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e del successivo, eterogeneo quanto tutt’altro che accademico autodidattismo che ha tuttavia reso indagabile la sua cospicua attività pubblicistica anche in rapporto al point de vue delle altre lettera-

te dell’epoca sul citato binomio letteratura-giornalismo, sulle modalità di contaminazione tra i due

generi di scrittura e di approccio alla pagina del quotidiano, al fine di sondare natura e qualità di

un’intensa militanza nella carta stampata determinata spesso - per alcune di loro - da motivazioni

strettamente economiche. Tuttavia svariate erano le ricadute delle loro collaborazioni giornalisti-

che: progressiva acquisizione di notorietà e conseguente commercializzazione delle opere, ma più

di tutto crescente consapevolezza e rivendicazione d’un acquisito prestigio da sempre destinato ad

una ‘casta’ esclusivamente maschile

306

. Un tema quest’ultimo, sia detto per incidens, paradossal-

mente attuale ancor oggi: se infatti nella corrieresca «Lettura» degli anni Venti e Trenta del Nove-

cento Deledda occupava paginate intere con romanzi e novelle, nella «Lettura» dell’ottobre 2013

accade che una doppia pagina dello sfoglio del periodico culturale sia dedicata alle polemiche ‘di

genere’ sulla presunta inferiorità della narrativa al femminile. Tuttavia, al romanziere canadese e

docente all’Università di Toronto David Gilmour (a prima vista teorico dell’homme superieur se

dichiara di dare esclusivamente spazio nelle lezioni ai suoi allievi a «serious heterosexual guys»

307

tra cui Fitzgerald, Cechov, Tolstoj, Miller e Roth, salvando Woolf in articulo mortis e condannan-

do - forse con troppo orgoglio e non senza qualche pregiudizio – Austen) indirettamente risponde

il critico Massimo Onofri citando, sempre si parva licet, Grazia Deledda:

[…] Nel senso dell’interpretazione il femminile è importante […] in Grazia Deledda […] relegata dai suoi primi critici all’interno dei temi veristici e dannunziani, proprio l’essere donna fa sì che il mec- canismo infrazione espiazione che sta alla base del suo romanzo L’edera sia ancora estremamente at- tuale, mentre Il piacere di D’Annunzio non lo è308.

305 Ivi, 120.

306 Cfr. M.PAGLIARA, Presentazione a Scrittici giornaliste - giornaliste scrittrici, cit., p. 12; e, più diffusamente, AA.

VV., Differenze e disparità: le questioni sui generi in psicologia sociale, Atti del convegno di Studi (Parma, 19‐20 feb-

braio 2009), Parma, Uni.Nova, 2009. «[…] La riduzione dello scarto gerarchico tra uomo e donna modifica, Tajfel (1981) insegna, l’identità femminile collettiva e incide su quella maschile: è lo stesso rapporto tra i sessi ad essere modi- ficato ed è l’intera scala dei valori della società ad essere scardinata (Habermas, 1998). Risulterebbe evidentemente ri- duttivo ricondurre il rapporto tra i sessi ad un solo fatto di natura e, allo stesso tempo, il limitarsi ad una sola lettura delle ‘conquiste femminili’ non sarebbe sufficiente a rendere conto dei processi attraverso i quali si modificano e si riprodu- cono le dinamiche di genere […] Già nel periodo immediatamente precedente la Prima guerra mondiale, molti segnali avrebbero peraltro lasciato presagire i primi sintomi di un declino che si sarebbe dimostrato inesorabile nel dopoguerra, quando le riviste politico-letterarie avrebbero definitivamente perso la propria posizione di autorità: soppiantate da una parte dalla crescita del giornalismo specialistico ed erudito, dall’altra dal giornalismo letterario e d’avanguardia e dalle nuove forme giornalistiche proprie del nuovo secolo. È vero che molte testate del periodo prebellico continuarono ad esistere anche dopo la Grande guerra – alcune sono del resto tuttora esistenti – ma nel complesso esse non riacquistarono più quella posizione di prestigio e autorevolezza intellettuale di cui avevano invece goduto in epoca liberale (M. C. VI- GNUZZI,La partecipazione femminile…, cit., p. 15).

