US 88 Strato antropico epigravettiano
4. Il Neolitico dell’Italia settentrionale
4.4. Il sito di Bazzarola (RE)
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La prima segnalazione della presenza di materiale archeologico a Bazzarola, località posta ad alcuni chilometri a sud-est di Reggio Emilia, risale al 1980 quando, in occasione di lavori edili per la costruzione di capannoni industriali, vennero messe in luce evidenze attribuibili all’Età Neolitica. In seguito, svariate testimonianze sia preistoriche sia più recenti, furono recuperate fortuitamente all’interno di una trincea scavata nelle aree limitrofe per la posa dei cavi dell’ENEL. Nel corso degli scavi delle fondazioni predisposte per la posa dei plinti di sostegno dei nuovi fabbricati, vennero effettuati i sondaggi archeologici stratigrafici di emergenza. I materiali raccolti durante lo svolgimento dei saggi, individuati con grande difficoltà data la presenza di un’alta falda acquifera che rese arduo l’intervento, testimoniano una miscela di reperti ascrivibili a tre diverse culture neolitiche, mescolate nello stesso paleosuolo. L’assenza di una stratigrafia verticale articolata documenta una situazione di estrema stabilità climatica, che ha permesso l’occupazione nel medesimo territorio, di insediamenti riferibili a gruppi culturali succedutisi nella stessa area per circa 2.000 anni, dando origine ad un unico strato omogeneo di sedimento antropizzato. La prova della non contemporaneità di questi complessi è assicurata dal fatto che le strutture poste al di sotto del paleosuolo (alcuni pozzetti, acciottolati ed aree tumefatte pertinenti a focolari) sono omogeneamente colme di reperti attribuibili all’una o all’altra cultura.
I primi studi effettuati sul materiale rinvenuto hanno permesso di identificare in tutta l’area indagata la presenza di testimonianze riferibili alla Cultura della Ceramica Impressa, alla Cultura di Fiorano (alcuni indizi dimostrano contatti con il coevo Gruppo del Vhò) e alla Cultura dei Vasi a Bocca Quadrata. Diversi elementi tipologici consentono di ipotizzare che Bazzarola possa essere stato punto di incontro tra la Cultura della Ceramica Impressa adriatica e quella ligure, vista la coesistenza di caratteristiche formali tipiche della regione adriatica accostate a peculiarità proprie della costa ligure. Inoltre, i reperti attribuiti alla facies adriatica sono per la prima volta segnalati in territorio reggiano, modificando così il limite occidentale
dell’area interessata da questo gruppo, prima individuato nella zona di Imola (BO)97.
A seguito di un’interruzione di vent’anni, il progetto per la costruzione di un nuovo capannone industriale ha reso possibile il proseguimento delle indagini archeologiche a Bazzarola. Nel corso del 2000 sono stati avviati alcuni sondaggi con prerogativa di emergenza localizzati nelle fondazioni di cinque plinti di sostegno del fabbricato, esplorazioni che
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purtroppo non sono state adeguatamente concluse a causa dell’altezza della falda che rendeva complesso lo scavo di aree così limitate, anche ricorrendo all’ausilio di motopompe.
L’anno seguente, sono iniziate ricerche sistematiche estensive, sempre a carattere di emergenza, attuate attraverso lo scavo archeologico di una trincea ad “U”, in accordo con la planimetria delle strutture di base del capannone da edificare. Il saggio è quindi costituito da due fasce ampie 6 metri sui due lati lunghi 50, da un lato breve occidentale della stessa larghezza lungo 36 metri e da quattro plinti centrali che misurano 4 x 4 metri. Anche in questo caso, il lavoro è stato complicato dalla presenza della falda acquifera molto alta, ma meno problematico in quanto facilitato dalla maggiore estensione del saggio stesso e dal ricorso alle motopompe. Nel corso della campagna è stato ultimato lo scavo di tutta la trincea meridionale e dei 4 plinti centrali, iniziato ma non concluso quello della trincea ovest mentre per quanto riguarda il lato settentrionale, questo è stato indagato soltanto nelle aree che avrebbero dovuto alloggiare i plinti, per permettere la costruzione del fabbricato. A tratti il paleosuolo si è mostrato intaccato dallo splateamento operato nel 1980, ma fortunatamente le strutture che giacevano al di sotto di questo strato non ne sono rimaste danneggiate. Lo scavo stratigrafico ha messo in luce centinaia di fori di palo e numerosi pozzetti. L’insieme delle testimonianze comprova che, in epoca neolitica, l’intera area dovesse certo trovarsi in una zona asciutta, presumibilmente un dosso costituito da sedimenti limoso-argillosi di origine alluvionale.
Il sondaggio stratigrafico è stato poi ripreso nell’estate del 2002, operando il completamento dello scavo nell’angolo nord-ovest della trincea, già parzialmente indagato l’anno precedente. Questa zona pare riservare le strutture più complesse ed interessanti finora localizzate. In particolare, una profonda canaletta con sezione a “V”, un probabile pozzo per acqua fondo quasi due metri e i presunti resti di una capanna posta su di una depressione che misura 4 x 8 metri e infossata circa un metro.
Al di sopra del paleosuolo neolitico, che doveva essere un terreno alluvionale rialzato, ben drenato e protetto dagli straripamenti dei corsi d’acqua circostanti, sono emerse strutture poderali di epoca romana al cui interno sono state rinvenute tre monete imperiali datanti, a dimostrazione del fatto che in età classica l’area rilevata era ancora evidente. Nella trincea occidentale è stato individuato un piccolo canale contenente frammenti di laterizi romani di circa un metro di larghezza, il cui corso sinuoso ben si associa ad una sua origine naturale; nella trincea meridionale, una canaletta rettilinea di chiara origine antropica probabilmente costituisce l’indizio di uno dei limites interni ad una centuria dell’agro reggiano, allineandosi perfettamente con le tracce superstiti dei territori circostanti.
