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Storia del Rotary in Italia tra le due guerre* di Elena Rambald

Nel lavoro di ricerca portato avanti negli anni di dottorato si è tentato di confi- gurare la versione italiana di un associazionismo che dagli Stati Uniti d’Ame- rica si è irradiato a livello mondiale (si pensi che negli anni dal 1914 al 1918 i rotariani passarono da 15.000 a 38.000 e il loro numero raddoppiò ulterior- mente fra il 1919 e il 1923, passando da 45.000 a più di 92.000, continuando a crescere in modo significativo fino all’anno 1930-31 e diffondendosi in gran parte dei cinque continenti). Da questa analisi appare in modo evidente che l’analisi della storia del Rotary in Italia nel periodo tra le due guerre condensa e riflette situazioni dalla valenza ben più ampia, meritevoli d’attenzione nella prospettiva più generale della storia italiana nel periodo considerato. Tra la co- stituzione del «Distretto» del Rotary italiano nel 1925 e il suo scioglimento nel 1938, il tentativo di convivenza col fascismo è intessuto di compromessi e di finzioni e dimostra che lo sviluppo dell’organizzazione rotariana era condi- zionato dalla necessità in cui si trovavano i suoi aderenti di non dare adito al sospetto di essere, o anche soltanto di apparire antifascisti, o di sostenere tesi, su questa o quella questione, contrastanti con le impostazioni governative. Da questo punto di vista, l’analisi dell’attività dei club e dei suoi rappresentanti conferma che le convergenze con il fascismo non potevano che essere occa- sionali – quantunque importanti su alcuni punti e in certi momenti – ma che uno scontro fra le due parti sarebbe stato inevitabile.

La documentazione esaminata per la ricerca comprende, oltre alle riviste ufficiali italiane dell’associazione per gli anni Venti e Trenta – conservate

* Storia del Rotary in Italia tra le due guerre, Tesi discussa il 23 febbraio 2001, presso l’Università degli studi di Roma Tre, a conclusione del Dottorato di ricerca in Storia dell’Italia contemporanea, XII ciclo, relatore Prof. Franco Bonelli. Il saggio presentato nelle pagine seguenti costituisce un estratto dal capitolo III. Abbreviazioni usate: ACS = Archivio Centrale dello Stato; MI = Ministero dell’Interno; DGPS = Divisione Generale Pubblica Sicurezza.

nell’archivio del Rotary club di Bologna – un insieme assai eterogeneo di materiali (corrispondenze varie, verbali di riunioni, resoconti dei congressi), sinora inediti, i quali sono attualmente conservati presso la Segreteria euro- pea del Rotary International a Zurigo (lo Europe-Africa Office del Rotary In- ternational). A questo si devono poi aggiungere un numero cospicuo di docu- menti conservati presso l’Archivio centrale dello Stato (Ministero degli Inter- ni, Presidenza del Consiglio dei ministri, Segreteria particolare del duce), che dimostrano l’interesse costante che il regime ebbe nei confronti dello svilup- po del Rotary italiano sin dai primi tempi. La documentazione di cui sopra ha permesso, oltre ad una ricostruzione del percorso seguito dall’associazione in Italia fra le due guerre, di mettere in luce alcune nuove problematiche che si- nora erano state perlopiù ignorate, prima fra tutte quella relativa ai rapporti privilegiati che allora intercorrevano tra il Rotary italiano ed europeo – sul- l’onda delle direttive diramate dalla sede centrale dell’associazione a Chica- go – ed alcuni prestigiosi organismi internazionali (Società delle Nazioni, Ufficio internazionale del Lavoro, Camera di Commercio internazionale, ecc.) A questo proposito sono di grande interesse i resoconti dei congressi dello European Advisory Committee (EAC), un comitato consultivo il cui compito principale era quello di segnalare alla sede centrale dell’Associazio- ne le esigenze dei diversi club europei, e quindi anche quelle dei club italiani. Un’altra questione che viene presa in esame in questa ricerca, inoltre, riguar- da quello che fu il ruolo del Rotary nel contesto del lungo e articolato proces- so di americanizzazione che ha interessato a partire dagli anni Venti l’Italia – e più in generale i paesi europei – per poi svilupparsi in pieno dopo la secon- da guerra mondiale. Si è tentato infatti di ripercorrere le tappe della storia del Rotary italiano, in particolare durante gli anni Venti, anche e soprattutto in rapporto al trend storiografico sull’americanizzazione – dal punto di vista culturale, economico e politico – mettendo in evidenza come in questo pro- cesso i rotariani italiani abbiano assunto un ruolo assai significativo.

