la tipologia delle aziende e della loro conduzione.
L E SISTEMAZIONI AGRARIE
L’occupazione del territorio da parte dell’uomo per l’attività agricola ha generato una serie di segni paesaggisticamente di grande rilevanza in quanto ricchi di un notevole valore informativo. Ne fanno parte quelli propri della trama di appoderamento e quelli dell’ordinamento colturale9.
La trama di appoderamento può essere considerata come la visualizzazione sul territorio del disegno della maglia catastale. Tale visualizzazione può avvenire in maniera molto varia e può essere evidenziata da un semplice cambio di tipo di colture, così come dalla presenza di elementi divisori (muretti a secco, siepi, ecc...) o di altre strutture più complesse (i canali di irrigazione, ...).
L’esistenza o meno di questo tipo di elementi ha portato alla fondamentale distinzione fra due tipologie prevalenti di disegni agricoli: i
campi chiusi e i campi aperti10.
I primi, i campi chiusi, presentano una trama di appoderamento più minuta, sottolineata dalla presenza di un gran numero di recinzioni e alla cui scala si proporzionano tutti gli altri elementi (insediamenti, percorsi, accessori, ecc...). Questo tipo di configurazione
trova la sua origine più importante nel senso di proprietà e nella necessità di una difesa di questa11;
la ritroviamo nella colonizzazione agricola romana della centuriatio e, soprattutto, nella configurazione dell’hortus conclususnato anch’esso in epoca romana, poi presente nelle città del Medioevo e del Rinascimento. L’iniziativa individuale e il senso di proprietà sono gli elementi che storicamente si possono indicare come “input” per la
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P. FABBRI, Natura e cultura del paesaggio agrario: indirizzi per la tutela e la progettazione, Città Studi, Milano 1997, pp.106-107.
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Allo stesso modo i francesi distinguono fra i bocages e le campagnes e gli inglesi fra gli enclos e gli openfields.
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G. FERRARA, L'architettura del paesaggio italiano, Marsilio, Padova 1968, p.82.
Figura 1. Campi aperti.
formazione di questo tipo di appoderamento, che viene generalmente caratterizzato non solo e non tanto da un tipo particolare di coltura, quanto dal disegno dei confini dei singoli appezzamenti, costruiti o con muri di pietra, o con siepi vive, oppure semplicemente con canali o con piccoli fossi di scolo.
I campi aperti, anche se non è sempre possibile e corretto generalizzare, si distinguono dai precedenti per la mancanza di delimitazioni e per una scala diversa, caratterizzata da una particolare ampiezza. Le concezioni che hanno dato origine, sia in diverse fasi storiche sia in diverse zone geografiche, a questo tipo di trama sono state fondamentalmente due.
Una prima forma di paesaggio a campi aperti deriva da un uso collettivo dello spazio: l’ager publicus della civiltà romana, che comprendeva tutte le terre che non venivano suddivise fra i cittadini, i boschi e soprattutto i pascoli, ne è un esempio. Oggi in alcune zone si assiste ad una simile figura di campi aperti quando negli sfruttamenti agrari è previsto un uso del suolo contemporaneamente pubblico e privato (cito ad esempio certe aree del Trentino, nelle quali c’è l’usanza che tutti i componenti la comunità rurale svolgano insieme le principali attività agricole della semina, del raccolto e, infine, della vendemmia e della mietitura).
Una seconda concezione di paesaggio a campi aperti, radicalmente opposta, ha origine durante il periodo feudale, in cui si afferma il regime delle concessioni; essa è dovuta all’accentramento di grandi estensioni di terreno in poche mani: il «latifondo».
La differenziazione morfologica che intercorre tra le due tipologie di paesaggio a campi aperti - da una parte la “veste nuova” dell’ager
publicus romano e dall’altra il latifondo - consiste soprattutto, ma non
solo, in una diversità di scala. Nelle aree in cui prevale la “concezione collettivistica” il rapporto fra uomo e ambiente è molto stretto e l’immagine paesistica dei luoghi è data dalla presenza di un’architettura
rustica sparsa e ricorrente, di ampi campi suddivisi tra loro da vaste zone di bosco e di colture viticole e frutticole specializzate. Tali elementi si relazionano in maniera tale da dare origine, pur nella vastità degli orizzonti, a tante scene differenti. Nel latifondo, al contrario, il territorio ha un ritmo sempre uguale nel quale il più delle volte si ha solo l’alternanza tra il seminativo e i prati incolti, e rari boschi e centri rurali, che essendo molto distanti l’uno dall’altro rendono particolarmente difficili le comunicazioni.
Altro segno importante che caratterizza diverse tipologie di paesaggio agrario sono gli ordinamenti colturali, ovvero le modalità con le quali vengono disposte le coltivazioni (cereali, vigneti, frutteti, ecc...). Essi possono essere suddivisi principalmente in due tipologie, ciascuna delle quali dipende essenzialmente dalla morfologia dei terreni sui quali ci si trova ad operare: vi sono, infatti, quelli che disegnano i terreni in pianura e quelli che riguardano i terreni collinari e pedemontani. La diversità negli ordinamenti dipende, inoltre, dalle diverse sistemazioni idrauliche che vengono effettuate sia per facilitare le operazioni di coltivazione, sia soprattutto per controllare il regime delle acque - in eccesso e in difetto - di superficie e in profondità.
Anche se a seguito della meccanizzazione dell’agricoltura il paesaggio agrario attuale si è omogeneizzato12 per rispondere meglio alle esigenze proprie della scala più ampia della macchina, può essere conservata una sintetica distinzione di massima tra l’organizzazione dei campi nei terreni di pianura e quella nei terreni in pendio.
