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Strategie traduttive adottate in Obdulia de los Alisos

3. Processo traduttivo

3.7 Strategie traduttive adottate in Obdulia de los Alisos

Se nel testo in analisi la finalità primaria è quella di esaltare il linguaggio, attraverso un registro linguistico informale, parole ed espressioni di tipo colloquiale e familiare, la scelta è ricaduta sul mantenimento di un linguaggio che potesse il più possibile rispecchiare quello di partenza, tramite l’impiego dell’italiano popolare.

In riferimento al presente lavoro è, inoltre, opportuno effettuare un chiarimento: il metatesto proposto non si rivolge principalmente a un pubblico conoscitore del mondo ispanico, bensì tenta di essere compreso da molte varietà di lettori; la traduzione, infatti, laddove non riesce a essere esauriente nel testo d’arrivo, fornisce in nota approfondimenti e informazioni sul mondo e la cultura peruviani.

La tecnica adottata, in senso ampio, è la connotazione; un caso interessante risiede nella traduzione della lettera: la rappresentazione della lingua scritta da una persona quasi completamente priva d’istruzione nel testo di partenza si riflette nel metatesto attraverso l’assenza degli accenti grafici, delle doppie o

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della lettera h indicante il possesso nella coniugazione del verbo avere, con l’intento di riportare gli errori più frequenti di un analfabeta nella cultura d’arrivo: En el mismo talón el ormigeo me

atacaba peor que pique o nigua e chancho criao en los costaos de las calles la lengua era un brasero iden carbon pa pelar trigo con cenisa con una comesón de los quintos infiernos a caracho conpadre Camilo con esa enfermeda tan a desora que me tendio en la cama echao tanto tiempo como gallina obadora asta ponerme los ojos revueltos medio birolos perturbando a mi propia familia en un lugar onde no ay a quien pedirle que nos tienda la mano.

Nello steso talone il formicolaio mi pigliava pegio che i pidochi o le pulci del maiale alevato sui cigli della strada la lingua era un bracere come il carbone per pelare il grano colla cenere con una comissione dei quinti inferni eh cavolo conpare Camilo costa malatia cosi a st’ora mi tendette nel leto butato lì tanto tempo come la galina ovatora finche non c’o l’ochi ribaltati tutti strabici e facevo inpazire tutta la mia famiglia in un posto dove non ce a chi chiedergli che ci da una mano.

Per molte situazioni a scopo non linguistico, bensì semplicemente narrativo-documentativo la scelta è ricaduta, invece, sulla neutralizzazione di elementi culturo-specifici, laddove fosse possibile, senza apportare stravolgimenti rispetto al prototesto. Gli esempi di neutralizzazione osservabili riguardano l’appellativo di cortesia in tutte le varianti: don/ñu/señor per la figura maschile e

doña/ña/señora per la figura femminile; non essendo presenti, nell’italiano

popolare, così tante varianti, ma volendo comunque mantenere il grado di distanza del prototesto, si è preferito neutralizzare tali espressioni con signore per l’uomo e

signora per la donna.

Riguardo ad altri elementi specifici della cultura di partenza, le scelte sono ricadute sulla generalizzazione o sull’omissione; un esempio è quello del gallo

manzanillo: la prima volta che viene nominato la scelta è stata esplicitare la

provenienza, traducendo così con gallo “di Manzanilla”, poiché si tratta di una razza di gallo impiegata per il combattimento; le volte successive, in cui dal

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contesto è possibile dedurre che i personaggi stanno parlando dello stesso gallo, l’espressione viene tradotta semplicemente con “gallo”:

[...] lo cambeo por mi gallo cenizo al

manzanillo este está más gordito y es

muy pesau pa meter patada no pue séaste malita mama Teodosia no ve que mi gallo manzanillo ya está aprobao en tres peleas y el otro año de frente va a agarrarse a golpes en la cancha de ñu Máximo Chafloque ay y con ese cuchillazo de matar chancho lo quiéreste cortar el pescuezo a mi

manzanillo [...]

[...] lo cambio il mio gallo grigio con quello di Manzanilla è più grosso e tanto potente nelle zampate non sia cattiva mamma Teodosia lo sa che quel

gallo me l’hanno già approvato in tre

combattimenti e il prossim’anno s’azzuffa nel piazzale del signor Maximo Chafloque eh già e con quella coltellata gli voleva tagliare il collo al mio gallo [...]