Contrasti e convergenze tra Rotary e regime negli anni Venti

Il feeling che, sotto più di un aspetto, intercorreva fra Mussolini e gli Stati Uniti durante gli anni Venti1contribuì a favorire fra l’altro anche i rapporti fra Rotary e regime in Italia; e fu a sua volta stimolato dalle

1A questo proposito si vedano in particolare i contributi forniti da: J.P. DIGGINS,

L’America, Mussolini e il fascismo, Bari, 1982; G.G. MIGONE, Gli Stati Uniti e il fa-

relazioni che in quegli stessi anni i rotariani delle «due sponde» aveva- no cominciato ad intrecciare. In modo particolare, gli uomini d’affari americani, che spesso erano anche rotariani, vedevano il duce come colui che aveva salvato l’Italia dal “pericolo rosso”, circostanza che li portava ad avere un’immagine perlopiù positiva del suo operato, non- ostante molti di loro avessero avuto modo di rendersi conto della reale essenza del suo governo2. La maggior parte di essi vedeva infatti la dittatura in Italia come una sorta di medicina necessaria a curare «l’e- pidemia bolscevica», ritenendo ottimisticamente che presto la situa- zione politica italiana avrebbe ritrovato un assetto più democratico. Sul numero di settembre della rivista ufficiale del Rotary International venne pubblicato, ad esempio, un sostanzioso articolo su Mussolini dove questo concetto era più volte ribadito3.

John Paul Diggins ha scritto che «in definitiva, l’appoggio dato al fascismo dal mondo affaristico [americano] deve essere visto come fa- cente parte della filosofia della “nuova era economica”, l’euforico cre- do dell’uomo d’affari degli anni Venti», sottolineando anche come «la fede illimitata della “nuova era” nel progresso materiale, nella direzio- ne scientifica e nella “democrazia economica” aveva contagiato non solo i Babbitts4o i membri del Rotary Club, ma anche i liberali e i ri-

2Come ha scritto a questo proposito Diggins: «I banchieri, gli industriali e gli in-

ventori americani potevano anche trascurare i sarcastici articoli di fondo dei giornali liberali, ma non potevano ignorare tanto facilmente la natura dittatoriale del governo di Mussolini. I delegati alla Camera di commercio erano appena arrivati a Roma per il congresso quando Mussolini pronunciò il suo infame discorso sul “cadavere della libertà”, in cui parlava di calpestare il corpo in via di decomposizione della libertà. Eppure pochi furono gli uomini d’affari a provare qualche scrupolo davanti al dichia- rato autoritarismo del duce». Cfr. J.P. DIGGINS, L’America, Mussolini e il fascismo,

cit., pp. 199-200.

3Commentava l’autore dell’articolo secondo i modi della più trita retorica: «Be-

nito Mussolini, figlio di un umile fabbro, un lavoratore lui stesso, uomo che si è co- struito da solo, profondo conoscitore degli uomini e della storia, leader nato, uomo di nobile retaggio e di mente aperta, eccellente giornalista e insofferente della tirannia dei politici senza coscienza, ha realizzato appena in tempo che solo un erculeo sforzo avrebbe salvato il suo paese ed evitato che la civiltà europea ricevesse un altro colpo mortale. Egli ha già salvato il paese dal bolscevismo». Cfr. J. ROE, Benito Mussolini. The lesson of his leadership, in «The Rotarian», september 1924. Il corsivo è mio.

