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Software e Browser art

New Media Art: l’arte creata in Internet

2.2 Atre forme di arte in rete 1 Ascii art e Hacker art

2.2.3 Software e Browser art

La Software art, chiamata anche arte della sperimentazione artistica di processo e trasformazione di dati, è anch’essa nata e sviluppatasi a metà degli anni 90 del Novecento, la sua funzione è quella di manipolare in maniera creativa dei codici di programmazione che di solito sono di tipo audiovisivo. In questa pratica artistica, il software, ossia il programma, non si presenta come un insieme vuoto di algoritmi ma risulta essere una vera e propria opera d’arte, composta da codici binari, pixel, caratteri Ascii, stringhe di caratteri Html, indirizzi IP e animazioni. Uno dei maggiori teorici della Software art è Florian Cramer che posiziona al centro della cultura digitale il codice, aumentando il valore agli aspetti creativi e non quelli utilitari dell’arte della programmazione. Gli artisti che operano attraverso la Software art si servono di varie tipi di strumenti: browser, word process e anche di virus, un

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esempio è quello dei lavori compiuti dagli EpidemiC. La Software art inoltre ritiene il codice digitale un terreno fertile nel quale sperimentare le pratiche artistiche. Infatti il codice è un elemento attraverso il quale si fanno delle ricerche digitali ed è composto da un insieme di regole che devono essere eseguite dalla macchina per riuscire a portare a termine un vario numero di operazioni. Nella Software art quindi il codice viene utilizzato in maniera creativa e mostra il suo potenziale; i primi e più importanti esempi di Software art sono quelli del programmatore inglese Adrian Ward, Auto-Illustrator e Auto-Photoshop, che vincono ex equo nel 2001 il premio per il software artistico della Transmediale di Berlino. Con Auto-Illustrator, che si presenta con l’interfaccia di Adobe, si poteva cliccare su una delle icone presenti nella barra degli strumenti per capire che non si era in presenza di un comune software, infatti questo era stato programmato dal suo autore per reagire alle scelte del suo spettatore, poiché elaborava dei finali che erano tutt’altro rispetto a quelli pensati dall’utente ed erano il risultato di un insieme di cose controllate ma anche del caso, di scelta e auto generazione della macchina. Per esempio se veniva cliccato un cerchio questo si trasformava in un volto sorridente di un bambino oppure il rettangolo si trasformava in una casa, il testo, invece è una specie di macchina dadaista che eroga parole a caso, sono questi risultati anomali che mettono in discussione il rapporto normale che si ha con l’interfaccia grafica. La giuria che ha proclamato vincitore Auto-Illustrator è composta da Florian Cramer, Ulrike Gabriel e John Simon jr, hanno così definito la Software art:

“per noi la Software art si oppone alla nozione di software come strumento; non perché desideriamo differenziare una sorta di arte alta dal basso mestiere della programmazione. Piuttosto, l’arte del software, ci rende consapevoli che il codice digitale non è innocuo, non è limitato alla simulazione di altri strumenti e che è di per se un terreno per la pratica creativa.”12

La Software art quindi riesce ad aprire una riflessione che riguarda gli svariati modi di scrivere e interpretare un’istruzione.

La Software art viene spesso confusa erroneamente con la Generative art; quest’ultima infatti ha una serie di significati molto diversi: mentre il software è

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creato per realizzare arte in maniera automatica, questo avviene grazie ad un processo generativo che non coinvolge l’intenzionalità di autore e fruitore; la generative art invece è un’arte del fenotesto, della superficie artistica che viene sempre creata da un software, però, l’artista imposta le regole iniziali ma successivamente vengono sviluppate in maniera autonoma ed automatica da parte del computer lasciando posto al caso, quindi viene negata parte dell’intenzionalità dell’artista nel lavoro finale.

Un esempio di queste pratiche artistiche è fornito da Typogenerator di Katharina Nussbaumer: Typogenerator è un generatore di “casuale” di TypoPosters ossia sono poster che vengono creati con immagini e parole che non hanno alcun collegamento e senso ma sono piacevoli da vedere esteticamente. L’utente digita un testo e il generatore prende delle immagini e parole dal motore di ricerca Google che vengono combinate assieme e che si possono utilizzare anche per le proprie pagine web di siti personali ma non si possono usare per scopi commerciali.

Esempio di TypoPosters

Un ultimo genere di arte che prendo in considerazione è la Browser art, una pratica artistica che usa il computer come materia prima, trasformando i codici, la struttura dei siti e i collegamenti tra i server in materiale visivo. Alcune opere di Browser art sono fatte per collegarsi automaticamente ad internet e quindi si potevano manipolare

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le pagine web in modo che venisse letto il codice in maniera errata e risultasse una ricerca completamente diversa da quella che l’utente voleva fare.

La Browser art inizia la sua storia nel 1997 con The Web Stalker, ossia un browser creato dal gruppo I/O/D per creare confusione tra le regole di navigazione della rete e costringere in questo modo gli utenti a vedere i siti come sono fatti, senza interfaccia grafica che li rendono “carini” da vedere. Da questo momento in poi la Browser art è stata presa sempre più in considerazione ed il browser rappresenta il software più utilizzato e manipolato da artisti per le loro opere di net culture.

In conclusione si può sostenere che sia per quel che riguarda la net.art sia per tutti gli altri generi che sono nati e sviluppati in rete non si può definire un luogo spaziale reale dove quest’arte è nata ma si può dire che questo tipo di arte ha a che fare con il cyberspazio che non ha perciò una collocazione fisica concreta.

2.3 I protagonisti: i net.artisti

Il nuovo termine net.artista rappresenta una nuova figura dell’artista coniata come conseguenza alle pratiche artistiche che si sono sviluppate in internet negli anni novanta e il termine viene attribuito a tutti gli autori che sperimentano l’arte in rete. I net.artisti possono lavorare singolarmente o, come il più delle volte capita, anche in gruppo.

Il net.artista è un operatore culturale, con un ampio senso del termine, è colui che trova nel net il medium e il messaggio, poiché non è più un artista che crea oggetti materiali bensì diviene un attivatore di vari processi, che crea una forma d’arte che può essere considerata sempre più intangibile.

L’artista del new media art crea un nuovo tipo di spettatore, diverso da quello che finora si è potuto vedere nella storia dell’arte perché, interagisce con l’opera diventando così coautore, ne rende possibile l’evoluzione e la manifestazione della stessa. Il net.artista inoltre è anche un tecnico ed un programmatore, sempre aggiornato sulla materia che sta trattando, deve avere una mente elastica ed accettare le critiche che gli vengono fatte; l’obiettivo del suo lavoro è di sperimentare i nuovi media e di dimostrare le potenzialità che essi hanno e riuscire ad usarli in maniera creativa.

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