Lo stesso procedimento è stato adottato per la traduzione di Almanaque

Bristol, una pubblicazione molto popolare in America Latina che promuove

prodotti di profumeria e divulga dati astronomici, religiosi, zodiacali, ecc. Dunque, si è semplicemente preferito generalizzare con almanacco, termine che, anche nella cultura di arrivo, contiene a grandi linee le stesse informazioni:

[...] ahora ya se llama Percy don Montalvo Rosendo es su nombre que lo vea no pue en el Almanaque Bristol pa quedar bien con las buenamozas que llegan de otros lares [...]

[...] poi ora si chiama Percy signor Montalvo Rosendo è il suo nome come se lo metterebbero nell’almanacco per non sfigurare con le belle ragazze che vengono da altri posti [...]

Allo stesso modo, in riferimento a un barattolo di una marca di sardine (“Portola”), divenuto, dopo il suo reale impiego, un semplice barattolo per contenere il denaro, si è evitato di specificare la marca e si è generalizzato con “sardine”:

[...] saca plata de ahí de tu tarrito e

portola paque compren plátanos [...]

[...] tira fuori i soldi da lì dal tuo barattolo di sardine per comprare le banane [...]

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Un termine abbastanza ricorrente nel prototesto è cuyero che, precisamente, si tratterebbe di “Perù (Cajamarca) 1. m. Lugar cerrado en que se crían cuyes” (DICCIONARIO DE PERUANISMOS), il quale è stato reso, tramite generalizzazione, con recinto (senza specificare che si tratterebbe di quello per i porcellini d’India, vista l’irrilevanza nel contesto di questo particolare):

[…] en ónde pue les hará cama a los que se quedan de posada dentro del

cuyero capaz o al pie del horno […]

[…] dove glielo farà il letto a quelli che restano a dormire nel recinto degli animali forse o davanti al forno […] […] pero ahí tienen mi poyo a que se

acomoden mi cuartito de al lau del

cuyero paque dejen sus cosas […]

[…] però c’è la panca che fa da letto dove dormire la mia stanzina accanto al

recinto per lasciare le cose […]

Infine, nel monologo del padre di Obdulia, è possibile leggere di un luogo forse stregato o incantato, dove nessuno osa più andare, nemmeno per cercare gli

huacos de gentiles: innanzitutto, come specificato nel paragrafo 1.6.1, huaco sta

per guaco, ovvero, secondo il Diccionario de Peruanismos (2009), “(Del quechua

waca, dios de la casa). Am. Mer. 1. m. Objeto de cerámica u otra materia que se

encuentra en las guacas (// sepulcros de los antiguos indios)”. Grazie a questa definizione è possibile intuire che per gentiles s’intende:

Perú. 1. m. Conjunto de restos humanos que se encuentran alrededor o cerca de los monumentos arqueológicos prehispánicos. Según la creencia popular, los espíritus pueden salir de esos restos y comportarse agresivamente con los seres humanos.

La resa in italiano è generalizzata con “amuleti dei morti”, omettendo i dettagli:

[...] y es que hoy ya nadie se asoma puesas piedras ni siquiera en busca e

huacos de gentiles [...]

[...] e oggi nessuno s’affaccia più su quelle pietre manco a cercare gli

amuleti dei morti [...]

Si è scelto, inoltre, di adottare la tecnica dell’omissione per alcuni luoghi di provenienza dei personaggi, poiché non considerati rilevanti per il contesto, così come alcuni nomi di piante, quali mote mote:

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(Perú, Cajamarca) 1. m.Verberácea de frutos pequeños de color blanco, redondos y comestibles, para cuyo efecto se colocan los frutos entre dos mates para luego agitarlos hasta conseguir su ablandamiento

Non avendo un corrsipondente italiano e apparendo in un elenco insieme ad altre piante, può considerarsi irrilevante.

[...] ¡úchale! que no eran nada los árboles de aliso, shaucos, eucalitos,

mote motes y toda laya e plantas que

crecían en la orilla [...]

[...] uffa! che non eran nulla gli alberi d’ontano, sambuchi, eucalipti e tutte l’altre piante che crescevano sulla sponda [...]