formatori» poiché «la mistica del “capitalismo assistenziale” era dota- ta di tale potere di penetrazione che gli uomini d’affari adottarono con facilità la retorica delle riforme atteggiandosi a novelli progressisti»5. Il punto è che durante gli anni Venti il mondo economico americano fu completamente pervaso da una «concezione del mondo» che aveva il suo fondamento su una «sfiducia snobistica» verso l’uomo comune, che faceva da contraltare a una «fede indiscussa» nelle imprevedibili risorse dell’uomo d’affari6; sul «culto ossessivo dell’efficienza e della beneficenza» e sul «carattere progressista del sistema capitalistico tra- dizionale»7.

Mussolini raccoglieva dunque «l’elogio» che gli veniva tributato in quel periodo dalla maggior parte degli uomini d’affari americani – pur non mancando anche atteggiamenti critici da parte di alcuni di loro8 e rispondeva di conseguenza. Egli aveva tutto l’interesse a compiacere gli Stati Uniti in attesa dei prestiti che gli avrebbero permesso di rin- saldare la sua posizione. Per la stessa ragione curava in modo partico- lare anche il rapporto con i rappresentanti dell’industria e dell’alta fi- nanza italiani9 ai quali si appoggiò, soprattutto nei primi anni del suo

co, scritto dal premio nobel americano Sinclair Lewis, dove l’autore faceva una criti- ca serrata degli industriali e degli affaristi del suo paese. Cfr. S. LEWIS, Babbitt, Mila-

no, 2000 (ed. originale 1922).

5J.P. DIGGINS, L’America, Mussolini e il fascismo, cit., p. 214. Il corsivo è mio. 6Secondo Leland Robinson, docente della Columbia University, l’uomo d’affari

sapeva «combinare il realismo con l’idealismo» ed era in grado di assumersi di nuovo «la sua responsabilità nei destini dell’Europa». Cfr. L. ROBINSON, L’economia ameri- cana e le possibilità di una intesa internazionale, in «Il Rotary», gennaio 1925.

7J.P. DIGGINS, L’America, Mussolini e il fascismo, cit., pp. 200-01. 8Ivi, pp. 203-06.

9A questo proposito si vedano ad esempio i lavori di: P. MELOGRANI, Gli indu-

striali e Mussolini, Milano, 1972; A. DELBOCA-M. LEGNANI-M. G. ROSSI(edd), Il

Regime fascista, Roma-Bari 1995 (in particolare, il saggio di M. LEGNANI: Sistema di

potere fascista, blocco dominante, alleanze sociali. Contributo a una discussione); N.

TRANFAGLIA(ed), Fascismo e capitalismo, Milano, 1976; R. DEFELICE, Mussolini il

fascista. L’organizzazione dello Stato fascista (1925-29), II, Torino, 1995 (I ed.

1968); V. CASTRONOVO, Grandi e piccoli borghesi. La via italiana al capitalismo, Ro-

ma-Bari, 1988; V. CASTRONOVO, Giovanni Agnelli. La biografia del fondatore della

FIAT, Milano, 2000 (I ed. Torino, 1971); G. TONIOLO, L’economia dell’Italia fascista,

regime, e di cui sfruttò abilmente le intrinseche potenzialità diplomati- che. In questa ottica rientrava anche lasciare ad essi uno spazio d’e- spressione come poteva essere quello, comunque «non sovversivo»10, rappresentato dalle riunioni settimanali dei Rotary Club. Secondo una testimonianza rilasciata posteriormente da Achille Bossi11, che fu se- gretario dell’associazione in Italia nei suoi primi quindici anni di vita, il Rotary italiano ottenne infatti privilegi e possibilità che, nel panora- ma sempre più uniforme della politica italiana, nel quale il limite im- posto al dissenso e all’azione in qualche modo “autonoma” si andava riducendo sempre più, costituivano senza dubbio un’eccezione:

Mentre il Regime tendeva a costringere tutte le forze della vita nazionale, della economia, del lavoro, del pensiero, della cultura nei suoi quadri e nelle sue istituzioni; mentre esso tendeva a mettere queste forze alle dipendenze del Partito o quantomeno del Governo, il nostro Rotary rappresentava una singolare eccezione. Il nazionalismo imperava e i nostri Clubs ammettevano liberamente numerosi soci stranieri. La libera discussione dei problemi di in- teresse generale era scoraggiata, se non proprio vietata e i nostri soci si radu- navano invece tutte le settimane a discutere con grande libertà i problemi più vari. Tutte le attività che interessavano i rapporti con l’estero erano discipli- nate ed affidate ad organi governativi oppure ad Istituti od Associazioni i cui capi venivano nominati dall’alto e che dall’alto prendevano ordini e direttive; ma il Rotary italiano intratteneva liberamente i suoi rapporti con tutti i Ro-

FONE, Il capitale finanziario in Italia, Torino, 1971; D. GUERIN, Fascismo e grande

capitale, Roma, 1994; A. LYTTLETON, La conquista del potere. Il fascismo dal 1919

al 1929, Roma-Bari, 1974; E. ROSSI, Padroni del vapore e fascismo, Bari, 1966; F.

CATALANO, Potere economico e fascismo, Milano, 1964. Di grande interesse anche le

testimonianze rilasciate da alcuni dei protagonisti del periodo: cfr. ad esempio: A. PI-

RELLI, Taccuini 1922-1943, a cura di D. BARBONE, Bologna, 1984; E. CONTI, Dal Tac-

cuino di un borghese, Bologna, 1986 (I ed. 1946); F. GUARNERI, Battaglie economi-

che fra le due guerre, Bologna, 1988 (I ed. 1953).

10Di questo, i rappresentanti più accorti del movimento fascista sembravano esse-

re consci. Scriveva, ad esempio, Ezio Maria Gray ad Augusto Turati: «Caro Turati, credo doveroso segnalarti che dovunque in provincia si nota ed io ho notato nella mia di Novara che elementi che mai aderirono al fascismo e mai portarono i distintivi di altri partiti, portano ora il distintivo del Rotary Club; soprattutto gli antifascisti non

sovversivi ostentano tale appartenenza…».ACS,MI,DGPS, cat. G1, b. 27, Lettera del-

l’On. Ezio Maria Gray a S. E. Turati.

11A. BOSSI, Uomini, passioni, vicende, in Milano-Rotary 1923-1958, Milano,

tary del mondo, corrispondeva liberamente con tutti, organizzava in Italia convegni e conferenze internazionali, inviava missioni e rappresentanze alle manifestazioni che si tenevano in altri Paesi; svolgeva in una parola una pro- pria azione nel mondo, utilizzando l’autorità ed il prestigio dei propri soci più eminenti. Si aggiunga che, mentre le altre associazioni seguivano docil- mente nella nomina dei loro capi gli ordini del Governo o del Partito, i rota- riani si eleggevano liberamente i loro dirigenti12, i loro consigli direttivi, sen-

za chiedere permessi o gradimenti ad alcuno.

Tutto questo non poteva passare a lungo inosservato e provocò un’ondata di proteste e ostilità nei confronti dell’associazione che, co- me ricorda sempre Bossi, «furono talora molto visibili»13.

Ad ogni modo, se da un lato Mussolini considerò in quel primo pe- riodo il Rotary come sostanzialmente “intoccabile” e concesse ai suoi rappresentanti una discreta autonomia d’azione, dall’altro, è altrettanto vero che le frange estremiste del regime vennero lasciate libere di por- tare avanti i loro attacchi – benché non si permettesse loro di affondare i colpi – in modo che l’associazione ne risultasse ridimensionata. Vi so-

12Ciò fu senz’altro vero fino al 1929. A partire da quell’anno però i dirigenti rota-

riani, anche nei casi in cui non ricevettero vere e proprie indicazioni sui candidati, dovettero di volta in volta sottoporre all’attenzione del duce il nominativo da loro scelto per la carica di governatore del distretto, per l’ottenimento del relativo nulla

osta. Cfr. E. CIANCI, Il Rotary nella società italiana, Milano, 1983, p. 60. Per una li-

sta completa dei governatori rotariani in Italia nel periodo fra le due guerre, si veda la tabella sottostante:

