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Tabella riassuntiva delle possibili interazioni nel plasma

Termalizzazione

Le molecole e gli atomi dotati di energia cinetica e che si muovono con una certa velocità attraverso un gas perdono energia e quindi “rallentano” mediante collisioni con le molecole e gli atomi di gas dell’ambiente. In ogni collisione gli atomi e le molecole, oltre a rallentare cambiano anche direzione proprio come accade in urti anelastici tra sfere non rigide. In questo caso si dice

138 che è avvenuto “scattering anelastico” di atomi e molecole presenti nel plasma e l’insieme di rallentamento e cambiamento della loro distribuzione di velocità (che va a tendere alla Maxwell- Boltzmann) prodotto per queste particelle và sotto il nome di “termalizzazione”.

Temperatura di un plasma

Poiché gli elettroni giocano un ruolo importante nei plasma, è utile distinguere i plasma in base alle densità di elettroni e alle energie proprie degli elettroni.

Gli elettroni in un plasma hanno una distribuzione statistica delle energie e quindi possiamo utilizzare l’energia media degli elettroni come migliore rappresentante di tutta la distribuzione. In un certo numero di casi, gli elettroni avranno una distribuzione Maxwelliana che può essere descritta in termini di energia ε degli elettroni come:

( ) ( )

(( ) ( ) ) ( )

Dove f(ε) è la funzione di distribuzione dell’energia degli elettroni ed è proporzionale al numero di elettroni aventi una energia tra ε e ε+dε; k è la costante di Boltzmann e T è la temperatura degli elettroni. L’energia cinetica di un elettrone è data da:

ε

dove m è la massa dell’elettrone e v è l’intensità della velocità dell’elettrone. Se integro su tutto lo spettro energetico possibile ottengo: ∫ (ε) ε Possono ottenere quindi l’energia media mediante il calcolo:

̅ ∫ ε (ε) ε

∫ (ε) ε {

( )

Perciò la temperatura dell’elettrone T per una distribuzione dell’energia dell’elettrone che sia Maxwelliana è una misura della energia media degli elettroni.

La distribuzione Maxwelliana è anche chiamata “distribuzione di equilibrio” perché essa rappresenta un caso dove gli elettroni sono in equilibrio termodinamico, il che vuol dire che se gli elettroni hanno la distribuzione di Maxwell, questa permarrà nel tempo, a differenza delle altre. In un certo numero di casi, in particolare per i plasma debolmente ionizzati, la funzione di distribuzione non sarà maxwelliana ma comunque è abbastanza comune parlare ancora di temperatura di un elettrone T quando ci si riferisce alla energia media degli elettroni.

Una unità conveniente per la temperatura dell’elettrone è l’ eV (elettronvolt) che è equivalente alla temperatura di approssimativamente 11600K.

I plasma di interesse per le lavorazioni industriali hanno densità elettroniche nell’intervallo

e una energia media degli elettroni di 1-10 eV. Il grado di ionizzazione per

139 L’energia di ionizzazione si ottiene moltiplicando il potenziale di ionizzazione per la carica dell’elettrone ( )

.

Resistività di un plasma

L’interazione tra ioni ed elettroni presenti all’interno del plasma porta ad urti e a conseguenti fenomeni di natura dissipativa e questo equivale a dire che il plasma si comporta alla stregua di un conduttore che è caratterizzato da un proprio valore di resistività che posso esprimere come segue:

Dove è il logaritmo di Coulomb e per i plasmi di laboratorio è circa costante ed assume valori nel range 10-20; Z è il numero atomico che dipende dal gas di processo utilizzato e Te è la

temperatura degli elettroni che posso ricavare per quanto detto al paragrafo precedente.

In ogni caso si ottengono valori di bassa resistività e quindi deriva che i plasmi possono essere considerati ottimi conduttori elettrici. Un incremento di temperatura , prodotto per esempio per effetto dell’incremento della potenza di alimentazione, porta ad una diminuzione di resistività del plasma (questo è il motivo per cui c’è il ballast nelle lampade al neon).

Interazioni del plasma con i campi elettrico e magnetico

Le particelle cariche in un plasma si muoveranno in risposta ai campi elettrico e magnetico. Questi campi possono essere imposti dall’esterno in diversi modi o possono crearsi per effetto delle correnti nel plasma stesso. Di seguito descriverò come le particelle cariche di muovono in campi elettrico e magnetico di vari tipi ed in varie combinazioni. Limiterò la discussione nell’ambito di campi invarianti con il tempo perché sono questi che interessano la tecnologia magnetron sputtering sulla quale si discuterà successivamente.

