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Clonaggio, espressione e purificazione delle varianti mutate di

2.1 Reazione di PCR per la creazione delle forme delete di TbSP1

Al fine di ottenere frammenti di cDNA che codificano per le due forme mutate di TbSP1 è stata assemblata una reazione di PCR utilizzando dei primer interni alla regione che codifica per l’N-terminale della proteina. Come templato è stato utilizzato il cDNA di TbSP1 ottenuto da precedenti lavori di tesi. I primer utilizzati per le due reazioni sono riportati in figura 18; per le condizioni di reazione si rimanda alla sezione

“Materiali e metodi”.

Del1:

TbSP1-Del1-plus 5’ ttgtcaccggtatctgacacc 3’ Tm= 64 °C CpO_TbSP1-minus 5’ ttacaaccaaccgaaggtgcg 3’ Tm= 64 °C

Del2:

TbSP1-Del2-plus 5’ aacttggactggagcgatgatgg 3’ Tm= 70 °C CpO_TbSP1-minus 5’ ttacaaccaaccgaaggtgcg 3’ Tm= 64 °C

Figura 18: Sequenze degli oligonucleotidi utilizzati per l’amplificazione dei cDNA codificanti per le proteine Del1 e Del2.

Sono stati così ottenuti un amplicone di 363 bp per Del1 e uno di 276 bp per Del2.

2.2 Clonaggio degli ampliconi nel vettore di espressione pET28-pme

Per ottenere quantità sufficienti di entrambe le proteine, gli ampliconi sono stati introdotti nel vettore pET28-pme (5401 bp), la cui sequenza presenta: un gene lacI, che codifica per il repressore lac; un gene per la resistenza alla kanamicina; un sito di clonaggio multiplo posto sotto il controllo del promotore forte della RNA polimerasi T7.

Le cellule usate per la trasformazione esprimono la RNA Pol T7 grazie ad un gene cromosomale controllato dal promotore lacUV5. Entrambi i promotori (lacUV5 e T7 sul vettore) sono insensibili all’inibizione da galattosio, ma sono inducibili da lattosio o analoghi come l’isopropyl-β-D-tiogalattopiranoside (IPTG). L’aggiunta di IPTG alla coltura batterica, perciò, porta alla sovra-espressione della proteina clonata nel vettore (figura 19).

Figura 19: rappresentazione del sistema pET: il gene bersaglio sul vettore è sotto il controllo del promotore forte di T7, il cui gene è cromosomale ed è sotto il controllo del promotore lacUV5. Su entrambi i promotori agisce il repressore lac, il cui gene si trova sia sul vettore sia sul cromosoma delle cellule trasformate; l’aggiunta di lattosio o un suo analogo induce perciò l’espressione di entrambi i geni.

Il vettore consente l’espressione della proteina ricombinante con un “histidine tag”, cioè una coda di 6 His fusa all’N-terminale; questa è utile per la purificazione mediante cromatografia di affinità con una resina al nichel o al cobalto (si sfrutta la capacità dell’istidina di interagire con questi metalli).

Il clonaggio degli ampliconi nel vettore è stato effettuato utilizzando il sistema di

“Bolcloning”, che prevede un’unica reazione in cui avviene contemporaneamente

b)

l’apertura del vettore e la ligazione del frammento da inserire (dati non pubblicati). È stato utilizzato il sito di clonaggio SnaBI (figura 20).

Figura 20: a) rappresentazione del vettore del vettore pET28-pme; b) sequenza del vettore nella regione del clonaggio; sono indicate la coda di istidine, il sito di taglio della trombina e il sito di clonaggio utilizzato.

Terminatore di T7 Sito di clonaggio Sito trombinico

6His-tag

a)

2.3 Espressione in Escherichia coli

I costrutti ottenuti dal clonaggio sono stati utilizzati per la trasformazione di cellule elettro-competenti Bl21 CodonPlus (DE3) di Escherichia coli. I batteri trasformati sono stati indotti a 37 °C per 4 ore con IPTG 1 mM; piccole aliquote dei campioni, prelevate prima e dopo l’induzione, sono state caricate su un gel di poliacrilamide in condizioni denaturanti (SDS-PAGE) per verificare l’espressione delle due proteine (figura 21).