Tabella A – I governatori del Rotary Italiano dal 1925 al 1938

James Henderson 1925 Milano

Giorgio Mylius 1925-26 Milano

Piero Pirelli 1926-27 Milano

Felice Seghezza 1927-28 Genova

Piero Ginori Conti 1928-29 Firenze

Biagio Borriello 1929-30; 1930-31 Napoli

Giuseppe Belluzzo 1931-32; 1932-33 Milano e Roma

Luigi Piccione 1933-34; 1934-35 Trieste

Guido Carlo Visconti di Modrone 1935-36; 1936-37 Milano

Paolo Ruggeri Laderchi 1937-38 San Remo

Attilio Pozzo 1938 Genova

no infatti segni indiscutibili che indicano come lo sviluppo rapido e im- previsto dell’associazione non mancasse di preoccuparlo già a partire dalla metà degli anni Venti. Fra il 1925 e il 1927 infatti il Rotary italia- no giunge alla sua piena maturazione: si costituisce il distretto, si ag- giungono nuovi club14, si rafforzano i rapporti con quelli esteri, si met- tono in moto molte iniziative a livello nazionale15e internazionale16.

Tabella B – I Club del Rotary Italiano fra le due guerre (1923-38)

Club Data di inaugurazione

Milano 20 novembre 1923 Trieste 28 marzo 1924 Genova 15 novembre 1924 Torino 4 dicembre 1924 Roma 6 dicembre 1924 Napoli 11 dicembre 1924 Palermo 15 dicembre 1924 Venezia 16 dicembre 1924 Firenze 7 marzo 1925 Livorno 8 marzo 1925 Bergamo 13 giugno 1925

14Fra il 1925 e il 1927 vennero costituiti ed entrarono a far parte del distretto ita-

liano i club di Firenze, Livorno, Bergamo, Parma, Cuneo, Cremona, Piacenza, Bolo- gna, Brescia e Como. Per un quadro completo delle date di fondazione dei club rota- riani in Italia fra il 1923 e il 1938, cfr. le Tabelle B e C.

15A questo proposito così veniva scritto nelle pagine della rivista ufficiale del Ro-

tary, dopo un anno di attività: «Il campo d’azione per i singoli club è vastissimo e de- gno di essere attentamente considerato dalle eminenti personalità di cui ciascuno di essi è ricco: a prescindere dalla beneficenza che, pur avendo un certo peso, specie se intelli- gentemente esercitata, ha per noi un carattere puramente contingente, vi è un’infinità di maniere di esplicare un’opera veramente utile per la società, e non spetta a noi di enu- merarle, tanto più che le manifestazioni dei singoli club devono necessariamente inspi-

rarsi alle particolari condizioni dell’ambiente in cui agiscono. Solo possiamo dire che

il Rotary non può e non deve rimanere estraneo, in primo luogo, a tutte le manifestazio- ni della vita cittadina, sia che esse riguardino l’amministrazione pubblica, sia che abbia- no attinenza con la vita economica, culturale, artistica e in generale con le opere di pub- blica utilità». Cfr. Un anno di attività, in «Il Rotary», dicembre 1924. Il corsivo è mio.

16Una delle prime iniziative in questo senso fu la partecipazione di Giorgio Mylius,

al congresso internazionale di Denver. Cfr. EUROPE-AFRICAOFFICE(d’ora in poi EAO),

Club Data di inaugurazione Parma 3 ottobre 1925 Cuneo 18 ottobre 1925 Cremona 16 maggio 1926 Piacenza 14 novembre 1926 Bologna 5 marzo 1927 Brescia 2 aprile 1927 Como 21 maggio 1927 Messina 3 maggio 1928 Varese 16 settembre 1928 Verona 8 dicembre 1928 Novara 9 dicembre 1928 Catania 13 aprile 1930 La Spezia 26 novembre 1930 Savona 18 dicembre 1930

