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Lo studio approfondito di modelli animali in cui la CatK non è espressa geneticamente, è inibita o è espressa in eccesso, ha permesso di meglio definire le conseguenze di una sua carenza/inibizione sul tessuto minerale osseo e sul metabolismo scheletrico.

Nei ratti la mancata espressione del gene della CatK determina una riduzione del riassorbimento osseo ad opera degli osteoclasti e un incremento della neoformazione a livello trabecolare e corticale, producendo un fenotipo a elevata massa ossea; al contrario, la sua iper-espressione determina un incremento del turnover scheletrico e una riduzione significativa del volume osseo trabecolare. L’assenza di CatK sembrerebbe produrre un difetto nella capacità di degradazione della matrice ossea da parte degli osteoclasti, senza tuttavia produrre effetti significativi sulla differenziazione e fusione dei progenitori degli osteoclasti e sulla polarizzazione, sopravvivenza e capacità secretoria degli osteoclasti. Il risultato finale sarebbe la presenza di un numero di osteoclasti multinucleati TRAP5b (Tartrate-resistant acid phosphatase) positivi nella norma o aumentati. È interessante osservare come una situazione analoga sia stata descritta in soggetti affetti da picnodisostosi, in cui il numero di osteoclasti appariva conservato e simile ai soggetti sani. Sulla base di queste ed altre osservazioni è stato quindi ipotizzato come gli agenti inibitori della CatK potessero produrre un effetto anti-riassorbitivo, attraverso una riduzione della capacità di degradare il collagene e la matrice ossea da parte degli osteoclasti, ma senza alterare la differenziazione degli osteoclasti o la loro sopravvivenza, a differenza di quanto avviene con i farmaci anti-riassorbitivi al momento disponibili (Bisfosfonati e Denosumab). Gli effetti osteometabolici dell’inibizione farmacologica della CatK sono stati inizialmente investigati su primati e conigli con deficienza estrogenica, utilizzando dei peptidi inibitori della CatK progettati per legarsi al sito di legame del substrato.

In diversi studi condotti su conigli e macachi rhesus estrogeno-deprivati, Odanacatib ha dimostrato di:

• incrementare (effetto dose-dipendente) la densità minerale ossea (DMO) a livello vertebrale e femorale

• ridurre i marcatori del turnover osseo sCTX (serum collagen type 1 cross-linked C- telopeptide) e uNTX (Urinary collagen type 1 cross-linked N-telopeptide).

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In questi studi, il numero di osteoclasti, determinato con il dosaggio sierico del TRAP5b e con l’analisi istomorfometrica, risultava elevato.

Queste scimmie ovariectomizzate sono state trattate per 21 mesi con Odanacatib 6 mg/kg o Odanacatib 30 mg/kg (somministrati per via orale una volta al giorno) e confrontate con animali non trattati.

La terapia con Odanacatib:

• reprime i marcatori di riassorbimento osseo (NTX dal 75-90% e CTX dal 40-55%) e i marcatori di formazione sierici (fosfatasi alcalina osso-specifica dal 30-35% e procollagene di tipo I N-propeptide dal 60-70%)

• Odanacatib, a entrambe le dosi, impedisce la perdita ossea nelle vertebre lombari negli animali ovariectomizzati, mantenendo un livello di BMD paragonabile a quello presente in animali intatti

• Odanacatib 6 mg/kg aumenta la BMD dalla vertebra lombare L1 alla L4 del 7%, mentre alla dose di 30mg/kg l’aumento è del 15%

• il trattamento tende anche ad aumentare la resistenza ossea, associata con una correlazione positiva tra picco di massa ossea e il contenuto minerale osseo (BMC) del rachide lombare.

È stato ritenuto che il trattamento a lungo termine con Odanacatib sopprime efficacemente il turnover osseo senza ridurre il numero degli osteoclasti, mantenendo le normali proprietà biomeccaniche della colonna vertebrale nei primati non umani ovariectomizzati.

Un altro studio ha valutato gli effetti di Odanacatib (6 mg/kg o 30 mg/kg somministrato per via orale una volta al giorno per 21 mesi) sulla distribuzione della densità ossea di mineralizzazione (BMDD) attraverso immagini di elettroni retrodiffusi nella spongiosa vertebrale e a livello della metafisi distale femorale di scimmie (età compresa tra 16-23 anni). L’assorbimetria a raggi X a doppia energia (DEXA) è stata misurata a livello del femore distale. Nelle vertebre lombari, si è passati ad una maggiore mineralizzazione nelle scimmie trattate con Odanacatib. A livello della metafisi distale del femore c'era una netta tendenza verso un aumento, dose-dipendente, della matrice di mineralizzazione, come nella colonna vertebrale. Tuttavia l'osso osteonale della diafisi corticale distale non ha mostrato alcun cambiamento significativo nella BMDD, mentre la BMD è risultata significativamente aumentata dopo il trattamento.

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Nelle scimmie ovariectomizzate, questo studio ha dimostrato che il trattamento con Odanacatib aumenta la BMDD trabecolare, coerentemente con la sua capacità precedentemente segnalata di ridurre il rimodellamento spongioso. Odanacatib non ha mostrato alcun cambiamento nella BMDD nei siti corticali, in linea con le sue azioni nel mantenere la parete endocorticale, stimolando la formazione ossea periostale.

Gli effetti di Odanacatib sulla densità minerale ossea e sulla forza delle ossa sono stati ulteriormente analizzati nelle stesse scimmie dove è stata effettuata anche una analisi istomorfometrica dell’anca. Gli animali sono stati trattati per 21 mesi con Odanacatib 6 mg/kg o Odanacatib 30 mg/kg (somministrati per via orale una volta al giorno).

Odanacatib ha aumentato la BMD: • del collo femorale da 11 a 15% • il carico di rottura del 25%.

L’istomorfometria del collo femorale e del femore prossimale ha rivelato che Odanacatib ha ridotto la formazione ossea trabecolare e intracorticale, ma non ha influenzato il tasso di formazione ossea endocorticale. Inoltre, la dose di 30 mg/kg stimola la formazione del collo femorale e di osso periostale prossimale del femore rispettivamente da 3,5 a 6 volte. Infine, Odanacatib aumenta:

• lo spessore corticale del collo femorale del 21%

• il femore prossimale del 19% dopo 21 mesi di trattamento.

Entrambe le dosi aumentano la massa ossea e portano ad una migliore resistenza a livello dell'anca. Il farmaco ha fornito un notevole aumento della formazione ossea periostale e dello spessore corticale.

In conclusione, sulla base degli studi preclinici condotti su modelli animali, gli inibitori della CatK sembrerebbero avere un comportamento anti-riassorbitivo, mantenendo o stimolando la neoformazione ossea in tutti i siti scheletrici esaminati, e manifestando quindi anche proprietà “osteo-anaboliche” particolarmente spiccate a livello periostale. In confronto ad altri agenti anti-riassorbitivi, gli inibitori della CatK sarebbero in grado pertanto di ridurre il riassorbimento osseo (riducendo la capacità di degradazione della matrice ossea da parte degli osteoclasti) e favorire la formazione di osso corticale a livello di siti scheletrici estremamente rilevanti dal punto di vista meccanico. Sebbene non sia del tutto chiarito il meccanismo che sta alla base di questo “disaccoppiamento funzionale”, sembrerebbe

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rilevante il fatto che gli inibitori della CatK non alterino la differenziazione e sopravvivenza degli osteoclasti, permettendo, quindi, il mantenimento della comunicazione tra osteoclasti e osteoblasti.

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