La stessa analisi è stata eseguita su sedimento e surnatante ottenuti dopo un ciclo di sonicazione e di centrifugazione, per valutare la solubilità delle proteine (dati non riportati).

Da queste analisi è emerso che entrambe le proteine sono espresse a buoni livelli, ma la loro solubilità è praticamente nulla.

Il peso molecolare di Del1 è di 16.6 kDa, mentre per Del2 è 13.5 kDa.

Figura 21: analisi mediante SDS-PAGE per valutare l’espressione delle proteine Del1 e Del2.

NI= non indotto, I= indotto, M= marker.

2.4 Ottimizzazione delle condizioni di espressione

Per riuscire ad ottenere le due proteine in forma solubile sono state fatte varie prove di induzione a temperature e tempi diversi; oltre alle induzioni a 37 °C per 4 ore, infatti, sono state tentate le induzioni a temperatura ambiente per 1 e per 2 giorni. In entrambi i casi l’espressione era buona ma la solubilità rimaneva scarsa (dati non riportati).

Del1 Del2 14 kDa

33 kDa

M NI I NI I

2.5 Purificazione a partire dai corpi di inclusione

Entrambe le proteine si sono dimostrate insolubili in più condizioni di induzione; è probabile che esse non siano in grado di ripiegarsi correttamente e vadano, perciò, a formare degli aggregati insolubili che prendono il nome di corpi di inclusione. A questo punto si è resa necessaria la purificazione delle proteine a partire da questi corpi di inclusione; l’induzione è stata fatta a 37 °C per 4 ore.

La procedura di purificazione prevede una doppia sonicazione della coltura batterica indotta: in seguito al primo ciclo di sonicazione, che serve a rompere le cellule, la coltura viene centrifugata; solo il pellet, contenente i corpi di inclusione, viene sottoposto ad un secondo ciclo in presenza di un tampone con urea 2 M e Triton™ X-100 al 2%, che facilitano lo scioglimento dei corpi di inclusione.

Dopo le centrifugazioni che seguono entrambe le sonicazioni vengono prelevati dei campioni da caricare su un gel di poliacrilamide in condizioni denaturanti (figura 22).

Dall’analisi del gel, si è visto che le due proteine erano già sufficientemente pure, perciò si è proceduto direttamente con la rinarurazione, saltando il passaggio di purificazione mediante cromatografia di affinità metallica.

Figura 22: analisi mediante SDS-PAGE per valutare l’induzione e la presenza nei corpi di inclusione delle due proteine, Del1 e Del2. Sono mostrati pellet e surnatante dei campioni prelevati dopo la seconda sonicazione.

P= pellet, S= surnatante.

M NI I P S NI I P S

Del1

Del2

2.6 Rinaturazione delle proteine mediante dialisi

La dialisi è una tecnica tipicamente utilizzata per cambiare la soluzione tampone in cui si trova un campione proteico o per rimuovere molecole a basso peso molecolare; la membrana da dialisi è semipermeabile e consente il passaggio solo di molecole di piccole dimensioni (sali,acqua, ioni, tamponi..).

La tecnica può essere applicata alla rinaturazione di proteine estratte dai corpi di inclusione grazie all’utilizzo di opportune soluzioni tampone; è stata utilizzata una membrana con un cut-off di 3500.

Il pellet proveniente dalla centrifugazione a seguito della seconda sonicazione è stato risospeso in un tampone contenente guanidinio idrocloruro 6 M, un forte agente denaturante, e β-mercaptoetanolo 1 mM, un agente riducente. Tale soluzione è stata posta nel tubino da dialisi chiuso alle estremità e immerso in un largo eccesso di una soluzione contenente urea 6 M e β-mercaptoetanolo 1 mM.

La rinaturazione è ottenuta grazie ad un gradiente di urea da 6 a 0 M: la soluzione esterna, cioè, è stata regolarmente sostituita con una a concentrazione molare di urea minore (da 6 a 5, da 5 a 4, e così via). La riduzione graduale dell’agente denaturante serve a favorire il lento ripiegamento delle proteine, aumentando così la probabilità che esse assumano il loro folding corretto.