San Remo 6 gennaio 1932

Mantova 25 maggio 1933 Bari 11 settembre 1933 Pisa 22 aprile 1934 Vicenza 23 settembre 1934 Lucca 17 marzo 1935 Perugia 27 maggio 1936 Biella 9 novembre 1937 Alessandria 13 dicembre 1937

Tabella C – Lo sviluppo del Rotary in Italia dal 1923 al 1936

Data Club Soci

31 dicembre 1923 1 20 31 dicembre 1924 8 ? 31 dicembre 1925 13 237 31 dicembre 1926 15 460 31 dicembre 1927 18 587 31 dicembre 1928 22 752 31 dicembre 1929 22 892 31 dicembre 1930 25 972 31 dicembre 1931 26 1093 31 dicembre 1932 26 1121 31 dicembre 1933 28 1121 31 dicembre 1934 30 1241 31 dicembre 1935 31 1432 31 dicembre 1936 32 1498

Un saggio significativo del modus operandi dei rotariani italiani è dato, ad esempio, da uno dei primi progetti intrapresi a livello di- strettuale, all’inizio del 1925: in questo caso i dirigenti italiani deci- sero di inviare un messaggio a tutti i Rotary Club esteri sulle «Reali condizioni economiche dell’Italia», con lo scopo di tranquillizzare in primo luogo la controparte americana, ma anche altri eventuali inve- stitori, sulla situazione economica del paese. L’interessante resocon- to17 fu firmato da James Henderson, allora governatore del distretto del Rotary italiano, ma fu redatto da un vero e proprio team di colla- boratori. Scritto in una doppia versione inglese e italiana, fu pubbli- cato nella rivista ufficiale del Rotary italiano, ma l’intenzione origi- naria era quella di dargli una pubblicità assai più ampia, facendolo pubblicare anche su «The Rotarian», organo della sede centrale del- l’Associazione. L’obiettivo di tale «messaggio» era di rispondere punto per punto «alle notizie non esatte sulla situazione dell’Italia» che – secondo gli autori – da più parte venivano diffuse all’estero. A questo scopo e nel tentativo di affrontare la questione in modo esclu- sivamente “tecnico”, vennero illustrati lo stato della Finanza e del Tesoro nazionali, si mise l’accento sulla quasi completa cessazione degli scioperi e sul ritrovato fervore delle iniziative imprenditoriali in ogni settore; si finì tuttavia per sconfinare, anche se a livello su- perficiale, nel discorso politico vero e proprio:

L’Italia – come tutti i paesi di antica civiltà – è sensibilissima alla poli- tica […]. In questo periodo la lotta dei partiti è particolarmente acuta. Ma l’osservatore sereno deve constatare che – nonostante la tensione degli ani- mi – il conflitto non oltrepassa i limiti della politica interna. Al disordine dell’immediato dopoguerra è succeduto un regime di mano ferma: e il di- battito – spogliato di elementi accessori – sta fra il principio di autorità e quello di libertà, o meglio sul modo e la misura per il contemperamento dei due principi. Questa lotta dei partiti politici […] non autorizza meno- mamente una previsione catastrofica per le sorti d’Italia. L’esperienza del 1920-1921 è di ammaestramento per gli italiani di tutti i partiti. Vi è poi un punto di unione in cui la grande maggioranza degli italiani s’incontra e che

17Cfr. J. HENDERSON, The truth about the economic situation of Italy. A message

from the Italian Rotary Clubs of the world, [Le reali condizioni economiche dell’Ita- lia. Messaggio inviato dai Rotary Clubs italiani ai Rotary Clubs esteri], in «Il Ro-

rappresenta una sicura valvola di sicurezza contro il trasmodare delle pas- sioni: ed è la personalità del Re, amato e venerato in ogni classe sociale.

La direzione del Rotary, a Chicago, oppose un netto rifiuto alla ri- chiesta dei soci italiani di pubblicare l’articolo nelle pagine della rivi- sta ufficiale dell’associazione, «The Rotarian», motivando la sua deci-