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Le società di partecipazione

Capitolo 1 Il Private Equity

1.7 I fondi di diritto italiano

1.7.1 Le società di partecipazione

Per le società di partecipazione i riferimenti normativi di base sono i principi contabili italiani nel caso di società non quotate e i principi contabili internazionali IAS/IFRS nel caso di società quotate.

Nel contesto del private equity la tipologia eterogenea degli investimenti rende poco significativa la nozione di bilancio consolidato. Infatti, pur in presenza del controllo, il bilancio consolidato delle società di partecipazione si compone di una sintesi di dati economici e patrimoniali disomogenei che difficilmente possono essere letti correttamente in forma aggregata.

Il prospetto contabile di riferimento diviene, perciò, il bilancio separato, nel quale è espresso il valore delle singole partecipazioni, siano esse partecipazioni di controllo o meno.

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Le società di partecipazione non quotate, in accordo con quanto stabilito dal codice civile agli articoli 2424 e 2426 e dai principi contabili OIC 20 e 21, utilizzano criteri di valutazione differenti in relazione alle caratteristiche dell’investimento e al grado di controllo posseduto.

In particolare, gli investimenti classificati nell’attivo immobilizzato, detenuti dall’azienda con un’ottica di lungo termine, possono essere valutati alternativamente con il metodo del costo o con il metodo del patrimonio netto.

Il metodo del costo viene prevalentemente utilizzato per investimenti di minoranza il cui fine ultimo per la partecipazione sia quello di trarne frutti diretti (dividendi) senza occuparsi della gestione operativa. La partecipazione è iscritta al costo originario di acquisto, comprensivo degli oneri accessori relativi ai costi di intermediazione bancaria e alle spese sostenute durante l’acquisizione.

Il valore di iscrizione è rettificato nel corso degli anni per gli eventuali aumenti di capitale o per perdite permanenti di valore, a seguito dei quali gli amministratori devono evidenziare in nota integrativa le motivazioni che li hanno indotti alla svalutazione. La riduzione di valore rispetto al costo storico deve essere iscritta in conto economico come rettifica di valore delle attività finanziarie; nel caso in cui vengano meno le ragioni che hanno indotto l’organo amministrativo a svalutare, si deve procedere alla rivalutazione del titolo fino al massimo del costo originario.

Il metodo del patrimonio netto è preferibile per investimenti in imprese controllate e collegate in cui si abbia la possibilità di influire attivamente sul processo decisionale e sulle politiche di gestione Esso, infatti, in quanto riflette puntualmente, nel corso del tempo, la dinamica di evoluzione del patrimonio netto della partecipata.

La scelta tra il metodo del costo e quello del patrimonio netto resta a discrezione dell’organo amministrativo, che però, nel caso di preferenza per il metodo del costo, deve dare visibilità in nota integrativa delle eventuali differenze che emergerebbero utilizzando il metodo del patrimonio netto.

Il metodo del patrimonio netto prevede che le partecipazioni siano iscritte nel bilancio separato della società controllante per un importo pari alla corrispondente frazione del patrimonio netto posseduta nell’investimento. In sede di prima applicazione, se il costo

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di acquisto della partecipazione è superiore al valore della corrispondente frazione di patrimonio, la differenza può essere iscritta nell’attivo della partecipante ed ammortizzata, limitatamente alla parte attribuita ai beni ammortizzabili. Negli esercizi successivi, le eventuali plusvalenze derivanti dall’applicazione del metodo del patrimonio netto saranno iscritte in una riserva non distribuibile.

Gli utili e le perdite generate nel corso degli anni, prima di essere portati a rettifica del valore della partecipazione devono essere rettificati per:

i dividendi deliberati dalla partecipata nel corso dell’esercizio; gli utili e le perdite derivanti da operazioni infragruppo;

la quota di ammortamento relativa alla differenza tra costo di acquisto e valore corrispondente alla frazione di patrimonio netto, se presente;

eventuali aumenti di capitale sottoscritti dai soci o da nuovi investitori; alienazione di beni.

Nel caso in cui l’azienda detenesse, in un’ottica di breve termine, delle partecipazioni che non costituiscono immobilizzazioni, esse dovranno essere valutate al minore tra il costo storico ed il presunto valore di realizzo. Lo stesso dicasi per gli eventuali titoli quotati. Per quelli non quotati, invece, si farà riferimento alla quotazione di titoli similari per affinità di emittente, durata e cedola.

Tabella 7: Criteri di valutazione delle partecipazioni secondo i principi contabili italiani78

Bilancio separato Partecipazioni nell’attivo immobilizzato al costo o

con il metodo del patrimonio netto

Partecipazioni che non costituiscono

immobilizzazioni, al minore tra il costo storico e il presunto valore di realizzo

I principi contabili internazionali IAS/IFRS, utilizzati dalle società di partecipazione quotate per la contabilizzazione degli investimenti in portafoglio, prevedono differenti criteri a seconda della natura del rapporto partecipativo (controllate, collegate, entità a

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controllo congiunto), della diversa tipologia di bilancio che si intende redigere (bilancio consolidato o separato) e dell’obiettivo per il quale i singoli investimenti sono detenuti dalla società partecipante.

