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Sui processi educativi a livello iniziale

Nel documento Soft skill e orientamento professionale (pagine 85-88)

Presentando in un paragrafo precedente le cosiddette funzioni esecutive come una delle radici fondamentali su cui basare lo sviluppo delle soft skill, si è citata una

loro definizione operativa proposta da Russell A. Barkley140, che consente non solo

di individuarle, ma soprattutto di coglierne lo sviluppo e la funzione. Le funzioni esecutive concernono: «L’uso delle azioni auto-dirette come scegliere obiettivi, se- lezionare, mettere in atto, supportare azioni nel tempo verso tali obiettivi normal- mente nel contesto di altri spesso appoggiandosi su mezzi sociali e culturali al fine di massimizzare il proprio benessere quale egli concepisce».141Tale definizione con-

sente di individuare i successivi livelli di sviluppo di tali funzioni attraverso quello che l’Autore definisce processo di interiorizzazione.

Il primo livello viene definito come uno stadio di preparazione alla capacità di auto-direzione. Esso evolve progressivamente verso la capacità di autoregolarsi in quanto si è consapevoli delle diverse funzioni esecutive più importanti, si riescono a gestire validamente i processi di inibizione, quelli relativi alla memoria di lavoro verbale e non verbale, quelli di natura emozionale e motivazionale, la pianificazione e la risoluzione di problemi. Si tratta di un cammino di interiorizzazione, che porta a una vera e propria maturazione personale. Un livello superiore si ha quando si riesce a governare la propria esistenza da questo punto di vista in maniera coerente e continua. A questo livello si possono evidenziare almeno cinque dimensioni inter- relate: la capacità di gestione di sé nel tempo; la capacità di auto-organizzarsi e di risolvere problemi; la capacità di auto-controllo (attraverso forme di inibizione di impulsi e di subordinazione di interessi a breve termine); la capacità di auto- motivarsi e di auto-regolare le proprie emozioni. A questo nucleo possono accom- pagnarsi altre capacità cognitive. Infine, si giunge a quello che viene chiamato livel- lo strategico-cooperativo, che include l’ambito dei rapporti sociali, dell’articolazio- ne dei ruoli nel contesto lavorativo, dell’organizzazione famigliare.142

La prospettiva di interiorizzazione dei processi di autodeterminazione e di autoregolazione proposta da Barkley deve essere riletta e approfondita a livello di bambini di età compresa tra i 3 e i 9 anni, cioè di scolari della Scuola dell’Infan- zia e dei primi tre anni della Primaria. Dai modelli di interiorizzazione elaborati dalla teoria socio-culturale di matrice vygotskiana e da quelli ispirati alla teoria socio-cognitiva si possono trarre indicazioni per un quadro di riferimento utile al nostro lavoro.

In questo periodo evolutivo certamente assume un ruolo centrale l’esperienza vicaria, cioè l’osservazione e il ricordo di comportamenti messi in atto in specifiche circostanze da parte di altri (adulti e compagni). L’insieme di tali osservazioni nel tempo viene a costituire un riferimento fondamentale che orienta e sollecita comportamenti simili a quelli conservati in memoria quando si presentano situazioni analoghe. Alcuni studiosi evocano in questi casi anche il gioco dei cosiddetti

140R.A. B

ARKLEY, Executive functions. What they are, how they work, and why they evolved,

New York, The Guilford Press, 2012.

141Ibidem, p. 176. 142Ibidem, pp, 177-179.

neuroni specchio, in quanto l’osservazione dei comportamenti altrui favorirebbe la configurazione a livello neurologico di schemi d’azione simili a quelli percepiti.

In questo contesto risulta evidente il ruolo dei genitori e in genere dei membri della famiglia, anche per la componente affettiva presente. Accanto a questo mec- canismo, definito in psicologia come modeling, va accostato il processo messo in evidenza da Vygotskji, e poi approfondito da altri, e cioè l’interiorizzazione dei discorsi e delle pratiche culturali nelle quali il bambino è immerso. Ad esempio, ha avuto uno sviluppo assai significativo la pratica educativa basata sull’interiorizza- zione di comandi esterni come “stop, look, listen, think”, che a poco a poco diven- tano comandi interni che aiutano il soggetto nel reagire a situazioni sollecitanti in modo controllato e/o nel prendere decisioni in situazioni anche pericolose. Recen- temente è stata constatata l’efficacia del metodo nel rendere i bambini e gli adole- scenti attenti ai pericoli esistenti nell’attraversamento delle strade. Nella pratica fa- migliare era già consueto dire ai bambini “prima di rispondere conta fino a tre”: un comando esterno che dovrebbe diventare un comando interno, caratterizzante un comportamento inibitorio degli impulsi immediati.