Alla fine del processo dialisi, i campioni sono stati prelevati dai tubini e centrifugati per eliminare il precipitato che si era formato; sul surnatante è stata fatta una stima della concentrazione mediante il saggio di Bradford.

3. SAGGIO DI ATTIVITÁ DI Del1 E Del2

Sulle forma mutate di TbSP1 sono stati condotti dei saggi di attività per valutare se e quanto le delezioni influiscono sulla capacità della proteina di idrolizzare fosfolipidi.

Sono state condotte 9 reazioni:

- 1 controllo negativo, cioè una reazione priva di enzima;

- 2 controlli positivi, dati da 1 e 10 µg di TbSP1;

- 3 prove con Del1, usando rispettivamente 0.2, 2 e 20 µg di proteina;

- 3 prove con Del2, usando le stesse quantità di Del1.

Le reazioni sono state condotte a 30 °C per 1 ora e i campioni sono stati poi separati mediante TLC (vedi protocollo in “Materiali e metodi”).

In figura 23 sono riportati i risultati di queste reazioni.

Figura 23: saggio di attività fosfolipasica delle proteine Del1 e Del2; come controllo negativo è stata usata una reazione priva di enzima, come controllo positivo TbSP1 in diverse quantità.

Dal saggio è emerso chiaramente che Del1 ha mantenuto l’attività fosfolipasica e addirittura l’attività supera notevolmente quella di TbSP1; Del2, invece, non mostra alcuna attività.

Esperimenti condotti in un precedente lavoro di tesi indicavano una relazione di ─ Tbsp1 Tbsp1 Del1 Del1 Del1 Del2 Del2 Del12 1µg 10µg 0.2µg 2µg 20µg 0.2µg 2µg 20µg Acido

grasso

Fosfolipide non digerito

fosfolipasica. I dati ottenuti per Del1 nel saggio qui riportato sembrano confermare questa osservazione; un’eccessiva riduzione della regione precedente il sito catalitico, però, comporta la perdita di attività, come dimostrano i risultati avuti per Del2.

La mancanza di attività in questo secondo mutante potrebbe essere imputata a varie cause, tra cui una mancata o non corretta rinaturazione durante il passaggio di dialisi. In realtà, la dialisi ha funzionato molto bene per Del1 perciò non c’è motivo di pensare che non abbia funzionato per Del2. È più probabile, invece, che la mutazione stessa sia la vera causa dell’inattività: se si prende come riferimento la struttura riportata in figura 17, è facile immaginare che l’assenza delle prime due eliche impedisca al loop di strutturarsi correttamente e che il ponte disolfuro da solo non sia in grado di mantenere il loop nella posizione giusta. Poiché questa regione è fondamentale per il legame del calcio, un suo errato folding porterebbe all’impossibilità di legare il calcio e, di conseguenza, alla perdita di attività.

Al momento resta da verificare quale sia il motivo che sta alla base della perdita di attività da parte di Del2.

M 1 2 3 4 5

4. RIMOZIONE DEL TAG DI ISTIDINE E ULTERIORI SAGGI DI Del1

Il saggio precedente ha mostrato un aumento dell’attività di Del1 rispetto al TbSP1, mentre l’attività è completamente assente in Del2. Ulteriori saggi sono stati condotti solo su Del1, per valutare in maniera più precisa quale fosse l’incremento di attività rispetto alla proteina wild type.

Si è voluto, inoltre, fare un confronto con la proteina Del1 privata della coda di istidine.

La rimozione del tag è resa possibile dalle caratteristiche del clonaggio nel vettore pET28-pme: alla proteina ricombinante, infatti, viene fornita non solo una coda di 6 His all’N-terminale, ma anche un sito di taglio riconosciuto dall’enzima proteolitico trombina posizionato tra il tag e la proteina stessa (figura 20). La digestione con trombina, perciò, consente la rimozione del tag in maniera semplice ed efficiente.

Prima di digerire una parte del campione, è stato fatto un saggio analitico su piccole aliquote per valutare il rapporto ottimale unità trombina/µg Del1. Si sono testati i rapporti : 1U/50µg, 1U/100µg, 1U/150µg e 1U/200µg; la reazione è stata condotta sia a 37 °C per 1h sia a 4 °C o/n e l’analisi della digestione è stata effettuata mediante SDS-PAGE (figura 24).

