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Capitolo 2. Le somatizzazioni nel bambino

2.2 Somatizzazione nel bambino e comorbidità psicopatologica

Dalla letteratura emerge come le somatizzazioni possano verificarsi in concomitanza con disturbi psichiatrici come ansia e depressione (Vaccarino et al., 2008) in cui la comorbidità sembra essere stabile nel tempo.

presenza di depressione come variabile modulatrice della correlazione tra tratti alessitimici e somatizzazione. Gli studiosi hanno cercato di comprendere meglio la natura di questo rapporto, maggiormente studiato negli adulti, da una prospettiva di sviluppo, partendo dalle considerazioni già note sull'alessitimia come caratterizzata da risposte disadattive e da situazioni emotive che portano a livelli cronici di emozioni negative. Senza l'identificazione delle emozioni e la corrispondente azione appropriata, gli individui alessitimici rimarrebbero chiusi in un modello di emozioni negative e risposte maladattive sia agli stimoli esterni che interni (es. Dolore) con potenziali conseguenze negative a lungo termine (Rieffe et al., 2010). Lo scopo del suddetto studio era di indagare l'associazione tra alessitimia, depressione e somatizzazione in un campione di 244 bambini sani. La rilevazione partiva dall'identificazione della presenza di tratti alessitimici, utilizzando la TAS-20 –strumento utilizzato per indagare il

costrutto di alessitimia per gli adulti– per misurare 3 dimensioni

dell'alessitimia: la difficoltà ad identificare i sentimenti, la difficoltà a descrivere i sentimenti e il pensiero orientato all'esterno; per misurare la somatizzazione è stato utilizzato il Children Somatization Inventory (CSI,

Walker, Garber & Greene, 1991) e infine un inventario per la depressione nei bambini, il Children Depression Inventory (CDI, Kovacs, 1979). I risultati hanno mostrato una forte correlazione tra due sottoscale del costrutto di alessitimia, ovvero: la difficoltà a identificare e a descrivere i sentimenti con considerevoli punteggi di depressione e somatizzazione. Inoltre i punteggi

di depressione sono risultati significativi nel mediare parzialmente il rapporto tra le due sottoscale di alessitimia e la somatizzazione come ipotizzato dagli autori. Rieffe e colleghi (2010) hanno esplorato il rapporto tra alessitimia ed emozioni (felicità, paura, rabbia, tristezza) e internalizzazione dei sintomi (es. preoccupazione/ruminazione) in un campione di 579 bambini iraniani di età compresa tra i 10 e i 15 anni. Gli autori hanno rilevato che le emozioni negative mediano il rapporto tra alessitimia e una maggiore presenza di sintomi somatici. In uno studio di Jellesma e colleghi (2009) è stato rilevato che bambini che riportano molti sintomi somatici non mostrano una compromissione della capacità di identificare le emozioni, rispetto a bambini che riportano pochi sintomi somatici. Tuttavia, coloro che hanno segnalato molti sintomi somatici presentano maggiori difficoltà ad identificare e comunicare stati interni negativi interni (ad esempio la rabbia o la tristezza) ma sono stati in grado di identificare più emozioni rispetto ai bambini che riportano poche lamentele fisiche. I ricercatori hanno spiegato tali risultati ipotizzando che i bambini che sono in grado di riconoscere le diverse emozioni hanno anche maggiori capacità di soffermarsi sui cambiamenti fisiologici a cui il corpo va incontro in determinate circostanze emotive, risultando quindi una maggiore capacità di riconoscere le variazioni fisiologiche associate alle diverse condizioni emotive più che la discriminazione delle emozioni in sé.

Anche i disturbi di ansia contribuiscono al mantenimento e all'esacerbazione del dolore e della somatizzazione. In particolare è stato ipotizzato che la

Sensibilità all'Ansia (Anxiety Sensivity, AS, Reiss & McNally, 1985) sia correlata alla somatizzazione. La AS è riferita ad uno stato di timore che subentra quando il soggetto percepisce determinate sensazioni corporee con la convinzione che tali sensazioni avranno conseguenze somatiche, psichiche o sociali dannose (Reiss et al., 1986). Sebbene la sensibilità all'ansia sia considerata una componente fondamentale nello sviluppo e nel mantenimento di disturbi d'ansia e di altri disturbi emotivi (Clark, 1986), studi più recenti dimostrano che tale fattore psicologico è associato soprattutto a risposte dolorose acute (Tsao et al,. 2004; Tsao et al., 2006). Inoltre costituirebbe un fattore predittivo circa il dolore in bambini ed adolescenti (Muris, Vlaeyen & Meesters, 2001). Nei bambini con dolore cronico la sensibilità all'ansia è legata ad una minore qualità di vita e ad un peggioramento nel funzionamento complessivo (Tsao et al., 2007). Le teorie cognitive suggeriscono che il concetto di sensibilità all'ansia non si esaurisce intorno ai temi relativi alle mere manifestazioni ansiose ma può essere esteso ad uno stile di pensiero di tipo catastrofico con ingenti conseguenze sui sintomi corporei. Lo stesso dolore crea un circolo vizioso in cui il soggetto che avverte sensazioni somatiche tende a porre maggiore attenzione verso queste sensazioni, incrementando sensibilmente i livelli di ansia attraverso interpretazioni catastrofiche (Cox et al., 2001). La tendenza a catastrofizzare le implicazioni dei sintomi fisici, può essere considerata un fattore comune relativo al dolore e alla somatizzazione. Alcune ricerche hanno dimostrato che le credenze catastrofiche attribuite al dolore

