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La stampa italiana, le audizioni della Commissione Quadripartita d’inchiesta e la questione dell’ordine pubblico

GLI ITALIANI, GLI ERITREI, GLI ITALO – ERITREI, GLI INGLESI E GLI SCIFTA’

4.3 La stampa italiana, le audizioni della Commissione Quadripartita d’inchiesta e la questione dell’ordine pubblico

Tale attivismo era necessario perché dal 12 novembre era presente nel territorio la Commissione Quadripartita d‟inchiesta con l‟incarico di appurare le inclinazioni delle popolazioni eritree in merito al destino del territorio e proporre le soluzioni del caso. Per questo già da ottobre tutta la stampa italiana asmarina era in fibrillazione, unita, dopo tanti screzi dovuti a contrapposte linee editoriali e tendenze politiche, nell‟esaltare la passata dominazione coloniale e nel chiederne un prolungamento nell‟amministrazione fiduciaria. Nell‟imminenza dell‟arrivo dei delegati, certo “Panglos” aveva scritto su “Eritrea Nuova” che “l‟Italia ha sempre dato alla sua attività africana un carattere più unico che raro”, e che per questo “essa attende piuttosto un atto di giustizia più che dai pontefici massimi della politica mondiale – dalle fedeli popolazioni africane”1015. “Il Lavoro” aveva ribadito come l‟Eritrea fosse “il prodotto inequivocabile del lavoro italiano”1016

.

Da questa linea si era discostato in parte “Il Lunedì del Medio Oriente”. Emanuele Del Giudice aveva sostenuto per l‟Eritrea “una forma di autogoverno elettivo locale sotto una direzione civile italiana e con libertà e facilitazioni commerciali e di traffici con l‟Abissinia […] sottoposta [sempre l‟Eritrea] al controllo militare britannico”1017

. In tal modo, secondo Del Giudice, sarebbero stati conciliati “il diritto e la capacità degli Italiani a guidare […] o a partecipare largamente alla direzione della popolazione locale” e la necessità per l‟Inghilterra di non trovarsi più, come nell‟ultimo conflitto, “con le spalle scoperte nel Medio Oriente e nel Mar Rosso”. In più il controllo militare inglese, secondo l‟italiano, che per l‟occasione rispolverava il suo “storico” filobritannismo, “rappresenta la garanzia di poter lavorare tranquillamente senza disturbi ed insidie all‟ordine interno stabilito e la difesa sicura da minacce o turbamenti provenienti eventualmente dall‟esterno”1018

.

Per sua stessa ammissione, l‟impianto della proposta ricordava quella svolta poco tempo prima (luglio) da Ostini, con quella “divisione” della responsabilità tra più attori per la

1014

Ibidem.

1015

PANGLOS, Niente raccomandazioni, “Eritrea Nuova”, 13 ottobre 1947.

1016

L‟Eritrea è il prodotto inequivocabile del lavoro italiano, “Il Lavoro”, 30 ottobre 1947. Firmato Andrani

1017

E. DEL GIUDICE, Vigilia, “Il Lunedì del Medio Oriente”, 27 ottobre 1947.

1018

187

gestione dell‟Eritrea che gli era costata la presidenza del CRIE. Proprio Ostini aveva ribadito le sue posizioni sullo stesso “Lunedì”, scrivendo che, pur riconoscendo l‟importanza dell‟amministrazione fiduciaria italiana, sulla base di una corretta lettura dei “fatti storici”, “l‟assegnazione dell‟Eritrea ad una [sic] amministrazione fiduciaria che fosse esercitata congiuntamente dalla Gran Bretagna e dall‟Italia potrebbe essere considerata dagli Italiani come una soluzione dalla quale l‟Eritrea, unico sbocco naturale del retroterra etiopico, potrebbe trarre la sicurezza della sua indipendenza e la certezza di un avvenire

economicamente e commercialmente grandioso”1019

.

Al tempo stesso però, il periodico, ritornando su posizioni propriamente “italiane”, non avrebbe mancato in seguito di intervistare il citato Caffel Hassabanei, il quale avrebbe dichiarato che durante il dominio dell‟Italia “la mia gente ha conosciuto il benessere, la giustizia, la grande civiltà”1020.