Per altri elementi culturo-specifici e non fondamentali o influenti a livello di esaltazione linguistica o narrativo, si è preferito adottare l’approccio dell’addomesticamento, soprattutto per il lessico floreale, faunistico e gastronomico, facendo uso della tecnica dell’adattamento: un utensile tipico della zona è il cosiddetto mate, un recipiente generalmente fabbricato con un ortaggio molto simile alla nostra ‘zucca violina’, ma può essere anche di legno o di vetro; si chiama così perché solitamente contiene un’infusione omonima, il mate appunto, preparato con le foglie di erba mate, ma nel testo è citato come contenitore per qualsiasi alimento (si parla di zuppa e di brodo). Non essendo fondamentale per la narrazione e presumibilmente fuorviante per il lettore non esperto, si è preferito adattare mate con scodella:

[...] dale su buen mate de sopa a este colorado Eudina [...]

[...] dagli la sua scodella di zuppa a sto ragazzo Eudina [...]

[...] en mi mano tenía un mate e caldo, qué caldo sería [...]

[...] in mano c’avevo una scodella di brodo, chissà che brodo era [...]

Spesso, nel testo, si parla di cañazo, che la RAE definisce come “2. m.

Bol., Cuba, Ec., Hond., Méx., Nic. y Perú. Aguardiente de caña” che, per

questioni di comodità e scorrevolezza nella lettura, si è preferito tradurre come la generica aguardiente (ivi, “1. m. Bebida espiritosa que, por destilación, se saca del vino y de otras sustancias; es alcohol diluido en agua. Aguardiente de caña, de guindas, de Cazalla”), e cioè acquavite:

65 [...] un día lo manda a que baje a la Anispampa a traer cañazo en sus burros [...]

[...] un giorno lo fa scendere a Anispampa a portare l’acquavite sui suoi asini [...]

[...] no ha de ser más fuerte que moler los riñones de a diario en las chacras o en la caminada de arriero e cañazo [...]

[...] ora basta che è forte per macellare i rognoni tutti i giorni nei campi o per il cammino quando trasporta l’acquavite [...]

Per quanto riguarda il lessico floreale, è possibile trovare nel metatesto l’adattamento della pianta di pin pin (in riferimento ai suoi effetti benefici per il mal d’orecchio) che, sempre secondo quanto riportato dal Diccionario de

Peruanismos, si tratta di: “Perú (Cajamarca). 1. m. Planta medicinal utilizada

para combatir inflamaciones bucales”. Non avendo un corrispondente nella lingua d’arrivo, la scelta è ricaduta sullo “zenzero”, una pianta nota nella cultura del metatesto, avente scopi curativi per la malattia in questione:

[...] échalo con paciencia el cañacito tibio por el huequito de mi oido ya no lo exprimas gotas de pin pin asau no ve que nada me calma [...]

[...] stai attento a versare l’acquavite tiepida nel buco dell’orecchio non le spremere le gocce di zenzero non lo vedi che nulla me lo calma [...]

Riguardo al lessico faunistico, invece, è possibile osservare l’addomesticamento di varie tipologie di gallina: per esempio, la gallina “carioca” compare nel metatesto come la gallina “collo nudo” (nonostante la razza italiana sia diversa, mantengono entrambe la caratteristica di non avere piume nella parte del collo), mentre quella “bola” diventa una “mugellese”; entrambe le razze sono le più note nella cultura d’arrivo. Nel prototesto, inoltre, viene elencata una serie di tipologie di uccelli, tra cui: “turriche” (definito, nel Diccionario de

Peruanismos, come “Perú (Cajamarca) 1. m. Pájaro muy pequeño y vivaz”) il

quale, esteticamente, si avvicina molto allo scricciolo, termine utilizzato nel metatesto; “paloma turca”, altro uccello tipico del Sud America, che è stato tradotto con “tortora”, vista la loro enorme somiglianza; infine, il “pato de laguna” è un altro uccello diffuso nell’area sudamericana e corrisponderebbe, per

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l’esattezza, al cosiddetto gobbo lacustre ma, dal momento che si tratta di un discorso generico e del tutto informale, la scelta è ricaduta su “germano”:

[...] que eso sólo sirve pa matar a lo mucho turriches o indio pishgos bueno a lo más hasta zorzales agarrarás pero

palomas turcas y patos de laguna ni

pensarlo [...]

[...] quelle servono solo a ammazzare al massimo scriccioli o passeri o semmai dei tordi pigli ma tortore e germani manco a pensarci [...]

L’approccio dell’addomesticamento è stato adottato anche per la treaduzione di unità di misura tradizionali locali o spagnole in generale; è il caso di “fanegas de maíz”, dove per fanega s’intende “Misura di capacità per aridi, usata da tempo nei paesi di lingua spagnola. In Spagna il suo valore medio oscilla intorno a l. 55, variando in più o in meno da regione a regione” (VOCABOLARIO

TRECCANI), che viene reso con “staia di grano”, ossia “Unità di misura di capacità

per aridi, usata in Italia prima dell’adozione del sistema metrico decimale, con valori diversi da luogo a luogo” (ivi):

[...] vete a Cuñish a traer las fanegas de maíz que quedaron en su casa del Mario Cáceres [...]

