La questione dell'immunità
5. Gli Status of Forces Agreements (SOFAs)
5.1 La manifestazione del consenso alla presenza di militari di Stati terzi nel proprio territorio
In merito all'ultimo punto sopra evidenziato, ovvero alla disputa sulla necessità o meno di accordi circa la presenza di personale militare straniero su zone soggette alla sovranità di uno Stato, occorre fare particolare riferimento a una tipologia di accordi, i c. d. SOFAs (Status of Forces Agreements), che rappresentano una questione di fondamentale importanza in merito al riconoscimento dell'immunità funzionale ai corpi di truppa stranieri stanziati sul territorio di uno Stato con il suo consenso.
Si tratta in sostanza di accordi finalizzati ad autorizzare preventivamente la presenza dei militari di uno Stato sul territorio dello Stato ospitante; nello specifico essi regolano la condizione giuridica dei militari in parola, conferendo a essa uno status per certi versi analogo a quello previsto per le missioni diplomatiche, ivi compresa l'immunità dalla giurisdizione dalle Corti del Paese ospitante86.
Scopo dei SOFAs è salvaguardare la sovranità territoriale dello Stato ospite da una parte e garantire la soddisfazione degli interessi (di carattere logistico, militare strategico) dello Stato di invio dall'altra. Non si tratta dunque di accordi che implicano una rinuncia alla sovranità, ma piuttosto che regolano le modalità del suo esercizio87.
Per completezza espositiva si segnala che simili accordi sono stati conclusi sia a livello globale che regionale: ad esempio nell'ambito delle missioni di pace autorizzate o istituite dalle Nazioni Unite si è diffusa la prassi di disciplinare in modo pattizio (appunto attraverso i SOFAs) le norme sull'attribuzione della competenza 85 Sent. Alta Corte del Kerala, del 29 maggio 2012, parr. 47-48.
86 C. Curti Gialdino, op. cit., p. 24. 87 P. Busco e F. Fontanelli, op. cit., p. 53.
giurisdizionale e sull'immunità in merito a condotte illecite eventualmente poste in essere dal personale appartenente a contingenti militari alle dipendenze dell'ONU (e di altri enti sovranazionali). Ciò è avvenuto in ragione della crescente difficoltà a identificare il quadro delle fonti normative (nazionali o internazionali) applicabili in caso di illeciti commessi da personale di contingenti militari plurimi.
Analogamente, a livello regionale, nel 2003 è stato concluso in seno all'Unione europea (dagli allora quindici membri) un SOFA per il personale militare e civile dispiegato nelle missioni UE, la cui applicazione è circoscritta al solo ambito territoriale degli Stati membri88.
Riguardo al caso di specie, una delle argomentazioni della tesi indiana a sostegno della non invocabilità dell'immunità funzionale nella vicenda Lexie poggia, come si è detto, sull'assenza, tra India e Italia, di uno specifico SOFA.
Appare utile ricordare che nel 2003 i due Paesi coinvolti hanno stipulato un accordo di cooperazione nel campo della Difesa. Tale accordo, in vigore fino al 2009, statuiva che, una volta stabilita mutualmente un'attività di cooperazione, l'Italia, in qualità di Paese di invio, sottometteva in casi eccezionali le sue forze militari alla giurisdizione dello Stato ospitante, mentre manteneva la priorità nell'esercizio del proprio potere giurisdizionale riguardo a violazioni derivanti da atti o omissioni, commessi in modo intenzionale o per negligenza nell'esercizio o in connessione con il servizio. In tali casi le Corti indiane non potevano esercitare la giurisdizione in assenza della rinuncia alla stessa da parte delle autorità italiane89.
La sentenza della Corte Suprema indiana del gennaio 2013 ha escluso il riconoscimento dell'immunità funzionale ai militari stranieri in assenza di specifici accordi90.
I motivi della necessità della sussistenza di un SOFA al fine di riconoscere l'immunità al personale militare estero non sono specificati in dettaglio dai giudici indiani, tuttavia essi potrebbero essere ricondotti essenzialmente a due ordini di ragioni. Innanzitutto un accordo del genere sarebbe la prova inconfutabile dell'assenso, da parte dello Stato ospite, all'esercizio delle funzioni da parte del personale militare straniero sul proprio territorio: come si vedrà in seguito questo è un tema rilevante riguardo alla materia che si sta trattando.
88 L'accordo è stato ratificato dall'Italia con l. del 3 agosto 2009, n. 114.
89 V. Eboli e J. P. Pierini, The “Enrica Lexie Case” and the the limits of the extraterritorial jurisdiction
of India, in «Quaderni europei», n. 39 del marzo 2012, p. 23.