Anche Turiddu Bianchi, sul “Carroccio”, sia pure nell‟ambito di un ragionamento di più ampio respiro e con molti accenni all‟indipendenza del territorio, non si era sottratto alla logica coloniale spendendo adulatorie parole per la “numerosa categoria d‟italiani che, pur rimanendo tali, considerano l‟Eritrea come loro patria”. Legati ad essa da “vero e patriottico affetto”, aveva proseguito, “molti di essi hanno nelle vene parecchio sangue eritreo; molti di essi sono nati in Eritrea e non conoscono nemmeno l‟Italia; molti di essi sono stabiliti da decenni in questo territorio”1021. Costoro rappresentavano ora e per il futuro, “un fattore positivo in quanto ha[nno] una importantissima funzione di unione e di collegamento con le popolazioni di colore e ne affretta[no] il progresso evolutivo”1022.

“Brontolo”, per parte sua, avrebbe rimarcato la “sincera fede” dei militanti del Pro Italia, la grande caratteristica che sapevano sfoggiare a dispetto delle loro semplici divise, in contrapposizione all‟appariscente modo di vestirsi degli unionisti e dei musulmani1023

, per poi pubblicare il testo di un radiodiscorso di Giuseppe Daodiace, già governatore civile dell‟Eritrea e vicegovernatore dell‟Impero, certo che il territorio avrebbe vissuto un robusto sviluppo “all‟ombra della Bandiera Italiana”1024.

1019

F. OSTINI, Verità effettuali, “Il Lunedì del Medio Oriente”, 3 novembre 1947.

1020

C. DOVERIS, Il Comm. Caffel Hassabanei, grande decorato parla a “Il Lunedì del Medio Oriente”, “Il Lunedì del Medio Oriente”, 15 dicembre 1947.

1021

T. BIANCHI, Eritrea stato sovrano, “Il Carroccio”, 8 novembre 1947.

1022

Ibidem. I medesimi concetti Bianchi li aveva già espressi nel suo Eritrea futura apparso sul numero del 4 gennaio 1947.

1023

Brontolo, “Brontolo”, 30 novembre 1947.

1024

188

Il nodi vennero al pettine dinnanzi alla Commissione internazionale. Gli italiani e le formazioni vicine loro non poterono che auspicare l‟amministrazione fiduciaria di Roma. Gli italiani vennero rappresentati dal CRIE. Il 17 novembre Di Meglio, accompagnato da due membri del Comitato rappresentativo, Federico Patroni1025 e Vittorio Vercellino, e da tre “cittadini italiani”, Armando Albini, Angelo Santarello ed E. Pasta, qualificò l‟Italia come la più adatta all‟amministrazione del popolo eritreo, grazie all‟esperienza maturata nei decenni di dominazione coloniale. Il medico, in particolare, non senza lasciarsi andare a toni alquanto paternalistici, dichiarò che prima dell‟arrivo degli italiani “tutto era sterile”, ricordando l‟impegno profuso da Roma per la costruzione di scuole ed abitazioni, e per la realizzazione di tutta una serie di grandi lavori pubblici, tutte azioni che erano state animate dal proposito di migliorare le condizioni di vita delle popolazioni eritree1026.

Il 18 novembre fu la volta dell‟Associazione Italo – eritrei ed il caso volle che l‟audizione avvenisse lo stesso giorno in cui sul “Quotidiano eritreo” veniva ospitato un polemico pezzo che contestava la decisa svolta politica assunta dalla formazione. Pochi giorni prima (il 10) essa aveva approvato il proprio statuto e si era data un comitato direttivo1027 di cui facevano parte, tra gli altri, Guido De Rossi, Michele Pollera e Giovanni Tagliero (tutti membri del Comitato coordinato da Albini). Marazzani aveva rifiutato di farne parte. Costui, insieme ad altri, dichiarando di non appartenere all‟Associazione, rivendicò a mezzo stampa una sana “apoliticità” della stessa e manifestò la sua più ferma disapprovazione circa la sua composizione, visto che in principio essa doveva essere riservata ai “soli meticci cittadini italiani”1028, mentre secondo lo statuto di recente approvazione potevano farne parte oltre ai

1025

Patroni era membro della commissione politica del CRIE.

