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Il socialismo di area governativa: un rapporto simbiotico tra

«Un fantasma, da qualche decennio, si aggira per l'Europa politica. È il fantasma della personalizzazione» (Calise 2013b, 461). In qualche modo Calise centra nella riformulazione marxiana il fenomeno più significativo degli ultimi anni: la

personalizzazione. Proprio quando l'oligarchia michelsiana sembrava dominare la visione carismatica weberiana, il vento degli Usa – con il forte accentramento intorno all'inquilino della casa bianca – riportava in primo piano la figura del leader come «presidente personale» (Lowi 1999). La Francia fu la prima potenza europea a sperimentare la personalizzazione del potere riconoscendolo democraticamente nella figura di De Gaulle. Ma non solo, anche la Gran Bretagna collaudava in un continuum trasversale, dopo il regno della Thatcher, l'ascesa di Blair, che resettava ogni forma organizzativa laburista per sviluppare il «prototipo della comunicazione personale ultra-professionalizzata e lasertargettizzata» (Calise 2013b, 462). La personalizzazione, pertanto, come spiegano Poguntke e Webb (2005) si è diffusa rapidamente in Europa con la particolarità di penetrare all'interno del sistema senza stravolgerlo nella sua forma costituzionale. Infatti la diffusione del fenomeno della personalizzazione all'interno delle dinamiche parlamentari ha avuto principalmente tre spiegazioni: il rafforzamento dei poteri del primo ministro; il controllo del partito da parte della leadership istituzionale; il rapporto «ossessivo» con i media216.

In Francia, invece, l'inizio della V Repubblica all'interno di un sistema ibrido e la figura di de Gaulle all'interno delle istituzioni avevano in qualche modo reso evidente da subito lo squilibrio del modello francese. Da una parte, tendenzialmente orientato sulla figura del Presidente nel caso di effettivo controllo sul governo e dall'altra proiettato sulla figura del primo ministro in caso di presidenti privi di «prestigio e autorità» (Duverger 1961, 107-110). In realtà per Duverger, «una volta ritiratosi de Gaulle, sarebbe stato quest'ultimo l'esito del funzionamento delle istituzioni francesi. Sappiamo che non è andata in questo modo» (Ventura 2009). Infatti, l'adozione dal 1962 dell'elezione diretta del Presidente della Repubblica e il trasferimento dei poteri di direzione politica dal primo ministro al presidente217, oltre che la presenza di Presidenti forti, ha spostato la dinamica di personalizzazione – comunque già presente nella doppia figura istituzionale – sempre più verso la matrice presidenzialista. In questo inquadramento, i socialisti francesi lentamente hanno interiorizzato lo spirito e la

216 In riferimento a Berlusconi, Calise parla di rapporto «possessivo» (ibidem, 463). 217 Artt. 20 e 21 della Costituzione del 1958.

pratica della V Repubblica, allineandosi alle istituzione del regime politico francese (Portelli 1984).

In realtà, non solo i socialisti, ma tutti i partiti si sono uniformati alla dinamica presidenziale, compresi gli oppositori della forma presidenziale (Lazar 2009) nella necessità di aver bisogno di un candidato per mobilitare il proprio elettorato al primo turno, nonostante l'irrilevanza del partito in termini percentuali218. Il caso più importante sicuramente è dato dal successo di Sarkozy in relazione alla completa trasformazione dell'Ump alla sua figura. L'altro caso, quello del Ps, presenta alcune problematiche. Infatti, il Partito socialista ha sofferto più volte di una sindrome di allontanamento ideologico rispetto alla presidenzializzazione. Basti pensare al caso del secondo mandato Mitterrand, dove il Ps ha lentamente preso le distanze rispetto ad una figura divenuta così centrale. Oppure come abbiamo visto nella dinamica interna, il continuo oscillare tra il principio di rappresentanza proporzionale di tipo parlamentare per la selezione della leadership e il principio dell'elezione diretta del leader da parte dei membri proveniente senza dubbio da una logica maggioritaria propria delle elezioni presidenziali (ibidem)219. La presidenzializzazione della V Repubblica, per alcuni autori come Grunberg e Haegel (2007) ha, in un modo che loro stessi definiscono «paradossale», accresciuto il ruolo dei partiti nonostante la loro trasformazione. Questa tesi, in qualche modo, trova una sua logica considerando la capacità di adattamento che i socialisti, ma anche l'Ump, hanno avuto nel modellarsi al contesto istituzionale diventando delle macchine funzionali al sistema politico presidenziale. I due partiti più importanti, complice anche il doppio turno, sono diventati dominanti soltanto in relazione alla figura del presidente. In sostanza la capacità di orbitare in area governativa ha salvato le grandi organizzazioni che hanno mantenuto una legittimazione in funzione del loro ruolo, uno sorta di status speciale come comitati presidenziali.

