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Sutjeska Sanja Cvetnić

Nel documento Aldèbaran III. Storia dell'arte (pagine 151-155)

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opera di Dragoilovich4, dando inizio così a un lungo malinteso e alla piacevole

leggenda – viva a tutt’oggi – circa il pittore locale Dragoilovich, che sarebbe stato educato a Venezia e avrebbe operato nella Bosnia ottomana5. Lo stesso personag-

gio ha ordinato un altro quadro – L’Immacolata Concezione con i simboli lauretani,

santo Stefano protomartire e il donatore Stjepan Dragoilovich (fig. 2)6 – attribuito di

recente a Baldassare d’Anna, ugualmente corredato di un’iscrizione che qui te- stimonia: «Nel 1621, il 10 agosto io Stjepan Dragoilovich ho fatto fare questo altare in onore e venerazione della Beata Concezione per la nuova cappella nel mio possesso in Borovica»7. Il terzo quadro riportante un’iscrizione con il suo

nome – un’icona della Madonna commissionata nel 1592 a Kraljeva Sutjeska – apparteneva alla collezione del pittore Đoko Mazalić di Sarajevo alla metà del secolo scorso8.

Oltre a questi dati, non ci sono pervenute altre notizie su Stjepan Dragoilovich, tranne i due ritratti sui quadri di Kraljeva Sutjeska (la Crocifissione e l’Immacolata). Nella Crocifissione del 1597, dove figura all’età di ventotto anni, porta la barba e i baffi e sembra più severo di come appare ventitré anni più tardi (nel 1621), quan-

4 Cfr. fra R. Barišić, Franjevački samostan i crkva u Sutjesci [Il convento francescano e la chiesa a

Sutjeska], “Glasnik Zemaljskog muzeja u Bosni i Hercegovini”, II, 1, 1890, pp. 28-40: 35.

5 L’unico ad aver segnalato, ma senza riscontro da parte della critica, il ruolo di Dragoilovich

come semplice donatore è stato Z. Kajmaković, Zidno slikarstvo u Bosni i Hercegovini [Pittura

parietale in Bosnia ed Erzegovina], Sarajevo 1971, p. 91 (in serbo, in alfabeto cirilico).

6 Olio su tela, 173 x 154 cm. Kraljeva Sutjeska, Collezione del convento francescano di San Gio-

vanni Battista. Cfr. S. Cvetnić, Barokni defter: studije o likovnim djelima XVII. i XVIII. stoljeća u Bo-

sni i Hercegovini [Il defter (= tur. libro, elenco) barocco: studi sulle opere d’arte dei secoli XVII e XVIII in Bosnia ed Erzegovina], Zagreb 2011.

7 «[N]a 1621 na 10 a[g]osta [ia Stie] pan Dragoilovi[ć učini ovi oltar] na slavu [i počtene

blaženog zač]etia na novoj kapeli [...] baštinu u Borovicu». Anche qui compare per cinque volte l’omega dell’alfabeto greco invece della lettera «o». L’odierno piccolo villaggio di Borovica (Bo- roviza) si trova vicino a Kraljeva Sutjeska e alla località di Bobovac, nota per il castello della dina- stia feudale Kotromanić, che ha regnato sulla Bosnia dal 1254 al 1463, prima della dominazione de- gli Ottomani.

8 L’iscrizione «[N]a 1592 g[odi]št[a] u Su[tis]c[i] i[a] Sti[ep]an Dr[ago]ilović učini»ci offre la

data e l’informazione che il quadro fu fatto fare a Kraljeva Sutjeska da Dragoilovich. Nelle iscri- zioni presenti sui tre dipinti, il verbo «učini» era interpretato come «feci» al posto del corretto «feci fare». tra le due guerre, l’icona della Madonna apparteneva alla collezione privata di Milan Matejić a Sarajevo. tutti e tre i quadri sono stati pubblicati come opere del pittore Stjepan Dra- goilovich da Đ. Mazalić, Nekoliko primjeraka slikarske umjetnosti Bosne i Hercegovine od XVI.-XIX.

vijeka [Alcuni esempi dell’arte pittorica della Bosnia ed Erzegovina dal XVI al XIX secolo], “Naše stari-

1. Baldassare d’Anna (?), Crocifissione con la Vergine, san Giovanni Evangelista, santa Maria Mad-

dalena, san Francesco d’Assisi, santo Stefano e il donatore Stjepan Dragoilovich, 1597. Kraljeva Sutjeska