costituiscono i fattori chiave dell'esperienza dolorosa (Sullivan et al., 2001) e sono stati associati ad un'ipersensibilità agli stimoli spiacevoli (Dixon, Thorn & Ward, 2004). La catastrofizzazione del dolore è stata rilevata sia per dolori cronici che per dolori acuti in adulti e bambini (Drahovzal, Stewart & Sullivan, 2006; Reid, Gilbert & McGrath, 1998; Vervoort et al., 2008). Al fine di verificare una ipotetica correlazione tra sensibilità all'ansia, catastrofizzazione e somatizzazione in infanzia, Tsao e collaboratori (2009) hanno condotto una ricerca selezionando un campione non clinico di preadolescenti con età media di 12 anni. Al campione sono stati somministrati l'Indice di sensibilità d'ansia in infanzia il Childwood Anxiety Sensivity Index, (CASI, Silverman et al., 1991), l'inventario delle somatizzazione per bambini il Children Somatization Inventory (CSI,

Walker, Garber & Greene, 1991), il questionario di coping nei confronti del dolore il Pain Coping Questionnaire, (PCQ, Reid, Gilbert & McGrath, 1998) ed un questionario costruito ad hoc per rilevare la presenza di dolori attuali e la relativa localizzazione.

I ricercatori hanno rilevato in linea con le loro ipotesi di partenza che i bambini che hanno segnalato la presenza di dolori attuali mostravano alti livelli di ansia, alti punteggi rispetto alla somatizzazione e hanno riferito maggiori timori circa le conseguenze fisiche delle sensazioni di ansia. Infine la sensibilità all'ansia e la catastrofizzazione sono risultate indipendentemente associate alla somatizzazione. I risultati sono coerenti con i dati che emergono di recente dalla letteratura che sottolineano elevati

livelli di comorbilità tra dolori cronici, disturbi somatoformi e disturbi d'ansia (Wang et al., 2007).

Lo studio appena descritto ha portato altri ricercatori ad approfondire l'influenza della sensibilità all'ansia prendendo in riferimento un campione clinico di bambini ed adolescenti con dolore cronico. Nello specifico Mahrer, Montaño e Gold (2012) hanno selezionato un campione di 66 bambini (8-12 anni) e adolescenti (13-18 anni) con dolore cronico; la sintomatologia riferita riguardava per la maggioranza mal di testa, dolori alle braccia e alle gambe, dolori addominali, dolori al torace a al petto. Gli autori hanno ipotizzato che la sensibilità all'ansia e la somatizzazione potessero risultare in correlazione con un'alta percezione di dolore e influire negativamente sulla qualità di vita relativa allo stato di salute. Per verificare la suddetta ipotesi è stato chiesto ai soggetti del campione di valutare l'intensità del dolore attraverso la scala visiva analogica (VAS) e la relativa localizzazione chiedendo di indicare su un’immagine raffigurante il corpo il sito/i doloroso/i (adattamento di Varni, Thomspson & Hanson, 1987). La sensibilità all'ansia, cioè quanto negativamente i soggetti consideravano i sintomi d'ansia, è stata misurata attraverso la Childwood Anxiety Sensivity Index, (CASI, Silverman et al., 1991) ; la somatizzazione è stata misurata attraverso la somministrazione del Children Somatization Inventory (CSI,

Walker, Garber & Greene, 1991) e la qualità di vita relativa alla salute (HRQoL) è stata misutata mediante il Pediatric Quality of Life Inventory 4.0 (PedsQL 4.0, Varni et al., 2003). Dai risultati ottenuti dalle misurazioni è

emerso come un'alta somatizzazione sia correlata significativamente ad una maggiore intensità del dolore, mentre la presenza di sensibilità all'ansia non sembra predire l’intensità del dolore. Nonostante sia emersa una moderata significatività, la sensibilità all'ansia risulta negativamente correlata con la qualità di vita relativa alla salute e positivamente con la somatizzazione, suggerendo che la sensibilità all'ansia è associata ad un impoverimento del funzionamento in bambini ed adolescenti con dolore cronico. In tale studio l'intensità del dolore non ha mostrato un effetto diretto sulla qualità della vita relativa alla salute. Questi risultati supportano l'idea che l'intensità del dolore da sola non ha un'influenza diretta sulla compromissione del funzionamento fisico, emotivo, sociale e scolastico in bambini ed adolescenti con dolore cronico. Piuttosto le variabili psicologiche affiliate possono avere un impatto consistente sulla disabilità. Rispetto al precedente studio in cui la sensibilità all'ansia sembra una variabile di predizione del dolore (Tsao et al., 2009), gli stessi autori hanno suggerito che simili risultati non possono essere ottenuti in caso di un campione clinico di bambini con dolore cronico. Gli autori concludono che i sintomi da somatizzazione e la sensibilità all'ansia possono esacerbare gli effetti del dolore cronico, generando così un'ulteriore compromissione.

2.3 Somatizzazione nel bambino: implicazione dei fattori psicologici

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