La seconda motivazione potrebbe riguardare la volontà indiana di considerare lo Status of Forces Agreement come una semplice occasio per affermare una regola pattizia che sottrae alle Corti indiane la giurisdizione sul personale in parola. Ciò equivarrebbe però a negare l'esistenza di una norma consuetudinaria sull'istituto dell'immunità.
Le regole contenute nel SOFA invece, anche quando trattano l'immunità funzionale, non avrebbero valore costitutivo, bensì dichiarativo degli obblighi già in capo agli Stati sulla base del diritto consuetudinario. Di conseguenza, la crescente prassi a stipulare Status of Forces Agreements si spiegherebbe con la volontà, da parte degli Stati, di regolamentare l'istituto dell'immunità (già riconosciuto dunque dal diritto internazionale) in maniera di volta in volta più consona alle esigenze del caso concreto.
Riguardo al caso di specie è stata comunque criticata la posizione assunta dalla Corte Suprema in merito alla necessità di un SOFA in considerazione del fatto che l'incidente ha avuto luogo nella zona economica esclusiva indiana, su cui la sovranità dello Stato non è piena; dunque è stato sostenuto che l'accordo perderebbe la sua ragion d'essere, in assenza di un diritto da salvaguardare91.
Come si è accennato, una questione ancora aperta riguarda la necessità o meno, ai fini del riconoscimento dell'immunità funzionale, del consenso dello Stato ospite alla presenza dei militari stranieri sul proprio territorio, e, in caso positivo, dei termini in cui tale consenso debba essere inteso.
Alla prima domanda occorrerebbe rispondere in modo affermativo, sulla base di una emergente dottrina e secondo quanto affermato nel Second Preliminary Report of the Special Rapporteur on Immunities of State Officials from Foreign Jurisdiction presentato dallo Special Rapporteur alla CDI92.
In mancanza di ulteriori specificazioni sulla nozione di consenso, nel documento appena citato, così come in dottrina e in giurisprudenza, è necessario chiarire tre punti: l'ampiezza e l'intensità del consenso, le modalità della sua manifestazione e gli elementi su cui esso deve sussistere.
91 P. Busco e F. Fontanelli, op. cit., pp. 54-56.
92 «A situation where criminal jurisdiction is exercise by a State in whose territory an alleged crime has
taken place, and this State has not given its consent to the execise in its territory of the activity which led to the crime, and to the presence in its territory of the foreign official who committed this alleged crime stands alone in this regard. There would in such a situation appera to be sufficient gounds for talking of an absence of immunity». (Second Preliminary Report of the Special Rapporteur on
Immunities of State Officials from Foreign Jurisdiction, 29 maggio 2008, U.N. Doc. A/CN.4/631, p. 56, par. 90).
In ordine al primo punto, sembra che più che il consenso vero e proprio, sia necessaria l'assenza di clandestinità delle operazioni svolte, da cui si potrebbe desumere il dissenso dello Stato ospite alla loro attuazione. Nei casi in cui l'organo statale si sia trovato per errore sul territorio di un altro Stato e vi abbia commesso un illecito nell'esercizio delle sue funzioni, l'ipotesi dell'immunità non è stata esclusa93.
A ben vedere, i casi in cui l'immunità funzionale è stata esclusa in ragione della mancanza di assenso dello Stato ospite si risolvono in casi in cui si poteva desumere il suo dissenso. Ciò è evidente dalla natura segreta delle operazioni che costituiscono o da cui discende l'illecito, come si è già visto nelle vicende Rainbow Warrior, in cui l'atto dei due agenti dei servizi segreti francesi è stato considerato un sabotaggio, e Abu Omar.
Per quanto riguarda la manifestazione del consenso, essa può avvenire secondo due diverse modalità: di volta in volta oppure la si può dedurre dal complesso delle norme pattizie e consuetudinarie che regolano i rapporti dei due Stati coinvolti.
In accordo con la prima tesi, lo Stato di invio dovrebbe consultare le autorità dello Stato ospite ogni volta che intenda dispiegare personale militare sul territorio di quest'ultimo, al fine di ottenerne il consenso (tacito o espresso).