Dalle prove effettuate è emerso che, per una digestione completa e per la stabilità della proteina digerita in soluzione, la reazione deve avvenire a 4 °C o/n, con un rapporto di 1U trombina/50µg proteina.

Figura 24: SDS-PAGE delle digestioni analitiche di Del1 con trombina.

M= marker (lisozima), corsia 1= Del1 non digerita, corsie 2,3,4,5= Del1 digerita con i rapporti trombina/Del1 pari a 1/50, 1/100, 1/150, 1/200 rispettivamente.

Una volta trovate le condizioni ottimali di reazione una certa quantità di campione è stata digerita e utilizzata per un nuovo saggio d’attività. Precedentemente Del1 aveva mostrato un comportamento anomalo durante la purificazione mediante FPLC, inoltre

per la digestione era minima (non è nemmeno visibile su SDS-PAGE, dati non mostrati), questa è stata considerata trascurabile e ininfluente sui successivi saggi di attività.

Per il nuovo saggio sono state assemblate altre 9 reazioni:

- 1 controllo negativo, cioè una reazione priva di enzima;

- 2 controlli positivi, dati da 2µg di TbSP1 e 50 ng di TbSP1-His;

- 3 prove con Del1, usando rispettivamente 1, 5 e 50 ng di proteina;

- 3 prove con Del1-His, usando le stesse quantità di Del1.

Le reazioni sono state condotte a 30 °C per 1 ora e i campioni lipidici estratti sono stati separati mediante TLC. In figura 25 sono mostrati i risultati del saggio.

Figura 25: saggio di attività fosfolipasica delle proteine Del1 e Del1-His; come controlli sono stati usati un negativo, TbSP1 e TbSP1-His.

La quantificazione delle bande ha permesso di determinare l’attività dei campioni in termini di percentuale di acido grasso rilasciato (figura 26).

─ Tbsp1 Del1 Del1 Del1 TbSP1 Del1 Del1 Del1 -His -His -His -His 2µg 1ng 5ng 50ng 50ng 1ng 5ng 50ng Acido

grasso

Fosfolipide non digerito

33,1%

Figura 26: istogramma rappresentante l’attività delle forme di TbSP1 e Del1 utilizzate nel saggio enzimatico.

L’analisi di questi dati conferma la maggiore attività di TbSP1-His rispetto a TbSP1 e dimostra che entrambe le forme di Del1 (con e senza His-tag) sono più attive rispetto a TbSP1-His di almeno 10 volte. Questi dati sembrano essere in linea con osservazioni fatte i precedenti lavori, secondo cui una riduzione della regione N-terminale si riflette in un aumento di attività fosfolipasica. Dal confronto tra Del1 e Del1-His, invece, non emerge una notevole differenza e le due proteine hanno attività paragonabili.

Dall’insieme dei vari saggi condotti su TbSp1 e sulle forme delete risulta chiara una proporzionalità inversa tra la lunghezza della regione N-terminale e l’attività fosfolipasica: è possibile che il dominio N-terminale mascherari il sito di legame per il substrato e che la sua riduzione renda più facile l’accesso ai fosfolipidi. Una delezione eccessiva, però, comporta una perdita totale di attività, come dimostrato dai saggi di Del2, e questo è facilmente attribuibile ad una incapacità del loop di legame del calcio a strutturarsi correttamente.

5. CRISTALLIZZAZIONE DELLE FORME DELETE DI TbSP1

Tentativi di cristallizzazione sono stati condotti sulle forme delete di TbSp1, in particolare su Del1. Le prove, per ora, sono state effettuate solo sulle forme con His-tag;

le proteine sono state concentrate con il metodo VivaSpin per ottenere soluzioni ad una concentrazione di circa 20-30 mg/ml.

In una prima fase, si è voluto confrontare il comportamento di Del1 in presenza del tampone di dialisi e in un tampone diverso (senza sale); per lo screening iniziale è stato utilizzato il kit “Crystal Screen #1” prodotto da Hampton Research. La proteina non mostrava comportamenti molto differenti nei due casi, perciò si è preferito procedere evitando il passaggio di scambio del tampone, che ha comportato perdite notevoli di proteina.