Si può quindi pensare a un processo di interiorizzazione delle funzioni esecuti- ve come la sollecitazione e lo sviluppo di riferimenti interni, come immagini perce- pite e conservate e di parole guida e comandi interni, che possano fornire validi punti di appoggio per gestire se stessi nelle varie situazioni sia scolastiche, sia ex- tra-scolastiche. Il passo decisivo in questo processo starebbe quindi nel promuove- re, quando possibile, non solo la consapevolezza dell’importanza di conoscere e controllare tali processi, ma anche di essere capaci di riconoscerli in sé e di valutar- li nella loro effettiva presenza e valorizzazione.

Basandosi sulle teorie sviluppate dalla scuola vygotskiana, è stato elaborato un progetto di intervento a livello di scuola dell’infanzia denominato “Tool for the Mind”. Esso si è diffuso soprattutto negli Stati Uniti e nel Canada con qualche pre- senza anche nel Cile.143Le attività previste dal progetto sono orientate a promuove-

re lo sviluppo delle principali funzioni esecutive in vista di una migliore prepara- zione ai successivi apprendimenti propri della scuola primaria. Il bambino viene in- coraggiato e sistematicamente aiutato, mediante forme di scaffolding, a controllare la propria attenzione, le proprie emozioni, le proprie risposte fisiche in vista di obiettivi da raggiungere. Tali abilità auto-regolatorie originano nell’interazione sociale e solo in seguito sono interiorizzate e valorizzate indipendentemente.

Una circolare del MIUR del 2010144 dedicata a segnalare possibili interventi

didattici per soggetti con disturbi di deficit di attenzione e iperattività riassumeva

143E. B

ODROVA, D.J. LEONG, Tools for the Mind. The Vygotskian approach to early childhood

education, Upper Saddle River, N.J., Prentice-Hall, 2004. Si può visitare anche il sito www.toolsfor- themind.org.

144Circolare MIUR, Prot. N. 4089-15/6/2010.

Cfr. a es.: http://www.provincia.bz.it/intendenza-scolastica/download/C.M._Prot.N._4089_15_ giugno_2010.pdf

alcune delle difficoltà che possono avere i bambini in genere e che nel caso di questi soggetti si manifestano come pervasive e persistenti. Molti suggerimenti possono essere valorizzati anche per soggetti che non hanno questi disturbi specifici, ma evidenziano il bisogno di essere aiutati in una o più di queste capacità auto-regolatorie. Vengono citate in particolare difficoltà nel: selezionare le informazioni neces- sarie per eseguire il compito e mantenere l’attenzione per il tempo utile a completa- re le consegne; resistere ad elementi distraenti presenti nell’ambiente o a pensieri divaganti; seguire le istruzioni e rispettare le regole; utilizzare i processi esecutivi di individuazione, pianificazione e controllo delle sequenze di azioni complesse, necessarie all’esecuzione di compiti e problemi; regolare il comportamento [...]; controllare, inibire e differire risposte o comportamenti che in un dato momento risultano inappropriati, aspettare il proprio turno nel gioco e nella conversazione; applicare in modo efficiente strategie di studio che consentano di memorizzare le informazioni a lungo termine. Vengono quindi segnalate anche altre possibili diffi- coltà: nel costruire e mantenere relazioni positive con i coetanei, nell’autoregolare le proprie emozioni; nell’affrontare adeguatamente situazioni di frustrazione imparando a posticipare la gratificazione; nel gestire il livello di motivazione inter- na approdando molto precocemente a uno stato di noia; nell’evitare stati di eccessi- va demoralizzazione e di ansia; nel controllare livelli di aggressività; nel seguire i ritmi di apprendimento della classe a causa delle difficoltà attentive.

Il quadro presentato in forme negative può essere riletto in positivo come un elenco di obiettivi educativi da promuovere nel contesto delle attività proprie della Scuola dell’Infanzia e della Scuola Primaria. Molti Autori, come i McCloskey già citato, suggeriscono di coinvolgere negli interventi direttamente il bambino, che è chiamato a riflettere sui comportamenti problematici e sulle possibili strategie per far fronte a essi, dapprima facendo riferimento ad aiuti esterni e poi richiamando procedure interiorizzate. L’adulto diventa modello da imitare e figura di riferimento che predispone i vari passi dell’intervento, affianca il soggetto, fornisce sostegno, corregge eventuali errori, motiva il bambino affinché dia il meglio di sé ed apporta le opportune modifiche al piano di lavoro quando necessarie.145

Nel documento Soft skill e orientamento professionale (pagine 85-88)