Il torrente Crostolo, che per tutto il periodo romano attraversava il centro di Reggio Emilia, viene identificato dalle documentazioni storiche di X secolo d.C. nelle campagne fra Massenzatico e Pratofontana. La variazione del suo corso e di quello del suo affluente Rodano, che deve quindi essere avvenuta fra il IV secolo d.C. (datazione della moneta più recente rinvenuta a Bazzarola) e il X secolo, è stata causata da alluvioni e straripamenti, che hanno altresì provocato la graduale deposizione di una coltre di oltre due metri di limi e argille nelle aree interessate da questi fenomeni, sedimenti che hanno ricoperto e sigillato anche la paleosuperficie antropica oggi riscoperta, preservandola così dalla distruzione.
Le tre campagne di scavo svolte a Bazzarola hanno coinvolto oltre una ventina di archeologi che, in 13 mesi di lavoro, hanno indagato circa 700 metri quadrati complessivi. Nei prossimi anni è prevista la prosecuzione delle attività nei tratti della trincea settentrionale risparmiati tra i plinti e, in seguito, lo scavo estensivo dell’intera superficie del capannone, portando a termine così una delle più vaste aree di scavo neolitico dell’Italia settentrionale, valutabile in 2.000 metri quadrati. Ciò consentirà un notevole progresso nell’interpretazione delle strutture rinvenute e, nel contempo, la precisazione dei rapporti esistenti tra i vari gruppi culturali che si sono stanziati su questo territorio98.
Il campionamento finalizzato allo studio paleocarpologico dell’abitato è stato predisposto nel corso delle due campagne di scavo archeologico dell’estate del 2001 e del 2002, curate dal Museo Civico di Reggio Emilia e dirette dal Dott. J. Tirabassi e dalla Dott. M. Bernabò Brea (Soprintendenza Archeologica dell’Emilia Romagna), accompagnando i sondaggi stratigrafici per tutta la loro durata ed uniformandosi alle esigenze dello scavo stesso. Questa operazione contraddistingue la prima delicata fase di lavoro consistente nella scelta del volume adeguato di ogni singolo campione e della localizzazione dei prelievi all’interno dello scavo ed eventualmente nelle aree limitrofe. A Bazzarola, il prelievo non ha interessato il paleosuolo in quanto non significativo; esso ricopre un arco cronologico troppo vasto in assenza di una stratigrafia verticale individuabile e documenta al suo interno una mescolanza pressoché casuale di materiali attribuibili a diverse fasi del Neolitico. I campioni sono invece stati recuperati nelle strutture sottostanti, che individuano orizzonti culturali circoscritti, focalizzando le ricerche verso le unità stratigrafiche maggiormente rappresentative.
Il prelevamento è avvenuto mediante l’utilizzo di due diversi sistemi di raccolta. Il primo lotto, presentato nel seguente elenco, riguarda un gruppo omogeneo di venti campioni del volume di circa otto litri di terreno, “US 118 Taglio I” di soli quattro litri (limitatezza del
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campione dovuta all’esiguità dello strato) e l’analisi del contenuto di una piccola ciotola integra pertinente a “US 114”, per un totale di ventidue campioni tratti da otto strutture. Il sedimento è stato sottoposto a flottazione e successiva setacciatura in acqua corrente, senza sollecitazioni meccaniche, con batteria di setacci a maglie progressivamente decrescenti di 1 e 0,5 mm.
Il secondo gruppo, di ventotto campioni collocati in sei diverse strutture, comprende un insieme di unità stratigrafiche particolarmente ricche di materiali archeologici, difficilmente individuabili nel corso delle operazioni di scavo a causa dell’acqua sorgiva. Per questo il sedimento è stato prelevato e setacciato, recuperando così tutti i reperti archeologici, faunistici e antracologici di piccole dimensioni nonché le testimonianze paleocarpologiche macroscopiche. Tale fase di lavoro è stata affrontata mediante lavaggio in acqua corrente per l’eliminazione dell’argilla con l’ausilio di un setaccio a maglia larga (2,5 mm); “US 140-2”, “US 140-3”, “US 140-6”, “US 147”, “US 247”, “US 250” e “US 264” sono stati in precedenza flottati. Il volume di terreno di ogni campione non risulta omogeneo perché determinato dalla quantità dello strato stesso, interessando comunque numerosi litri per ogni unità stratigrafica; gli unici due saggi quantificati con precisione sono “US 140-6” valutato in 40 litri di sedimento e “Saggio 1 Calcinelli sotto US 247” stimato in complessivi 16 litri. “Saggio 1 Taglio I Quadre 3/33-34” è l’unico campione corrispondente ad una porzione di paleosuolo, prelievo atto a favorire il reperimento di tutti i più piccoli frammenti di uno strumento in osso parzialmente individuato durante lo scavo. Infine, sono stati analizzati alcuni litri pertinenti a terreno sterile intorno e al di sotto della struttura 140, per accertare l’assenza di reperti carpologici99.
Il campionamento finalizzato all’indagine paleocarpologica ha interessato alcune unità stratigrafiche individuate in nove diverse strutture, di cui viene fornita una descrizione preliminare ricavata dalle relazioni di scavo e da una prima analisi dei materiali. Chiaramente, per un esame approfondito e dettagliato di ogni singola evidenza, è necessario confrontare i risultati della presente ricerca con le riflessioni derivanti dalle investigazioni comparate previste per l’insediamento di Bazzarola e con la datazione dei vari complessi fornita dall’analisi radiometrica, approfondimenti ancora in corso di svolgimento, che saranno ultimati e divulgati una volta concluso lo scavo archeologico.