1026

FOUR POWER COMMISSION OF INVESTIGATION FOR THE FORMER ITALIAN COLONIES,

Appendices…, Appendice 122. Un quadro più dettagliato delle “benemerenze” italiane giunse ai delegati

dall‟audizione dei rappresentanti degli italiani viventi in alcuni tra i più importanti centri del territorio. I commissari appresero quindi che ad Adi Caieh, all‟epoca, vivevano 143 italiani, tra uomini, donne e bambini, formanti una popolazione di “operai”. I loro rappresentanti ricordarono la costruzione di un centro termoelettrico, di un acquedotto, di un ospedale e di due mulini. Ad Adi Ugri vivevano approssimativamente 400 italiani, la cui rappresentanza non tralasciò di rimarcare come la cittadina fosse il più importante centro per la produzione di cereali dell‟Eritrea, ricordando ad esempio la concessione di Giuseppe Borziani in Mai Tacalà. La stessa idea di fondo, cioè la capacità imprenditrice dei vecchi dominatori, venne ribadita anche dalle comunità di Cheren, con la menzione dei 2.000 ettari sottoposti a coltivazione con l‟impiego di 3.000 nativi, e di Agordat, con il ricordo dell‟opera di Jacopo Gasparini. I rappresentanti della comunità di Massaua, infine, per evidenziare la precedente felice stagione vissuta dal territorio, sottolinearono i contraccolpi economici seguiti all‟installazione del governo d‟occupazione, cfr. Ivi, rispettivamente Appendici 130 (insieme all‟Annex relativo), 131, 132, 133 e 135.

1027

Associazione Italo – Eritrei, “Il Quotidiano eritreo”, 15 novembre 1947.

1028

Cfr. Chiarimenti circa l‟Associazione italo – eritrei, “Il Quotidiano eritreo”, 18 novembre 1947. Accanto alla firma di Marazzani, si segnalano quelle di Emanuele Bordino, Carlo Cavanna, Giovanni Prota e di “altri” non meglio precisati.

189

“nati da genitori italiani ed eritrei, anche se non cittadini italiani”, i “nati nel territorio da genitori italiani” e “gli italiani lungamente residenti nel territorio”1029.

La connotazione politica dell‟Associazione trovò conferma anche dalle considerazioni emerse dinnanzi alla FPC. A precisa domanda del delegato statunitense, che citò quanto riportato dal quotidiano asmarino, circa il fatto che l‟Associazione “is […] setting up itself up as a political party”, venne risposto positivamente, specificando peraltro che “it has been since the beginning. The authorisation given by the British Military Administration was for a political body”1030

. Facevano parte della delegazione, guidata da De Rossi, tra gli altri, Filippo Casciani, Michele Pollera e Giovanni Tagliero. È facilmente intuibile come l‟arrivo della FPC avesse spinto ad una più marcata svolta “politica”, o comunque al completamento di un percorso iniziato tra 1946 e 1947 quando la ricordata posizione di Marazzani in merito al destino dell‟Eritrea era risultata minoritaria.

Marazzani, sempre più convinto delle proprie idee e continuando a soprassedere rispetto alle rivendicazioni italiane sulla ex colonia, avrebbe sostenuto con forza nel 1949 la necessità di un‟unione federale tra Eritrea ed Etiopia, giudicando davvero imprescindibile (e riecheggiando in questo anche lui Felice Ostini) l‟intesa con Addis Abeba: “L‟amicizia o quanto meno la buona disposizione dell‟Etiopia […] è la condizione indispensabile per il pacifico avvenire dell‟Eritrea, per la pacifica, operosa vita di quanti qui hanno lavorato e lavorano nel superiore interesse della civiltà dei popoli”1031

. A scanso di equivoci egli avrebbe aggiunto che “le pretese dei singoli gruppi di nativi e quelle dei gruppi di altra nazionalità devono necessariamente conciliarsi con le aspirazioni etiopiche”1032

.

