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Spazi di azione per Caritas e il Terzo settore

Tipo 4: La partecipazione minimale

2. Gli scenari futuri: prospettive e strumenti per partecipare

2.2. Spazi di azione per Caritas e il Terzo settore

Lo sviluppo delle aree di intervento del Terzo settore, a partire dalla L.R. 3/2008, attiene ai due profili fondamentali di analisi possibile: l’area contenutistica o il merito (le 10 attività previste dalla precitata legge);

l’area progettuale o il metodo degli interventi possibili, attese anche le priorità e la gerarchia valoriale, intesa e perseguita da Caritas e dalle sue scelte.

1. L’individuazione del merito dei contenuti appare previa alle scelte conseguenti di natura progettuale. Le aree dell’intervento del Terzo settore, individuate dalla legge regionale, in via diretta e/o indiretta, sono definite ed esplicitate, anche modalmente, in ben 14 articoli della legge.

1.1 La consultazione del Terzo settore, da parte della Regione, afferisce a molti ambiti. Le modalità di consultazione dei soggetti da parte della Regione devono essere definite entro 180 gg. dall’entrata in vigore della legge11. La consultazione afferisce a:

 l’individuazione delle unità d’offerta sociali e socio-sanitarie

 le modalità di partecipazione al costo delle prestazioni

 la concessione dei titoli sociali e le modalità di gestione ed erogazione dei titoli socio-sanitari.

1.2 La collaborazione con il Terzo settore è richiesta (ed esigita) dai Comuni per l’organizzazione dell’attività di segretariato sociale; nella definizione dei diritti di partecipazione le unità di offerta si dotano di strutture e strumenti finalizzati al mantenimento di corrette relazioni con il pubblico e con le rappresentanze del Terzo settore. Per quanto riguarda la Regione la collaborazione è richiesta nell’esercizio delle funzioni di programmazione, nella costituzione di osservatori, nella sperimentazione di nuovi modelli gestionali e di unità d’offerta innovative.

La partecipazione con il Terzo settore è garantita dai Comuni laddove essi programmano, progettano e realizzano la rete locale dei servizi alla persona. Il Piano di Zona è approvato dall’assemblea dei sindaci secondo modalità che assicurino la più ampia partecipazione degli organismi rappresentativi del Terzo settore.

La programmazione è assunta dall’ente pubblico con il concorso delle persone singole, delle famiglie, dei gruppi informali, dei soggetti del Terzo settore, degli enti riconosciuti delle confessioni religiose. La Regione promuove la programmazione partecipata a livello comunale. I Comuni

11 Si tratta della DGR 30 luglio 2008 – n. 8/7797 “Rete dei servizi alla persona in ambito sociale sociosanitario – Istituzione del Tavolo di consultazione dei soggetti del Terzo settore (art. 11, c. 1 lett. m) l.r. 3/2008) BURL n. 34 del 18.8.2008

singoli o associati programmano la rete locale delle unità d’offerta sociali, anche promovendo la partecipazione dei soggetti di Terzo settore.

La progettazione è assunta dall’ente pubblico con il concorso delle persone singole, delle famiglie, dei gruppi informali, dei soggetti del Terzo settore, degli enti riconosciuti delle confessioni religiose. I Comuni singoli o associati progettano la rete locale delle unità d’offerta sociali, anche promovendo la partecipazione dei soggetti di Terzo settore.

La realizzazione (di unità d’offerta e di iniziative sperimentali, innovative e di formazione) è assunta dall’ente pubblico con il concorso delle persone singole, delle famiglie, dei gruppi informali, dei soggetti del Terzo settore, degli enti riconosciuti delle confessioni religiose. I Comuni singoli o associati realizzano la rete locale delle unità d’offerta sociali, anche promovendo la partecipazione dei soggetti di Terzo settore. La realizzazione attiene anche alle possibili iniziative sperimentali ed innovative e agli interventi di formazione.

La promozione del Terzo settore è garantita dalla Regione in ordine alle forme di collaborazione tra soggetti pubblici e soggetti privati, in particolare appartenenti al Terzo settore, e alla sperimentazione di nuovi modelli gestionali e di unità d’offerta, comportanti forme di collaborazione tra soggetti pubblici e soggetti privati.