Prendendo in considerazione la seconda ipotesi invece, nel caso in cui l'operazione non fosse clandestina e il consenso dello Stato di destinazione fosse desumibile, spetterebbe solo a quest'ultimo esprimere il suo dissenso. La disciplina inerente al mare territoriale indiano segue questo approccio. La Convenzione di Montego Bay infatti riconosce il diritto di passaggio inoffensivo alle navi straniere che intendano transitare nel mare territoriale di uno Stato terzo94. È possibile sostenere, nel silenzio della disposizione
della Convenzione, che questo principio sia applicabile non solo alle navi private, ma anche a quelle da guerra, così come sostenuto anche dalla CDI95; ciò proverebbe, in
assenza di manifestazione di dissenso, il consenso dello Stato territoriale alla presenza di personale militare straniero in quella specifica area. L'India tuttavia non accetta 93 Il riferimento è al caso di un pilota militare russo, il quale, trovandosi per errore su territorio lituano, vi era poi precipitato. Nel procedimento intentato dalle Corti lituane a carico del pilota, il quale era sopravvissuto all'incidente, la Russia ha invocato l'immunità funzionale in virtù del fatto che egli agiva nell'esercizio delle proprie funzioni. (Second Preliminary Report of the Special Rapporteur on
Immunities of State Officials from Foreign Jurisdiction, U.N. Doc. A/CN.4/631, p. 54, nota 222).
94 Art. 17 UNCLOS: «Alle condizioni della presente Convenzione, le navi di tutti gli Stati, costieri o privi di litorale, godono del diritto di passaggio inoffensivo attraverso il mare territoriale».
95 Nel resoconto sommario del duecentosettantatreesimo meeting della CDI si legge: «as a general rule,
a costal State will not forbid the passage of foreign warships in its territorial sea and will not require a previous authorisation or notification». (U.N. Doc. A/CN.4/SR.273).
questa tesi, per cui ha provveduto a esplicitare il proprio dissenso attraverso il già richiamato Territorial Waters, Continental Shelf, Exclusive Economic Zone and Other Maritime Zone Act del 1976, il quale prevede che la presenza di navi da guerra nelle acque territoriali indiane venga preventivamente notificata al Governo96.
Dunque se una nave da guerra straniera entrasse nelle acque territoriali indiane, anche solo per transitarvi, lo farebbe in dissenso con lo Stato territoriale, il quale potrebbe dunque far valere tale circostanza per negare l'immunità funzionale ai militari a bordo della nave pubblica. Adottando il principio interpretativo dell'ubi lex voluit dixit, ubi noluit tacuit,si può dimostrare che, poiché il consenso è desumibile dalla normativa internazionale, è il dissenso che deve essere manifestato dallo Stato territoriale.
Riguardo al terzo e ultimo punto, ovvero gli elementi rispetto ai quali lo Stato ospite deve acconsentire, è il Second Preliminary Report of the Special Rapporteur on Immunities of State Officials from Foreign Jurisdiction dello Special Rapporteur a pronunciarsi, affermando che il consenso è necessario sia in merito alla presenza degli organi statali stranieri sul territorio, sia riguardo alle attività che essi intendono porre in essere sul detto territorio97.
Sulla base di quanto appena detto è possibile ricostruire tre diversi scenari, con altrettante ricadute sul riconoscimento dell'istituto dell'immunità: il primo caso è quello in cui lo Stato territoriale acconsenta sia alla presenza del personale estero sia all'adempimento delle attività svolte da quest'ultimo nell'ambito del quale viene commesso un dato crimine; in tal caso il riconoscimento dell'immunità è fuori dubbio. Il secondo scenario rappresenta la situazione in cui lo Stato dia il consenso alla presenza degli organi stranieri sul proprio territorio, ma il crimine venga compiuto nell'ambito di un'attività non autorizzata dallo Stato; in tal caso il riconoscimento o meno dell'immunità funzionale dipenderebbe dalla vicinanza concettuale dell'attività compiuta rispetto a quella autorizzata98. Nell'ultimo caso infine, in cui rientrano i casi di
spionaggio, sabotaggio e le extraordinary renditions di cui si è detto sopra, manca il consenso su entrambi gli elementi, per cui l'immunità potrebbe non essere
96 L'art. 4, comma 2 del Maritime Zones Act dispone che: «Foreign warships including submarines and
other underewater vehicles may enter or pass through the territorial waters after giving prior notice to the Central Gouvernment».
97 Second Preliminary Report of the Special Rapporteur on Immunities of State Officials from Foreign
Jurisdiction, p. 52, par. 82.
98 Ibidem, par. 84: «[...] what is evidently important is the extend to which the activity which led to the
riconosciuta99.
