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Stefano Lusard

Nel documento Aldèbaran III. Storia dell'arte (pagine 87-93)

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1. Jacopo Pistoia, Cristo in gloria e santi. Venezia, Gallerie dell’Accademia (dalla chiesa di Santa Maria Maggiore a Venezia)

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Nikola Voršak era canonico presso la chiesa di San Girolamo dei Croati a Roma e agente del vescovo Strossmayer per gli acquisti sul mercato italiano. Il 18 febbra- io 1867, proprio per interessamento di Voršak, il pittore romano Carlo Possenti (1826-1882) ricevette quattromila scudi a pagamento di cinque dipinti tra i quali dobbiamo riconoscere la pala d’altare in considerazione.

La composizione dell’opera è tradizionale: nel centro della parte alta figura la Vergine inginocchiata nell’atto di ricevere la corona – sormontata dalla colom- ba dello Spirito Santo – che le stanno porgendo congiuntamente Gesù Cristo (a sinistra, con scettro e corona) e Dio padre (a destra, con corona e globo); le aree laterali sono occupate da angeli musicanti. Nella parte inferiore compare un affollato gruppo di ben tredici santi a figura intera e, nell’angolo di destra, un do- natore ritratto a mezzo busto.

Nel XIX secolo la ricerca, quasi spasmodica, di opere d’arte del Rinascimento italiano produsse conseguenze impressionanti sul mercato antiquario, sino a giungere ad operazioni al limite della legalità. La scritta che compare sul margine inferiore della tela, «BORDONE», si deve collegare verosimilmente a quel mo- mento: indubbiamente il nome di Paris Bordon (Treviso, 1500 - Venezia, 1571), tra i maggiori caposcuola della scena pittorica veneziana del Cinquecento, avreb- be reso prestigiosa ogni quadreria.

L’inventario generale della Galleria Strossmayer, manoscritto e datato all’anno 1883, comprende pure l’Incoronazione della Vergine, dichiarandola proveniente nien- te meno che dalla collezione del cardinale Joseph Fesch (1763-1839). È probabile che transitando nelle stanze dello zio di Napoleone il dipinto sia stato nobilitato da questa altisonante attribuzione, certo non messa in discussione dagli interessati mediatori grazie alla cui opera la pala d’altare pervenne al vescovo croato.

un altro dato interessante, a conferma dell’alta considerazione del dipinto, con- siste nel reiterato riferimento al donatore nei vecchi cataloghi della Galleria, che lo identificano nel duca di Ferrara Alfonso II d’Este (1533-1597), trascurando l’incongruenza cronologica tra la presunta età dell’effigiato e l’autografia bordo- niana. Questa ‘fortuna critica’ pare spegnersi nel 1922, quando la pala non viene più inclusa nei cataloghi della Strossmayerova Galerija.

Le peculiarità stilistiche inducono a collocare l’Incoronazione della Vergine in area ve- neta certo, ma di terraferma, non comparendo così evidenti quelle caratteristiche cromatiche, luministiche e pure compositive tipiche dei grandi maestri veneziani. Escludendo l’ambito bresciano, che per tutto il XVI secolo rimane fortemente ancorato al linguaggio morettesco, una valutazione degli artisti bergamaschi at- tivi nella seconda metà del secolo parrebbe aiutarci nel reperimento di dati utili a una più convincente contestualizzazione.

abrasioni, soprattutto in corrispondenza delle figure in secondo piano; il perimetro, inoltre, è segnato da lacune imputabili all’allentamento della tela sul telaio. Appren- diamo di un antico restauro da una lettera che Voršak inviò da Roma, il 13 marzo 1867, a Strossmayer, dichiarando l’avvenuta verniciatura «al Paris» – ossia al Paris Bordone – da parte del pittore romano Achille Scaccioni (†1874), operazione cui dovette sovrintendere anche il pittore Nicola Consoni (1814-1884)4.

Malgrado l’intervento, la qualità materica della stesura pittorica resta pienamente leggibile, soprattutto nei panneggi dei quattro santi in primo piano: sant’Andrea, a sinistra, che sostiene la croce, poi san Giovanni, inginocchiato con l’incipit del suo Vangelo, quindi san Paolo, martire, con la spada e un ampio manto a lacca, infine santa Caterina d’Alessandria, con la ruota dentata.