[...] vai di corsa a Cuñish a portare le

staia di grano che rimasero in casa di

Mario Cáceres [...]

Lo stesso procedimento è stato adottato per le libbre: “dieciséis libras”, infatti, è stato tradotto con “sette chili”, così come “almús de grano” (al singolare,

almud), ossia “Medida de capacidad, generalmente para áridos, muy variable

según las épocas y las regiones” (RAE) è stato reso con “moggi di grano”, essendo il moggio “Antica unità di misura di capacità per aridi, soprattutto per le granaglie, usata in Italia prima della adozione del sistema metrico decimale, con valori diversi nelle varie città” (VOCABOLARIO TRECCANI):

[...] son cuatro fanegas dieciséis libras las que tiene que darte [...]

[...] son quattro staia sette chili ti deve dare [...]

[...] y ahí me pagan dos almús de grano [...]

[...] e lì mi pagan due moggi di grano [...]

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Dunque, laddove possibile, sono stati effettuati piccoli cambiamenti per una lettura chiara e al tempo stesso efficace; tuttavia, non sempre è stato possibile addomesticare. Di conseguenza, l’approccio adottato è stato quello dello straniamento, usufruendo della tecnica del prestito (con spiegazione in nota a piè di pagina). Mentre per “cañazo” è stato facile generalizzare con “acquavite” (senza specificare che si tratta di un distillato di canna da zucchero), altrettanto non è stato per “guarapo” e “chicha”, termini che si sono mantenuti nel metatesto e di cui è stata fornita la definizione in nota. Il tentativo di addomesticamento potrebbe, in questo caso, risultare eccessivo, giacché non esiste una parola nella cultura d’arrivo che racchiuda il loro significato. La scelta della nota è stata valutata e considerata la migliore per i casi appena citati, poiché un intervento diretto nel testo sarebbe stato eccessivo ai fini della scorrevolezza.

In generale, si è cercato di mantenere l’ordine sintattico e di modulare il meno possibile, poiché le due lingue non sono molto diverse a livello morfosintattico e semantico. Tuttavia, in alcuni casi è risultato opportuno, se non obbligatorio, adottare la tecnica della riformulazione:

[...] Percy don Montalvo Rosendo es su nombre que lo vea no pue en el Almanaque Bristol pa quedar bien con las buenamozas [...]

[...] Percy signor Montalvo Rosendo è il suo nome come se lo metterebbero nell’almanacco per non sfigurare con le belle ragazze [...]

In questa frase viene inserito un soggetto non specificato (“come se lo metterebbero”) diverso da quello del prototesto, e dove viene aggiunta una negazione (“per non sfigurare”) ai fini della sensatezza della frase.

Invece, quanto alle espressioni proprie della zona andina, è stato opportuno renderle con una riformulazione nella lingua d’arrivo che apportasse lo stesso significato: “anay” (Diccionario de Peruanismos, “Perú, Andes meridionales. 1. m. Cansancio, abatimiento”), infatti, è stato tradotto con “a nanna”, inteso come un ordine o una forte raccomandazione. La scelta di tale espressione si è basata sul fatto di voler riprendere il tono informale della conversazione, ma anche la somiglianza a livello fonetico:

68 [...] a todos no nos gusta la misma canción y tonada visitas visitas huéspedes anay [...]

[...] non a tutti ci piace la solita canzone o la solita melodia visite visite ospiti a nanna [...]

Riguardo all’espressione diay (ivi, “Perú (Cajamarca). 1. Contracción de

de y hay. Se usa para expresar que no se da importancia a una persona, actitud,

circunstancia o cosa”), invece, la resa è stata al diavolo, in assenza di un significato corrispondente formato da una sola parola:

[...] el guarapo creo que me va a empachar y me ha de dar paludismo y

diay pue lo que es rico [...]

[...] il guarapo credo che m’appesantisce e mi viene la malaria e

al diavolo allora le cose buone [...]

