gadamer ritiene essere costitutivi della libertà umana, in base ai quali si esplica la libertà di ogni uomo: l’esercizio di una qualche forma di sovranità; il riconoscimento del proprio essere da parte degli altri uomini, l’attribuzione eteronoma di un’identità umana singolare; la coscienza della morte, tradotta in pratiche che ne esprimono la sacralità. In particolare nell’atto del riconoscimento emerge la connessione tra soggettività e libertà, come autodeterminazione attiva del soggetto, palesandosi nella spiegazione hegeliana del concetto, a cui Gadamer fa riferimento.
“Alle origini della società umana Hegel ha visto la dialettica di servo e signore e l’ha descritta come una lotta per il riconoscimento. Può essere detto signore solo colui ch e viene riconosciuto dagli altri come tale; ma può essere detto signore solo colui che non dipende da nessuno, nemmeno dagli istinti che potrebbero dominarlo, e nemmeno dalla paura della morte che Hegel chiama il signore assoluto.”501
La libertà umana, di tutti gli uomini, diventa inoltre obiettivo primario della società e dell’arte politica dell’uomo: ancora questo aspetto si lega alla consapevolezza di sé che l’uomo ha, e ai limiti della sua naturalità, del suo procedere obbedendo agli istinti. Nell’uomo, infatti, è assente quel freno inibitore che sembrano invece generalmente possedere gli altri animali e per il quale essi evitano la lotta cruenta infraspecifica. Sono dell’uomo l’omicidio e la guerra: ed è su questo piano che deve concretarsi la sua consapevolezza e la sua attitudine al trascendimento di sé, nel compito e nella
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propensione a stabilire modalità di convivenza interumana in grado di fungere da strumenti di prevenzione di queste forme distruttive di relazione fra uomini.
L’equilibrio che ricerchiamo dunque è fra una limitazione della libertà ed una limitazione del potere. Dal potere e dal suo abuso teniamo a difendere la nostra soggettività, costituendo uno spazio di diritti inviolabili, un ambito che lo Stato non può travalicare; d’altra parte, nell’essere con gli altri non possiamo pensare ad un’estensione illimitata della nostra possibilità di essere, ma tenere conto che nella relazione la libertà dell’Altro è un limite alla mia stessa. Evidentemente, tendiamo a preferire delle forme di governo liberali, capaci di garantire un ambito maggiore, una tutela più estesa delle prerogative dell’individuo. La realizzazione da parte degli uomini delle forme ideali di convivenza ordinata rimane comunque sempre approssimata, sia che si tratti della libertà che della democrazia. Il senso ed il valore che uniscono questi ideali è quello della partecipazione, del prendersi carico ciascuno di diritti e doveri, di responsabilità rispetto alla coltivazione del bene comune della convivenza. Nel caso di una burocrazia altamente razionalizzata, questa partecipazione si presenta tendenzialmente negata, nella forma di un modo di fare anonimo ed impersonale che impedisce una partecipazione autentica.
L’essere proprio del singolo uomo, l’appartenenza a se stesso e alla comunità, raggiungono un più elevato grado di maturazione e realizzazione nelle forme di partecipazione concreta all’universale, piuttosto che in concezioni soggettivistiche autarchiche, solipsistiche. Il valore del bene comune, la diffusione di un effettivo senso civico ricevettero un significativo riconoscimento nella polis greca: nella dimensione ristretta di una piccola comunità era possibile portare a compimento esiti di partecipazione effettiva degli individui. Ai giorni nostri, le società dalle grandi dimensioni, le enormi quantità di uomini riunite in Stati e l’ancor più crescente orientamento all’interdipendenza globale mediano con la comunicazione per via tecnologica la partecipazione degli individui al governo del bene comune. Questa forma di democrazia si presenta negativamente in tutta la sua astrattezza: si mantiene vivo e centrale l’ideale della partecipazione, ma questo viene a scontrarsi con forme di abuso di un potere lontano o con la disumanizzazione dei rapporti conseguente al pervadente uso dei media altamente tecnologici.
Così si tratta di riconoscere ancora una volta ciò che unisce gli uomini e li distingue dagli altri animali: la facoltà umana del linguaggio è alla base della responsabilità. La consapevolezza che abbiamo di noi stessi e del nostro fare si
estrinseca attraverso una possibilità ed un dovere di argomentare sul piano logico- razionale i motivi delle nostre scelte: è questo il modo primario per esprimere la soggettività interiore, la determinazione che prendiamo nell’interiorità del nostro pensare, l’orientamento per una decisione, che necessita di essere portata nella dimensione pubblica, perché è lì che assume concretezza, e nello stesso tempo si autonomizza come azione dal suo autore. La capacità di discernimento della soggettività umana sta quindi in piedi sull’orlo dell’abisso della libertà: esiste la possibilità dell’errore, di commettere il male involontariamente. E’ il terribile pericolo dell’accecamento, particolarmente presente nell’esercizio del potere. Per questo, più che una chiusura nella propria interiorità, la scelta richiede spesso una presa di distanza, un ascolto profondo, un’apertura verso l’altro e verso il futuro. Un passo qui anticipa, rispetto al nostro discorso, il momento della decisione come quello in cui si rivela l’istanza e l’essenza della soggettività umana: una soggettività che è tanto più piena ed umana quanto è colta, nel senso di saper considerare la propria parzialità individuale.
“Per la sua libertà l’uomo paga un prezzo molto alto. Nonostante e anzi proprio di fronte alla crudeltà con cui la natura dissipa la vita, l’innocenza degli animali può ben farci inorridire del nostro essere uomini e dei nostri misfatti contro l’uomo e la natura. Lo vediamo nella consapevolezza della scelta. E la scelta implica una distanza, la facoltà di vede e soppesare possibilità alternative al di là del rigido schema reattivo di impulso e appagamento in cui si muove la vita dell’animale.”502
La libertà può confondersi e sviarsi nell’ebbrezza del poter fare, della capacità tecnica di realizzazione di obiettivi: un sentimento di onnipotenza che può manifestarsi in ambiti e aspetti diversi della vita umana. Nella comunità e nella vita umana è però insito un accordo preesistente, è già immediatamente trascesa la mera individualità: lo scambio linguistico ed il dialogo sono gli elementi fondanti di ogni comunità umana, il linguaggio è il medium alla base dell’accordo preliminare che regge la relazione. Gadamer individua così le parole-chiave nell’uso del potere e del potente: i vocaboli latini dominium, per casa, e dominus, per signore e padrone: colui che governa e ha padronanza è il curatore e l’amministratore del patrimonio domestico. Nelle forme di convivenza tra gli uomini, esiste quest’aspetto della solidarietà, del sentirsi insieme padroni della casa comune, percepirne ed esercitarne la responsabilità in solido: ma a ciò fa contrasto la rivalità che emerge in conseguenza del bisogno economico, della proprietà del bene, che si catalizza e subisce un’accentuazione con la rivoluzione industriale. E’ nella società globale e multimediale che si rinnova la speranza e
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l’esigenza di una convivenza ordinata, e più che mai si concretizza la necessità etica di una responsabilità verso le generazioni future. E’ questo il sempre nuovo e costante compito e vocazione umani: operare per il rafforzamento del tessuto comunitario.