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3. Il Codice dell’Amministrazione Digitale

3.1. Lo sviluppo del CAD

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l’uso degli strumenti digitali; la seconda, come sostenuto da De Giovanni, faceva riferimento alla

«Consapevolezza dell’impetuoso e continuo progresso tecnologico, che rendeva in breve tempo obsolete o comunque superate le soluzioni tecniche precedenti, imponendo così al legislatore di adattare ciclicamente l’ordinamento alle nuove

realtà79».

Soprattutto per questa seconda motivazione, il Codice può definirsi un testo work in progress, ovvero pronto a adattarsi alle future evoluzioni tecnologiche.

Prima della sua effettiva approvazione, il testo è stato valutato dal Consiglio di Stato, il quale andò ad evidenziare alcuni degli aspetti più critici e lacunosi del testo. In particolare, il Consiglio evidenziò come vi fosse la “la necessità di una rielaborazione della disciplina al fine di rendere più completa, ovvero più coerente con il contesto ordinamentale su cui va ad incidere, o più concreta e operativa nei confronti dei cittadini, o più flessibile nell’intervento di riassunto80”.

È stata anche riscontrata la mancanza di esaustività, in quanto ci si era concentrati solo sulle due principali fonti normative riguardanti la digitalizzazione, mentre alcune sono state completamente tralasciate. Per questo, mentre era inserita la regolamentazione del SPC, non lo era né la PEC, né l’e-procurement. Questo portò il legislatore a recepire le osservazioni per colmare le lacune evidenziate, ma solo parzialmente.

Infatti, come evidenziato dalla stessa Sezione atti normativi per il tramite del parere concernente il correttivo al D.Lgs. 82/2005, gli iniziali rilievi formulati trovarono un accoglimento soltanto parziale in quanto l’amministrazione non procedette a predisporre un’effettiva raccolta delle norme regolamentari vigenti81.

Il Codice entrò in vigore il 1° gennaio 2006, tramite il D.Lgs. 82/2005, e viene tutt’oggi considerato la Magna Charta dell’e-Gov italiano.

Tuttavia, la necessità di adeguare e aggiornare il CAD alle nuove tecnologie emerse, ma soprattutto l’esigenza di dare attuazione a numerose disposizioni fino a quel

79 DE GIOVANNI E., “Il Codice dell’Amministrazione Digitale: genesi, evoluzione, principi costituzionali e linee generali”, Rassegna Avvocatura dello stato, 2018.

80 CONSIGLIO DI STATO., “Parere del 7 febbraio 2005, n. 11995, Parere sul CAD”.

81 D’AVANZO W., “L’e-Government”, MoviMedia, 2007.

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momento disattese82, portarono alla prima riforma del Codice, con l’entrata in vigore del D.Lgs. 30 dicembre 2010, n. 23583. Questo decreto rappresentò un secondo ma pur sempre importantissimo pilastro nel processo di rinnovamento e modernizzazione della PA avviato con la Riforma Brunetta84.

La riforma del 2010 si proponeva 3 macro-obiettivi:

• Il primo era il perseguimento di una razionalizzazione organizzativa. Per raggiungere tale obiettivo fu prevista l’istituzione di un responsabile unico nell’ambito delle ICT e si pose il rispetto delle norme della digitalizzazione come finalità principale, valutando i risultati delle strutture e degli uffici in relazione al perseguimento e all’applicazione di queste norme;

• Il secondo obiettivo era quello di semplificare i rapporti tra cittadini, imprese e uffici pubblici attraverso la dematerializzazione dei rapporti e la modernizzazione degli strumenti di cui le PA si dovevano avvalere. Rispetto a ciò la riforma, tra le varie novità, ha compiuto un’ampia modifica normativa riguardante la firma digitale e la conservazione documentale;

• Il terzo obiettivo della riforma era quello di implementare la sicurezza dei dati, dei sistemi e delle infrastrutture della PA, imponendo per esempio l’obbligatoria adozione di un piano di disaster recovery85.

82 La non effettività di molte disposizioni contenute nel codice è dimostrata dai dati raccolti nell’indagine conoscitiva condotta dalla I Commissione della Camera, conclusasi con l’approvazione del documento conclusivo del 16 dicembre 2009. Questo documento delinea una serie di aspetti problematici attinenti al codice ed in particolare problemi di attuazione, territoriali, di capacità di governare i processi di informatizzazione e di tentativi di razionalizzazione delle disposizioni incostanti e incoerenti.

83 Per la consultazione e la visione integrale del Decreto Legislativo:

https://www.gazzettaufficiale.it/eli/id/2011/01/10/011G0002/sg.

84 Alcune norme che interessano il funzionamento della Pubblica Amministrazione italiana, emanate tra il 2008 e il 2009 da Brunetta in qualità di Ministro per la Pubblica Amministrazione e l’Innovazione del governo Berlusconi IV. I contenuti della riforma sono 3: il Decreto-Legge 112/2008, il cd. “Decreto fannulloni”, la legge delega 15/2009 e il D.Lgs. 150/2009.

85 Previsto all’art. 50bis, comma3, lettera b) è volto a creare idonee misure per garantire che la dematerializzazione non portasse con sé rischi di perdite irrimediabili di patrimonio conoscitivo. Questo è stato abrogato dalla riforma del CAD del 2016. Rispetto a ciò si è espresso negativamente il Garante per la protezione dei dati personali, affermando che l’abrogazione dell’articolo rappresentasse “un grave vulnus alla protezione dei dati personali trattati dai soggetti pubblici precedentemente tenuti all’adozione di procedure di disaster recovery”.

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Molti esperti del settore hanno anche parlato della riforma come di un CAD 2.0, proprio per i numerosi cambiamenti: sono cambiati 57 articoli su 71, mentre ne sono stati aggiunti 10.

Nonostante la grande mole di modifiche, sono emerse una serie di ulteriori aspetti critici, come la mancanza di un vero piano di investimenti in strumenti tecnologici e formazione del personale. Si trattò di una riforma “a costo zero” dato che le Amministrazioni Pubbliche interessate dovettero provvedere all’attuazione del Decreto con le risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente attuando il principio dell’invarianza finanziaria.

Queste criticità portarono ad un’attuazione solamente parziale della riforma, con la conseguente perdita della grande ventata innovativa che la riforma avrebbe dovuto portare86.

Ulteriori modificazioni sono state apportate negli anni seguenti, in particolare grazie al Decreto-Legge 179/2012 (convertito con modificazioni dalla legge 221/2012, che aggiorna il CAD all’ultimo orizzonte tecnologico introducendo i concetti di domicilio digitale, cloud computing e revisione dei CED), il D.Lgs. 179/2016 (cd. CAD 3.0, pubblicato nel quadro normativo della “riforma Madia”) ed infine il Decreto Legislativo 217/2017.