Nei terreni di pianura, pur se la natura dei suoli e le ragioni storiche hanno fatto sì che ci siano sistemazioni idrauliche e ordinamenti colturali diversi, l’organizzazione è solitamente caratterizzata13 da una
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Vedere su questo argomento e sulle principali cause che hanno portato alle profonde trasformazioni che ha subito il paesaggio agrario il capitolo successivo.
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suddivisione degli appezzamenti più o meno regolare che corrisponde alle diverse proprietà fondiarie e che si appoggia alla rete stradale di accesso ai campi e al sistema dei fossi. Questi ultimi fungono sia da canali di irrigazione e di adduzione delle acque – soprattutto nelle pianure irrigue – sia da canali di raccolta dell’eccesso della pioggia.
Nei terreni in pendio, i principali tipi di sistemazione hanno in qualche modo cercato di correggere gli effetti negativi della pendenza del suolo: possono essere a terrazzo, a ciglioni e a gradoni.
Vi sono poi ordinamenti colturali propri dei terreni collinari, che non sono legati a particolari opere di sistemazioni idrauliche o di correzioni dell’acclività dei terreni: la sistemazione a cavalcapoggio, la sistemazione a girapoggio e la sistemazione a rittochino14.
Le trame di appoderamento e gli ordinamenti colturali appena descritti costituiscono lo “scheletro” del territorio, la sua griglia strutturale; le colture, poi, rivestono questa ossatura contribuendo a definire i diversi tipi di paesaggio agrario che cambiano anche a seconda del clima, delle condizioni economiche specifiche e della struttura oro - idro - geologica propria di ciascun luogo.
Gli esempi che si possono riportare sono certamente numerosi. Occorre citare quelli più significativi, attraverso i quali si possono interpretare le diverse conformazioni che assume il paesaggio agrario italiano15.
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Il cavalcapoggio è caratterizzato da campi a doppia pendenza, posizionati uno verso valle e uno nel verso opposto, e dalle fosse di regolamentazione delle acque che tagliano le curve trasversalmente, così come l’ordinamento delle colture; il girapoggio prevede un sistema di regimentazione delle acque ed un conseguente ordinamento colturale che segue le curve di livello; il rittochino consiste nella disposizione dei fossi di scolo a distanze più o meno ravvicinate lungo la pendenza massima e dei “capifossi” di traverso e con una pendenza ridotta.
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Su questi argomenti, oltre a Guido FERRARA che li tratta brevemente nel suo libro L'architettura del paesaggio italiano, l’opera di maggior dettaglio è sicuramente quella di Emilio SERENI, chenella sua Storia del paesaggio agrario italiano (Laterza, Roma-
Bari 1961; nuova ed. 1999) ricostruisce i lineamenti del paesaggio agrario italiano nei principali periodi della storia del nostro paese.
Nel caso del seminativo semplice, il paesaggio presenta, pur costituendo un ambiente monotono, una certa mutevolezza stagionale per la caducità del manto vegetale. Questa coltura è caratteristica delle zone agrarie in cui prevale la trama dei campi aperti ed è solitamente sintomo della mancanza di alternativa: ai campi di grano si alternano infatti i campi ad erba senza alcuna soluzione di continuità.
Il seminativo arboreo è, rispetto al precedente, caratterizzato da una maggiore varietà: anche se non arriva ad avere un disegno così minuzioso come nel caso della trama dei campi chiusi, esso forma una scacchiera molto varia.
In questa fattispecie il terreno non è mai dedicato ad un solo tipo di produzione, ma al contrario è caratterizzato dall’alternanza fra colture differenti (cerealicole, foraggiere o arboree).
Le colture specializzate sono quelle dove, a differenza delle precedenti, la presenza di un tipo vegetale predomina largamente su tutti gli altri. L’esempio più caratteristico è quello della vite, che viene coltivata in modi anche molto diversi tra loro in molte zone del nostro paese e, proprio a seguito di questa diversità di coltivazione, aiuta a conformare l’ambiente in tutta una serie di tipi differenti16.
Un altro esempio di coltura specializzata, anch’essa particolarmente importante per comprendere le caratteristiche morfologiche del paesaggio in Italia, è l’olivo, il quale generalmente è disposto a filari equidistanti che seguono, accompagnandolo, l’andamento del terreno e che con la loro regolarità smorzano le differenze fra i vari luoghi, costituendo una presenza continua e unificante.
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I vigneti siciliani e quelli del Salento, ad esempio, non presentano alcun tipo di sostegno e sono piantati ad “alberello”; un altro esempio è quello della pianura emiliana, dove la vite viene fatta sviluppare verticalmente, facendola appoggiare ad alberi di acero o di olmo; nelle zone montane della Valle d’Aosta o dell’Alto Adige, altro esempio ancora, per evitare il gelo e favorire l’irraggiamento solare la vite viene coltivata su vere e proprie pergole.
Un’altra coltura specializzata è poi quella del riso17, anch’essa dotata di una forte carica espressiva. L’elemento che più la caratterizza è la geometria dei vasti acquitrini, con l’aspetto generalmente desolante di questi paesaggi: questa desolazione è dovuta anche ad una tangibile assenza della figura umana - che accede alle risaie solo al momento della piantata e a quello del raccolto - e all’organizzazione sociale che prevede l’uso di manodopera avventizia e salariata, portando quindi al diradamento delle costruzioni nel territorio.