L’adesione è assunta, su richiesta degli organismi rappresentativi del Terzo settore, per l’accordo di programma, attuativo del Piano di Zona.

L’affidamento dei servizi a soggetti del Terzo settore è definito attraverso l’individuazione di linee guida regionali.

Per lo svolgimento di attività sociali e assistenziali è garantita la libertà organizzativa e gestionale per i soggetti del Terzo settore, nel rispetto dei principi stabiliti dalla legge e secondo la normativa vigente, indipendentemente dall’inserimento delle predette attività nella rete delle unità di offerta sociali.

2. L’individuazione del metodo, in ordine alla progettualità, suggerisce, in ottica Caritas, alcune priorità, da assumere, rispettivamente, secondo le indicazioni più idonee tra le 10 forme di relazione strutturata, definite dalla legge.

2.1 La Caritas e con essa il Terzo settore istituzionalmente correlato12 si fa promotore di azioni, in chiave di advocay, affinché vengano garantiti i diritti di cittadinanza sociale, nella prospettiva definita dagli artt. 1 e 2

12 Si fa riferimento a tutte le forme di volontariato, di prossimità parrocchiale, di associazioni, fondazioni, di cooperative sociali, di ONLUS, degli enti riconosciuti delle confessioni religiose, con le quali lo Stato ha stipulato patti, accordi o intese , che operano in Ambito sociale e sociosanitario: in sintesi di tutti i soggetti in

della presente legge. Il Terzo settore – Caritas in particolare con tutte le soggettività ad essa correlate – si fa “voce” della e per la cittadinanza degli ultimi, perché sia vera, implementata ed agita la cittadinanza dei diritti di tutti e per tutti. Si realizza qui la corrispondenza tra la questione antropologica e i problemi sociali. In questa linea sono prioritarie l’individuazione e la definizione dei LIVEAS a livello regionale, con particolare riferimento alle fragilità più nascoste, con attenzione ai bisogni, non ancora tutelati dal diritto e rimossi, perché indicatori e portatori di gravi povertà materiali ed immateriali. Il Terzo settore si fa ascolto, voce, volto e parola degli e per gli “ultimi della fila”, degli e per gli “esclusi e i gravi emarginati”. Attraverso la scuola antica e moderna della “fraternità”

e della “solidarietà”, che ci piace riassumere nel logo della “prossimità”, può essere garantita sia la libertà (sostanziale e non solo formale) sia l’uguaglianza. Il Terzo settore, dentro i percorsi della legge regionale, deve prioritariamente farsi prossimo alla persona, alla famiglia e alla comunità (cf art. 1 della Legge regionale)13, per tutelare la dignità, garantire l’universalità del diritto di accesso, la personalizzazione delle prestazioni, l’effettiva e globale presa in carico, la promozione dell’autonomia della persona e il sostegno alla vita indipendente, il riconoscimento della famiglia (cf art. 2)14. In questa prospettiva Caritas e i soggetti correlati del cd Terzo

13 La presente legge, al fine di promuovere condizioni di benessere e inclusione sociale della persona, della famiglia e della comunità e di prevenire, rimuovere o ridurre situazioni di disagio dovute a condizioni economiche, psico-fisiche o sociali, disciplina la rete delle unità di offerta sociali e sociosanitarie, nel rispetto dei principi e dei valori della Costituzione, della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, del proprio Statuto, nonché nel rispetto dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali, in armonia con i principi enunciati dalla legge 8 novembre 2000, n. 328 (Legge quadro per la realizzazione del sistema integrato di interventi e servizi sociali) e con le leggi regionali di settore(art. 1)