Il lavoro svolto sulle provenienze, oltre a quello dell’omissione, è stato quello della riformulazione, come nel caso di “sombrero celendino”, presente in traduzione come “cappello di Celendín”, con l’aggiunta del complemento di specificazione per semplificare la lettura al lettore non esperto; in altri casi le provenienze sono state rese evidenti, affinché sia immediatamente chiaro il discorso:

[…] ella es la posadera de los

poquishinos y […] de los mangallpinos […]

[…] lei è la locandiera di quelli di

Poquish e […] di quelli di San Miguel de Pallaques […]

Davanti alla presenza di proverbi o frasi idiomatiche, la scelta è stata quella di adottare la tecnica dell’equivalenza laddove possibile, come nei seguenti casi:

[…] pero a veces una es más sorda que el dicho ese a palabras necias oídos

sordos […]

[…] però a volte c’è chi è più sordo di quel detto a parole stolte orecchie

sorde […] Si como pinta quinta y si quinta

octava, como principia acaba, ña

Maruja; ya se vio que en la luna nueva no llovió en esos tres días […]

Nuvola vagante non disseta le piante,

signora Maruja; s’è già visto che con la luna nuova non ha piovuto in sti tre giorni […]

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L’ultimo caso è quello in cui la figura umana del calzolaio viene sostituita da quella animale del mulo, mentre i tonni diventano fichi d’India, al fine di apportare lo stesso significato semantico:

[…] por más que sigamos las gentes como nosotros dándole al trabajo

como rodilla de zapatero, igual será, sin las aguas ni siquiera brotarán tunas.

[…] anche se la gente come noi continua a lavorare come un mulo, sarà uguale, senz’acqua non nasce

manco il fico d’India.

Quando, invece, non è stato trovato alcun corrispondente di frasi idiomatiche tipiche della zona, l’alternativa è stata la traduzione letterale, giacché il significato resta comunque comprensibile nella cultura d’arrivo:

[...] el que no arriesga a cruzar la corriente no pasa el río [...]

[...] chi non rischia a attraversar la corrente non oltrepassa il fiume [...] Onde manda la mujer, canta la gallina

[...]

Dove comanda la donna, canta la gallina [...]

L’uso della traduzione letterale è visibile anche a livello lessicale in riferimento ai termini inventati o storpiati nel prototesto, mantenuti nel metatesto: “anelina” starebbe per “anilina”, sia nella lingua d’origine che in quella d’arrivo, pertanto il termine originale appare anche nella resa:

[...] apenas se echó a ovar la gallina pico e shingo lo aseñalé con anelina a un huevo y nació este mi gallo [...]

[...] appena cominciò a far l’uova la gallina col becco ricurvo segnai coll’anelina un uovo e nasciò sto mio gallo [...]

Vista l’ampia presenza dei tratti tipici della varietà andina, tra cui diminutivi, perdita di suono e loísmo generalizzato, impossibili da trasferire nel metatesto, si è cercato di compensare adottando, come specificato in precedenza, l’italiano popolare e, in particolar modo, sfruttando l’uso esteso del pronome gli anche in sostituzione di le (inteso come a lei) e loro. Un caso più particolare di

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compensazione, riscontrabile nel metatesto, è la presenza, anche se assente nel testo di partenza, di un modo di dire ‘storpiato’:

[...] don Pedro Castrejón tuel tiempo nos tiene suspendius de preocupación [...]

[...] il signor Pedro Castrejon tutto il tempo ci tiene col fiato appeso per la preoccupazione [...]

Altri aspetti che ricorrono nel metatesto e che rientrano nella strategia della compensazione sono i seguenti: per cominciare, un aspetto diffuso nel metatesto è la forma ridotta dell’aggettivo dimostrativo questo, per aferesi della prima sillaba, definito nel Vocabolario Treccani “Forma pop. per questo (solo in posizione proclitica)”. Alcuni esempi sono: “[…] e si volle preoccupare con tant’impegno di sta partenza a lui gli sta a cuore avverare la nostra speranza dopo

ste strade”; “La strada è piena di fango da sta parte […]”.

È possibile notare, inoltre, un intenso uso dell’apostrofo anche in riferimento a parole al plurale: “[…] perlomeno l’ovaiole della signora Delia Vazquez già erano ringobbite appena che lo vedevano sbattere l’ali fum si mettevan lì a aspettare”; “[…] ho preferito legare il gallo e tagliargli l’unghie”; “[…] e spingere le sue imbarcazioni giù nell’acque profonde”.

Ricorrente risulta essere anche la fusione delle preposizioni seguite da un articolo determinativo: “Insomma pel mio giovane Escolastico il suo orgoglio era

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