Effetti dei campi elettrico e magnetico

In presenza di un campo elettrico ⃗ ed un campo magnetico ⃗ una particella carica q che si muove con velocità v verrà sottoposta ad una forza data dalla espressione:

⃗ ⃗

Le quantità F, E, v e B sono tutti vettori e x denota il prodotto vettoriale.

Le “orbite” delle particelle cariche sono calcolate mediante l’uso della legge di Newton o secondo principio della dinamica della particella: (m è la massa della particella).

Verranno considerati un certo numero di casi di interesse per illustrare i tipici moti delle particelle cariche:

Caso ⃗⃗ =costante e ⃗⃗ =0 (campo elettrico costante e campo magnetico assente)

In questo caso una particella carica verrà sottoposta ad una accelerazione costante nella direzione di e questa ha espressione pari a: ( ) ⃗ ;

140 La forza magnetica agisce in direzione perpendicolare alla velocità della particella carica. Se una particella è ferma e quindi la sua velocità è nulla, non ci sarà alcuna forza agente sulla particella carica e questa rimarrà ferma. Per una velocità nonnulla possiamo definire la componente della velocità della particella parallela a ⃗ con ‖ e la componente della velocità perpendicolare alla direzione di ⃗ con .

Caso ‖ : la particella si muoverà di moto circolare su di un piano perpendicolare alla

direzione del campo magnetico ⃗ . Il raggio della circonferenza percorsa da questa particella è chiamato “giro raggio” ed indicato con e la sua espressione è: dove B è l’intensità del vettore induzione magnetica ⃗ . Si fa notare che l’energia cinetica della particella carica è data da ( ) e quindi possono scrivere il giro raggio anche come: ( ) . Perciò per particelle della stessa energia, le specie più pesanti avranno orbite circolari di raggio maggiore!

Gli elettroni, nel caso del magnetron sputtering, tenderanno ad eseguire orbite circolari vicino alla zona del catodo (sebbene questo sarà modificato dai gradienti di intensità dei campi e dalle collisioni). Questo avrà l’effetto di confinamento degli elettroni in una zona dove questi possono ionizzare in maniera efficiente con miglioramento atteso nella prestazione del plasma. Gli ioni hanno giroraggi molto più grandi rispetto agli elettroni e molto più grandi delle dimensioni del reattore in virtù della loro massa e saranno non influenzati dalla presenza del campo magnetico. Si dice che gli elettroni sono “magnetizzati” mentre gli ioni no.

La frequenza di rotazione di una particella carica in un campo magnetico è chiamata giro frequenza o anche frequenza di ciclotrone ed è indicata con ed è data dalla espressione: e questa velocità angolare è in unità [rad/s] ed è correlata alla frequenza di [Hz] dalla ben nota relazione: .

Inoltre, essendo la massa dello ione più elevata rispetto a quella dell’elettrone, la pulsazione ciclotronica ionica sarà molto minore rispetto a quella elettronica.

Si noti che sebbene il giro raggio incrementerà con l’energia della particella, è indipendente dalla stessa.

La componente della velocità della particella parallela al campo magnetico ‖ non è influenzata dal campo magnetico e quindi può anche essere diversa da 0. Perciò l’orbita generica di una particella carica in un campo magnetico è una elica perché significa che per quanto riguarda la componente detta della velocità, questa si conserva perché non interviene alcuna forza a decelerarla! Gli elettroni e gli ioni avranno versi opposti di rotazione e quindi percorreranno

141 percorsi elicoidali con raggi diversi e con versi di “avvitamento” opposti e questo accade perché i segni delle cariche sono opposti (dal momento che lo ione considerato è positivo).

I percorsi ad elica delle particelle cariche immerse in un campo magnetico costante hanno quindi traiettorie ad elica con: raggio costante, passo costante (per conservazione della ‖) e asse dell’elica che segue la linea di forza del campo attorno cui la particella orbita.