14 I principi:

a) rispetto della dignità della persona e tutela del diritto alla riservatezza;

b) universalità del diritto di accesso e uguaglianza di trattamento nel rispetto della specificità delle esigenze;

c) libertà di scelta, nel rispetto dell’appropriatezza delle prestazioni;

d) personalizzazione delle prestazioni, ai fini di una effettiva e globale presa in carico della persona;

e) promozione dell’autonomia della persona e sostegno delle esperienze tese a favorire la vita indipendente;

f) sussidiarietà verticale e orizzontale;

g) riconoscimento, valorizzazione e sostegno del ruolo della famiglia, quale nucleo fondamentale per la crescita, lo sviluppo e la cura della persona;

settore dovrebbero rivisitare le unità d’offerta esistenti, valutarne l’appropriatezza e la congruità, verificarne i costi (in termini di universalità dell’accesso), individuando la mappa dei nuovi LIVEAS, anche a partire dalle proprie esperienze di prossimità. Le voci rimosse della grave marginalità, delle condizioni indegne degli extracomunitari senza diritti, delle nuove ed inedite fragilità immateriali, nascoste nelle crepe del benessere anche e soprattutto metropolitano, diventeranno voci prioritarie nella stagione di un nuovo welfare community. In questa prospettiva si pone la priorità dell’istituzione del reddito (a livello regionale) di cittadinanza garantito.

2.2 La Caritas e con essa il Terzo settore istituzionalmente correlato si fa promotore di azioni, nella prospettiva dell’advocacy, nei tavoli di partecipazione del Terzo settore (sia a livello regionale che a livello locale).

La debole – in parte un poco desueta – partecipazione ai tavoli del Terzo settore indica la debolezza del significato percepito e coscientizzato dei compiti di advocay. L’attiva e costante presenza (nei termini di un’autentica sussidiarietà sociale e/o orizzontale e/o territoriale) riscoprirà la partecipazione propositiva, esigente volto dell’advocacy, distanziandosi dalla logica partecipativa prevalentemente gestionale. Si tratta, anche a livello dei Piani di Zona, di dare voce ai vulnerati, sempre più nascosti e ai dimenticati, soprattutto dalle stanze mediatiche e dall’opinione pubblica.

2.3 La Caritas e con essa il Terzo settore istituzionalmente correlato si fa promotore di azioni, soprattutto con la gestione di quelle attività sociali, espressive della libertà dell’assistenza, evocate dall’ art. 3, comma 215, che

h) promozione degli interventi a favore dei soggetti in difficoltà, anche al fine di favorire la permanenza e il reinserimento nel proprio ambiente familiare e sociale;

i) solidarietà sociale, ai sensi degli articoli 2, 3 e 38 della Costituzione;

j) effettività ed efficacia delle prestazioni erogate.

Gli obiettivi:

a) omogeneità ed adeguatezza della rete delle unità di offerta ai bisogni sociali e sociosanitari;

b) flessibilità delle prestazioni, anche attraverso la predisposizione di piani individualizzati di intervento;

c) integrazione delle politiche sociali e sociosanitarie con le politiche sanitarie e di settore, in particolare dell’istruzione, della formazione, del lavoro e della casa;

d) efficienza della rete delle unità di offerta ed ottimale utilizzo delle risorse finanziarie disponibili. (art. 2)

15 E’ garantita la libertà per i soggetti di cui al comma 1, lettere b), c) e d) di

maggiormente qualificano l’azione in termini di prossimità, di relazionalità:

l’ambito preferenziale sarà quello delle nuove fragilità, ma anche e soprattutto delle stagioni della cronicità, delle malattie irreversibili, degenerative, inguaribili, terminali. Sono interventi, magari non riconducibili ad unità d’offerta accreditate, ma decisive per una compiuta realizzazione del welfare community. Una Caritas che si fa soggetto promotore ed attuatore della community care. In questa prospettiva si possono certamente annoverare anche le forme di gestione diretta di unità d’offerta, garantite da soggetti no profit (correlate ad istituzioni di ispirazione cristiana o agli stessi soggetti riconosciuti dall’art. 3 comma 1 d) della legge)16. La ragione si iscrive nell’orizzonte antropologico dei servizi alla persona, che esige dunque la scelta opzionale non solo del “cure”, ma soprattutto del “care”. Si pensi, tra gli altri, ai pazienti affetti da SLA o ai pazienti in stato vegetativo permanente/persistente. La Caritas – e con essa il Terzo settore ad essa istituzionalmente correlato – si fa, conclusivamente, carico dell’advocay riconosciuta, difesa e propiziata, nei percorsi sia di partecipazione propositiva che di gestione innovativa. Sono solo alcuni dei percorsi proposti, per il Terzo settore, di attuazione e di implementazione della legge regionale.