307 Cfr. C.T

AGLIETTI, Narrativa, sostantivo maschile, «La Lettura», 6 ottobre 2013.

LXXXII

Deledda, dunque, ‘sulla notizia’, ‘sul pezzo’ più di D’Annunzio, quando non è lei stessa a fare

notizia, ancor oggi e forse più di ieri, laddove letteratura e giornalismo apparivano appena scon-

tornati estremi d’una gender history (‘storia di genere’) in cui la donna non era propriamente

chiamata ad affacciarsi bensì lottava per affacciarsi (e la scrittrice nuorese fu un felice esempio)

alla dimensione pubblica

309

. In tal senso la collaborazione al periodico «La Lettura», oltreché al

«Corriere della Sera», consente di appurare al meglio quanto le riviste, per l’autrice sarda e non

solo, siano state luogo ed opportunità di tirocinio professionale nonché di presa di coscienza (pro-

pria ed altrui) della propria cittadinanza sociale: si vedano i casi di autentiche imprenditrici ante

litteram dell’editoria quali Emilia Ferretti

310

, negli anni Settanta dell’Ottocento vicedirettrice della

prestigiosa «Nuova Antologia» di cui la Deledda fu una delle firme di punta

311

; Dora Melegari,

direttrice, insieme ad Augusto Fantoni

312

, della «Revue Internationale» fondata da De Guberna-

tis

313

; o, procedendo ulteriormente à rebours, la stessa Neera, tra i fondatori della rivista femminile

«Vita intima», segnata da vita tanto intima quanto breve (1890-1891) ma comunque pionieristico

tentativo indirizzato ad hoc verso un individuato segmento di pubblico

314

.

309 Cfr. A.BUTTAFUOCO, In servitù regine, in S.SOLDANI, L’educazione delle donne, cit., pp. 363-91; J.B.LANDES (a c.

di), Feminism, the Private and the Public, New York, Oxford University Press, 1998; D.GAGLIANI,M.SALVATI (a c. di),

La sfera pubblica femminile: percorsi di storia delle donne in età contemporanea, Bologna, Clueb, 1992.

310 Definita da Antonio Stoppani, storico collaboratore della rivista, «la bella signora che faceva così bene gli affari della

‘Nuova Antologia’» (cfr. M. C. VIGNUZZI, La partecipazione femminile…, cit., p. 43): «[…] Negli anni ’70

dell’Ottocento la vice-direttrice della ‘Nuova Antologia’ era proprio una donna, Emilia Ferretti […] Senza avere nessuna esperienza letteraria alle spalle, ma forte di uno spiccato spirito di sacrificio e di una tenace voglia di riuscire nel mondo delle lettere […] Interessati soprattutto a mettere in luce il processo attraverso il quale anche nella penisola arrivarono ad affermarsi - pur con una certa difficoltà e con un certo ritardo rispetto ad altre nazioni europee - le forme giornalistiche proprie della modernità come il quotidiano o il settimanale di largo consumo, gli studi generali sulla stampa periodica italiana si sono in genere limitati a segnalare la nascita di numerose riviste politico-culturali negli anni immediatamente successivi l’unificazione» (Ivi, p. 27).

311 Efficace il profilo della scrittrice tracciato da Lucio D’Ambra (pseudonimo di Renato Eduardo Manganella, giornali-

sta, romanziere, commediografo e critico) quando la incontrò nella redazione della rivista: «[…] Se ne stava sempre rin- cantucciata in un angolo, le mani nascoste nel manicotto spelacchiato, gli occhi bassi sul pavimento, la testa in giù, spe- rando che le larghe falde del cappello piumato bastassero a nasconderla e le risparmiassero la grossa difficoltà dei saluti. Che pena per lei dover riconoscere e trovare qualche parola da rispondere ai complimenti! […] Era un silenzio che ascoltava, come le sue rudi montagne, sarde, che da ogni parte, mute, odono il mare» (Cfr. N.TANDA, Introduzione a G. DELEDDA, Canne al vento, Milano, Mondadori, 1993, p. XII). La rivista fondata nel 1866 a Firenze da Francesco Proto-