L‟Associazione Italo – eritrei sostenne con fermezza dinnanzi alla Commissione l‟amministrazione fiduciaria italiana, ma, in caso di mancato accoglimento della suddetta proposta, suggerì un interessante progetto: l‟indipendenza immediata del territorio entro quegli stessi confini esistenti al 1° gennaio 1935. Si chiese inoltre: che l‟integrità dell‟Eritrea avrebbe dovuto essere salvaguardata da una nazione scelta dalle Quattro potenze o dalle Nazioni Unite, prendendo in considerazione per tale incarico la stessa Italia; la promulgazione di una costituzione prevedente una Camera dei rappresentanti; l‟inclusione dell‟Eritrea nel

1029

Dall‟articolo 3 dello statuto riportato in Associazione Italo…, cit. In seguito, in merito alla consistenza dell‟Associazione, si sarebbe parlato di 2.174 iscritti e di 10.000 simpatizzanti. Contando però anche le famiglie, il “gruppo demografico” che gravitava intorno all‟Associazione, il numero saliva a 60.000, cfr. ASSOCIAZIONE ITALO – ERITREI, Memoriale per i Signori Delegati…, cit., p. 15.

1030

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Appendices…, Appendice 125. 1031

S. MARAZZANI VISCONTI, Realismo, “Il Quotidiano eritreo”, 2 giugno 1949.

1032

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piano europeo per la ricostruzione; il riconoscimento degli italo – eritrei come cittadini eritrei di diritto e di fatto; la concessione della cittadinanza a tutti gli individui legati al territorio senza distinzione alcuna; il riconoscimento del contributo dato dagli italo – eritrei allo sviluppo del paese; riconoscimento, economicamente parlando, dell‟Eritrea come “free zone”; la possibilità per il territorio di ottenere tariffe agevolate1033.

Il 19 novembre i delegati internazionali ascoltarono la delegazione del Pro Italia, in rappresentanza di oltre 219.000 iscritti1034. Dietro precisa domanda i rappresentanti della formazione negarono esplicitamente, mentendo, di ricevere supporto o risorse dalla comunità o dal governo italiani. Richiesti di motivare la ragione che li spingeva a sostenere il trusteeship italiano, essi dichiararono di aver ricevuto, al tempo della dominazione coloniale di Roma, “a lot of benefits”, di ritenere importante la conoscenza della lingua italiana e che i vecchi dominatori avevano lavorato per il benessere degli eritrei, che avevano potuto trovare svariati impieghi (taluni ancora effettivi) presso di loro1035. La delegazione del Pro Italia comprese Idris Hassen Naib (capo delegazione e segretario della sezione di Massaua), Omar Mohamed Baduri, Zerejohannes Uoldegabriel (direttore di “Luce dell‟Eritrea”), i citati Mahanzel Tesfaghì (segretario generale) e Mohamed Abdalla (già in servizio presso l‟Ufficio postale di Massaua) e Redda Ghereiesus, “che non parlava neanche italiano e che rappresentava la genuina espressione dell‟„uomo della strada‟”1036

. Raccolti personalmente da Albini e preparati per l‟audizione, anche con l‟aiuto dell‟“interprete di fiducia”, il citato Vitaliano Brando, “tutti diedero una prova veramente lusinghiera della spontaneità e della convinzione con cui le loro idee venivano espresse”1037.

L‟Associazione Veterani, per parte sua, ascoltata il 20 dicembre, contava 30.000 membri, su 35.000, a favore del trusteeship italiano1038. La delegazione fu così composta: Ali Ibrahim (Presidente Generale), Cahsai Brhane (Vicepresidente Generale), Gheresillase Uorchene (Presidente della sezione di Asmara), Omar Soliman (Presidente della sezione di Senafé), Bisserat Gheremedin (Presidente della sezione di Massaua) e Seper Mahmud (Presidente della

1033

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Appendices…, Appendice 110, Annex C. Alternative programme and aspirations, in the event of italian trusteeship not being granted.

1034

I militanti erano così ripartiti tra le sezioni: 10.500 a Senafé, 11.000 a Adi Caieh, 7.000 a Decameré, 4.000 a Saganeiti, 7.000 ad Asmara, 102.000 a Cheren, 40.000 ad Agordat, 10.000 a Barentù, 5.000 a Tessenei, 1.000 a Ghinda, 8.500 a Massaua, 6.000 ad Assab, 600 a Nefasit, 500 ad Embatkalla, 500 a Teclesan, 4.500 ad Adi Ugri e 1.500 ad Adi Quala, cfr. Ivi, Appendice 98.