Dalle espressioni precedenti possiamo osservare che una intensificazione di B porta ai seguenti effetti:

• Restringimento del raggio di curvatura della traiettoria elicoidale • Aumento della pulsazione ciclotronica

Caso ⃗⃗ =costante e ⃗⃗ =costante (campo elettrico costante e campo magnetico costante)

Si consideri una particella di carica e, avente una massa m, che si muove in una regione di spazio in cui sia presente un campo di induzione magnetica ⃗ uniforme e costante nel tempo e si ipotizzi inoltre che su di essa agisca una forza applicata dall’esterno.

L’equazione del moto può essere scritta come: ⃗

⃗ ⃗

Scomponendo la velocità della particella e la forza ad essa applicata nelle componenti parallela ed ortogonale al campo di induzione magnetica, vale che:

{

⃗⃗

⃗⃗

⃗⃗ ⃗⃗ ⃗⃗

Per scomposizione vettoriale le equazioni del moto possono essere scritte come:

{

⃗⃗

⃗⃗

⃗⃗

⃗⃗ (⃗⃗ ⃗ ) In assenza di forza applicata si aveva che:

In presenza di forza applicata costante vale che:

Dove rappresenta l’accelerazione della particella considerata, nella direzione parallela al campo di induzione. Si può osservare che se la componente perpendicolare della forza fosse nulla, la particella si muoverebbe su un piano ortogonale a ⃗ di moto circolare uniforme, con traiettoria una circonferenza centrata su un punto che sta su una delle linee di campo magnetico.

142 L’effetto dell’applicazione della componente

costante consiste in una deriva (drift motion) della particella che avviene a velocità costante, in direzione ortogonale sia a ⃗ che alla stessa

.

E’ interessante osservare come la forza

dia luogo ad un moto ortogonale alla direzione della forza stessa. La velocità di deriva può essere calcolata con la seguente espressione:

⃗⃗

Si consideri il caso particolare il caso particolare in cui la forza che agisce sulla particella sia di natura elettrostatica:

dove e = carica dell’elettrone *Q+ ed

⃗ =

campo elettrico applicato costante [V/m]. Ora posso scomporre il vettore forza nelle sue due componenti:

{

⃗⃗

La deriva elettrica non dipende dal segno della carica della particella.

Interazioni plasma – superfici

Elettroni e ioni vengono persi dal plasma verso le superfici molto più che per ricombinazione tra ioni ed elettroni nel volume del plasma. La ricombinazione è certamente una fonte di perdita delle due specie (ioni ed elettroni) ma relativamente piccola se messa a confronto con la perdita verso le superfici.

Se il plasma è in condizioni di equilibrio il tasso di produzione degli ioni eguaglia il tasso totale di perdita di questi. Quando però sono presenti superfici, elettrodi oppure campi elettrici allora il plasma può non essere volumetricamente neutro nelle loro vicinanze per via della influenza che questi hanno nei confronti della particelle costituenti il plasma (della interazione con il campo elettrico si è discusso al paragrafo precedente).

Potenziali di “sheath” e “self-bias”

Questi due concetti meritano una attenzione molto particolare per l’importanza che hanno.

La regione di “sheath” del plasma è un volume interposto tra il plasma e la superficie con il quale il plasma interagisce ed è interessato dalla perdita delle specie contenute nel plasma verso la superficie dal momento che queste specie vengono perse attraverso questa regione.

Alla base di questo meccanismo di perdita c’è fondamentalmente la differenza di massa tra ioni ed elettroni costituenti il plasma. Massa maggiore significa inevitabilmente maggiore inerzia e maggiore inerzia corrisponde, in un certo senso, a minore mobilità a parità di “drag force” generante il moto. In questo senso gli elettroni hanno una mobilità maggiore rispetto agli ioni. Di conseguenza il tasso di perdita degli ioni è minore del tasso di perdita degli elettroni verso la superficie o, detto in altri termini, a parità di tempo vengono persi più elettroni che ioni verso

143 questa. La superficie detta subisce un effetto di accumulo di carica. L’accumulo di carica produce un potenziale, il potenziale di “sheath” (sheath potential), tra la superficie ed il confine del volume del plasma.

Se la superficie è messa a terra, il plasma è positivo rispetto alla terra.

Se la superficie è elettricamente “flottante” (non è collegata al cavo di terra) ed il plasma è in contatto con una grande superficie messa a terra, la superficie flottante sarà negativa rispetto a terra.

Il potenziale di sheath dipende dall’energia e dal flusso degli elettroni che impattano sulla superficie e dall’area della stessa.