L'adattamento socialista al modello presidenziale inizia già negli anni '70 attraverso una penetrazione progressiva delle pratiche e delle modalità proprie

218

Basti pensare al successo del Fronte nazionale dei Le Pen, o di Bayrou per i Modem, oppure Besancenot per il gruppo trotzkista.

219 Oltre che il continuo bisogno interno alla mobilitazione della sinistra francese di tener conto

della V Repubblica all'interno del Ps. Questo processo, dopo il 10 maggio 1981, con la vittoria di Mitterrand ha subito una forte accelerazione che ne ha segnato in maniera irreversibile l'evoluzione presidenziale dei socialisti (Portelli 1984). Il partito si è modellato attraverso il livellamento delle lotte interne per il potere, che hanno trovato puntualmente una manifestazione canalizzandosi a ridosso dei grandi appuntamenti elettorali. Il dibattito ideologico interno trovava meno spazio di fronte alla presenza di una figura continuamente presente e oggetto del dibattito pubblico esterno. In più il Ps si è sempre prestato nella sua struttura organizzativa a modello verticistico, lontano dai modelli operaisti o social-democratici del Nord Europa, e ancor di più dai partiti comunisti, come lo stesso Pcf (ibidem, 823). Un ultimo elemento, osservando l'intera sinistra, riguarda l'inesorabile crollo verso l'estinzione proprio del Partito comunista che ha coinciso con l'affermazione sempre più corposa della sinistra socialista in ambito governativo. Ciò ha portato inevitabilmente il candidato socialista verso un ruolo chiave all'interno della politica di area, diventando il punto di riferimento della sinistra francese, al di là delle percentuali. I motivi di tale corrispondenza debbono ricercarsi anche negli effetti di una legge elettorale a doppio turno che concilia delega identitaria (al primo turno) e delega politica (al secondo turno) e che, pur premiando il partito di maggioranza relativa, determina le condizioni per una forte interdipendenza tra i principali attori della gauche français. Inizialmente questo rapporto si verificava soltanto nelle elezioni presidenziali, con i partiti alla sinistra del Ps che riuscivano ad ottenere buoni risultati ammortizzando il dominio socialista attraverso buoni candidati locali. Tuttavia, questa resistenza, dal 1986 in poi ha segnato un crollo anche nelle elezioni legislative, affidando al Ps una posizione dominante anche all'Assemblée nationale. La forza del Ps si è stabilizzata sempre di più all'interno del sistema parlamentare, subendo tuttavia delle limitazioni in relazione a quello che Sartori (2005) chiama «potenziale di riscatto», ovvero la presenza di un determinato numero di partiti prossimi al Ps – in genere «antisistema»220 – che trovano il loro riscatto «nel potere di veto del partito parlamentare con riferimento alla produzione legislativa» (ibidem, 109).

Ma le elezioni presidenziali francesi, anche in seguito all'attenuazione della coabitazione con la riduzione del mandato a 5 anni e con le legislative consequenziali alle presidenziali – in qualche modo soggette ad un effetto traino rispetto al presidente uscente – sono diventate l'elemento centrale del sistema politico francese221. «La vita democratica si organizza intorno alla conquista del trofeo presidenziale che struttura le strategie personali, il funzionamento organizzativo, l'inquadramento mediatico» (Lefebvre 2011a, 149). In tutto ciò, le primarie sembrano inserirsi prepotentemente nell'affaire presidentielle consacrando ancor di più «questa personalizzazione e mortificando il dibattito pubblico» (ibidem). L'allineamento interno al sistema istituzionale ha legittimato definitivamente la figura del presidente, mostrando come i cittadini francesi si siano identificati inevitabilmente nei partiti politici presidenzializzati (Charlot 1986), sposando definitivamente l'ipotesi che la dimensione governativa francese corrisponda più o meno all'esautorazione del ruolo dei partiti a favore di un governo presidenziale e della persona.

221 «I francesi non eleggono i loro rappresentanti all'Eliseo, loro onorano gli dei, non fanno

politica, loro aspettano l'oracolo, non discutono di programmi, loro applaudono il carisma, non si fidano del potere, loro lo danno» (François 1998; 2005).

CAPITOLO IV