1035

Ivi, Appendice 126.

1036

ASCCM, CB, b. 45, f. 254, A. Albini, Relazione politica n. 9, 17 dicembre 1947.

1037

Ibidem.

1038

COMMISSION D‟ENQUETE POUR LES ANCIENNES COLONIES ITALIENNES, Vol. I, Rapport sur…, cit., p. 80.

191

sezione di Adi Ugri)1039. Come già il Pro Italia, anche i veterani rimarcarono il loro apprezzamento per il dominio italiano. Il presidente generale, arruolatosi nelle truppe coloniali nel 19141040, sottolineò il lavoro, la pace e la sicurezza portati da Roma. Quello della sezione di Massaua, arruolatosi nel 1913 e che, dal 1942 al 1945, era stato inquadrato nell‟Eritrea Police Force1041

, non senza accennare al fatto che gli ex ascari stessero ancora aspettando i loro arretrati, affermò: “We want Italy because always did well, she looked after our welfare”1042

.

L‟aspetto più volte ribadito fu la fedeltà sempre prestata dalle truppe coloniali all‟Italia, tanto che a precisa domanda si dichiarò che tutti i membri erano pronti ad arruolarsi nuovamente in caso del ritorno di Roma. Circa la composizione dell‟Associazione si precisò che molti dei suoi membri erano militanti del Pro Italia e che pochi lo erano degli altri partiti. In merito alla consistenza numerica si evidenziò che l‟Associazione contava, oltre al dato già menzionato, anche 4.500 persone defunte, rappresentate dai rispettivi famigliari.

Accanto a tante formule scontate ci fu anche spazio per una singolare battuta, che giova riportare. Il delegato inglese chiese maggiori dettagli circa il cenno fatto da Gheremedin nel corso del suo breve discorso in merito ad un finanziamento disposto da “altre nazioni” a beneficio degli eritrei. Questa fu la risposta, verosimilmente dello stesso presidente della sezione di Massaua: “They are paid by a Committee”1043. Immediatamente un altro componente della delegazione, recita il resoconto dell‟audizione, “arose to enlarge this answer”1044

, precisando come la BMA stipendiasse i capidistretto ed Addis Abeba adoperasse delle risorse per pagare gli eritrei che si impegnassero in una propaganda a lei favorevole. Il riferimento al Comitato ci porta, in vero, quasi automaticamente, al CAS – CAE, l‟unico, per l‟appunto, “Comitato” che a nostra conoscenza pagasse eritrei. È ipotizzabile che si sia trattato di un errore involontario.

Dalle richiamate argomentazioni e dal comportamento della compagine eritrea filoitaliana dinnanzi alla Commissione Quadripartita, soprattutto in merito ai “benefici” ricevuti dal

1039

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Appendices…, Appendice 136. 1040

Cfr. G. PUGLISI, Chi è…, cit, p. 12. Siamo privi della controprova ma, dalle notizie riportate da Puglisi, Alì Ibrahim sembrerebbe il “successore” di Asfaha Hambir nella carica di Presidente generale.

1041

Ivi, p. 63.

1042

FOUR POWER COMMISSION OF INVESTIGATION FOR THE FORMER ITALIAN COLONIES,

Appendices…, Appendice 136. 1043

Ibidem.

1044

192

potere coloniale, trova conferma quanto recentemente sottolineato da Uoldelul Chelati Dirar in merito alla collocazione degli ascari nell‟immaginario eritreo coloniale e postcoloniale. In periodo coloniale erano presenti due immagini dell‟arruolamento nelle truppe coloniali. Una che vedeva la carriera militare come “una scelta di frontiera in cui i giovani avventurosi e intraprendenti potevano tentare la sorte accumulando in breve tempo una piccola fortuna che permetteva a loro e ai loro familiari il raggiungimento di un migliore tenore di vita oltre che l‟accrescimento del loro status personale nella comunità di appartenenza”1045

. L‟altra che considerava il reclutamento “come l‟inizio di un viaggio verso terre lontane e remote che inghiottiva i figli migliori del paese”1046

. In periodo postcoloniale, afferma Chelati Dirar, si assiste ad una visione più critica del reclutamento di truppe, valutato come parte integrante della più generale pratica coloniale di sfruttamento delle popolazioni africane.