Il potenziale di sheath può essere:

 di pochi volt in una scarica DC a diodo con debole ionizzazione;

 50 - 70 Volts quando gli elettroni che urtano contro la superficie sono molto energetici e l’impatto è molto frequentemente (la carica continua ad accumularsi);

Il potenziale di “sheath” è il “self-bias” negativo che accelera gli ioni positivi dal plasma verso la superficie. Il campo elettrico che è interposto tra la superficie ed il plasma è la drag force di estrazione degli ioni dal volume di plasma: uno ione positivo che si trova a passare al limite del volume di plasma adiacente alla superficie risente del campo elettrico di sheath e viene accelerato verso questa qualora abbia potenziale negativo. In questo caso il “self-bias” è negativo perché la superficie è carica negativamente rispetto al plasma positivo. Questo meccanismo ha interessanti risvolti pratici nella lavorazione plasma in vuoto. Lo si può sfruttare per produrre “ion scrubbing” della superficie se il potenziale bias è basso e “sputtering” fisico della superficie a più alti potenziali. L’aspetto negativo del meccanismo, da tenere presente sempre, è che questo “sputtering” fisico può essere una sorgente di contaminazione proveniente dalle superfici in un sistema che lavori con il plasma.

E’ possibile generare anche un “self-bias”positivo tra un plasma e una superficie. Questo si verifica quando gli elettroni sono mantenuti lontano dalla superficie per mezzo di un campo magnetico ma gli ioni positivi possono comunque raggiungere la superficie mediante diffusione. Tuttavia, in ragione della mobilità ionica minore di quella elettronica, è impossibile generare un alto potenziale “bias” positivo su una superficie che si affaccia al plasma. Invece la differenza di potenziale negativa tra il plasma e una superficie può essere incrementata applicando un potenziale negativo generato sulla superficie da una sorgente di alimentazione esterna.

Questo potenziale negativo applicato può essere sotto forma di potenziale: DC, DC pulsato, AC e potenziale AC in radiofrequenza (RF).

Scariche di plasma (plasma discharges)

Forse la categoria più ampiamente diffusa di reattori plasma è quella in cui il plasma viene formato tra due elettrodi piani che sono connessi alla

144 sorgente di alimentazione elettrica. Questa configurazione include le sottocategoria a singolo elettrodo in un vessel di contenimento metallico connesso a terra. Entrambe le configurazioni sono definite “a diodo” ed il catodo è definito “freddo” (cold cathode). Questo perché la generazione degli elettroni da parte del catodo non avviene per effetto termoelettrico, cosa che invece è operata dal tipo di catodo definito “caldo” (hot cathode).

Le metodologie di generazione del plasma “in vuoto” che interessano sono:

 Scarica continua (DC);

 Scarica a radiofrequenza (RF).

Scarica continua DC in vuoto

Il metodo più semplice per la produzione di un plasma è realizzare una scarica continua, ottenuta applicando una differenza di potenziale continua tra due elettrodi in una camera contenenti un gas desiderato a bassa pressione.

Curve di Paschen

La minima differenza di potenziale necessaria per innescare una scarica in vuoto è chiamata tensione di soglia o anche potenziale di scarica e dipende da: distanza anodo-catodo; dalla pressione e dal particolare gas presente in camera.

E’ necessario uno strumento che dia una relazione tra questi 4 parametri (pressione, distanza armature,tipo gas, potenziale di scarica): questo strumento è costituito dalle curve di Paschen ricavate sperimentalmente.

Queste curve danno l’informazione sull’andamento del potenziale di scarica in funzione del prodotto pressione×distanza tra gli elettrodi per un particolare gas. Il grafico in basso mostra un esempio di una famiglia di curve di Paschen distinte per tipo di gas: come si vede in ascissa la distanza d è espressa in cm e la pressione in Torr. Si vede come ci sia una tensione di soglia minima per certo gas ad una certo prodotto p×d che posso ottenere con varie combinazioni di distanza tra gli elettrodi e pressione. A sinistra del punto di minimo la tensione di soglia cresce rapidamente per basse riduzioni del prodotto p×d ovvero è necessario applicare tra gli elettrodi un potenziale molto maggiore del minimo per ottenere la scarica, a parità di gas utilizzato. Un aumento molto più blando (la scala delle ascisse è logaritmica) del potenziale di scarica è individuabile a destra del minimo il che significa che quanto più il prodotto p×d è alto oltre quello in corrispondenza del minimo potenziale, tanto più questo potenziale di scarica sarà alto ma il trend di crescita è molto minore del precedente a sinistra del minimo. Le osservazioni scritte non sono spiegabili se non descrivendo il processo, in parte già descritto altrove, che produce l’innesco della scarica e cioè il “breakdown”.