notari, di cui Cena fu a lungo caporedattore a partire dal 1901: «[…] La pluralità di voci che nel corso degli anni inter- vennero sulle pagine di questa testata è in effetti un dato innegabile, peraltro perfettamente in linea con quanto avveniva nelle riviste straniere adottate a modello dai suoi redattori e organizzatori. Al di là di questo apparente pluralismo ideo- logico però, la rivista proponeva una visione politica molto coerente, che […] consisteva in un sostanziale appoggio alle politiche moderate delle nuove classi dirigenti del paese. Questa impostazione fu in parte ripensata dopo la crisi di fine secolo sotto la direzione di Maggiorino Ferraris, già ministro durante il terzo governo Crispi e suo fedele sostenitore. Con l’ingresso nella redazione del giovane progressista e socialista riformista Giovanni Cena iniziò un’intensa opera di ‘svecchiamento’ della rivista: portata avanti sia attraverso una più mirata attenzione alle problematiche sociali del paese, sia attraverso il reclutamento di nuovi giovani autori, sia con una sorta di restyling della rivista (ad esempio gli articoli si fecero più brevi, fu pubblicata qualche illustrazione). Ma nell’insieme l’impostazione tutto sommato moderata, in qual- che modo ‘tradizionalista’, della rivista non mutò di molto […]» (M. C. VIGNUZZI,La partecipazione femminile…, cit.,

pp. 43-4). Dopo un breve periodo durante il quale la rivista fu affidata a Domenico Gnoli, passò sotto la direzione di Giuseppe Protonotari e poi sotto quella di Ferraris dal 1897 al 1926. Un profilo storico della rivista in R.RICORDA, La

«Nuova Antologia». Letteratura e ideologia tra Ottocento e Novecento, Liviana, Padova 1980; G.SPADOLINI, Fra Vies-

seux e Ricasoli, dalla vecchia alla Nuova Antologia, Firenze, Le Monnier, 1982. Fu Ferraris (corrispondente anch’egli

della Deledda) a portare avanti un’intensa opera di svecchiamento della rivista: collaboratori giovani, articoli più brevi, introduzione delle illustrazioni. Sulla direzione di Ferraris si veda S.CASSESE, Giolittismo e burocrazia nella ‘cultura

delle riviste’, in C.VIVANTI (a cura di), Storia d’Italia. Intellettuali e potere, Einaudi, Torino 1981.

312 Melegari diresse la rivista insieme al conte Augusto Fantoni per quattro anni, dal 1887 al 1891.

313 Sulla collaborazione di Dora Melegari con la «Revue Internationale» cfr. R.FOSSATI, Élites femminili e nuovi modelli

religiosi nell’Italia tra Otto e Novecento, Urbino, Quattroventi, 1997, p. 112 ss.

314 «Vita intima» nacque «[…] solo ed esclusivamente per le donne chiedendo ‘in ricambio un po’ d’affetto’ […] in con-

trapposizione alle riviste maschili che divulgavano notizie di politica e di economia. Iniziò le pubblicazioni il 3 giugno 1890 e uscì ogni martedì fino al 29 dicembre 1891, data in cui venne pubblicato l’ultimo numero; dopo questo numero, la rivista cessò le pubblicazioni senza preavviso. È il periodo della fioritura selvaggia del giornalismo, e a Milano è tutto un nascere e morire di pubblicazioni. […] Nel 1880 si pubblicavano a Milano 216 giornali. Benché molte di queste pub- blicazioni furono di breve durata, contribuirono a rinforzare la tendenza dell’Italia ‘letteraria’ del periodo[…] In Vita

LXXXIII

Molto tempo era trascorso, relativamente al periodo cui fa riferimento il carteggio con la dire-