(Bosnia ed Erzegovina), collezione del convento francescano

2. Baldassare d’Anna, Immacolata Concezione con i simboli lauretani, santo Stefano protomartire e il

donatore Stjepan Dragoilovich, 1621. Kraljeva Sutjeska (Bosnia ed Erzegovina), collezione del con-

vento francescano

do di anni ne aveva cinquantuno e portava solo dei sottili baffi sotto il naso, rivolti verso l’alto. Il tempo trascorso – e non invano – si può tuttavia notare nella ric- chezza accumulata: nel primo quadro, il giovane Dragoilovich ha solo un anello all’indice della mano sinistra; è abbastanza semplice, del tipo anello chevalier o anello sigillo9. All’età di cinquantuno anni, invece, Dragoilovich ha tre anelli, uno

semplice all’anulare e due, con pietre preziose, all’indice e al mignolo. I vestiti di entrambi i ritratti lo mostrano benestante, non chierico, ma laico. Probabilmen- te si trattava di un mercante bosniaco-croato di successo, che durante il regno

9 Le iniziali «SD», divise da una croce semplice e da una stella a otto raggi, che sono dipinte

nella cartouche sotto il patibulum sembrano un ingrandimento dell’impronta dell’anello sigillo sul- la mano di Dragoilovich.

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dei sultani Mehmet III e Osman II, sotto i governatorati ottomani in Bosnia di İdris Paşa e Bayram Paşa, abbellì le chiese del suo paese con quadri veneziani. Il confronto dell’aspetto anagrafico del personaggio nei due dipinti può lasciare perplessi, ma potrebbe semplicemente derivare dall’interpretazione del pittore. Fra Rafo Bogišić ricorda che sul finire dell’Ottocento la Crocifissione mostrava i fori dei proiettili esplosi durante le battaglie connesse all’annessione della Bosnia ed Erzegovina da parte dell’Austria (1878).

Sui restauri precedenti alle mostre sul patrimonio francescano (1988-1989)10

non ci sono notizie, solo le cicatrici. L’ultimo restauro, effettuato per la grande mostra Francescani della Bosnia ed Erzegovina sul crocevia delle culture e delle civiltà, ha lasciato tracce evidenti nella pulizia veloce e pesante, nelle ridipinture, nei contor- ni accentuati. Comunque, le fisionomie di san Francesco e santa Maria Maddale- na, il trattamento dei capelli di san Giovanni e qualche altro particolare leggibile fanno pensare di nuovo a un pittore «conservatore, che s’attiene ad una cultura fondamentalmente tardomanieristica, imponendola con accenti più accademi- ci», come Rodolfo Pallucchini ha definito Baldassare d’Anna11.

10 Cfr. Franjevci Bosne i Hercegovine na raskršću kultura i civilizacija [Francescani della Bosnia ed Er-

zegovina sul crocevia delle culture e delle civiltà], catalogo della mostra (Zagabria, 6 ottobre 1988 - 8

gennaio 1989), Zagreb 1988.

I

l rinvenimento di alcuni inediti dipinti del Seicento veronese offre lo spunto per ripercorrere in breve qualche tappa di questo intrigante periodo della storia pittorica locale, forse il più denso di premesse rivoluzionarie, per la maggior parte abbandonate già entro il primo quarto del secolo, ancor prima della drammatica cesura segnata dalla pestilenza del 1630.

L’avvio dell’indagine può partire dalla tela raffigurante una Madonna con il Bambi-

no, san Bartolomeo e san Giacomo (fig. 1), individuata nella Fototeca Zeri e indiciz-

zata dallo studioso romano come Anonimi veronesi sec. XVI, Michelangelo Alipran-

di, Giovan Battista Rovedata. Si tratta, ad evidenza, di un’opera di Sante Creara

(1571-1630), forse identificabile con la pala con «Maria Vergine con S. Bartolo- meo e S. Giacomo Appostoli [sic!]» attribuita all’autore da Saverio Dalla Rosa, che la ricorda nel coro della chiesa dei Cappuccini di Santa Croce a Verona1. La

tela potrebbe essere stata commissionata a Creara al termine della campagna di ristrutturazione dell’edificio seguita all’esplosione della vicina Torre della Paglia, adibita a polveriera, che un fulmine fece deflagrare nel 1624; in ogni caso appar- tiene certamente all’estrema attività del pittore, stanchissima e non aggiornata su quanto si andava contemporaneamente sperimentando, anche nel solo ambito locale. La posa della Vergine con il bambino in braccio pare richiamare la tarda

Madonna con il Bambino e i santi Zeno, Daniele, Gerolamo e Salomone realizzata dal

pittore per il collegio dei notai di Verona2, ma è stringente anche la parentela tra

1 S. Dalla Rosa, Catastico delle Pitture, e Scolture esistenti nelle Chiese, e Luoghi Pubblici situati in

Verona (1803-1804) [Verona, Biblioteca Civica, ms. 1008], edizione a cura di S. Marinelli, P. Ri-

goli, Verona 1996, p. 38.

2 M. Repetto Contaldo, Sante Creara e dintorni, “Verona Illustrata”, 4, 1991, pp. 75-99.

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