Fino ad ora sono state effettuate più di 450 prove, testando vari kit venduti commercialmente: “Salt RX”, “Structure Screen”, “Ammonium sulfate Grid Screen”

(Hampton Research) con il metodo di sitting drop; “The Pegs Suite” e “The Cryos Suite” (Nextal) con il sistema di hanging drop. In ogni prova si sono usate gocce date da 1.5 µl di campione proteico e 1.5 µl di reservoir.

Tra le condizioni saggiate, una è risultata particolarmente interessante: in presenza di sodio acetato 0.1 M a pH 4.6 e sodio nitrato 4 M (Salt RX #46), si sono formati dei cristalli con una forma simile a degli aghetti (figura 27). Purtroppo, questo tipo di cristalli non è solitamente idoneo all’analisi mediante diffrazione; al fine di ottenere cristalli più larghi e grandi, sono state tentate diverse concentrazioni di sodio nitrato, diversi pH e tipi di tamponi, nonché l’aggiunta di ioni e composti volatili alla goccia. I cristalli ottenuti la prima volta sono stati riprodotti varie volte, ma nessuna condizione ha consentito di ottenere delle forme migliori.

Figura 27: immagini al microscopio ottico dei cristalli aghiformi ottenuti per la forma mutata Del1.

Del1

26→13 mg/ml

0.1 M Na acetato pH 5.2 3.5 M Na nitrato

Temperatura 25 °C

Del1

26→13 mg/ml

0.1 M Na acetato pH 4.6 3.2 M Na nitrato

Temperatura 25 °C

6. PROGETTAZIONE DEL SAGGIO DI LOCALIZZAZIONE

La peculiarità di TbSp1, rispetto alle altre fosfolipasi A2 del gruppo XIV, è la presenza di un motivo RGD nella regione N-terminale; si pensa che tale motivo abbia un ruolo nell’interazione con recettori di superficie integrina-simili a livello della parete cellulare. Al fine di verificare l’esattezza di questa ipotesi è stato ideato un saggio di localizzazione che sfrutta le proprietà fluorescenti della proteina GFP (Green Fluorescent Protein), della medusa Aequorea victoria.

È stata progettata la fusione del dominio N-terminale di TbSP1 (la regione a struttura non ancora risolta) con GFP. Per essere sicuri che tale fusione permettesse il folding sia del dominio sia della GFP, è stata scelta una porzione di TbSP1 più estesa, corrispondente alla regione rimossa nella forma mutata Del2.

Il saggio prevede l’aggiunta della proteina di fusione a ife di T. borchii e la successiva analisi al microscopio a fluorescenza per vedere se la proteina si è legata alla parete cellulare; come controlli per il saggio sono state scelte le proteine ricombinanti GFP (controllo negativo) e TbSP1 fusa a GFP (controllo positivo).

7. ESPRESSIONE E PURIFICAZIONE DELLA GFP

7.1 Espressione in Escherichia coli

Precedenti clonaggi hanno consentito di ottenere una versione del vettore pET28bG contenete la sequenza per la proteina GFP e una regione che codifica per una coda poli-istidinica al C-terminale di GFP (pET28bG-Tromb-GFP-His, figura 28).

Tale vettore è stato utilizzato per la trasformazione di cellule elettro-competenti Bl21 CodonPlus (DE3) di Escherichia coli. I batteri trasformati sono stati indotti a 37 °C per 4 ore con IPTG 1 mM.

Figura 28: rappresentazione del vettore pET28bG-Tromb-GFP-His.

Piccole aliquote dei campioni sono state prelevate prima e dopo l’induzione, ma in questo caso non è stato indispensabile verificare l’espressione mediante SDS-PAGE: è stato sufficiente centrifugare le aliquote per qualche minuto e confrontare al transilluminatore il pellet corrispondente, che è risultato incolore nei non indotti e fluorescente in quelli indotti (figura 29).

Allo stesso modo, per valutare la solubilità delle proteine espresse, è bastato centrifugare il lisato batterico: la colorazione verde del surnatante, ma non del pellet, ha permesso di stabilire la solubilità delle proteine (dati non riportati).

