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Social ma non Open

Nel documento Fare Open Access e farlo correttamente (pagine 137-141)

Usare i social media per la comunicazione scientifica

3. Social ma non Open

Fin qui abbiamo cercato di mostrare varie piattafor- me social, le loro funzionalità e possibili applicazioni. Tutto bene? Non proprio. I siti di social networking, come ResearchGate e Academia.edu, come antici- 25 Vedi: http://f1000.com/prime

26 Vedi: https://pubpeer.com/

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pato, non sono propriamente associabili al concetto di open access ma sono a tutti gli effetti dei servi- zi commerciali i cui termini e condizioni possono cambiare in qualsiasi momento. I siti stessi possono anche scomparire senza preavviso e le aziende che li gestiscono possono chiudere, fallire, essere acqui- site, interrompendo così l’accesso ai documenti di ri- cerca caricati. Ne consegue che il deposito su archivi istituzionali (come ben illustrato in uno dei capitoli precedenti) è l’unica soluzione in grado di garantire l’accesso a lungo termine ai propri lavori di ricerca.

I repository Open Access sono di solito gestiti da università, enti pubblici, associazioni senza scopo di lucro, e ciò rappresenta una garanzia di lunga durata dei repository. Inoltre, spesso si avvalgono di bibliote- cari, archivisti ed esperti nel campo dei metadati che si specializzano proprio nel garantire l’archiviazione a lungo termine.

Molti editori, inoltre, vietano esplicitamente ai pro- pri autori di depositare documenti su piattaforme commerciali, ma permettono l’auto-archiviazione in un repository istituzionale o a soggetti senza scopo di lucro.27 Una strategia possibile, potrebbe essere quel-

la di depositare i propri articoli sia sulle piattaforme social, sia nei repository istituzionali, ovviamente sempre nel rispetto delle policy di copyright applicate dai titolari dei diritti.

I siti di social networking nella maggior parte dei casi non sono interoperabili, cioè non permettono di esportare i propri dati e il riutilizzarli altrove. Al contrario i dati e metadati caricati sui repository isti- 27 Per una panoramica complete sull’argomento: Fortney K.,

Gonder J., A social networking site is not an open access repo- sitory, 2015, http://osc.universityofcalifornia.edu/2015/12/a-so- cial-networking-site-is-not-an-open-access-repository/

tuzionali sono, per antonomasia, aperti e riutilizza- bili. Sulle piattaforme social il download da parte di altri utenti, avviene solo quando un utente si registra ed effettua il log in. Benché l’accesso alla piattaforma permanga ancora libero, questa barriera è contraria ai principi dell’Open Access che invece richiedono che i contenuti siano visibili e scaricabili senza al- cuna autenticazione. Vi sono poi dei termini e delle condizioni particolari che in sostanza vietano anche alle biblioteche stesse la possibilità di estrarre i dati per conto dei propri ricercatori per poterli riutilizzare nelle loro banche dati o nei propri repository. A com- pletare il quadro, questi siti pongono anche dei limiti al numero dei download di un utente registrato può fare dal sito, e l’utilizzo di strumenti di data mining può essere esplicitamente vietato, ostacolando ulte- riori ricerche.

Un’importante differenza fra gli archivi ad accesso aperto e i social media è la questione “privacy”. Tali piattaforme incoraggiano gli utenti a invitare amici, conoscenti, colleghi a connettersi alla propria rete in- correndo a un invio di email a volte percepite come invasive e non desiderate. Inoltre le piattaforme pro- prietarie tendono a impadronirsi dei dati e dei con- tatti personali dei ricercatori, inviando email che an- nunciano nuove pubblicazioni o attività sia di utenti tra loro in contatto sia di ‘potenziali’ collegamenti, nonché a fare attività di profilazione degli utenti regi- strati. D’altra parte, i repository di accesso aperti non forniscono le possibilità di connessioni di un social network. Sui repository gli utenti possono cercare opere di un particolare autore, ma gli autori non pos- sono costruire una rete di scambio diretto tra di essi,

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né possono crearsi una propria pagina personale con i propri dati e contatti.

Come in più punti evidenziato uno delle differenze di fondamentale importanza riguarda la gestione del diritto d’autore. Spesso manca la consapevolezza da parte di chi utilizza tali strumenti che pubblicando i propri lavori sui social media, in alcuni casi, si au- torizza le aziende che gestiscono le piattaforme ad utilizzarli per produrre materiali e opere che derivi- no da essi28. Questo potrebbe scatenare un’ulteriore

dinamica negativa nei confronti degli editori i quali potrebbero rifiutarsi di pubblicare un lavoro non del tutto esclusivo in quanto già apparso e pubblicato su tali piattaforme

È quindi tutto da buttare? Assolutamente no. L’uso delle piattaforme social, se fatto consapevolmente e nel rispetto del diritto d’autore, può sicuramente ave- re un ruolo fondamentale e preziosa nella dissemina- zione del sapere scientifico.

Riassumendo quanto sino ad ora discusso, possia- mo quindi elencare quali sono i più comuni effetti dell’utilizzo dei social media da parte dei ricercatori in un ottica di Science 2.0:

• comunicare con un pubblico più vasto;

• entrare in contatto con altri ricercatori del proprio set- tore;

• avere maggior confronto e collaborazione;

• farsi conoscere a un pubblico più ampio;

• promuovere meglio progetti e idee;

• promuovere la scienza aperta e la condivisione dei dati; 28 Pievatolo M.C, ResearchGate e Academia.edu non sono archi-

vi ad accesso aperto, Bollettino telematico di filosofia politica 28 Gennaio 2016: http://btfp.sp.unipi.it/it/2016/01/research- gate-e-academia-edu-non-sono-archivi-ad-accesso-aperto/

• condividere i risultati delle ricerche svolte;

• diffondere la cultura della ricerca scientifica;

• informare i cittadini sulle sfide della società;

• trasmettere ai giovani la passione per la ricerca;

• aumentare il numero degli studenti iscritti ai corsi di lau- rea scientifici;

• acquistare visibilità e migliorare la fiducia e la considera- zione sociale per la ricerca universitaria;

• ottenere finanziamenti e consenso politico e istituziona- le sui progetti di ricerca.

Nel documento Fare Open Access e farlo correttamente (pagine 137-141)