145 La scarica si innesca attraverso una serie di eventi in cascata innescata inizialmente da un elettrone libero creato nel gas da un evento casuale come ad esempio l’assorbimento di radiazione cosmica. L’elettrone viene accelerato dal campo elettrico generato dalla differenza di potenziale nello spazio interposto tra gli elettrodi fino a raggiungere una energia sufficientemente alta per ionizzare, attraverso una collisione (urto elastico elettrone-atomo), un atomo del gas: si generano così un nuovo elettrone e uno ione che, accelerati dal campo elettrico, possono generare a loro volta delle nuove ionizzazioni. Queste nuove ionizzazioni comportano nuovi elettroni emessi che, accelerati dal campo elettrico, generano ulteriori ionizzazioni. Il fenomeno moltiplicativo di ioni ed elettroni è facile immaginare che andrà avanti “a valanga” fino alla creazione di abbastanza ioni ed elettroni che si abbia un certo grado di ionizzazione minimo e la scarica è innescata e sostenuta finché la sorgente di alimentazione esterna permette la compensazione delle perdite per ricombinazione e non solo.

Si consideri la zona di minimo potenziale intorno all’ascissa p×d della curva di Paschen di un certo gas. Si possono avere due combinazioni qualitativamente possibili a parità del prodotto p×d:

 un basso valore della distanza anodo-catodo, a pressione costante: causa un aumento del campo elettrico che fornisce più energia agli elettroni liberi durante le accelerazioni tra una collisione e l’altra;

 se è la distanza tra gli elettrodi ad essere mantenuta costante ed è bassa la pressione, lo spazio tra un atomo e l’altro mediamente aumenta e gli elettroni liberi possono essere accelerati ad una distanza maggiore; questo comporta un guadagno maggiore di energia e quindi un aumento della probabilità di ionizzazione.

In entrambe i casi si ottengono le condizioni di scarica al minimo potenziale applicato.

Se ci si pone ora nel ramo a sinistra del minimo nella curva di Paschen si possono fare alcune osservazioni. Se la separazione tra gli elettrodi diventa molto piccola, il numero totale di atomi nello spazio tra anodo e catodo può diminuire a tal punto che alcuni elettroni liberi, destinati ad alimentare il processo di ionizzazione a valanga, attraversano semplicemente lo spazio detto senza effettuare alcuna collisione con atomi del gas. In queste condizioni la probabilità di collisione

146 diminuisce. Allo stesso modo, mentre inizialmente una riduzione di pressione abbassa la tensione di innesco della scarica perché aumenta il cammino libero medio elettronico, a pressioni troppo basse gli atomi da ionizzare sono talmente pochi che gli elettroni liberi raggiungono l’anodo senza che avvenga alcuna collisione ionizzante. Questa condizione può venire in parte compensata con l’aumento della tensione: gli ioni positivi, impattando sul catodo, forniscono elettroni secondari in grado di sostenere la scarica. La produzione di questi elettroni contiene l’aumento del valore della tensione per un certo intervallo di valori p×d (attorno al minimo della curva); poi, per valori minori, le collisioni ioni-catodo non producono un numero sufficiente di elettroni e di conseguenza la tensione di soglia cresce formando il ramo di sinistra della curva di Paschen.

Se ci si pone ora nel ramo di destra si possono notare che il ragionamento è duale al precedente: all’aumentare del prodotto p×d, posso aumentare la pressione a distanza anodo-catodo costante oppure aumentare la distanza detta e diminuire la pressione.

Nelle lavorazioni PVD interessa il caso di: basse pressioni con ampie distanze tra gli elettrodi.

Scarica di Townsend (“dark discharge”)

In generale, se si applica un potenziale DC tra due elettrodi posti ad una distanza d in un gas a bassa pressione, la corrente che fluisce è trascurabile finché non si supera una tensione di soglia detta “potenziale di scarica”; nel caso però che il catodo emetta elettroni, la corrente tra gli elettrodi assume un valore finito. Si osserva che tale corrente aumenta con la distanza tra i due