L’esibito allungamento anatomico della figura di sant’Andrea e le generiche tipiz- zazioni dei volti dei santi ricordano la pala raffigurante Cristo in gloria e santi (fig. 1) che il pittore Jacopo Pistoia realizzò, probabilmente verso il 1555, per la chiesa veneziana di Santa Maria Maggiore, oggi presso le Gallerie dell’Accademia5.

Il profilo artistico di questo artista rimane ancora da definire. La memoria del suo operato è connessa alla citazione che Vasari gli dedica, pur storpiandone il nome in Jacopo detto Pisbolica, nell’edizione del 1568 delle Vite, laddove commenta l’Ascensione veneziana di Santa Maria Maggiore. Si devono alle ricerche archivisti- che di Gustav Ludwig, dedicate alla verifica della presenza di pittori bergamaschi a Venezia, il riconoscimento del corretto nome in Jacopo Pistoia e l’indicazione della provenienza dal paese bergamasco di Zappello. Ludwig prima e Pompeo Gherardo Molmenti in seguito accorpano all’Ascensione un gruppo di opere caratterizzate da uno stile vicino a Bonifacio de’ Pitati, ipotizzando un alunna- to presso Palma il Vecchio. Tra le pale d’altare che potrebbero essere accostate all’Incoronazione Strossmayer si segnalano, entrambe presso le Gallerie dell’Ac-

4 Dalla lettera apprendiamo: «Scaccioni davanti a Consoni ha eseguito quelle loro verniciature:

al Lippi [bottega di Filippino Lippi, Sacra famiglia con i santi Giovanni ed Elisabetta, tempera su tavola, ø 81 cm, inv. n. SG-54] dappertutto, e al Paris in qualche parte» (Voršak a Strossmayer, Roma, 13 marzo 1867. (Voršak a Strossmayer, Roma, 13 marzo 1867. Archivio HAZu -Accademia Croata delle Scienze e delle Belle Arti-, XI A / Vor. Ni. 10), XI A / Vor. Ni. 10). Si rimanda al generale e approfondito studio di I. Pasini Tržec, L. Dulibić, Formazione di collezione di opere

d’arte del vescovo Josip Jurai Strossmayer – contributo del pittore e restauratore Achille Scaccioni, “Zbornik

za umetnostno zgodovino”, n.s., XLVII, 2011, pp. 120-139.

5 La pala centinata raffigurante Cristo in gloria e santi misura 315 x 173 cm; M. Pistoi, Jacopo

Pistoia, in I pittori bergamaschi dal XIII al XIX secolo. Il Cinquecento, II, Bergamo 1976, pp. 85-97: 92,

cat. 6. Si veda pure S. Moschini Marconi, Gallerie dell’Accademia di Venezia. opere d’arte del

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cademia, quelle raffiguranti la Madonna in gloria e cinque santi6 e la Madonna del

Carmelo in gloria e tre santi7; tutte e tre condividono il medesimo schema di impa-

ginazione su due piani, delimitati da nubi e angeli.

Il ritratto di donatore che compare nella pala di Zagabria ricorda soluzioni tipi- che della produzione bergamasca post cavagnesca, verso la seconda metà del se- colo, e potrebbe costituire un elemento di convincente confronto rispetto al Ri-

tratto di Melchiorre Michiel8. Oltre al fatto che tra i documenti della Commissaria

Michiel sono registrati alcuni pagamenti a favore di Jacopo Pistoia, varrà anche la pena di ricordare i rapporti tra i Michiel e la città di Bergamo.

Considerando che l’Ascensione è l’unica opera certa di questo sfuggente pittore, l’i- potesi di accostare a Pistoia l’Incoronazione della Vergine è finalizzata a diminuire il totale anonimato che l’ascrizione a un generico ‘ambito bergamasco’ porta con sé9.

Pur trattandosi di dipinti con elementi formali non del tutto coincidenti, forse in considerazione di una diversa collocazione temporale – più avanzata per quel- lo di Zagabria, orientativamente databile verso il settimo decennio del secolo –, essi condividono un’affinità di impostazione significativa. Nell’Incoronazione

della Vergine gli elementi veneziani, tizianeschi e bonifaceschi, sono quasi definiti-

vamente archiviati, come se un possibile rientro nell’originaria terra bergamasca avesse comportato un riallineamento del linguaggio pittorico in chiave locale.