Figura 29: a) un campione non indotto (a sinistra) e uno indotto (a destra) al transilluminatore;

per una migliore visualizzazione, il pellet è stato risospeso in 500 µl di Tris-HCl 20 mM a pH 8.0; b) analisi mediante SDS-PAGE per valutare l’espressione della GFP.

NI I M

a) b)

GFP

7.2 Purificazione mediante cromatografia d’affinità

Poiché la GFP è espressa in forma solubile e presenta una coda di istidine al C-terminale è stato possibile procedere alla purificazione sfruttando la cromatografia di affinità con resine al cobalto. L’interazione specifica tra i residui di istidina e gli ioni della resina, infatti, permette di eluire le proteine in modo preferenziale e controllato.

Normalmente, l’eluizione della proteina avviene con un tampone contenente imidazolo 200 mM; in questo caso, invece, la proteina è uscita dalla colonna già durante i lavaggi con un tampone con imidazolo 10 mM: è possibile che l’assenza di un linker tra GFP e 6His-tag riduca la capacità di interazione con la matrice cromatografia, portando all’eluizione a concentrazioni minori di imidazolo. Dall’analisi delle frazioni mediante SDS-PAGE è risultato che la proteina è comunque pura (figura 30)

Figura 30: analisi mediante SDS-PAGE per valutare la purezza della GFP in seguito a cromatografia d’affinità. Corsie 1-7 = frazioni raccolte con tampone di lisi e imidazolo 10 mM; corsie 8-9 = frazioni eluite con tampone di lisi e imidazolo 200 mM.

1 2 3 4 5 6 7 8 9

GFP

8. CLONAGGIO DELLE PROTEINE DI FUSIONE

8.1 Reazione di PCR per la creazione delle sequenze relative alle proteine da fondere a GFP

Le reazioni di PCR che sono state assemblate sono due: la prima è servita ad amplificare la regione di TbSP1 che codifica per il dominio corrispondente a quello rimosso nella proteina Del2 (chiamato per semplicità Del2N, ad indicare che si tratta della regine N-terminale), la seconda ha prodotto una sequenza di TbSP1 priva di codone di stop. Ciò è necessario perché la fusione con GFP avviene al C-terminale della proteina.

Come templato è stato utilizzato il cDNA di TbSp1; i primer usati sono riportati in figura 31.

Del2N:

TbSP1-GNAE-plus 5’ ggaaacgctgaggttattgc 3’ Tm= 60 °C Del2-minus 5’ gccagggttcttattgcgc 3’ Tm= 60 °C

TbSp1(-STOP):

TbSP1-GNAE-plus 5’ ggaaacgctgaggttattgc 3’ Tm= 60 °C TbSP1(-Stop)-minus 5’ caaccaaccgaacgtgcg 3’ Tm= 58 °C

Figura 31: Sequenze degli oligonucleotidi utilizzati per l’amplificazione dei cDNA codificanti per le proteine Del2N e TbSP1.

Si sono ottenuti un amplicone di 264 bp per Del2N e uno di 540 bp per TbSP1(-STOP).

8.2 Clonaggio degli ampliconi nel vettore pET28bG-Tromb-GFP-His

Il vettore pET28bG-Tromb-GFP-His è stato utilizzato per l’introduzione delle sequenze Del2N e TbSP1(-STOP): il risultato è un vettore per l’espressione delle proteine di fusione, rispettivamente Del2N-GFP e TbSP1-GFP.

Il clonaggio è stato effettuato nel sito PmeI utilizzando il metodo “Bolcloning” (figura 28).

I costrutti così ottenuti sono stati utilizzati per la trasformazione di cellule elettro-competenti Bl21 CodonPlus (DE3) di Escherichia coli.

Il passaggio successivo prevede l’identificazione dei cloni che hanno acquisito il vettore con l’inserto; sarà poi possibile esprimere in grandi quantità e purificare le proteine di fusione, e utilizzarle per il saggi di localizzazione.

Da questo saggio ci si aspetta di determinare se il dominio N-terminale di TbSP1, contenente il motivo RGD, è davvero coinvolto nella localizzazione a livello della

Da questo saggio ci si aspetta di determinare se il dominio N-terminale di TbSP1, contenente il motivo RGD, è davvero coinvolto nella localizzazione a livello della

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