Con riferimento a bilancio separato, le partecipazioni in società controllate, collegate e a controllo congiunto, regolate rispettivamente dallo IAS 27, dallo IAS 28 e dallo IAS 31, possono essere valutate alternativamente con il metodo del costo storico o al fair value, mentre le partecipazioni di minoranza in altre società sono valutate al fair value in accordo con lo IAS 39.

Nel caso in cui la società partecipante, in ambito di redazione del bilancio consolidato, contabilizzi le partecipazioni in collegate e a controllo congiunto a fair value, nel bilancio separato deve essere mantenuto lo stesso criterio contabile.

Una partecipazione può essere iscritta tra le attività detenute per la vendita (held for sale) quando gli amministratori della società partecipante hanno una ragionevole certezza di dismettere tale partecipazione in un orizzonte temporale breve, di circa un anno.

Le partecipazioni classificate come detenute per la vendita, indipendentemente dal grado di controllo posseduto dalla società partecipante e in conformità a quanto definito nell’IFRS 5, devono essere valutate al minore tra il valore contabile e il fair value al netto dei costi di vendita.

Il valore contabile viene identificato come l’ammontare a cui un’attività è stata identificata in origine al netto dell’ammortamento e delle eventuali riduzioni di valore registrate negli anni in sede di impairment test, in accordo con lo IAS 36.

Infine, se le partecipazioni presentano le caratteristiche di strumento finanziario disponibile per la vendita (available for sale) o posseduto per la negoziazione (held for trading) sono regolate dal principio contabile IAS 39.

Per entrambi gli strumenti sopra menzionati, la valutazione deve essere effettuata in prima istanza al fair value; in ragione della differente natura dell’investimento, lo IAS 39 stabilisce che le variazioni di valore registrate nel corso degli anni dagli held for trading debbano essere imputate a conto economico, mentre le variazioni di valore degli available for sale siano imputate a patrimonio netto e trasferite a conto economico solo nel momento in cui verrà realizzato l’investimento. Quando non è possibile stimare

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puntualmente il fair value, di tali investimenti, lo IAS 39, permette la valutazione al costo.

Tabella 8: Criteri di valutazione delle partecipazioni secondo i principi contabili IAS/IFRS79

IAS 27,28,31 IFRS 5 IAS 39

Partecipazioni in controllate, collegate e a

controllo congiunto valutate al costo o al fair

value

held for sale valutate al minore tra il valore contabile ed il fair value

meno i costi di vendita

held for trading, available for sale, partecipazioni di minoranza valutate al fair

value

Il quadro fornito nei precedenti paragrafi evidenzia come la reportistica gestionale dei fondi di private equity, predisposta secondo le linee guida di valutazione dell’IPEV, fornisca il valore equo degli investimenti. Le linee guida IPEV privilegiano nella stima del valore equo l’applicazione di metodi empirici, quali, ad esempio, i multipli derivati da transazioni recenti sui medesimi asset o su asset comparabili.

In proposito la compagnia di servizi KPMG ha condotto una ricerca autonoma presso fondi di private equity operanti nel contesto italiano. Tale ricerca ha evidenziato (grafico 4) come i metodi di mercato siano largamente preferiti rispetto ai metodi di valutazione analitici. La quasi totalità degli operatori ha infatti risposto di utilizzare metodi di valutazione empirici; solo il 20% ha indicato, come privilegiato, l’utilizzo di metodi di valutazione analitici.

Grafico 4: Percentuale di applicazione dei metodi di valutazione80

79 Rielaborazione propria 80 KPMG. Rielaborazione propria 81% 19% Metodologie empiriche Metodologie analitiche

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Contrariamente alla reportistica gestionale, la normativa circa la predisposizione dei documenti contabili resta ancorata al criterio del costo storico. Infatti, la disciplina contabile relativa agli OICR e alle società di investimento che redigono il bilancio secondo i principi contabili italiani, limita il ricorso alla valorizzazione sulla base del fair value soltanto a specifiche circostanze.

Allo stesso modo, nel caso delle società di investimento che redigono il bilancio secondo principi contabili IAS/IFRS, il criterio del costo storico resta il criterio di riferimento, ad eccezione di quegli investimenti che sono classificati tra le attività disponibili per la vendita o possedute per la negoziazione.

Pertanto, l’investitore ha oggi a disposizione una reportistica gestionale ed una reportistica contabile nelle quali le logiche di valorizzazione degli investimenti sono differenti, in coerenza con le diverse finalità delle stesse. Nei primi, infatti, prevale l’esigenza di fornire agli investitori una rappresentazione di valore il più possibile prossima ad una valorizzazione di mercato, mentre nelle seconde è prevalente l’obiettivo di non sovrastimare il patrimonio del fondo, in coerenza con il generale principio di prudenza che deve ispirare la redazione dei documenti contabili.

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