6 La tela, centinata, misura 367 x 183 cm e proviene dalla cappella Mocenigo di Santa Maria

Maggiore. G. Ludwig, Bonifazio di Pitati da Verona, eine archivalische Untersuchung. II, in “Jahrbuch der Königlich Preussischen Kunstsammlungen”, XXII, 1901, pp. 180-200: 198-200; Moschini Marconi, Gallerie dell’Accademia, cit., pp. 69-70, cat. 116; Pistoi, Jacopo Pistoia, cit., pp. 92-93, cat. 7.

7 La tela, centinata, misura 326 x 200 cm e proviene dalla chiesa di Sant’Antonio di

Castello, probabilmente commissionata dalla famiglia Cappello. G. Ludwig, Documente über

Bildersendungen von Venedig nach Wien in den Jahren 1816 und 1838 aus dem Archivio di Stato zu Venedig,

“Jahrbuch der Kunsthistorischen Sammlungen des Allerhöchsten Kaiserhauses”, XXII, 1901, parte seconda, pp. I-XL: VIII; G. Fiocco, Catalogo delle opere d’arte tolte a Venezia nel 1808-1816-1838

restituite dopo la vittoria, Venezia 1919, p. 37, cat. 109; Moschini Marconi, Gallerie dell’Accademia,

cit., pp. 68-69, cat. 114; Pistoi, Jacopo Pistoia, cit., p. 93, cat. 8.

8 Il dipinto, decurtato, misura oggi 115 x 105 cm e si conserva presso la Fondazione Cini,

in deposito dalle Gallerie dell’Accademia di Venezia. G. Ludwig, Archivalische Beiträge zur

Geschichte der venezianischen Malerei, “Jahrbuch der Königlich Preussischen Kunstsammlungen”,

XXVI, 1905, supplemento, pp. 2-159: 154-155; Moschini Marconi, Gallerie dell’Accademia, cit., pp. 204-205, cat. 356; Pistoi, Jacopo Pistoia, cit., p. 93, cat. 9.

9 La pala con l’Incoronazione della Vergine è stata anche avvicinata ai modi di Bernardino Licinio

da G. Gamulin, Prijedlozi za slikarstvo renesanse i manirizma u Veneciji, “Radovi Instituta za povijest umjetnosti”, 10, 1986, pp. 69-81: 71-72.

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enza anniversari, senza precise novità, senza motivazioni intrinseche, il 2014 è stato comunque un anno “veronesiano”, come ci mancava da tempo, dopo il 1988. A far montare l’onda, che si è poi sempre più ingrossata, è stata la mostra della National Gallery di Londra, affidata a Xavier Salamon. Mancava una mo- stra monografica di Veronese a Londra, soprattutto alla National Gallery, che del pittore conserva alcuni capolavori fondamentali. La mostra londinese è consistita poi di 50 (cinquanta!) numeri contati, come si usa cabalisticamente nelle pubbli- cazioni più mediatiche (I 50 capolavori imperdibili del museo di...). E tutti dipinti, senza disegni.

A parte ciò la mostra appariva sotto tutti gli aspetti inappuntabile. Il catalogo era trasformato in un libro sulla vita e le opere di Paolo Veronese, che raccontava onestamente il tutto al visitatore. Alcune posizioni critiche si possono leggere, diplomaticamente, in negativo. Ad esempio non vi compare il celebre presunto

Ritratto di Alessandro Vittoria, del Metropolitan Museum di New York, della cui

autografia, forse, si dubita1.

A Verona seguiva immediatamente un’altra mostra, con un maggior numero di opere pittoriche e una nutrita sezione di disegni, scelti in genere tra i più famosi. Il tutto accompagnato da un catalogo più tradizionale di schede e di saggi.

Nel caso della mostra di Verona, nata chiaramente su imitazione di quella di Londra e, in parte, con la continuazione degli stessi prestiti, l’aspetto di maggior scadimento è consistito nel tentativo indiscriminato di identificare i personaggi dei ritratti, che corrisponde evidentemente a una direttiva generale dall’alto, for-

Ringrazio Doretta Davanzo Poli, Paolo Delorenzi, Andrea Piai, Ornella Salvadori, Diana Ziliotto.

1 X.F. Salomon, Veronese, London 2014.

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