Chelati Dirar ricorda ancora come sull‟attività delle vecchie truppe coloniali durante la BMA gravi un giudizio sostanzialmente negativo, in considerazione del fatto che in un periodo di sicuro risveglio politico, dopo la lunga stagione italiana che aveva soffocato ogni libera espressione, il Pro Italia si caratterizzò, in definitiva, per un approccio piuttosto “conservatore” alla questione del destino dell‟Eritrea, appoggiando certo l‟ipotesi indipendentista, “ma subordinandola ad un ritorno di protagonismo politico italiano nella regione”1047

nella forma di un‟amministrazione fiduciaria. Un esempio di giudizio “negativo” rispetto al partito filoitaliano è reperibile in un‟informata pubblicazione della Fabian Society, ove si nota:

“Italy‟s militar defeat convinced the mass of Eritreans that Italy had lost Eritrea and her other Colonies. Nevertheless, pro – Italian sentiment of a kind still survived among the older generation, which had had close contact with Italians and which contrasted the days of Italian plenty with the comparative poverty which followed. Pro – Italian sentiment also survived amongst those who hoped for economic advantages from an Italian government”1048

.

1045

UOLDELUL CHELATI DIRAR, Truppe coloniali e l‟individuazione dell‟African agency. Il caso degli

ascari eritrei, in “Afriche e Orienti” n. 1/2007, p. 51. 1046

Ibidem.

1047

Ivi, p. 52.

1048

The Fate of Italy‟s Colonies. A Report to the Fabian Colonial Bureau with Contributions by An Observer in

193

Ricordando il ruolo propositivo avuto dagli italiani nella costituzione del partito, si passa quindi ad elencare i militanti della formazione:

“a) Ex – soldiers of the Italian colonial army who were anxious to receive backpay due to them.

b) Employees of Italian industrialists, etc., who feared that they would lose their positions if they did not join the party.

c) Ex – employees of the Italian Government who hoped for more favourable treatment under an Italian government.

d) Dissident groups from other parties”1049.

Che il Pro Italia fosse in qualche maniera un partito “vecchio”, sia per l‟identità dei suoi militanti che per il punto di riferimento dei medesimi (la vecchia amministrazione italiana appunto), lo conferma peraltro anche lo stesso Albini, quando notava che “la gran massa dei giovani eritrei si mantiene ancora in una posizione ostile rispetto a questo movimento che fino ad ora ha reclutato i propri aderenti fra i veterani, ex graduati, persone anziane, uomini insomma della passata generazione”1050

.

Accanto a questo particolare bacino di militanza, come ulteriore caratteristica del movimento eritreo a favore del ritorno dell‟amministrazione di Roma, spicca la sua totale dipendenza, sia a livello di Partito che di Associazione, dai finanziamenti degli italiani. Già Albini, nell‟estate 1947, aveva notato che la critica che poteva farsi all‟Associazione Veterani era che questa aveva assunto una posizione filoitaliana “esclusivamente „all‟idea di quel metallo‟”1051. Questo aspetto del mero denaro come fattore principale dell‟azione italiana ritorna poi con forza se ci si sofferma su quanto è reperibile in alcuni documenti della fine del 1947 e del 1948. Nel dicembre 1947, in particolare, Albini, corrispondendo con Piero Franca, mentre dava il senso dell‟impegno profuso ricordando che “è stata impiegata la complessiva somma di 70 milioni per una [sic] attività politica che dura dal mese di Luglio e che comprende la costituzione di un Partito Politico e della [sic] Associazione Veterani”1052, sollecitava lo sblocco di 12 milioni di lire (parrebbero quegli stessi citati e promessi dal MAI in precedenza). Il giorno successivo alla redazione della missiva, il Comitato si riuniva certificando lo stato delle passività in oltre 400.000 scellini EA (pari ad oltre 40 milioni di

1049

Ibidem.

1050

ASMAI, DAO, p. 1, f. Eritrea. Direttive politiche. Corrispondenza con Barbato (1948), s.f. Lettere da Barbato, A. Albini, Relazione politica n. 10, 3 gennaio 1948.

1051

Ivi, f. Relazioni politiche 1947, A. Albini, Appendice alla relazione politica n. 2, 22 agosto 1947.

1052