5.2 La questione del consenso nel caso dell'India, alla luce del diritto internazionale e del diritto interno
Dopo aver fornito taluni strumenti per comprendere in merito alla manifestazione del consenso, si analizzerà tale aspetto nel caso di specie. Nel caso dell'India, la sentenza della Corte Suprema ha affermato che gli attaché militari100 italiani avevano notificato la
presenza di un Nucleo Militare di Protezione a bordo della petroliera che transitava nella zona economica esclusiva indiana101. In tal caso sussisterebbe il consenso
dell'India alla presenza dei militari, tuttavia i documenti che potrebbero avvalorare tale tesi non sono stati resi pubblici.
Nel dubbio si procederà dunque ipotizzando che ciò non sia avvenuto e si cercherà di analizzare la sussistenza o meno del consenso indiano. A tal fine è possibile appunto utilizzare gli scenari sopra delineati in merito al consenso alla presenza degli organi statali sul territorio e alle attività da questi svolte. La prima ipotesi sarà dunque il caso in cui l'assenso possa essere desunto per entrambi gli elementi. In questa fattispecie, la presenza dei militari a bordo della nave sarebbe giustificata ai sensi dell'articolo 58 UNCLOS, che garantisce agli Stati, nella ZEE, la stessa libertà di navigazione e di sorvolo stabilita in relazione all'alto mare dall'articolo 87. Gli articoli appena citati non operano distinzioni tra navi private e pubbliche (anche se nel caso di specie si tratta di nave privata con a bordo personale militare).
L'unico limite imposto da alcuni Stati, compresa l'Unione indiana, consiste nel divieto, in capo agli Stati terzi, di condurre nella zona economica esclusiva dei primi operazioni militari non preventivamente concordate102.
Dunque mentre riguardo alle acque territoriali indiane, ai sensi della normativa interna (il Maritime Zones Act), il passaggio di una nave da guerra straniera richiede il preventivo consenso del Governo, per la ZEE il consenso è necessario esclusivamente per la conduzione di operazioni di natura militare.
99 P. Busco e F. Fontanelli, op. cit., pp. 57-59.
100 Essi fanno parte del personale dell'ambasciata; il loro compito consiste nel mantenere i contatti con le autorità locali.
101 Par. 1 sent.
La legittimità di pretese di questo genere è stata più volte messa in dubbio, in quanto esse minerebbero il regime di generale libertà a cui la Convenzione di Montego Bay si ispira103.
Ad ogni modo, riguardo al consenso sul secondo punto in esame (l'attività posta in essere dai militari stranieri), si potrebbe ipotizzare che essa rientri nell'ambito delle operazioni internazionali di contrasto alla pirateria. In realtà tale qualificazione appare non corretta, tuttavia tale ipotesi risulta utile per delineare i due suddetti scenari.
Le attività antipirateria, oltre a essere disciplinate dalle Risoluzioni del Consiglio di Sicurezza di cui si è detto in precedenza104, sono ammesse (se necessario anche con l'uso
della forza) nelle zone non direttamente sottoposte alla sovranità di alcuno Stato (e dunque anche nella zona economica esclusiva) da parte di tutti gli Stati, sulla base dell'articolo 105 UNCLOS105.
La dichiarazione di dissenso indiana all'atto della ratifica non ha riguardato il suddetto articolo; nonostante si potrebbe far rientrare le attività di contrasto alla pirateria nella categoria di esercitazioni militari (per cui, si è visto, è necessaria l'autorizzazione indiana nella ZEE), la portata applicativa dell'articolo 105 non verrebbe inficiata, in mancanza di manifestazioni di dissenso da parte delle autorità indiane.
Passando al secondo scenario, ovvero quello che ammetterebbe il consenso dello Stato territoriale alla presenza dei militari ma non alle attività da essi svolte, occorre sottolineare che compito dei NMP non è quello di condurre azioni antipirateria; il loro mandato comprende esclusivamente la protezione del naviglio commerciale, permettendo a quest'ultimo di rendere effettivo e dunque esercitare il diritto di legittima difesa. Essendo questo principio un diritto incomprimibile che rientra tra i principi generali comuni agli ordinamenti statali, un'attività finalizzata alla sua realizzazione non richiederebbe ulteriori autorizzazioni da parte di alcuno Stato106.
103 In proposito l'Italia, nella sua dichiarazione resa al momento della ratifica della Convenzione, il 26 gennaio 1997, ha affermato che la giurisdizione dello Stato rivierasco sulla propria ZEE non include il diritto di pretendete che le esercitazioni e le manovre militari realizzate in tale zona da Stati terzi debbano essere da esso preventivamente autorizzate.
104 V. cap. 1, par. 5.2.
105 Esso dispone che «Nell'alto mare o in qualsiasi altro luogo fuori della giurisdizione di qualunque Stato, ogni Stato può sequestrare una nave o aeromobile pirata [...]».